Alle pubbliche
amministrazioni di cui
all'art. 1, comma 2,
del d.lgs. n.
165/2001
1. Premessa. La rilevanza della formazione
universitaria nelle
pubbliche amministrazioni.
Recentemente sono pervenute al Dipartimento della
funzione pubblica
numerose richieste di chiarimento in materia di
permessi e congedi
per diritto allo studio, soprattutto a seguito della
sempre piu'
ampia diffusione di corsi organizzati dalle universita'
telematiche.
Si ritiene pertanto opportuno fornire
alcuni chiarimenti
sull'argomento.
Nel delicato momento sociale ed economico che
il Paese sta
attraversando, che pretende l'intervento di incisive
riforme, e'
richiesto anche alle pubbliche amministrazioni di
porre in essere
iniziative che agevolino un rapido ed
efficace adattamento
dell'organizzazione alle nuove condizioni. I vertici
amministrativi,
i dirigenti ed i funzionari sono chiamati ad un
pronto e paziente
lavoro di adeguamento dell'organizzazione e delle linee
di attivita'
rispetto all'assetto normativo ed alla realta'
economica sempre in
movimento. In questo quadro generale assume un
grande rilievo
l'acquisizione, attraverso la formazione e
l'aggiornamento continuo,
di strumenti culturali e professionali atti ad aumentare
la capacita'
dell'organizzazione di fornire risposte tempestive
e flessibili
rispetto al cambiamento.
In tale prospettiva, un indubbio strumento da
valorizzare per
coloro che lavorano nell'amministrazione e'
costituito dalla
formazione universitaria. L'importanza di questa
formazione e'
accresciuta oggi dalla considerazione che le
progressioni economiche
e professionali attuate nel corso degli ultimi anni, se
da un lato
hanno contribuito a dare un riconoscimento alla
professionalita'
maturata dai dipendenti nel corso della vita
lavorativa all'interno
delle amministrazioni, hanno pero' anche prodotto
degli squilibri,
portando personale spesso privo di formazione
universitaria a
ricoprire posizioni professionali elevate, l'accesso
dall'esterno
alle quali e' invece riservato a soggetti in possesso
di titolo di
studio universitario. Inoltre, come noto, il
possesso di titoli
accademici e' rilevante sia per l'accesso dall'esterno
nella pubblica
amministrazione (ad es. per l'accesso alla qualifica di
dirigente e
alla posizione di funzionario, per il conferimento
di incarichi
dirigenziali a soggetti estranei all'amministrazione
o non muniti
della qualifica di dirigente, per la partecipazione al
concorso per
le carriere prefettizia e diplomatica) sia per
lo sviluppo
professionale al suo interno (nell'ambito delle
procedure di
progressione economica o per il conferimento di
incarichi a
funzionari apicali). Quindi, soprattutto in un momento
caratterizzato
dal contenimento dei costi e dall'imposizione di rigidi
tetti anche
all'ammontare della spesa per formazione (art. 6, comma
13, d.l. n.
78 del 2010, convertito in l. n. 122 del 2010), e'
importante che -
nei limiti del buon andamento e dell'efficienza
dell'organizzazione -
i dipendenti interessati siano messi nelle condizioni
di seguire i
corsi e di fruire delle agevolazioni che l'ordinamento
prevede allo
scopo. Peraltro, anche nell'ottica
dell'efficienza
dell'amministrazione, sono ormai disponibili e diffusi
i sistemi di
apprendimento a distanza e, soprattutto in
relazione alle
possibilita' di accesso alle risorse di apprendimento
per le persone
disabili ed i lavoratori, l'Unione europea, nell'ultimo
decennio, ha
incoraggiato gli Stati membri a sperimentare nuovi
metodi e approcci
di apprendimento, che favorissero l'utilizzo
delle tecnologie
dell'informazione e delle comunicazioni nei sistemi di
istruzione e
formazione. In particolare, gli sforzi, anche di
finanziamento,
dell'UE sono stati rivolti a supportare, nell'ambito
delle iniziative
di formazione a distanza, il settore
universitario. In questo
contesto, gia' da tempo le «universita'
telematiche» sono state
regolamentate anche nell'ordinamento italiano,
accordando alle
istituzioni che rispondono a determinati requisiti
l'abilitazione a
rilasciare titoli accademici (decreto del Ministro
dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, di concerto con
il Ministro
dell'economia e delle finanze, del 17 aprile 2003).
2. Le agevolazioni per i pubblici dipendenti in
relazione al diritto
allo studio.
La legge, i contratti collettivi e gli accordi
negoziali prevedono
una serie di agevolazioni per il diritto allo
studio, che si
aggiungono agli altri ordinari permessi e congedi pure
utilizzabili
allo scopo. Considerato che le esigenze di crescita
culturale e
professionale dei dipendenti debbono essere
contemperate con la
necessita' attuale di buon andamento, e' chiaro
che anche la
disciplina dei permessi per il diritto allo studio
deve prevedere
limiti e condizioni di fruizione in funzione
delle esigenze
amministrative. Tra gli istituti utilizzabili
allo scopo si
rammentano:
i congedi per la formazione, previsti dall'art. 5
della l. n. 53
del 2000 e nei CCNL, utilizzabili anche per il
conseguimento di
titoli universitari o per la partecipazione ad
attivita' formative
diverse da quelle poste in essere o finanziate dal
datore di lavoro,
che possono essere accordati secondo le condizioni
stabilite nei CCNL
e negli accordi collettivi ai lavoratori con anzianita'
di servizio
di almeno 5 anni per un massimo di undici mesi
nell'arco della vita
lavorativa; durante il periodo di congedo il dipendente
conserva il
posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione;
150 ore di permessi retribuiti all'anno
riconosciuti secondo le
previsioni dei CCNL - nel limite del 3% del personale
in servizio
ciascun anno nell'amministrazione - per la
partecipazione ai corsi
anche universitari e post-universitari che si
svolgono durante
l'orario di lavoro;
agevolazioni relative all'orario di lavoro, secondo
la disciplina
contenuta nei CCNL, in quanto il personale interessato
ai corsi ha
diritto all'assegnazione a turni di lavoro che agevolino
la frequenza
ai corsi stessi e la preparazione agli esami e non
puo' essere
obbligato a prestazioni di lavoro straordinario ne'
al lavoro nei
giorni festivi o di riposo settimanale;
8 giorni l'anno di permesso retribuito per la
partecipazione agli
esami, previsti dai CCNL di comparto;
l'aspettativa per il conseguimento del dottorato
di ricerca,
accordata secondo la disciplina contenuta nell'art. 2
della l. n. 476
del 1984, come modificata dalla l. n. 240 del 2010 e
dal d.lgs. n.
119 del 2011.
Per quanto riguarda quest'ultimo congedo, si
segnala che la
disciplina e' stata modificata ad opera di due recenti
provvedimenti
normativi. In particolare, con la l. n. 240 del 2010
(c.d. legge
Gelmini) e' stato previsto in maniera innovativa che il
collocamento
in aspettativa del dipendente avviene
«compatibilmente con le
esigenze dell'amministrazione», accordando cosi'
all'interessato una
posizione giuridica soggettiva condizionata, la cui
realizzazione e'
subordinata alle esigenze di buon andamento. Inoltre,
sempre al fine
di non pregiudicare l'organizzazione e l'azione
dell'amministrazione
(soprattutto nell'attuale momento storico,
caratterizzato da forti
limitazioni all'acquisizione di nuove risorse umane)
evitando anche
di limitare la fruizione dell'aspettativa ad una
ristretta cerchia di
interessati, il diritto al congedo non e' riconosciuto
a coloro che
hanno gia' conseguito il titolo di dottore di ricerca e
a coloro che
sono stati iscritti a corsi di dottorato per
almeno un anno
accademico beneficiando del congedo senza aver poi
conseguito il
titolo. Con l'art. 5 del d.lgs. n. 119 del 2011
(attuativo della
delega conferita al Governo con l'art. 23 della l. n.
183 del 2010
per il riordino della normativa in materia di congedi
aspettative e
permessi), e' stato poi chiarito che la ripetizione
degli importi
corrisposti al dipendente in aspettativa retribuita (nel
caso in cui
vi sia stata questa opzione da parte dell'interessato)
e' dovuta solo
se il dipendente cessa da qualsiasi rapporto di lavoro
o di impiego
con l'amministrazione pubblica, mentre nessuna
ripetizione e'
prevista nel caso di passaggio per mobilita' o vincita
di concorso
presso altra amministrazione. La motivazione di
questa esplicita
disciplina risiede nella consapevolezza del valore
dell'accrescimento
culturale e professionale che di regola consegue al
dottorato, valore
che non e' e non puo' essere limitato alla singola
istituzione di
appartenenza, ma e' riferito all'intero apparato
pubblico che si
arricchisce nel suo complesso di professionalita'. Lo
stesso d.lgs.
n. 119 ha poi chiarito esplicitamente che il
nuovo regime
dell'aspettativa per dottorato di ricerca riguarda anche
il personale
soggetto all'ambito applicativo del d.lgs. n. 165 del
2001, per il
quale era intervenuta la disciplina da parte dei CCNL di
comparto.
Per quanto riguarda la disciplina dei permessi
retribuiti di 150 ore, il relativo regime e' contenuto
nei CCNL e
negli accordi collettivi (es.: art. 13 CCNL 16 maggio
2001 comparto
ministeri, art. 9 CCNL 14 febbraio 2001 comparto enti
pubblici non
economici, art. 15 CCNL 14 settembre 2000
comparto regioni ed
autonomie locali, art. 78 d.P.R. n. 782 del 1985 per
il personale
delle Forze di polizia ad ordinamento civile e
ad ordinamento
militare), che stabiliscono la tipologia di corsi
per i quali i
permessi possono essere fruiti, le condizioni per la
concessione e il
contingente massimo di personale che puo'
fruirne, con
l'individuazione dei criteri di priorita' per il
caso di domande
eccedenti rispetto alla disponibilita' del contingente.
In proposito,
per rispondere ad alcuni quesiti in materia, con
riferimento al
personale c.d. di prestito, considerato che il limite
percentuale e'
individuato in base al personale in servizio a tempo
indeterminato
presso ciascun ente all'inizio di ciascun anno e che la
fruizione del
permesso e l'esercizio dei diritti connessi
produce effetti
sull'organizzazione dell'attivita' di ufficio,
la gestione
dell'istituto spetta all'amministrazione presso cui il
personale e'
in comando. Giova inoltre rammentare che in base
alle clausole
negoziali, le ore di permesso possono essere
utilizzate per la
partecipazione alle attivita' didattiche o per
sostenere gli esami
che si svolgano durante l'orario di lavoro, mentre non
spettano per
l'attivita' di studio. Questo orientamento applicativo,
oltre che dal
tenore delle clausole, e' confermato
dall'orientamento della
giurisprudenza di legittimita' (Cass., Sez. lav. n.
10344/2008) e
dell'ARAN. Un aspetto particolarmente discusso e'
quello relativo
alla possibilita' di fruizione del permesso da parte
dei dipendenti
iscritti alle universita' telematiche. In proposito,
anche alla luce
di quanto precisato dall'ARAN in piu' di
un'occasione, e' bene
sottolineare che le clausole nel disciplinare le
agevolazioni non
contengono specifiche previsioni sui corsi tenuti
dalle universita'
telematiche e, pertanto, la relativa disciplina deve
intendersi di
carattere generale, non rinvenendosi in astratto
preclusioni alla
fruizione del permesso da parte dei dipendenti
iscritti alle
universita' telematiche. E' chiaro in ogni caso che tale
fruizione deve avvenire nel rispetto delle condizioni
fissate dalle
clausole medesime, per cui essa risulta
subordinata alla
presentazione della documentazione relativa
all'iscrizione e agli
esami sostenuti, nonche' all'attestazione della
partecipazione
personale del dipendente alle lezioni. In
quest'ultimo caso i
dipendenti iscritti alle universita' telematiche
dovranno certificare
l'avvenuto collegamento all'universita' telematica
durante l'orario
di lavoro.
Roma, 7 ottobre 2011
Il
Ministro: Brunetta
Registrato alla Corte dei conti il 15 dicembre 2011
Presidenza del Consiglio dei Ministri, registro n. 1,
foglio n. 362
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