L PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI
MINISTRI Visto l'art. 5, comma 2, lettera e), della
legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive
modificazioni, che prevede che il Presidente del
Consiglio dei Ministri coordina e promuove l'attivita'
dei Ministri in ordine agli atti che riguardano la
politica generale del Governo; Vista la legge 24
febbraio 1992, n. 225 e in particolare, l'art. 5; Visto
il decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito,
con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401;
Visto l'art. 4 del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio
2005, n. 152; Visto l'art. 107 del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112; Vista la direttiva del Presidente
del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2004 recante
"Indirizzi in materia di protezione civile in relazione
all'attivita' contrattuale riguardante gli appalti
pubblici di lavori, di servizi e di forniture di rilievo
comunitario"; Vista la direttiva del Presidente del
Consiglio dei Ministri del 27 luglio 2010 recante
"Indirizzi per lo svolgimento delle attivita'
propedeutiche alle deliberazioni del Consiglio dei
Ministri da adottare ai sensi dell'art. 5, comma 1,
della legge 24 febbraio 1992, n. 225"; Visto il
decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011 n. 10 e in
particolare, l'art. 2 commi 2-quater, 2-quinquies,
2-sexies, 2-septies e 2-octies; Acquisita l'intesa del
Ministero dell'economia e finanze; Su proposta del Capo
del Dipartimento della Protezione Civile; Considerato
che si rende necessario ulteriormente delineare il
quadro conoscitivo di riferimento per l'adozione delle
dichiarazioni dello stato di emergenza e delle ordinanze
di protezione civile al fine di rendere maggiormente
proficuo, anche sotto il profilo del migliore
perseguimento delle complessive politiche di protezione
civile, l'operato del Servizio nazionale di protezione
civile; Tutto quanto premesso e considerato; E m a n a
la seguente direttiva: Premessa Com'e' noto il Servizio
nazionale di protezione civile e' disciplinato dalla
legge 24 febbraio 1992, n. 225 e dalla legge 9 novembre
2001, n. 401. Tali disposizioni, oltre a individuare le
finalita' precipue del Servizio nazionale attribuiscono
al Presidente del Consiglio dei Ministri la titolarita'
delle politiche di protezione civile e istituiscono un
peculiare assetto ordinamentale per salvaguardare la
popolazione, l'ambiente e i beni. In base a dette
disposizioni, lo stesso Presidente puo' emanare speciali
ordinanze derogatorie dell'ordinamento giuridico vigente
ed istituire altrettanto eccezionali e peculiari assetti
organizzativi anche facenti capo a specifici Commissari
delegati. Si evidenzia che l'art. 2, comma 1, sub c)
della legge n. 225 del 1992 individua la tipologia degli
eventi al verificarsi dei quali il Consiglio dei
Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio,
delibera lo stato di emergenza. Detta disposizione
normativa fa esplicito riferimento alle calamita'
naturali, alle catastrofi o ad altri eventi. Per tali
fattispecie e' possibile, ricorrendone i presupposti,
addivenire alla deliberazione di stato di emergenza ed
alla consequenziale emanazione delle ordinanze
derogatorie (art. 5, commi 1 e 2), anche in
considerazione della circostanza che l'ampia ed
innominata fattispecie degli "altri eventi" e'
equiparata dalla legge agli eventi calamitosi e
catastrofici. Sulla base del quadro normativo vigente
spetta al Consiglio dei Ministri nella sua composizione
collegiale valutare, di caso in caso, se ricorrono i
presupposti in virtu' dei quali una determinata
situazione, per i motivi contingenti che la connotano
anche avuto riguardo alla cronicita' della problematica
portata all'attenzione governativa, richieda misure
organizzative, che, trascendendo le ordinarie capacita'
operative, giustificano l'intervento governativo in
relazione all'esigenza imperativa di assicurare il
raggiungimento di un risultato di interesse nazionale
che non potrebbe essere altrimenti raggiunto senza
l'impiego di poteri straordinari. Cio' anche in
considerazione della circostanza per cui un fenomeno
negativo persistente e non adeguatamente fronteggiato
con i poteri previsti in via ordinaria dal nostro
ordinamento puo', per l'indifferibile urgenza del
provvedere, dare luogo alla delibera dello stato di
emergenza, prevista dalla legge n. 225 del 1992 e dal
decreto legge n. 343 del 2001 convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 401 del 2001. La
decretazione dello stato d'emergenza non trova ostacoli
nell'assenza di una situazione nuova o imprevedibile,
poiche' cio' che rileva non e' semplicemente la
circostanza che il pericolo sia correlato ad una
situazione preesistente ovvero ad un evento nuovo ed
imprevedibile, ma la sussistenza della necessita' di
intervenire a salvaguardia degli interessi da tutelare.
Successivamente alla delibera con la quale si proclama
lo stato di emergenza sono emanate le ordinanze
presidenziali ai sensi del citato art. 5, comma 2. La
deliberazione dello stato di emergenza Al fine di
fornire un'adeguata istruttoria per le valutazioni del
Consiglio dei Ministri in ordine alla necessita' di
intervenire mediante il Servizio nazionale di protezione
civile, ferma restando la previa acquisizione
dell'intesa regionale sulla delibera e revoca degli
stati di emergenza ai sensi dell'art. 107 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e' necessario che le
Regioni forniscano elementi conoscitivi al Dipartimento
della protezione civile della Presidenza del Consiglio
dei Ministri, nella sua qualita' di soggetto
istituzionale di cui si avvale il Presidente del
Consiglio per il perseguimento delle finalita' di
protezione civile, per un'approfondita verifica dei
presupposti che giustificano la dichiarazione dello
stato d'emergenza. Dalle informazioni in ordine alla
situazione fattuale di riferimento devono in particolare
evincersi da un lato l'impatto della situazione
d'emergenza riguardo alla collettivita', all'ambiente,
alla normale convivenza sociale ed all'assetto economico
di un determinato territorio e dall'altro lato le
difficolta' delle Amministrazioni ordinariamente
competente a farvi fronte senza che da cio' derivi
un'eccessiva esposizione a rischio degli interessi
predetti. Si dovra' infine verificare se sussista la
possibilita' di superare l'emergenza anche mediante
mezzi e poteri "ordinari" contemplati dal vigente
assetto normativo per consentire interventi efficaci e
tempestivi in situazioni eccezionali. Pertanto,
l'amministrazione regionale dovra' produrre una
relazione che illustri in modo puntale e documentato il
ricorrere dei requisiti di particolare intensita' ed
estensione e le misure eventualmente adottate per farvi
fronte, con particolare riferimento alle risorse umane,
strumentali e finanziarie impiegate, a valere sul
proprio bilancio o ulteriormente necessarie per
fronteggiare l'evento. Nella predetta relazione dovra'
essere indicata altresi' la durata dello stato
emergenziale da stimare sulla base dei tempi ritenuti
necessari per la conclusione degli interventi
finalizzati al soccorso ed all'assistenza della
popolazione, nonche' delle iniziative volte a rimuovere
gli ostacoli per ritornare alle normali condizioni di
vita. Alla luce delle considerazioni che precedono,
fatto salvo quanto previsto dall'art. 3 del
decreto-legge n. 245 del 4 novembre 2002, convertito,
con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n. 286
in relazione a situazioni emergenziali eccezionali, da
valutarsi in relazione al grave rischio di
compromissione dell'integrita' della vita, ogni nuova
richiesta di dichiarazione di stato di emergenza, da
adottare ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge n.
225/1992, dovra' essere accompagnata dagli elementi
informativi citati. A tale riguardo merita un cenno
particolare il tema della proroga dello stato
d'emergenza. Sebbene la permanenza di una situazione
emergenziale gia' accertata richieda un approfondimento
istruttorio e motivazionale minore, atteso che il nuovo
provvedimento puo' beneficiare dell'attivita'
istruttoria gia' compiuta, le istanze di proroga
avanzate dalle Regioni dovranno essere accompagnate da
una circostanziata e documentata relazione che, oltre a
contenere l'esposizione delle ragioni che inducono a
ritenere non conseguite le finalita' che hanno condotto
alla dichiarazione dello stato emergenziale, dovra'
specificare le modalita' con le quali potrebbe
verificarsi il rientro nella gestione ordinaria con
l'indicazione della relativa tempistica. Le risorse
necessarie per fronteggiare l'emergenza Si richiama
l'attenzione su alcuni profili della dinamica
applicativa derivante dalle disposizioni di cui ai nuovi
commi 5-quater e 5-quinquies dell'art. 5 della legge n.
225 del 1992, introdotti dall'art. 2, comma 2.quater,
del decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225, convertito,
con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10.
Occorre premettere che il citato comma 5-quater si
riferisce ai casi in cui sia dichiarato lo stato di
emergenza ai sensi del comma 1 dello stesso art. 5 e,
quindi, le norme citate riguardano esclusivamente gli
eventi contemplati dall'art. 2, comma 1, sub c), della
legge n. 225 del 1992 e non gli eventi di cui alle
lettere a) e b). Tali eventi, inoltre, per quanto di
portata nazionale per risonanza, ricadute,
caratteristiche proprie dell'evento in se', pur
richiedendo mezzi e poteri straordinari, in ogni caso
interessano solo una data, precisa porzione del
territorio nazionale. Ne consegue, percio', che uno di
tali eventi potra' riguardare il perimetro di una sola
regione ovvero quello di due o piu' regioni. Dato cio',
occorre allora considerare che, per il combinato
disposto dei citati commi 5-quater e 5-quinquies, a
fronte di uno di siffatti eventi, e' la Regione
esclusivamente interessata ovvero sono le Regioni
interessate (in tal caso pro-quota), a doversi fare
carico in primo luogo del reperimento delle risorse
finanziarie necessarie a fare fronte ai fabbisogni
occorrenti. A tal fine, la singola Regione (ovvero le
diverse Regioni interessate, ciascuna in proporzione
alla quota di risorse necessarie a fronteggiare gli
oneri derivanti dalla porzione di evento che le
riguarda) avra' l'onere (ai sensi del comma 5-quater):
a) innanzi tutto di reperire all'interno del proprio
bilancio le disponibilita' finanziarie sufficienti per
effettuare le spese conseguenti all'evento emergenziale
ovvero per la copertura degli oneri conseguenti allo
stesso; b) poi, qualora il bilancio non rechi tali
disponibilita', di deliberare aumenti dei tributi, delle
addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni
di aliquote attribuite alla Regione, sino al limite
massimo consentito dalla legislazione vigente; c)
nonche' (i.e., inoltre) - sia nel caso che gli aumenti
deliberati ai sensi della lettera b) non assicurino
comunque il reperimento di tutte le disponibilita'
occorrenti sia in quello della impossibilita' di
deliberare aumenti giacche' gli stessi sono gia' stati
precedentemente operati nei limiti massimi consentiti
dalla legislazione vigente - di elevare ulteriormente la
misura dell'imposta regionale di cui all'art. 17, comma
1, del d.lgs. n. 398 del 1990, fino a un massimo di
cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla
misura massima consentita. Che per la singola Regione
interessata (ovvero per le Regioni interessate, cosi'
come sopra detto) le iniziative di cui alle precedenti
lettere a) - c) costituiscano un vero e proprio onere, e
non piuttosto una mera facolta' lasciata alla libera
iniziativa discrezionale della Regione, lo si ricava in
via interpretativa dall'incipit del successivo comma
5-quinquies, laddove esso prevede che (solo) "qualora le
misure adottate ai sensi del comma 5-quater non siano
sufficienti (...) puo' essere disposto l'utilizzo delle
risorse del Fondo nazionale di protezione civile". In
altri termini, perche' si possa utilizzare il predetto
Fondo occorre pur sempre che, prima, risultino
effettivamente assunte ed applicate le iniziative di
competenza regionale sopra descritte. Le amministrazioni
regionali, quindi, potranno richiedere al Dipartimento
della protezione civile l'attivazione delle misure di
cui al comma 5-quinquies, attestando di avere
concretamente esperito le iniziative di propria
competenza di cui al comma 5-quater, evidentemente per
la differenza di fabbisogno fra quanto reperito
attraverso le proprie iniziative e quanto necessario per
le spese conseguenti all'evento emergenziale ovvero per
la copertura degli oneri dallo stesso derivanti. Il
Dipartimento della protezione civile verifica la
disponibilita' del Fondo per la protezione civile e
qualora tale Fondo fosse inadeguato, inoltrera' al
Ministero dell'economia e delle finanze una motivata
richiesta di attivazione del Fondo di cui all'art. 28
della legge n. 196 del 2009, fornendo allo stesso
Ministero gli elementi dimostrativi sia del fabbisogno
che dell'oggettiva impossibilita' di farvi fronte con
l'attivazione delle richiamate iniziative, ai fini della
valutazione circa l'attivazione del Fondo per le spese
impreviste. Da ultimo, va ribadito che le risorse
complessivamente individuate per far fronte
all'emergenza dovranno essere destinate anche al ristoro
degli oneri derivanti dall'attivazione o dall'impiego
delle componenti e delle strutture operative del
Servizio nazionale di protezione civile. Infine, il
nuovo art. 5, comma 5-sexies, della legge 225 del 1992
prevede l'attivazione del Fondo di garanzia per le
imprese danneggiate da catastrofi naturali di cui
all'art. 28 del decreto-legge n. 976 del 1966,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1142 del
1966, anche nei territori per i quali e' stato
deliberato lo stato di emergenza. L'attuazione della
citata norma e' rinviata all'adozione di provvedimenti
di natura non regolamentare da parte del Ministero
dell'economia e delle finanze. Le ordinanze di
protezione civile Ai fini della adozione delle ordinanze
di protezione civile, derogatorie dell'ordinamento
giuridico vigente, le Regioni devono puntualmente
individuare in una relazione tecnico-illustrativa gli
interventi e le misure da attuare - rimandando alla
figura ed alla responsabilita' del Commissario delegato
la determinazione dei relativi crono programmi in
dettaglio - le risorse finanziarie occorrenti con
l'indicazione della relativa provenienza,
l'organizzazione dell'eventuale struttura commissariale
e delle risorse umane necessarie per fronteggiare
l'evento, le norme dell'ordinamento giuridico di cui si
propone la deroga, l'ambito territoriale di riferimento
delle misure straordinarie. Inoltre, detta relazione
dovra' dimostrare, in dettaglio, la quantificazione
degli oneri e la relativa copertura finanziaria delle
spese relative alle diverse componenti e strutture del
Servizio nazionale di protezione coinvolte nella
gestione emergenziale. Sara', oltre a cio', necessaria
una ricognizione dettagliata dei territori comunali
incisi dall'evento, degli interventi di somma urgenza
attuati nella fase della prima emergenza e dei costi
sostenuti. Si evidenzia, poi, che sotto il profilo
afferente alle azioni di coordinamento che
caratterizzano l'azione di protezione civile nei
rapporti tra Stato e Regioni peculiare rilevanza e'
attribuita allo strumento dell'intesa, prevista
dall'art. 107 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
112. A tale strumento va ad affiancarsi l'acquisizione
del concerto sugli aspetti di carattere finanziario del
Ministro dell'economia e delle finanze, previsto
dall'art. 2, comma 2-quinquies, del decreto legge n. 225
del 29 dicembre 2010. Occorre a tale proposito,
evidenziare alcuni aspetti assai rilevanti sotto questo
profilo allo scopo di definire un iter volto ad
ulteriormente valorizzare l'esercizio della funzione di
protezione civile che, in ogni caso, permane nella
dirimente attribuzione del Presidente del Consiglio dei
Ministri. Il concerto sugli aspetti finanziari verra'
espresso dal Ministro dell'Economia e delle Finanze,
avuto riguardo alla relativa funzione disciplinata
dall'art. 24, comma 1, del decreto legislativo 30 luglio
1999, n. 300 preventivamente rispetto all'acquisizione
della relativa intesa regionale, allo scopo di
assicurare sulle questioni di protezione civile una
posizione unitaria del plesso statuale nei rapporti con
le Amministrazioni regionali. E' tuttavia evidente che
qualora in fase di intesa il testo del provvedimento
dovesse subire emendamenti rispetto alla versione
precedentemente concertata, dovra' necessariamente
riaprirsi la procedura di concertazione. Del resto una
concertazione "relativamente agli aspetti di carattere
finanziario" ai sensi del novellato art. 5, comma 2,
della legge 225 del 1992, per risultare efficace ed
effettiva e non mero simulacro di una funzione, non puo'
che esercitarsi sulla versione definitiva del
provvedimento da adottare. Provvedera' dunque il
Dipartimento della Protezione civile della Presidenza
del Consiglio dei Ministri a sottoporre nuovamente al
Ministero dell'economia e delle finanze, per il finale
concerto, gli schemi di provvedimenti che risultassero
modificati in sede di intesa. Al fine di conseguire una
celere concertazione nei casi di somma urgenza, dovuti
alla necessita' di preservare l'integrita' della vita,
dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente dai danni o
dal pericolo di danni in situazioni di grave rischio,
l'espressione del concerto potra' essere resa su singole
disposizioni che potranno avere autonomo corso rispetto
a quelle i cui contenuti non godono del presupposto
dell'effettiva emergenza e, quindi, della maggiore
urgenza. In tali casi di somma urgenza, l'espressione
del concerto potra' essere modulata dal Presidente del
Consiglio, tramite il Dipartimento della protezione
civile, avuto riguardo agli interessi,
costituzionalmente tutelati, complessivamente incisi
mediante l'azione o il ritardo nell'azione di protezione
civile, sicche' anche eventuali impedimenti
evidenziatisi nel corso dell'iter volto alla
realizzazione del coordinamento interno allo Stato non
dovranno precludere l'esercizio della funzione di
protezione civile complessivamente intesa. In tal modo,
spettera' al Presidente del Consiglio dirimere, ai sensi
dell'art. 95 della Costituzione, eventuali problematiche
intervenute nel livello statuale. Infine, ove fosse
verificata la possibilita' di intervenire secondo i
dettati della ordinaria legislazione necessita valutare
positivamente l'ipotesi di adottare ordinanze non
derogatorie dell'ordinamento giuridico vigente, ai sensi
dell'art. 5, comma 3, della legge n. 225 del 1992,
attraverso le quali puo' - valutate le circostanze
concrete di riferimento - conseguirsi comunque il fine
di salvaguardare i beni tutelati dalla specifica
normativa di settore, mediante l'utilizzo di procedure
urgenti gia' previste dall'ordinamento, nonche' di
adeguate risorse economiche gestibili anche con il
ricorso a contabilita' speciali. I commissari delegati
L'art. 5, comma 4, della legge n. 225 del 1992 consente
al Presidente del Consiglio dei Ministri di nominare
specifici Commissari delegati per lo svolgimento delle
attivita' previste dalle ordinanze di protezione civile.
L'incarico in questione e' conferito sulla base di un
rapporto fiduciario che, sebbene collochi la posizione
del Commissario delegato in una situazione di
indipendenza gestionale ed organizzativa rispetto al
delegante impone, tuttavia, al delegato di esercitare
esclusivamente le attribuzioni conferite mediante le
ordinanze di protezione civile e nei limiti dalle stesse
previsti, anche per quanto attiene al plesso
ordinamentale di cui e' autorizzata la deroga. Spettera',
quindi, al Commissario motivare il ricorso alle deroghe,
inviare al Dipartimento della protezione civile,
trimestralmente, una relazione delle attivita' svolte
per consentire il relativo monitoraggio, dare piena e
completa attuazione all'art. 15, comma 3, del
decreto-legge n. 195 del 2009 convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 26 del 2010 escludendo il
ricorso alla giurisdizione arbitrale; rendicontare - ai
sensi dell'art. 5, comma 5 bis della legge n. 225 del
1992 - entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di
ciascun esercizio ed al termine della gestione o del
loro incarico, tutte le entrate e tutte le spese
riguardanti l'intervento delegato, indicando la
provenienza dei fondi, i soggetti beneficiari e la
tipologia di spesa. Tali adempimenti saranno valutati
anche ai fini dell'attivita' ispettiva prevista
dall'art. 20 della legge n. 225 del 1992 e disciplinata
con D.P.R. 30 gennaio 1993, n. 51. E' d'obbligo
evidenziare che l'art. 2, comma 2-octies, del
decreto-legge n. 225 del 2010 ha esteso ai funzionari e
commissari delegati del Governo, comunque denominati,
l'applicazione dei tempi e delle modalita' di
rendicontazione di cui all'art. 5, comma 5-bis, della
legge n. 225 del 1992. Cio' premesso, va precisato che i
commissari delegati di protezione civile sono tenuti a
trasmettere i rendiconti alle competenti Ragionerie
territoriali dello Stato mentre i restanti commissari di
Governo devono inoltrarli all'Ufficio centrale di
bilancio presso il Ministero dell'economia e delle
finanze. Sara' compito di detti Uffici inoltrare alla
Corte dei conti ed agli altri soggetti previsti dalle
norme citate, il frontespizio dei rendiconti in parola
nonche' l'elenco dei crediti e debiti di cui al decreto
del Ministro dell'Economia e delle Finanze del 27 marzo
2009. Inoltre, si rappresenta che l'art. 5, comma 5-bis,
della legge n. 225 del 1992, come modificato dal
decreto-legge n. 225 del 2010, non consente di
effettuare girofondi tra contabilita' speciali. Infine,
l'art. 2, comma 2-sexies, del decreto-legge n. 225 del
2010, nell'integrare l'art. 3, comma 1, della legge 14
gennaio 1994, n. 20, prevede la sottoposizione dei
provvedimenti adottati dai Commissari delegati in
attuazione delle ordinanze del Presidente del Consiglio
dei Ministri, emanate ai sensi dell'art. 5, comma 2,
della legge 24 febbraio 1992, n. 225. al controllo
preventivo di legittimita' della Corte dei conti. Roma,
14 marzo 2011 Il Presidente: Berlusconi Registrato alla
Corte dei conti il 3 maggio 2011 Ministeri istituzionali
- Presidenza del Consiglio dei Ministri, registro n. 10,
foglio n. 182 |