LA CONFERENZA UNIFICATA
Nell'odierna seduta del 5 maggio 2011:
Visto l'art. 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281 e, in
particolare, il comma 2, lettera c), in base al
quale questa
Conferenza promuove e sancisce accordi tra
Governo, Regioni,
Province, Comuni e Comunita' montane, al fine
di coordinare
l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere in
collaborazione
attivita' di interesse comune;
Vista la legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante
«Istituzione del
Servizio Sanitario Nazionale»;
Visto il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502
e successive
modificazioni, in particolare l'art. 8-octies, che
prevede che le
Regioni e le Aziende unita' sanitarie locali attivino
un sistema di
monitoraggio e controllo sulla qualita'
dell'assistenza e
sull'appropriatezza delle prestazioni rese;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 14
gennaio 1997
«Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento
alle Regioni e
Province autonome di Trento e Bolzano in materia
di requisiti
strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi
per l'esercizio
delle attivita' sanitarie da parte delle strutture
pubbliche e
private», che definisce le attivita' di valutazione e
miglioramento
della qualita' in termini metodologici e prevede tra
i requisiti
generali richiesti alle strutture pubbliche e private
che le stesse
siano dotate di un insieme di attivita' e procedure
relative alla
gestione, valutazione e miglioramento della qualita';
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 29
novembre 2001 di «Definizione dei Livelli Essenziali di
Assistenza»,
nel quale viene indicata la necessita' di
individuare percorsi
diagnostico-terapeutici sia per il livello di cura
ospedaliero che
per quello territoriale;
Visto il Piano Sanitario Nazionale 2006-2008,
approvato con decreto
del Presidente della Repubblica il 7 aprile 2006 che,
nell'affrontare
la problematica assistenziale della non
autosufficienza e della
disabilita', pone l'accento sulla necessita'
di agire sul
potenziamento dell'assistenza territoriale,
sull'integrazione dei
servizi sanitari e sociali, anche mediante la
realizzazione di reti
assistenziali con i necessari supporti tecnologici;
Vista la nota pervenuta in data 5 ottobre 2010,
diramata con
lettera del 11 ottobre 2010, con la quale il Ministero
della salute
ha trasmesso la proposta di accordo indicata in oggetto;
Vista la nota in data 28 marzo 2011 con la quale il
Ministero della
salute ha inviato una nuova versione della proposta
di accordo in
parola, che tiene conto degli approfondimenti
condotti nel corso
della riunione tecnica svoltasi il 3 novembre 2010;
Considerato che tale nuova versione, con lettera in
data 5 aprile
2011, e' stata diramata alle Regioni e Province autonome
ed agli Enti
locali;
Considerato che, nel corso della riunione tecnica
del 28 aprile
2011, le Regioni e le Province autonome hanno
proposto alcune
modifiche dello schema di accordo in parola le
quali sono state
ritenute accoglibili dal Ministero della salute;
Considerato che, nel corso della medesima riunione
tecnica del 28
aprile 2011, il rappresentante dell'ANCI ha espresso
parere tecnico
favorevole;
Vista la lettera in data 29 aprile 2011 con la quale
il Ministero
della salute ha inviato la definitiva versione
dello schema di
accordo in parola, che recepisce la modifiche
concordate nel corso
della predetta riunione tecnica;
Vista la nota del 29 aprile 2011 con la quale
la definitiva
versione dello schema di accordo e' stata diramata
alle Regioni e
Province autonome ed alle Autonomie locali;
Acquisito nell'odierna seduta l'assenso del Governo,
delle Regioni
e delle Province autonome e degli Enti locali;
SANCISCE ACCORDO
tra il Governo, le Regioni e le Province autonome e gli
enti locali,
nei seguenti termini:
PREMESSO CHE:
- il decreto ministeriale del 12 settembre 2005 che ha
istituito la
Commissione tecnico scientifica sullo Stato Vegetativo
e Stato di
Minima Coscienza per lo studio e la ricerca di
carattere statistico,
medico, scientifico e giuridico delle dimensioni
del fenomeno
connesso ai pazienti in Stato Vegetativo e/o
minimamente cosciente
nel nostro Paese;
- il documento «Stato Vegetativo e Stato di Minima
Coscienza» e'
stato elelaborato a conclusione dei lavori
della predetta
Commissione;
- il decreto ministeriale 23 maggio 2008 ha
conferito delega di
attribuzioni del Ministro del lavoro, della salute e
delle politiche
sociali al Sottosegretario di Stato, On. Eugenia
Roccella, per taluni
atti di competenza dell'amministrazione;
- il decreto ministeriale 15 ottobre 2008 ha istituto
il «Gruppo di
Lavoro sullo Stato Vegetativo e di Minima Coscienza»,
presieduto dal
Sottosegretario di Stato, On. Eugenia Roccella;
- il numero e l'aspettativa di vita di soggetti in
Stato Vegetativo
e di Minima Coscienza e' in progressivo aumento in
tutti i paesi
industrializzati;
- il progresso tecnico-scientifico e
l'implementazione delle
conoscenze e delle tecniche nel campo della
rianimazione hanno
determinato sia un miglioramento della qualita'
dell'assistenza che
una prolungata sopravvivenza a patologie degenerative e
cerebrali;
- la necessita' di
definire percorsi
diagnostico-terapeutico-assistenziali costruiti sulla
appropriatezza
e sulla centralita' effettiva del paziente;
- il risultato dell'attivita' svolta dal Gruppo di
Lavoro istituito
con decreto ministeriale 15 ottobre 2008, che ha
prodotto il
documento «Stato Vegetativo e di Minima Coscienza -
Epidemiologia,
evidenze scientifiche e modelli assistenziali» e'
consultabile nel
portale del Ministero della Salute;
- il documento illustra ed esamina aspetti di
diagnosi, cura e
assistenza dei pazienti in Stato Vegetativo e li
contestualizza
all'interno di modelli di percorsi assistenziali
delle Gravi
Cerebrolesioni Acquisite;
- tramite un approccio multidisciplinare
di qualificati
professionisti, questi percorsi sono finalizzati ad
assicurare la
"presa in carico" del paziente e dei familiari dalla
fase acuta al
reinserimento domiciliare e che il percorso si
articola come un
sistema integrato "coma to community";
- il documento del gruppo di lavoro propone
approcci clinici e
suggerimenti operativi che scaturiscono
dall'esperienza di esperti
qualificati con l'obiettivo di mettere a disposizione
delle regioni,
che ne valuteranno l'adattabilita' alla propria
specifica realta',
modelli e requisiti organizzativi, anche di eccellenza,
che agevolino
la realizzazione dei percorsi di diagnosi e cura
prospettati in una
logica di rete;
SI CONVIENE:
- sulla necessita' che ciascuna Amministrazione
definisca, con atto
formale, lo specifico percorso assistenziale da
seguire per le
persone in condizione di S.V. e S.M.C. Tale percorso,
partendo da
quanto gia' attuato e in particolare dalle
eventuali positive
esperienze gia' realizzate nel proprio territorio,
dovra' tener conto
delle considerazioni cliniche contenute nelle linee di
indirizzo di
cui all'art. 10, e inserirsi in modo
strutturale all'interno
dell'organizzazione e programmazione sanitaria
caratterizzante
ciascuna Regione e Provincia Autonoma. Tali percorsi
dovranno essere
trasferiti nelle carte dei servizi e dovranno essere
comunicati con
chiarezza alle famiglie, in modo di accompagnarle
e supportarle
durante tutte le fasi dell'assistenza e presa in carico
del proprio
congiunto;
- che i percorsi dovranno prevedere il tipo di
assistenza erogata e
la relativa organizzazione dalla fase iperacuta e
critica, a quella
post-acuta fino a quella di stato e di possibile rientro
a domicilio
della persona in condizione di S.V. e S.M.C.
Particolare attenzione
dovra' essere posta nelle modalita' di passaggio
da una fase
all'altra e nelle modalita' di dimissione protetta tra
l'assistenza
prestata in un determinato ambito o servizio e
quella prestata
nell'ambito o servizio successivo, in modo da evitare
fratture nella
continuita' assistenziale e condizioni di improprio
abbandono delle
famiglie;
- che nella fase acuta e' necessario porre
attenzione immediata
agli aspetti funzionali e conseguentemente
riabilitativi, fin dalla
degenza in reparti critici, riducendo, per quanto
consentito dalle
condizioni cliniche del paziente, la permanenza
in reparti di
rianimazione e intensivi e collocando al piu' presto il
paziente in
ambienti anche sub intensivi, dove l'attenzione
al suo stato
funzionale possa essere affidata a professionisti
particolarmente
esperti nel settore delle gravi Cerebro Lesioni
Acquisite;
- che nella fase post-acuta e' essenziale prevedere
unita' dedicate
alla neuro-riabilitazione intensiva e alle gravi
cerebro lesioni
acquisite e il loro collegamento in rete con gli
altri servizi di
riabilitazione sia a breve sia a piu' lungo termine;
- che nella fase di stato e' indispensabile
prevedere sia una
soluzione di assistenza domiciliare integrata, sia una
di assistenza
residenziale in strutture extra-ospedaliere. La
scelta della
soluzione piu' adeguata, in funzione delle condizioni
generali della
persona in S.V. e S.M.C. e della sua famiglia,
deve essere
prospettata dai servizi e condivisa dalle famiglie.
Tale scelta
potra' cambiare nel tempo in funzione dei possibili
mutamenti della
situazione della persona in S.V. e S.M.C. e delle
condizioni della
famiglia;
- che in tutto il percorso assistenziale, fin dalle
prime fasi,
devono essere previste modalita' adeguate di
informazione e
comunicazione con la famiglia, di supporto per i
familiari piu'
impegnati nell'assistenza, con particolare riguardo al
caregiver, di
aiuto nelle fasi piu' critiche e decisionali nella
gestione del
congiunto. Le strutture extra-ospedaliere dedicate
all'assistenza
residenziale delle persone in S.V. e S.M.C.
potranno essere
utilizzate anche per ricoveri di sollievo per le
famiglie impegnate
nell'assistenza domiciliare del familiare;
- di promuovere a livello nazionale e regionale
adeguate forme di
consultazione con le associazioni dei familiari;
- di promuovere iniziative e interventi finalizzati al
monitoraggio
della qualita' dell'assistenza erogata sulla base di
idonei flussi
informativi afferenti al NSIS e di
specifiche indagini
epidemiologiche;
- di promuovere l'adozione di linee guida
nazionali su aspetti
clinici con particolare riferimento ai criteri di
stabilizzazione
clinica e di passaggio tra settings;
- sul documento «Linee di indirizzo per l'assistenza
alle persone
in Stato Vegetativo e Stato di Minima Coscienza» di cui
all'allegato
1, parte integrante del presente atto, che scaturise
dall'esperienza
di esperti qualificati e da esperti delle singole
Regioni, con
l'obiettivo di mettere a disposizione delle
Regioni, che ne
valuteranno l'adattabilita' alla propria specifica
realta', modelli e
requisiti organizzativi, anche di eccellenza, che
agevolino la
realizzazione dei percorsi di diagnosi e cura
prospettati in una
logica di rete.
- il predetto documento, allegato al presente
accordo, ne
costituisce il riferimento culturale e di
contesto per quanto
convenuto.
Roma, 5 maggio 2011
Il
Presidente: Fitto
Il Segretario: Siniscalchi
Allegato 1
LINEE DI INDIRIZZO PER L'ASSISTENZA ALLE PERSONE IN STATO VEGETATIVO
E STATO DI MINIMA COSCIENZA
INTRODUZIONE
Il documento ha lo scopo di definire linee di indirizzo
sull'assistenza delle persone in condizioni di bassa responsivita'
protratta. E' chiaro che tale obiettivo puo' essere raggiunto
efficacemente solo se si abbraccia e contestualizza il problema all'
interno del percorso per le gravi cerebrolesioni acquisite, come gia'
affrontato nel 2005 nel documento "Di Virgilio".
Nonostante la numerosa documentazione delle varie Regioni, nella
maggior parte delle Regioni non sono stati attivati espliciti
percorsi regionali istituzionalizzati per la corretta gestione
sanitaria delle Gravi Cerebrolesioni Acquisite (GCA). Esiste comunque
una rete di centri dedicati alle gravi cerebrolesioni acquisite,
pubblici, privati convenzionati o IRCCS (Istituti di ricovero e cura
a carattere scientifico), che hanno svolto attivita' di intervento
riabilitativo, spesso con scarsi collegamenti con la fase acuta e con
l'assistenza sul territorio.
Per quanto riguarda la gestione dei pazienti fin dalla fase acuta e'
utile fare riferimento anche ai risultati dello studio condotto da 17
Regioni italiane nell'ambito del Progetto di Ricerca Finalizzata
2005: "Il Percorso Assistenziale Integrato nei Pazienti con Grave
Cerebrolesione Acquisita (Traumatica e Non Traumatica) Fase Acuta e
Post-Acuta", a cura di Salvatore Ferro e Rebecca Facchini Servizio
Presidi Ospedalieri - Regione Emilia-Romagna.
Il documento conclusivo (2009) riporta: ''I documenti individuati dai
referenti regionali sono costituiti da delibere (regionali o
aziendali), piani sanitari regionali, progetti (regionali o
aziendali), lettere informative, circolari, e in qualche caso linee
guida per la pratica clinica che, pur potendo rappresentare un valido
strumento di governo clinico, non sono abitualmente dotate di valore
normativo.
Un aspetto preminente della eterogeneita' dell'assistenza ai pazienti
con gravi cerebrolesioni acquisite riguarda l'attenzione dedicata
dalle regioni alle diverse fasi assistenziali del percorso integrato,
che si concentra soprattutto nelle fasi precoci dell'assistenza
mentre le fasi in cui si dovrebbe realizzare un'efficiente
integrazione ospedale-territorio (cioe' la fase di dimissione e
posidimissione) appaiono proporzionalmente meno ricche di
provvedimenti normativi, anche nelle regioni che dedicano maggiore
attenzione all'organizzazione dell' assistenza ai pazienti con gravi
cerebrolesioni acquisite''.
L'analisi descrittiva del materiale raccolto nelle diverse regioni
ha, dunque, permesso di rilevare una marcata eterogeneita' nella
tipologia di' documenti emanati, associata a una notevole varieta' di
modelli organizzativi assistenziali come e' pur evidente la mancanza
di omogeneita' di nomenclatura, di procedure e di organizzazione
strutturale.
Il Gruppo di lavoro rileva, dunque, che le criticita' prevalenti
riguardano la:
• disomogeneita' di criteri diagnostici con conseguente
disomogeneita' di codifica
• disomogeneita' di procedure diagnostico- terapeutiche
• disomogeneita' di requisiti minimi strutturali per ogni fase
• disomogeneita' del sistema di remunerazione
• assenza delle diagnosi di SV, SMC e "postumi" di gravi
cerebrolesioni acquisite nella categoria Handicap gravi.
L'eterogeneita' dell'approccio a questi pazienti, sia in fase acuta
che post-acuta, implica la non disponibilita' di dati esaustivi sul
piano epidemiologico, indispensabili per poter adeguare alle
richieste l'offerta di idonei servizi riabilitativi, consentendo solo
una stima approssimativa dei soggetti in SV/SMC o con severi postumi
disabilitanti da gravi cerebrolesioni acquisite.
Negli ultimi decenni a seguito di gravi cerebrolesioni acquisite, con
incidenza e prevalenza di particolare rilievo, e' emersa una nuova
popolazione di pazienti, con quadri clinici complessi dominati da
gravi alterazioni dello stato di coscienza che includono il corna, lo
stato vegetativo (SV) e lo stato di minima coscienza (SMC), che sono
in progressivo aumento, anche in virtu' dei progressi della medicina
dell' Emergenza-Urgenza.
Le tre condizioni cliniche sopra enunciate implicano un'alterazione
della consapevolezza del se' e dell'ambiente, ma hanno differenze
cliniche che influenzano le decisioni diagnostico-terapeutiche, la
prognosi, il trattamento, il coinvolgimento delle famiglie ed i costi
della gestione globale.
Parte di provvedimento in formato grafico
Tabella tratta da : The vegetative state: guidance on diagnosis and
management. The Royal College of Physicians, Clin Med. 2003
May-Jun;3(3):249-54.
Si fa qui riferimento agli Stati Vegetativi che conseguono al corna
indotto da gravi cerebrolesioni acquisite, cioe' ad eventi di natura
traumatica, vascolare, arrossita o infettiva o, comunque, da noxae
acquisite, che non includono le patologie congenite, involutive e
degenerative.
Come affermato nel Piano Sanitario Nazionale (PSN), la domanda di
riabilitazione negli ultimi anni ha registrato un incremento
imputabile non solo ai progressi della medicina d'urgenza, che oggi
consentono la sopravvivenza di pazienti un tempo destinati
all'exttus, ma, in parte, anche all'aumento dei gravi traumatismi
accidentali.
Un soggetto colpito da grave cerebrolesione acquisita subisce una
grave destrutturazione delle funzioni cerebrali che, nel suo aspetto
piu' rilevante, si traduce in uno stato di coma.
Se non sopravviene la morte, nell'arco di ore, giorni o, al massimo,
di 3-6 settimane, nel paziente si verifica un progressivo recupero
delle funzioni autonorniche con "apertura degli occhi" senza
ricomparsa dello stato di coscienza, lasciandolo in quel quadro
clinico definito " stato vegetativo". In accordo con le direttive
dell'American Congress of Rehabilitation of Medicine (l), lo "Stato
Vegetativo" si configura come un peculiare e grave stato clinico
caratterizzato da "apertura degli occhi, con cicli sonno-veglia alla
registrazione EEG, senza manifestazioni di consapevolezza di se' e
dell'ambiente e con parziale o completo recupero delle funzioni
vegetative ipotalamiche e troncali". L'apertura degli occhi e la
ripresa di un ritmo sonno-veglia senza manifestazioni di attivita'
cosciente, l'assenza di deglutizione che impone la nutrizione
artificiale, la presenza di cannula endotracheale, la necessaria
gestione delle comorbilita' premorbose o secondarie alla fase
intensiva (granulazioni ed ulcere endotracheali, stati settici,
ulcere da decubito, deformazioni artuali), il controllo del quadro
neurologico, delle posture patologiche in
decorticazione/decerebrazione, della spasticita' grave resistente ai
comuni trattamenti anti-spastici, della disautonomia vegetativa con
crisi di sudorazione profusa, tachicardia, tachipnea,
ipertensione/ipotensione arteriosa e delle ulteriori eventuali
complicazioni, la necessita' di un attento e costante nursing,
giustificano, nell'attuale assetto organizzativo, il rifiuto del,
ricovero di questi soggetti in reparti di riabilitazione non dotati
di setting assistenziali e dell'expertise adeguati alla complessita'
di un paziente ancora instabile con conseguente ingiustificata,
protratta e costosa permanenza in Rianimazione.
E' ampiamente dimostrato che la disabilita' residua di un paziente
con GCA dipende non solo dal danno primario ma anche, e talvolta
soprattutto, dalla catena di eventi che possono intervenire dalla
fase dell'acuzie in avanti, come conseguenza di una mancata
prevenzione e/o cura anche di patologie intercorrenti.
Va, qui, sottolineata la facilita' con cui le complicanze possono
instaurarsi e autoalimentarsi, a circolo vizioso, in un paziente
cosi' "fragile", in cui la grave alterazione dello stato di coscienza
e/o la stessa protratta immobilita' sono fonte di "disastri clinici"
spesso irreparabili.
CRITICITA' E DANNI EVITABILI
Allo stato attuale il raccordo tra le conoscenze scientifiche sulle
caratteristiche delle GCA e le ricadute organizzative relative alla
prognosi e' ancora carente.
In Italia, nella pratica corrente, sia nella codifica delle SDO sia
nella diagnosi d'accettazione che di dimissione, non viene riportata
la severita' dei quadri clinici. Il sistema attuale, infatti, non
rileva il funzionamento e la disabilita' dei pazienti.
La proposta di intervento organizzativo, qui formulata, scaturisce in
parte da studi che hanno identificato le aree "fragili" dell'attuale
assetto assistenziale.
Diversi studi confermano che la percentuale delle "morti evitabili" e
delle disabilita' gravi e' significativamente piu' elevata in assenza
di strutture deputate al trattamento delle GCA e quando l'assenza di
competenze specifiche comporta un'inadeguata gestione con
disconoscimento dei problemi clinici da cui derivano indicazioni
cliniche o terapeutiche inadeguate, ritardate o, addirittura, non
poste.
Gia' da tempo le linee-guida per il trattamento delle GCA, delineate
nelle, linee Guida sulla Riabilitazione 1998 e tratte da trial
internazionali randomizzati nonche' da modelli operativi esteri
(7)(8)(9), hanno dimostrato che i pazienti trattati in reparti
dedicati hanno una minor incidenza di mortalita' e una miglior
prognosi rispetto a quelli trattati in reparti non dedicati. Da tutto
cio' si ..evince sia la necessita' di un percorso dedicato,
articolato in tappe all'interno di un continuum terapeutico, sia
l'importanza di un precoce intervento neuroriabilitativo.
Alcune unita' sub intensive per pazienti affetti da GCA sono gia'
presenti nel panorama ospedaliero nazionale, ma la regola e'
piuttosto la loro assenza.
Si rende necessario, quindi, indicare l'istituzione di unita'
operative/ o aree (nuclei) dedicati, a carattere semintensivo e ad
alta valenza riabilitativa, la cui gestione, come fattore
imprescindibile, necessita di specifiche competenze in grado di
assistere GCA in fase critica, integrate da un approccio
interdisciplinare ed interprofessionale che vede il coinvolgimento
degli specialisti necessari (neurologo, fisiatra,
anestesisti/intensivisti, neurochirurgo, internista, ortopedico,
infettivologo...) e delle professioni sanitarie. (10-15)
Nell'ambito di tutte le sequele da GCA, il trattamento assistenziale
e riabilitativo degli SV e degli SMC necessita di particolare
attenzione in quanto queste condizioni:
- sono ad elevata e progressivamente crescente incidenza, con elevata
mortalita' e disabilita';
- determinano quadri clinici complessi con considerevole impegno
gestionale e di intervento in equipe;
- l'assistenza necessita di competenza ed esperienza peculiari;
- necessitano di un'organizzazione multi e interdisciplinare per
corrispondere a precisi bisogni clinici;
- necessitano di strutture dedicate di riferimento ad alta valenza
riabilitativa gia' dalla fase acuta;
- l'intervento di informazione e di supporto psicologico dei
familiari deve essere disponibile e mirato a creare un'alleanza
terapeutica con l'equipe gia' dalla fase acuta;
- e' evidente la necessita' di identificare e formare una nuova
cultura professionale specifica nonche' di incrementare nuove aree di
ricerca.
La necessita' di definire un percorso lineare e precoce per SV e SMC
deriva da una serie di considerazioni:
- il lungo periodo di neuro riabilitazione corrisponde nel tempo a
situazioni clinico funzionali e necessita' assistenziali diverse che
comportano un assetto dell'organizzazione dell'assistenza articolata
in successivi livelli di cura;
- e' documentato che la permanenza delle persone in SV/SMC nelle
Rianimazioni, oltre ad avere costi elevatissimi, non favorisce il
recupero; di conseguenza e' necessario avviare precocemente percorsi
di recupero;
- la condizione di SV, soprattutto nelle fase acuta, ha necessita' di
una presa in carico intensiva, precoce e competente;
- la fase riabilitativa ospedaliera dei pazienti in SV e in SMC tende
in genere a prolungarsi con programmi multidimensionali di lunga
durata (5-12 mesi). La possibilita' di ridurre il livello di
assistenza negli esiti puo' comunque avere un impatto profondo sulla
qualita' della vita del paziente e dei familiari e sui costi
dell'assistenza a lungo termine;
- al pari della permanenza nei reparti di cura intensiva, la
permanenza oltre il necessario nei reparti di riabilitazione
intensiva di pazienti in SV o in SMC determina un improprio ricovero
e impedisce l'accoglienza di nuovi casi. Pertanto e' opportuno
chiarire il percorso e la denominazione delle strutture in grado di
accogliere queste patologie anche per non disorientare i familiari;
- la mancanza di recettivita' e di organizzazione dei servizi
territoriali causa l'impropria permanenza, oltre il necessario, nei
reparti ospedalieri;
- la famiglia esprime forti domande e complessi bisogni lungo tutto
il percorso di cura e riabilitazione.
Un coinvolgimento attivo e guidato dei familiari nel progetto
riabilitativo consente una stimolazione affettiva significativa che
generalmente permette di rivelare piu' precocemente i primi segni di
responsivita' dei pazienti; di rassicurare emozionalmente i pazienti
in agitazione psicomotoria (con notevole riduzione della necessita'
dell'uso di neurolettici e sedativi spesso dannosi per il recupero
della responsivita'); di promuovere la vera alleanza terapeutica con
la famiglia, che spesso rappresenta il feedback piu' affidabile della
qualita' assistenziale dell'equipe riabilitativa e un monitoraggio
attento dei cambiamenti significativi del quadro clinico; riduce
l'ansia, il senso di impotenza e di frustrazione dei familiari ed
evita iniziative personali non utili e talvolta dannose per il
paziente (tentativi di alimentazione per bocca o mobilizzazioni non
autorizzate).
Spesso emerge una rivendicazione di un proprio ruolo e di proprie
"competenze". Occorre tenerne conto sviluppando progetti educativi e
strategie di implementazione specificamente dedicate ai familiari. In
un sistema integrato, le famiglie non si dovrebbero trovare nella
necessita' di una ricerca personale delle opportunita' di cura o di
una autogestione organizzativa dei processi di assistenza in assenza
di risorse di supporto.
Alla luce di tutto questo appare importante spingere le Regioni a
rendere omogenea l'organizzazione sanitaria e socio-assistenziale a
favore dei pazienti in SV e SMC raccomandando un percorso lineare e
razionale a partire dalla fase acuta, assicurando la "presa in
carico" dell'individuo nella sua intera realta' patologica attraverso
una articolazione a rete, posta in un continuum, comprendente le UO
(unita' operative) per l'emergenza, le UO per acuti, le UO di
riabilitazione nonche' le infrastrutture sociali. Tale percorso, gia'
delineato nel documento Di Virgilio 2005, si inserisce pienamente
nelle raccomandazioni delle Conferenze di Consenso e delle Linee
Guida sulla Riabilitazione del 1998.
In questa prospettiva ci troviamo perfettamente in linea con le
indicazioni del PSN e le linee di indirizzo per la riabilitazione
(recentemente approvate dalla conferenza stato-regioni). Inoltre,
questa strutturazione e' in accordo anche con i nuovi LEA, in attesa
di definitiva approvazione ed emanazione che incentivano
l'individuazione di percorsi terapeutici con programmi di sviluppo
della rete dei servizi territoriali, nonche' programmi incisivi per
l'incremento del grado di appropriatezza.
Un buon sistema di cure primarie produce un elevato grado di
appropriatezza, un minore ricorso a ricoveri impropri, una relazione
di fiducia e di consenso dei familiari.
In particolare per la congruita' con i LEA e' fondamentale:
- il riconoscimento della funzione strategica dei sistemi di
assistenza primaria;
- il rilancio delle indicazioni di percorsi diagnostico - terapeutici
che minimizzino la quota di accessi impropri;
- la necessita' di coerente collegamento in rete tra presidi
ospedalieri e tra questi e le strutture territoriali;
- lo sviluppo, anche attraverso adeguate politiche di aggiornamento e
formazione, di quello che e' stato definito lo spazio del "governo
clinico";
- la considerazione dell'integrazione professionale come elemento
imprescindibile per l'esistenza e il buon funzionamento di un sistema
di assistenza primaria, in funzione di una presa in carico efficace
delle cronicita';
- la valorizzazione dei vari profili professionali sanitari coinvolti
nella loro specificita';
- la necessita' di riorientare le professionalita' mediche e
sanitarie, sociali e assistenziali, ad una capacita' di lettura e
interpretazione precoce dei bisogni di salute e di assistenza, di
interlocuzione pronta, di intervento preventivo, di azioni curative e
riabilitative;
- l'implementazione del sistema informativo finalizzato
all'incremento non solo dell'efficienza ma anche della qualita';
- sono prioritari l'integrazione professionale e la partecipazione
alla governante del sistema, l'individuazione e selezione delle
scelte cliniche piu' appropriate, il miglioramento dell'impatto
clinico ed economico dei comportamenti professionali sugli obiettivi
del sistema.
Alcune disposizioni delle leggi finanziarie per il 2005, il 2006 e il
2007 precisano e specificano la disciplina dei LEA.
La legge n. 311 del 2004 (art. 1, comma 169) demanda ad un
regolamento ministeriale l'individuazione degli standard qualitativi
(strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito) e
quantitativi di cui ai livelli essenziali di assistenza.
L'iter per l'adozione dei LEA si applica anche alla definizione dei
predetti standard relativi alle tipologie di assistenza e servizi per
le aree di offerta individuate dal PSN.
L'intento e' di integrare e specificare i LEA sul versante attuativo,
assicurarne una erogazione omogenea tra le diverse aree del
territorio, evitando disparita' dei costi sostenuti (dalle singole
Regioni) e nel trattamento riservato ai cittadini (con differente
residenza).
Alcune disposizioni della legge n. 266 del 2005 (1. finanziaria per
il 2006) fanno riferimento all'art. 1, c. 169 della legge n. 311 del
2004. L'art. 1, c. 80, lett b) richiama gli standard di cui alla
disposizione sopra citata in caso di mancata definizione da parte
delle Regioni dei tempi di attesa per le singole prestazioni
rientranti nei LEA.
Da un'analisi fisiologicamente connessa alla attuale realta', e'
dunque emersa, ornai da tempo, la necessita' di direttive nazionali
per definire i percorsi di cura e incentivare lo sviluppo di reti
regionali assistenziali dei pazienti in SV e SMC nell'ambito di una
piu' complessiva riqualificazione dei percorsi assistenziali per
pazienti con GCA.
SISTEMA A RETE INTEGRATA "COMA TO COMMUNITY"
La proposta, come gia' individuato dalla precedente Commissione (Di
Virgilio 2005), e' basata su un cambiamento di prospettiva, passando
dalla necessita' di regolare al meglio il flusso dei pazienti in SV e
SMC nell'ambito di una piu' complessiva riqualificazione dei percorsi
assistenziali per pazienti con GCA , all'indicazione di organizzare
un "sistema esperto" integrato a rete di percorsi "dal corna al
domicilio", con forte radicamento territoriale, connotato da
universalita', appropriatezza, tempestivita' e progressivita' delle
cure. Un percorso "certo" per tutti i pazienti, senza selezione a
monte, e senza affidare alle famiglie la ricerca di soluzioni
estemporanee (con il grave rischio di inappropriati flussi passivi,
interregionali o all'estero).
Il sistema dedicato, infatti, deve basarsi sull'articolazione di vari
reparti assistenziali permettendo, con una buona tempestivita' e
fluenza, la presa in carico del paziente dalla fase acuta, garantendo
adeguati e appropriati servizi di cura, continuita' delle cure,
equita' nelle condizioni di accesso e di fruizione, con dinamiche
operative facilitanti la sinergia tra le varie componenti,
consentendo di utilizzare in modo idoneo le risorse professionali
dell'intero sistema.
Una persona colpita da GCA necessita di ricovero ospedaliero per
trattamenti rianimatori o neurochirurgici nella fase di
emergenza-urgenza (fase critica) e di un periodo di durata variabile
da alcuni giorni ad alcune settimane e talvolta mesi, dedicata alla
gestione delle complicanze settiche, respiratorie internistiche,
neurologiche (stato di male epilettico), chirurgiche,
neurochirurgiche, ortopediche, e un intervento riabilitativo precoce
(fase acuta-subacuta). Molti sono coloro che sopravvivono a questa
fase, in ampia misura grazie ai notevoli progressi della medicina
d'urgenza e al miglioramento della gestione assistenziale e
riabilitativa. Sono, a questo punto, successivamente necessari
interventi medico-riabilitativi piu' specifici di tipo intensivo,
anch'essi da effettuare in regime di ricovero ospedaliero, che
possono durare da alcune settimane ad alcuni mesi (fase post-acuta).
Nella maggior parte dei casi, dopo la fase di ospedalizzazione,
permangono sequele che rendono necessari interventi di carattere
sanitario e sociale a lungo termine, volti ad affrontare menomazioni
e disabilita' persistenti, oltre alle difficolta' di reinserimento
familiare, sociale, scolastico e lavorativo (fase degli esiti).
Parte di provvedimento in formato grafico
La focalizzazione di queste quattro fasi
(critica/acuta-subacuta/post-acutaidegli esiti) fondamentali nel
decorso della patologia in esame comporta la necessita' di
dettagliare altrettanti livelli d'intervento. L'intervento
riabilitativo deve iniziare, in modo articolato ed integrato, fin dal
momento della gestione della emergenza-urgenza; per questo e'
opportuno elaborare protocolli che consentano una cooperazione
strutturata tra le due realta' operative nelle diverse situazioni
cliniche; si potra' cosi' impostare il Progetto Riabilitativo
Individuale fin dalle fasi piu' precoci, possibilmente fin dalla fase
critica.
In questo modo potranno essere prevenute le complicanze che rendono
molto piu' difficoltoso o, addirittura, inficiare il potenziale
recupero del soggetto.
In linea con gli scopi istituzionali, cioe' di essere di reale aiuto
e soddisfare un "bisogno della salute", in linea con le disposizioni
legislative, con quanto espresso in termini pressanti da parte dei
professionisti del settore, nonche' con quanto portato avanti dalle
associazioni delle famiglie, si addiverrebbe cosi' ad una ipotesi
risolutiva, un esempio di ''sanita'" in cui e' necessario
riguadagnare il tempo perduto, operando ogni sforzo perche'
sperimenti e definisca nuovi modelli assistenziali integrati nelle
patologie a piu' alta necessita'.
Sostanzialmente le indicazioni a valenza nazionale, promosse dal
Ministero della Salute, tendono a fissare un unico obiettivo, che
inscrive il contesto sanitario nell'intero ambito sociale: ridurre
tra i cittadini le disuguaglianze che, purtroppo, caratterizzano
ancora Paesi anche ad elevata industrializzazione. Particolarmente in
ambito delle malattie disabilitanti, nel nostro Paese, queste
diseguaglianze esistono ed hanno come determinanti il territorio di
residenza, la classe sociale, l'eta' e la stessa malattia.
La diversa dislocazione territoriale di strutture genera tra i
cittadini "diseguaglianze" in termine di mortalita', sopravvivenza e
qualita' delle cure.
In Italia esistono gia' in alcune regioni modelli, sorti
spontaneamente sulla spinta di alcune componenti locali, che
rappresentano un riferimento per affinare le modalita' organizzative
da applicare sul restante territorio nazionale. Inoltre, dato
l'interesse generale del progetto con ricadute in campo
socio-sanitario, si ritiene, per un pronto avvio, che possa essere
ampiamente in grado di auto-finanziarsi, come dimostrato da diverse
esperienze effettuate in altre Nazioni e che possano affluire anche
risorse di varia provenienza, quali ad esempio quelle vincolate agli
obiettivi prioritari di Piano Sanitario Nazionale o altre risorse
come ad esempio quelle del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale,
ai fini del raggiungimento degli obiettivi europei previsti per il
2010.
In virtu' di quanto espresso e' opportuno che ogni singola Regione
proceda alla codifica di un sistema istituzionalizzato "corna to
community" che assicuri un percorso a rete integrata in grado di
garantire la "presa in carico globale" del paziente con GCA, dalla
fase acuta al reinserimento domiciliare, un intero setting di fasi,
articolate fra funzioni di tipo intensivo-subintensivo, post-acute e
croniche, che comprendano anche modelli per pazienti "slow to
recover" e "a bassa responsivita' protratta".
Il sistema integrato "corna to community" va dimensionato su un
bacino di popolazione adeguato in funzione delle caratteristiche
geografiche e degli indicatori epidemiologici per corrispondere
all'utenza con tempestivita' e progressivita' delle cure, continuita'
ed appropriatezza in ogni fase del percorso.
L'attivazione del sistema dovrebbe declinarsi in funzione delle
caratteristiche demografiche, programmatorie e di contesto di
ciascuna Regione, procedere su vari livelli comprendendo tre fasi
interdipendenti, ciascuna delle quali si' pone come fondamento,
presupposto ed integrazione della successiva:
1. programmazione analitica con ricognizione approfondita delle
strutture, delle attuali risorse e contemporanea elaborazione,
stesura di procedure e protocolli di lavoro, definizione di un
linguaggio univoco e di regole dettagliate da seguire uniformemente;
2. definizione e ufficializzazione di un Centro regionale o funzione
regionale di riferimento e dei Centri coinvolti a vari livelli nel
sistema a rete, contemporanea divulgazione delle linee-guida,
formazione con training formativi e d'aggiornamento;
3. attivazione globale del sistema con il preciso mandato di
attenersi a quanto elaborato e indicato nei punti I e 2 , raccolta
annuale dei dati epidemiologici sul transito/dimissione di soggetti
in SV, SMC e nei vari gradi di disabilita', indicando i corretti
codici di' malattia, che dovranno confluire prima nel flusso
regionale e, di seguito, nazionale.
Tutto il sistema deve essere governato dalla interdisciplinarieta',
dalla integrazione professionale e strutturale nonche' dalla
sussidiarieta' prevedendo in ogni fase la risposta a qualsiasi
necessita' diagnostico terapeutica del paziente.
In un sistema locale, dalla fase iperacuta, che vede gia' la
collaborazione tra emergentisti, neurologi e fisiatri, si passa al
successivo anello del percorso, cioe' un livello ad alta valenza
riabilitativa precoce, in un setting di assistenza subintensiva nel
quale viene identificato un percorso di cura definito sulla base
degli indicatori prognostici precoci (eta', anamnesi, comorbilita',
danni associati, indicatori neurofisiologici).
Da questo livello, in funzione del quadro clinico, degli indicatori
prognostici precoci (eta', anamnesi, comorbidita', indicatori
neurofisiologici, durata, scale validate e non etc.) il paziente
potra' passare in un'area post-acuta a funzione di riabilitazione
intensiva a breve termine, oppure in un'area di riabilitazione
intensiva a lungo termine per pazienti a bassa responsivita'
protratta o a lento recupero.
In sintesi si tratta di ricondurre i percorsi a quelli meglio
corrispondenti ai contenuti assistenziali dei servizi che a tale
condizione clinica andrebbero offerti, almeno come traguardo, in
successione temporale.
Nell'organizzazione globale del sistema "coma to comunity" sono
indispensabili:
- la presa in carico precoce e continuativa dei familiari, fin dalla
fase acuta, con procedure informative strutturate, gestione
psicologica professionale della situazione di "crisi", coinvolgimento
nelle decisioni assistenziali e di percorso;
- strategie e programmi informazione/formazione all'assistenza dei
familiari care givers;
- strategie per la tutela del nucleo familiare, la presa di
consapevolezza e la riduzione del carico emotivo;
- il coinvolgimento attivo dei familiari nella decisione degli
obiettivi riabilitativi;
- strategie di empowerment dei familiari tramite modalita' operative
e decisionali che riconoscano un loro ruolo specifico di "esperti
della persona" nell'ambito del processo riabilitativo ed
assistenziale.
In questo quadro possono assumere importanza anche lo sviluppo di
segmenti di riabilitazione LTCR ( "long-term comprehensive" ) come
setting specializzati per i pazienti in SV o in SMC a lento recupero.
Quanto finora espresso e' imprescindibile per garantire la necessaria
continuita' delle cure, superare i problemi di insufficienza delle
strutture, eliminare le situazioni di abbandono terapeutico ed
assistenziale, assicurare il necessario sostegno alle famiglie in
difficolta' anche per evitare il permanere inappropriato in strutture
a maggiore complessita', non utili ai fini terapeutici e notevolmente
costose.
Nella fase degli esiti, i pazienti provenienti dall'area di
lungodenza piuttosto che dall'area di riabilitazione a lungo temine,
qualora non fosse possibile il rientro al domicilio, potranno
accedere ad un livello assistenziale all'interno di un nucleo
dedicato all'accoglienza alla persona (SUAP -Speciali Unita' di
Accoglienza Permanente), che puo' essere mono o polivalente, ma,
comunque, dedicato alle disabilita' gravi e gravissime da patologia
neurologica.
Le strutture che realizzano fasi protratte di degenza (lundodegenza
dedicate, riabilitazione intensiva a lungo termine ed unita'
d'accoglienza alla Persona) devono essere caratterizzate da una
peculiare organizzazione degli spazi, delle risorse umane, con
apertura continua ai familiari e possibilita' di convivenza e da
progetti espliciti di presa in carico dei familiari.
Vista la complessita' assistenziale di questi pazienti sarebbe
inoltre auspicabile una rimodulazione della tariffa giornaliera per
posto letto oltre a prevedere una forma specifica di incentivazione
per le strutture che aderiranno al sistema.
Occorre che nel set delle professionalita' dell'Unita' di Valutazione
Multiprofessionale (UVM) sia esplicitamente presente il riabilitatore
(integrato nel sistema a rete) con una forte integrazione con il
sistema locale.
Il sistema proposto prevede una rete di servizi mirata che si
raccordi da un lato con la rete delle strutture per acuti e
dall'altro con le strutture sanitarie e sociali territoriali
prevedendo la interdipendenza ed integrazione fra centri di elevata
specializzazione ed una rete di centri periferici in cui sia prevista
la possibilita' di indirizzare i pazienti al livello di cura piu'
appropriato nell'ambito della rete per ogni fase del percorso
clinico, e di usufruire di competenze specialistiche in modo
distribuito nei diversi punti della rete stessa.
Lo sviluppo di tale modello dovrebbe permettere di utilizzare in modo
appropriato ed efficiente le risorse delle diverse strutture,
favorendo il trasferimento di conoscenze e la collaborazione fra il
centro e le altre strutture della rete, valorizzando il patrimonio di
esperienza gia' presente in molte di esse.
In analogia a quanto realizzato per altri problemi (p. es.
trapianti), il sistema dovrebbe prevedere un Centro o Funzione
Regionale di Riferimento e i "nodi" della rete, che nel loro insieme
costituiscono il percorso per GCA. (16)
In particolare, come deliberato nel recente Piano di indirizzo per la
riabilitazione, il Centro Regionale di Riferimento:
- predispone protocolli operativi per la acquisizione di dati
epidemiologici;
- promuove ricerche cliniche ed esperienze controllate verso le nuove
tecniche;
- garantisce e si fa carico della formazione, del perfezionamento e
dell'aggiornamento dei professionisti;
- offre consulenza tecnica per la costruzione e sperimentazione di
ausili, protesi e ortesi.
Il Centro o Funzione Regionale di Riferimento non e' gerarchicamente
sovraordinato, ma ha piuttosto funzione di osservatorio e banca dati
ed e' responsabile del controllo della corretta prassi
diagnostico-terapeutica dei vari centri e della raccolta
longitudinale dei dati, attraverso un database utilizzato da tutte le
strutture. Il database dovrebbe contenere informazioni su dati
clinici dei pazienti, valutazioni funzionali periodiche
standardizzate, dati sulle cure, incidenza e indicatori di recupero
delle GCA e in particolare degli SV e SMC, informazioni
sull'eterogeneita' neurofisiologica nei pazienti in SV e SMC e la
rilevanza nella diagnosi, prognosi e risposta al trattamento,
variazioni regionali nelle cure, analisi delle complicanze, costi e
fattori che contribuiscono alle decisioni familiari.
I "nodi" della rete dovrebbero essere costituiti da:
A. Unita' Operative intensive di prima accoglienza in fase acuta;
B. Unita' Operative/aree o nuclei sub-intensivi ad alta valenza
riabilitativa la cui gestione, come fattore imprescindibile,
necessita di specifiche competenze in grado di assistere GCA in fase
critica, integrate da un approccio interdisciplinare ed
interprofessionale che vede il coinvolgimento degli specialisti
necessari;
C. Unita' Operative di Riabilitazione post-acuta: Alta specialita'
neuroriabilitativa per gravi cerebro lesioni acquisite con funzioni
tipo hub (UGCA - Cod. 75); Riabilitazione intensiva e, ove previsto
dalla programmazione ospedaliera regionale, Riabilitazione Estensiva,
con funzione tipo spoke;
D. Strutture territoriali.
******
A. Unita' Operative di prima accoglienza in fase acuta:
Emergenza-Urgenza, Rianimazione, Neurochirurgia.
B. Unita' Operative/aree, funzioni o nuclei sub-intensivi in fase
sub-acuta: interagiscono con la Rianimazione e la Neurochirurgia per
garantire l'approccio neuroriabilitativo tempestivo; danno rapida
accoglienza al paziente ancora in fase acuta; definiscono la diagnosi
e la prognosi; indirizzano, a stabilizzazione avvenuta, al livello di
cura successivo. (17-19)
Si tratta di unita'/aree, funzioni o nuclei collocabili, nell'attuale
ordinamento, presso un DEA (Dipartimento di Emergenza e Accettazione)
di II livello con tutte le specialita' o alternativamente, in caso di
diversa programmazione e sperimentazione regionale, in strutture
organizzate ad hoc presso cui sono disponibili tutte le risorse
necessarie ad identificare e trattare h. 24/24 in modo definitivo
qualsiasi tipo di lesione e garantire le cure intensive a pazienti
con problematiche polidistrettuali.
Tali unita'/aree, funzioni o nuclei possono essere UGCA dedicate
all'intervento subintensivo o unita' subintensive multidisciplinari
con competenze neurologiche e fisiatriche oltreche' internistiche.
L'obiettivo e' di raggiungere la stabilizzazione 'clinica, superare
la fase delle complicanze frequenti, sottoporre il paziente a
tecniche riabilitative precoci di attivazione per evitare le
complicanze da deafferentazione ed immobilita', valutare a fini
prognostici elementi utili ad indirizzare la persona in SV e SMC nel
successivo corretto percorso assistenziale e riabilitativo.
C. Unita' Operative di Riabilitazione post-acuta: Unita' post-acuzie
di alta specialita' che trattano anche gravi cerebro lesioni
acquisite (UGCA - Cod. 75), Unita' di Riabilitazione Intensiva e
Unita' per successiva Riabilitazione Estensiva in grado di effettuare
la presa in carico omnicomprensiva delle persone con GCA, presso cui
sono disponibili tutte le risorse necessarie a trattare 24 ore su 24
in modo definitivo tutte le lesioni, menomazioni e complicanze con
focalizzazione piu' specifica al recupero funzionale.
Hanno il mandato di prendere in carico direttamente pazienti
provenienti dalle UO per acuti. Devono disporre di adeguate risorse
strutturali e di personale esperto, che permetta il monitoraggio
delle funzioni vitali nell'immediata fase post-acuta, la gestione
dell'affrancamento progressivo dalla nutrizione parenterale ed
enterale (laddove possibile), la presa in carico globale del paziente
con adeguati protocolli diagnostico terapeutici (indagini
neurofisiologiche e di neuroimaging avanzate), nursing intensivo,
riabilitazione foniatrica, training deglutitorio, rieducazione
respiratoria, riabilitazione neuropsicologica, riabilitazione e
gestione dei disturbi comportamentali, idrochinesiterapia, terapia
occupazionale, terapia ortottica, riabilitazione urologica,
assistenza sociale per le connessioni con le strutture territoriali,
etc).
L'intero percorso riabilitativo deve essere accompagnato da un'equipe
multidisciplinare e multiprofessionale che fornisce terapie
individuali e di gruppo, include un team neuropsicologico dedicato al
paziente e psicologico dedicato alla famiglia e prevede incontri
sistematici e programmati tra l'equipe e il nucleo familiare.
Le Unita' Operative di Riabilitazione ad Alta Specialita' devono
consentire l'accoglienza di tutte le GCA, prevedendo auspicabilmente
unita' separate per gli SV e di SMC con processo riabilitativo di
tipo long-term (LTCR), consentire ai familiari di sperimentare la
possibilita' di evoluzione favorevole anche dei disturbi di coscienza
piu' gravi e, soprattutto, devono disporre di tutte le risorse
necessarie, dalle necessita' di monitoraggio delle funzioni vitali e
nursing specialistico alla presa in carico riabilitativa attiva:
neuromotoria, foniatrica, neuropsicologica, ecc, fino al recupero
delle autonomie possibili per le GCA in evoluzioni favorevoli,
mirando alla integrazione nel precedente contesto di vita o al
passaggio alle speciali unita' di accoglienza permanente (SUAP),
garantendo la necessaria integrazione con i MMG e le risorse
socio-sanitarie del territorio.
Tali Unita' devono inoltre disporre di Day Hospital o Ambulatori
dedicati o predisporre, nei casi ad evoluzione meno favorevole, il
trasferimento a strutture di lungo degenza specifiche come le SUAP o
avviare il paziente verso domicili protetti o il proprio domicilio
con un piano di assistenza domiciliare integrata, nei casi in cui la
famiglia sia in grado di gestire e desideri la ridomiciliazione.
Nell'ambito del territorio il numero di Centri deve essere limitato
in modo tale da concentrare presso le strutture un numero adeguato di
pazienti, utilizzando le risorse disponibili in misura proporzionale
ai loro costi.
Come indicato dalle Linee Guida Organizzative del 1998, dalla
letteratura internazionale e dalla recente Consensus Conference (19)
nazionale sul tema, le Unita' per le GCA, debbono essere in grado,
tramite una attivita' specificamente dedicata, di accogliere pazienti
ad alta complessita' e bisognosi di continuare in questa fase un
adeguato trattamento di recupero e contenimento del danno.
Accanto a queste specifiche tipologie di Unita' di Alta Specialita'
Riabilitava, il cui numero e dimensionamento dovra' giungere nel
tempo piu' breve possibile a coprire la domanda espressa in termini
di eventi, e che svolgono un ruolo specificamente integrato, si
collocano tutte le Unita' Operative di Medicina Riabilitativa, come
integrazione e supporto all'offerta volta a coprire al meglio tutta
la domanda di trattamenti intensivi di riabilitazione, nella logica
di Rete integrata sopra espressa. Queste strutture possono essere di
riabilitazione intensiva o estensiva.
D. Strutture territoriali che svolgono funzione per la gestione dei
percorsi di de-ospedalizzazione e reinserimento delle persone con GCA
e per la gestione di interventi riabilitativi erogabili con modalita'
domiciliare. Particolare attenzione va posta nell'organizzare
adeguate soluzioni per quei pazienti che permangono in Stato
Vegetativo prolungato o cronico, per i quali va agevolata la
possibilita' del rientro al proprio domicilio o incentivata nelle
varie regioni l'attivazione di SUAP o di domicili protetti di nuova
concezione.
Parte di provvedimento in formato grafico
FASE ACUTA (AREA INTENSIVA ) E FASE SUB-ACUTA (AREA SUB INTENSIVA
DEDICATA PER GCA)
L'attuale sistema, in accordo con la miglior letteratura in materia
(Linee- guida americane ed europee), prevede e sottolinea, come una
vera necessita', la "precocita'" della "presa in carico" dei pazienti
con GCA, gia' dall'acuzie. Purtroppo, le normative di riferimento si
limitano a definire l'importanza della valenza riabilitativa in fase
acuta, senza definirne i termini organizzativi.
Nella fase acuta i pazienti sono ricoverati in ospedali per acuti,
dove e' importante la stabilizzazione del paziente, ma dove dovrebbe
essere gia' avviato in parallelo l'approfondimento diagnostico sul
disturbo di coscienza e la valutazione continua degli indicatori
prognostici.
Le unita' operative/ o aree (nuclei) dedicati, a carattere
semintensivo e ad alta valenza riabilitativa, la cui gestione, come
fattore imprescindibile, necessita di specifiche competenze in grado
di assistere GCA in fase critica, integrate da un approccio
interdisciplinare ed interprofessionale che vede il coinvolgimento
degli specialisti necessari e delle professioni sanitarie, sono
l'anello di congiunzione tra le UO di prima accoglienza
(Rianimazione, Neurochirurgia) e le Unita' per GCA post-acuzie
(UGCA).
Viene indicata la possibilita' che le rianimazioni trasferiscano
pazienti ancora instabili, minimizzando i tempi di permanenza nelle
terapie intensive, che non necessitano piu' di cure intensive
(condizioni di insufficienza multiorgano) in aree di terapia
sub-intensiva, che devono rispondere all'esigenza di accogliere
pazienti ancora instabili, con sepsi, necessita' di completare un
iter chirurgico e che in ogni caso non corrispondono ai criteri di
stabilizzazione definiti dalla Consensus Conference di Modena del
2000 (20).
Il gold standard dell'assistenza ai pazienti prevede, dunque, dopo il
periodo trascorso in reparti di Rianimazione, il rapido passaggio ad
aree semintensive, caratterizzate dalla capacita' di affrontare i
problemi clinici e riabilitativi di un paziente neurologico ancora
instabile e ad alto rischio di complicazioni, se pur autonomo dal
punto di vista respiratorio.
La fase semi-intensiva dedicata e' un anello importante e parte
integrante del percorso dedicato alle GCA. Permette di effettuare il
bilancio lesionale e funzionale, contribuire alla diagnosi e alla
prognosi, dare l'avvio al piano di trattamento individuale di
riabilitazione, promuovere la riattivazione delle funzioni corticali
stimolando in forma appropriata la plasticita' neuronale, favorire il
recupero, controllare le complicanze, dare supporto alle famiglie,
selezionare il percorso adeguato e garantire l'ulteriore tappa.
Precisare i criteri in base ai quali giungere alla diagnosi, alla
classificazione, alla terapia ed alla prognosi dello stato di corna e
dello stato vegetativo costituisce ancor oggi un problema di grande
interesse e di soluzione assai complessa.
Conoscere a fondo questi pazienti significa riconoscere e prevenire
le numerose cause di deterioramento neurologico secondario. Limitare
al massimo i "danni", potenzialmente prevenibili: "Every bit of brain
matter saved increases function and the possibility that neural
plasticity will contribute to a greater recovery ". (10)
Non basta comprendere un esame e conoscere i problemi nel loro corso,
ma anche certi cambiamenti fisiologici dell'attivita' cerebrale e
neuromuscolare, e delle tecniche connesse, che sono il contesto della
terapia riabilitativa in fase acuta.
E' necessario evidenziare che questi pazienti non subiscono solo o
soltanto i postumi dell'evento acuto ma effetti a caduta, talvolta
silenti, e problematiche ulteriori che si sviluppano nel corso del
tempo, ma che possono essere individuati in anticipo, da una
osservazione clinica esperta e ravvicinata, potendo beneficiare cosi'
di un rapido intervento che, in altra situazione ospedaliera non
specializzata, non sarebbe possibile.
Le alterazioni del sistema cerebrale provocano problemi che altre
malattie non producono.
Queste problematiche devono farci considerare sempre di piu' le
differenze tra i pazienti neurologici e gli altri pazienti acuti.
(21)
Allo stesso modo, esiste la necessita' di accogliere le famiglie, che
pur se normalmente sono in grado di comprendere i disturbi piu'
comuni, trovano difficile capire e trattare con un paziente che e'
neurologicamente e gravemente compromesso.
Il contatto con le famiglie di questi malati e' in genere molto
complesso.
La difficolta' di comprensione del disturbo neurologico e delle
complicanze da parte della famiglia crea ansia e paura piu' di quanto
accada con altre patologie. Mobilita', comunicazione e processi
cognitivi scompaiono, lasciando i pazienti in una situazione di
totale dipendenza dagli altri. L'imprevedibilita' e gravita' della
maggior parte delle lesioni cerebrali impedisce ai familiari di avere
tempo per esprimere al paziente i loro sentimenti e cio' produce
stress e deprime piu' di ogni altro serio problema di salute, se non
e' trattato in maniera competente dallo staff medico.
A fare la differenza, infatti, e' anche la capacita' di guidare e
coinvolgere attivamente le famiglie attraverso queste difficili fasi.
La familiarita' con questi problemi e' fondamentale per garantire il
successo e ha bisogno di uno staff che garantisca un livello
professionale alto ed uno di esperienza personale altrettanto
importante. Le caratteristiche di queste aree semintensive debbono
corrispondere a quelle previste per le strutture subintensive.
In tali aree dovrebbe essere iniziato quanto prima un percorso
riabilitativo e diagnostico senza tuttavia la pretesa di esaurire
quest'ultimo con il rischio di ritardare l'invio ai reparti di
riabilitazione post-acuta intensiva.
Gia' da questa fase l'autorizzazione ad una maggiore presenza dei
familiari accanto al paziente potrebbe consentire il contenimento
della deprivazione sensoriale creata generalmente dalle Terapie
Intensive. Del resto gia' negli Stati Uniti e in molti paesi europei
l'accesso dei familiari alle Intensive Care Unit (ICU) e' molto piu'
libero e aperto di quanto avviene nelle strutture di rianimazione
italiane.
Si ritiene pertanto che, salvo situazioni particolari (complicanze
respiratorie, settiche, chirurgiche, neurochirurgiche, ortopediche
protratte) i pazienti non debbano rimanere in tali strutture
(rianimazioni ed aree subintensive) piu' di 30 giorni. L'obiettivo
infatti e' quello di ridurre i tempi di permanenza dei pazienti nei
reparti di cure intensive fino a completa rispondenza dei criteri di
trasferimento nelle UGCA.
Non si puo' pero' avere una posizione a priori sul fatto se le Unita'
sub-intensive debbano essere all'interno dei DEA o in strutture
organizzate ad hoc: entrambe le soluzioni potrebbero essere valide,
ma categoricamente dipendenti da molteplici fattori locali, non
ultimo dei quali l'effettivo set di competenze presenti. Sembra piu'
opportuno rinviare questo aspetto alla programmazione e
sperimentazione regionale. Quello che invece si ritiene necessario
sottolineare e' che qualunque soluzione si adotti, questa deve
rientrare in un "percorso" ben organizzato e istituzionalizzato dove
le competenze specialistiche interagiscano in modo non formale e dove
sia sempre assicurata la presenza della componente neuroriabilitativa
in tutti i suoi aspetti, con l'agibilita' di risorse umane e
ambientali idonee per la gestione di programmi precoci.
FASE POST-ACUTA: UNITA' PER RIABILITAZIONE POST-ACUZIE DI ALTA
SPECIALITA' (UGCA - COD. 75), UNITA' DI RIABILITAZIONE INTENSIVA E
UNITA' PER RIABILITAZIONE ESTENSIVA
Quale sia, all'interno delle UGCA, la soluzione organizzativa piu'
efficace e' ad oggi impossibile stabilirlo con certezza e deve essere
necessariamente oggetto di una verifica delle esperienze. In ogni
caso l'accento deve rimanere su un Sistema Integrato "Corna to
Community" caratterizzato da una forte governance clinica. Stante la
scarsita' di modelli consolidati in Italia, parrebbe essere
necessario qualche grado di liberta' nella sperimentazione regionale
e locale delle soluzioni. In una ipotesi organizzativa coerente il
paziente, una volta terminata la fase acuta determinata dai criteri
di stabilizzazione clinica (20), dovrebbe essere accolto nelle Unita'
che seguono anche le Gravi Cerebrolesioni Acquisite post-acuzie
(UGCA), dove il percorso si dovrebbe articolare su vari livelli
assistenziali.
E' comunque da sottolineare che i criteri di eta', etiologia e
pluripatologia non precludono in assoluto il trasferimento verso le
UGCA.
Il gruppo di lavoro ha discusso a lungo e ha, infine, concordato che
le UGCA si debbano dotare di particolari unita' a maggior intensita'
di trattamento e sorveglianza per l'accoglimento di pazienti piu'
complessi, purche' tali strutture siano in continuita' con un
percorso riabilitativo previsto all'interno delle UGCA. Tale
affermazione e' in linea con quanto espresso dalle linee guida per la
riabilitazione (Maggio 1998).
Il termine per definire queste aree piu' intensive all'interno delle
UGCA potrebbe essere "aree per SV e SMC".
All'interno di tali unita' debbono essere garantite competenze,
organizzazione e spazi in grado di agevolare il recupero della
coscienza attraverso una regolazione degli stimoli. Tali sub unita'
dovrebbero avere una dimensione congrua. Per una maggior definizione
degli aspetti organizzativi sarebbe opportuno definire standard
precisi di attrezzature e personale dedicato assieme a protocolli
sulla gestione clinica e riabilitativa di queste persone.
Le aree per SV e SMC, o LTCR, inserite nelle UGCA hanno come mandato
quello di ricoverare questi pazienti in fase precoce, riducendo i'
tempi di ricovero nelle Unita' di Cure Intensive. Per rispondere a
questo mandato non e' opportuno che tali reparti ricoverino pazienti
in SV o SMC in fase di cronicita', salvo il perseguimento di
obiettivi specifici definiti da specialisti della rete di assistenza
e cura (un esempio e' la valutazione e le attivita' connesse alla
rimozione di una cannula, oppure una rivalutazione in ambiente
specialistico in caso di modificazioni dello stato di
vigilanza/coscienza).
In riferimento alle condizioni cliniche, dovrebbero essere garantiti
percorsi riabilitativi diversificati in base ai bisogni e agli
obiettivi di' recupero: quello "Long Term Comprehensive
Rehabilitation" (LTCR) e' rivolto ai pazienti slow-to-recover
(degenza misurabile in mesi).
I pazienti in condizioni di bassa responsivita' protratta (SV e SMC)
rientrano in questa seconda tipologia di bisogno riabilitativo. La
distinzione non e' fondata sulla diagnosi clinica, ne' deve implicare
nuove tipologie di strutture, ma sulla peculiare tipologia di bisogni
clinici, di percorso e di setting, nonche' sulla rilevanza che assume
il tema della presa in carico della famiglia.
All'uscita dal percorso riabilitativo ospedaliero, i pazienti che
permangono in stato di grave alterazione della coscienza, dopo aver
effettuato congrui periodi di cura e riabilitazione, quando
l'inquadramento diagnostico sia esaurito, il programma terapeutico
sia stato definito, il quadro clinico sia stabilizzato, si
strutturano piu' percorsi verso il domicilio, dove possibile, ma
possono essere avviati, a seconda delle condizioni cliniche e della
capacita' di supporto della famiglia o alle SUAP o a domicili
protetti di nuova concezione.
Anche in questo percorso e' necessario attuare una speciale
attenzione nei confronti del recupero dello stato di coscienza con un
costante monitoraggio dei pazienti ed una pari attenzione ai
familiari ed al loro percorso di elaborazione.
E' fondamentale che le sedi di accoglimento territoriali siano in
collegamento funzionale con le pluri-specialita' necessarie alla
corretta gestione dei pazienti.
Il percorso complessivo per GCA non dovrebbe abitualmente superare i
12 mesi per i traumatici ed i 6 mesi per i non traumatici.
Le evoluzioni particolarmente favorevoli possono consentire un
passaggio verso trattamenti in DH (Day Hospital).
Come detto precedentemente, i pazienti che permangono in stato di
grave alterazione della coscienza, dopo aver effettuato congrui
periodi di cura e riabilitazione, quando l'inquadramento diagnostico
sia esaurito, il programma terapeutico sia stato definito, il quadro
clinico sia stabilizzato e vi sia una indimissibilita', possono
trovare accoglienza nelle strutture descritte di seguito.
FASE DEGLI ESITI
Lo Stato Vegetativo veniva definito "permanente" implicando, in
questo caso, un concetto di irreversibilita' e, quindi, di prognosi
negativa per il recupero a distanza di dodici mesi dall'evento. (22)
Da molti anni e' stato convenzionalmente stabilito che l'aggettivo
"permanente" non puo' e non deve essere usato dal momento che, anche
se in forma sporadica, si e' assistito ad evoluzioni cliniche, invece
il termine permanente implica una certezza di immodificabilita' della
non responsivita' che non puo' essere data per scontata e che rischia
solo di affievolire ogni interesse per il paziente.
Viene usato invece il termine Stato Vegetativo prolungato o cronico,
con l'indicazione della durata. Tale fase, che subentra solitamente
dopo alcuni mesi (3-6 per pazienti non traumatici e 12 per i
traumatici), e' caratterizzata da non evidenti modificazioni o da
modificazioni molto limitate del quadro neurologico e della
coscienza.
L'attivazione di percorsi domiciliari interessa quelle persone in cui
persiste una condizione di bassa responsivita' e le cui necessita'
assistenziali non sono piu' tali da impedirne l'affidamento
all'ambiente extrasanitario.
E' opinione condivisa che la mancanza di un percorso di rete
efficiente e di un progetto che si delinei all'interno del percorso
precedentemente descritto crea enormi difficolta' ai reparti di
riabilitazione, specialmente di alta specialita' (Cod. 75) nella
dimissione di pazienti "cronici". Come sottolineato dalla Consensus
Conference di Verona del 2005, uno degli anelli fragili della catena
per queste condizioni e' la carenza di strutture e percorsi non
ospedalieri che consentano appunto la gestione della cronicita'.
Infatti, in mancanza di strutture e percorsi chiaramente definiti, la
proposta di dimissione risulta difficilissima anche per le
implicazioni di tipo familiare. Inoltre, affermare che piu' il quadro
(sia esso SV o SMC) si cronicizza, meno e' necessario un intervento
riabilitativo, risulta inaccettabile per i familiari che, in assenza
di una prospettiva assistenziale di qualita', avvertano la situazione
del congiunto come una condizione di abbandono terapeutico.
Anche il termine "cronicita'" non definisce il quadro clinico di
riferimento ma, solo il decorso temporale delle malattia. Non va
interpretato in forma rigida e non soltanto per l'impatto devastante
che ha per la famiglia. Infatti, come sottolineato dalle Associazioni
delle famiglie dei pazienti, il termine "cronicita'" molto spesso non
evoca la necessita' di accompagnamento, condivisione, presa in
carico, ma molto piu' semplicemente rimanda a termini come
"parcheggio", "attesa di fine vita" e tutte la terminologia che i
media possono coniare nelle definizioni di "non mondo", "non vita" o
"altro."
E' necessario, comunque e sempre, nella gestione di tali pazienti
garantire un sistema di monitoraggio dello stato di coscienza e
documentare la loro responsivita' e/o la loro evoluzione da parte di
specialisti neurologi esperti in riabilitazione e fisiatri esperti in
riabilitazione neurologica. Sembra a questo punto non solo opportuno,
ma fondamentale e significativo, introdurre una nuova concezione dei
pazienti in SV o SMC, sostenuta anche dalle Associazioni delle
famiglie. Secondo queste, infatti, e' "importante e innovativo
iniziare a sviluppare il concetto, per cui una persona in SV, in
particolare quella che raggiunge la stabilita' clinica, non debba
essere piu' considerata malato o paziente", bensi' persona con
"gravissima" disabilita' che, al pari di altre con gravissime
patologie croniche, puo' seguire terapie di prevenzione, mantenimento
e cura presso strutture non sanitarie. Tale considerazione e' da
ritenersi importante sia per legittimare la richiesta di passaggio di
una persona in SV o SMC a strutture di carattere "non prettamente
sanitario", sia per "agevolare" e predisporre gli aspetti psichici e
psicologici della famiglia coinvolta ad una migliore comprensione
dello stato del suo congiunto e della sua nuova realta' e quindi ad
una sua predisposizione per un ritorno a casa del congiunto o per un
suo passaggio ad altra struttura. E' chiaro ed evidente che la fase
di passaggio ad altra struttura non sanitaria di persone con
disabilita gravissime (quali quelle in SV o SMC) costituisce una fase
molto delicata che necessita di indispensabili strumenti sociali e
sanitari di' supporto alla persona e alla famiglia".
Le soluzioni che il gruppo di lavoro individua sono:
1. DOMICILIO
2. SPECIALI UNITA' DI ACCOGLIENZA PERMANENTE (SUAP)
3. RESIDENZE DOMICILIARI PROTETTE
1. DOMICILIO (Reinserimento domiciliare)
L'esigenza di prendere in esame e mettere definitivamente a fuoco un
percorso assistenziale specificamente dedicato alle persone in
condizioni di stato vegetativo e' strettamente collegata all'evidente
impatto sociale che esse determinano e alle difficolta' crescenti che
l'offerta attuale da parte delle istituzioni sanitarie, sia pure con
le solite eccezioni virtuose, determina in termini di oneri
assistenziali a carico delle famiglie nelle quali e' presente una
persona in stato vegetativo: oneri tanto piu' pesanti quanto piu'
marcate sono le deficienze strutturali ed organizzative dei servizi
sanitari e lacunosi e disomogenei i programmi di assistenza
domiciliare integrata da parte dei servizi socio-sanitari del
territorio. A queste considerazioni si deve aggiungere la difficolta'
di coinvolgere e coordinare nel percorso
diagnostico-terapeutico-assistenziale le numerose figure
professionali impegnate nelle diverse fasi della condizione di stato
vegetativo.
La complessita' della problematica e' affrontabile in maniera
efficace ed efficiente se improntata ai seguenti principi generali:
A. Il percorso assistenziale della persona in stato vegetativo in
assistenza domiciliare deve caratterizzarsi per la complessita' e la
diversificazione della intensita' degli interventi in relazione alla
evoluzione della condizione, all'evenienza di complicanze e al
contesto familiare e socio-ambientale. Per queste ragioni e'
indispensabile individuare con chiarezza le diverse criticita' e gli
interventi da mettere in campo in relazione ad esse.
B. La continuita' assistenziale tra l'assistenza domiciliare e le
altre forme di assistenza sanitaria alla persona in stato vegetativo
deve basarsi sulla consapevolezza che sono fondamentali
l'integrazione degli interventi per uno stesso paziente e il
coordinamento fra soggetti, strutture e servizi, secondo la modalita'
di rete e di presa in carico globale.
C. La centralita' e l'unitarieta' della persona devono rappresentare
elementi imprescindibili per l'organizzazione dell'intervento
assistenziale domiciliare.
E' sentita, pertanto, come indifferibile l'esigenza di mettere a
punto un sistema integrato che parta dai Medici di Medicina Generale
(MMG) e dai Pediatri di Libera Scelta (PLS) che possa costituire lo
snodo tra il paziente, la famiglia e gli operatori del sistema.
L'obiettivo deve essere quello di integrare l'assistenza domiciliare
nella piu' complessiva rete assistenziale che garantisca, attraverso
un continuo feed-back, l'attuazione per ciascun paziente del proprio
specifico percorso assistenziale ed il suo continuo aggiornamento in
relazione all'evolversi della condizione.
Risulta pertanto necessario che al paziente in assistenza domiciliare
venga garantita:
- un'ampia condivisione dei dati del paziente tra i vari operatori
del sistema;
- una regia unitaria capace di coniugare efficacia, qualita' e
tempestivita' degli interventi;
- la "rete" assistenziale, sia in termini di struttura che in termini
di collegamento operativo tra tutte le figure professionali
coinvolte;
- la promozione di iniziative atte a facilitare l'accesso periodico
alle strutture specialistiche ed ospedaliere per la effettuazione di
prestazioni sanitarie richieste dal medico curante;
- la promozione di forme avanzate di integrazione sociosanitaria
anche supportate con forme di attribuzione mensile alle famiglie di
risorse finanziarie eventualmente rese disponibili dal sistema
regionale dei servizi sociali.
Il rientro nel proprio domicilio, laddove possibile, deve essere
incentivato in particolare per i soggetti giovani. A fronte di tale
auspicio occorre tuttavia segnalare come il carico assistenziale (con
il devastante coinvolgimento emozionale, relazionale, di tempo e di
risorse economiche) sia molto elevato come risulta dai dati
presentati nella Consensus Conference di Verona 2005 (media di 90 ore
assistenza settimanali). Prima del rientro a domicilio e' dunque
necessario che il team riabilitativo delle UGCA Cod. 75 o delle altre
strutture di ricovero valuti la capacita' della famiglia di poter
gestire tali situazioni a domicilio, previa attivazione di tutta la
rete di supporto logistico/organizzativo necessaria. Preso atto della
situazione clinica, per organizzare il rientro domiciliare in
condizione di protezione deve, quindi, essere precocemente attivata
l'Unita' di' Valutazione Multidimensionale (UVM) (medica,
infermieristica, fisioterapica, sociale) del territorio/ASL della
persona in SV, SMC o con grave disabilita', esiti tutti di gravi
cerebrolesioni acquisite.
All'interno della UVM deve esserci un medico specialista in
riabilitazione con specifiche competenze neurologiche o neurologo con
specifiche competenze riabilitative che fa parte del sistema a rete
dedicato alle gravi cerebrolesioni acquisite e che veicola e
garantisce la continuita' delle cure nonche' rappresenta le
necessita' assistenziali.
Compiti della UVM:
- valutazione sociale e psicologica del nucleo familiare;
- valutazione del domicilio e degli adattamenti necessari;
- definizione del programma personalizzato socio-sanitario (incluso
nursing specialistico);
- definizione del programma di dimissione protetta verso il
domicilio;
- valutazione dei bisogni per nutrizione artificiale e gestione della
cannula tracheostomica;
- informazione ai famigliari sui servizi territoriali forniti con
specifica "carta dei servizi";
- valutazione dei bisogni di ausili e sussidi indispensabili;
- identificazione del case-manager della persona in SV o SMC;
- previsione di periodi programmati di accoglienza temporanea presso
strutture dedicate;
Servizi forniti alla famiglia:
- i Servizi territoriali dell'ASL e del Comune di residenza
forniscono assistenza domiciliare integrata, sanitaria e sociale,
nell'ambito di uno specifico progetto individuale concordato con la
famiglia, elaborato sulla base dei bisogni del paziente. delle
esigenze della famiglie e delle risorse attivabili nel territorio di
riferimento;
- il servizio di riabilitazione domiciliare (1° livello) della ASL
puo' fornire interventi di riabilitazione di mantenimento a giudizio
del fisiatra del servizio medesimo;
- e' compito del Medico di medicina generale verificare
periodicamente o su chiamata eventuali necessita' sanitarie
intercorrenti;
- il Servizio Territoriale verifica periodicamente la situazione
psicologica e sociale della famiglia e individua eventuali necessita'
e provvedimenti;
- il Servizio Territoriale programma anche eventuali modifiche di
percorso della persona con SV e SMC quando necessari o consigliabili;
- laddove possibile, la persona con SV e SMC deve poter essere
accolta per 1-2 volte a settimana presso un centro diurno
territoriale, sia con finalita' socializzante che per consentire al
care-giver di potersi assentare da casa.
E' inoltre opportuno che:
- i familiari abbiano punti di riferimento (Cod 75 o 56) per
eventuali bisogni valutativi in ordine al cambio di programma
(ausili; comunicazione, interventi chirurgia funzionale etc.);
- su indicazione del Medico di medicina generale, il Servizio
Territoriale dell'ASL di residenza fornisca direttamente al domicilio
del paziente le visite specialistiche, i servizi per prelievi ematici
e controlli e, laddove possibile, i servizi di indagine clinica da
effettuarsi con apparecchiature trasportabili/mobili quali:
ecografie, radiografie, ECG;
- i Servizi Territoriali delle ASL di appartenenza regionale e i
relativi distretti seguano tutte un unico "protocollo" nella
fornitura dei servizi per cui sono preposti evitando "difformita'" di
comportamenti e nella fornitura di servizi;
- i Servizi Territoriali delle ASL snelliscano l'attuale iter
burocratico previsto per la categoria delle persone in SV e SMC; cio'
potrebbe consentire una riduzione della pressione e degli oneri
gravanti sulle famiglie (esempio: evitare di sottoporre a verifica
trimestrale lo stato di una persona in SV o in SMC per confermare
prescrizioni di fornitura di ossigeno, pannoloni e traverse, presidi
di consumo etc.). Tale compito potrebbe o dovrebbe essere delegato al
Medico di medicina generale, a cui compete, tra l'altro, la
prescrizione delle forniture dei materiali di consumo;
- e' opportuno prevedere un contributo per l'abbattimento delle
barriere architettoniche ed adeguamento degli ambienti in conformita'
con le indicazioni date direttamente dalla ASL di competenza.
2. SPECIALI UNITA' DI ACCOGLIENZA PERMANENTE (SUAP) PER SOGGETTI IN
SV O IN SMC
Il Gruppo di lavoro ha ritenuto necessario attribuire il concetto di
cronicita' alle strutture e non alla persona suggerendo di correggere
il termine di Stato Vegetativo Permanente che in alcune regioni
contraddistingue tali unita'. Le SUAP, strutture intermedie che
seguono i soggetti in Stato vegetativo e SMC prolungati devono essere
separate e distinte da aree di degenza ordinaria e dai reparti di
riabilitazione intensiva o estensiva o di riabilitazione per Gravi
Cerebrolesioni Acquisite. Esse debbono essere aree/nuclei con spazi
specifici, anche in caso di coesistenza in uno stesso contenitore, in
grado di favorire una risposta adeguata e personalizzata ai bisogni
di questi pazienti. Si stima che vi debba essere una necessita' di
almeno 30/40 letti per milione di abitanti in tali unita'. Le SUAP
dedicate ai soggetti in SV devono ottemperare a precisi requisiti
tecnici, strutturali e di personale. L'accesso alle SUAP puo' essere
effettuato, alla luce di un preciso progetto individuale,
direttamente da reparti di riabilitazione e/o lungodegenza o da
strutture riabilitative per GCA (Cod. 75) o dal domicilio per periodi
di sollievo, nell'ambito del progetto individuale formulato dalla
Unita' di Valutazione Multidimensionale (UVM) territoriale attivata
nell'ASL di residenza."
Non costituiscono criteri di esclusione per l'accesso:
- la presenza di cannula tracheostomica;
- la nutrizione enterale;
- la comorbilita';
- la presenza di piaghe da decubito;
- la famiglia "debole" o assente.
Le SUAP devono essere inserite in un sistema di rete regionale
integrato con i reparti ospedalieri e con il territorio anche per
garantire una distribuzione geografica equilibrata.
3. DOMICILI PROTETTI
Si tratta di strutture prettamente sociali, case di accoglienza dove
coabitano in un domicilio comune piu' persone in SV o SMC, che
recentemente stanno nascendo come modello teorico grazie alle
iniziative di singoli professionisti del settore in collaborazione
con associazioni di volontariato e con gli enti locali (comune,
regione, ASL).
Si tratta di modelli di assistenza integrata dove la ASL territoriale
garantisce le competenze sanitarie di assistenza domiciliare e il
supporto gestionale viene fornito dal comparto sociale, da
associazioni di volontariato, dalle famiglie stesse, tutti sottoposti
preventivamente ad adeguato training formativo.
Le modalita' relative all'accesso e il "governo" presso queste
strutture sono di competenza di commissioni sanitarie e sociali (tipo
UVM). Il paziente dimesso con i criteri e le regole del reinserimento
domiciliare, viene ospitato previa approvazione di una apposita
commissione.
Si configura non solo come luogo di residenza, tutela ed assistenza
per persone con totale assenza di autonomia ma, anche come luogo di
servizi psico-sociali a sostegno della famiglia, ponendosi,
nell'ambito dei servizi rivolti ai soggetti in SV e in SMC, come
sostituto stabile o temporaneo al servizio di assistenza domiciliare
convenzionale.
Oltre a posti di residenza stabili, possono essere dotate di "posti
di sollievo" e di "transito".
In questo caso le persone dovrebbero fissare il loro domicilio presso
queste strutture temporaneamente per un periodo non superiore ai 2
mesi.
Anche la funzione di questi posti letto va ad assumere un valore
fondamentale nel percorso assistenziale per persone in SV o SMC.
Queste strutture dovrebbero prevedere anche la possibilita' di
pernottamento di un familiare presso la struttura.
PRIORITA' e RACCOMANDAZIONI
Dall'analisi fisiologicamente connessa alla attuale realta' e in
linea non solo con le indicazioni del PSN, ma anche con i LEA che
incentivano l'individuazione di percorsi terapeutici e', ormai da
tempo emersa, la necessita' di direttive nazionali per definire i
percorsi di cura e incentivare lo sviluppo di reti regionali
assistenziali dei pazienti in SV e SMC.
Per assolvere correttamente alle necessita' specifiche e rendere
efficiente il sistema, si ritiene opportuno sottolineare la
necessita' di un tavolo di lavoro che, in collaborazione tra esperti
della materia, con gli assessorati alla sanita' regionale, comunale e
una rappresentanza nazionale delle associazioni, in uno stato di
sinergia operativa, avvii un programma sia di interventi progressivi
sia l'individuazione di indispensabili linee di ricerca.
In particolare gli interventi necessari sono:
- riconoscimento dei sistemi di assistenza primaria alle persone in
SV e SMC;
- regolamento ministeriale per l'individuazione degli standard
qualitativi (strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di
esito) e quantitativi di cui ai livelli essenziali di assistenza -
legge n. 311 del 2004 (art. 1, comma 169) - con l'intento di
integrare e specificare i LEA sul versante attuativo, assicurarne una
erogazione omogenea tra le diverse aree del ten-itorio evitando
disparita' dei' costi sostenuti (dalle singole Regioni) e nel
trattamento riservato ai cittadini (con differente residenza);
- valutazione analitica e critica dei sistemi di finanziamento delle
strutture attualmente attive con particolare riferimento alla
adeguatezza e congruita' delle differenti tariffe basate sulla
complessita' o sulla tipologia di pazienti ed intensita' degli
interventi erogati sia in regime di ricovero h 24 e diurno;
- ricognizione delle risorse finanziarie ed umane impiegate
nell'assistenza alle persone in SV e SMC;
- processi di coerente collegamento in rete tra presidi ospedalieri e
tra questi e le strutture territoriali;
- definizione degli standard in caso di mancata definizione da parte
delle Regioni dei tempi di attesa per le singole prestazioni
rientranti nei LEA. legge n. 266 del 2005 (I. finanziaria per il
2006) e legge n. 311 del 2004;
- programmi di sviluppo della rete dei servizi territoriali, nonche'
programmi incisivi per il grado di appropriatezza;
- valutazione efficacia degli specifici interventi riabilitativi;
- sviluppo attraverso adeguate politiche di aggiornamento e
formazione del "governo clinico";
- integrazione professionale come elemento imprescindibile per
l'esistenza e il buon funzionamento di un sistema di assistenza
primaria, in funzione di una presa in carico efficace nelle varie
fasi cliniche ivi compresa la cronicita';
- implementazione del sistema informativo finalizzato all'incremento
non solo dell'efficienza ma anche della qualita';
- rilevazione dell'impatto clinico ed economico dei comportamenti
professionali sugli obiettivi del sistema.
La progettazione e la realizzazione di servizi adeguati e'
condizionata da fattori eterogenei:
- carenza di dati epidemiologici;
- differenti modalita' d'osservazione, trattamento e registrazione
dei dati;
- differenti criteri e metodiche di supporto al clinico per definire
l'outcome dello SV e SMC.
Infine, anche i limiti delle conoscenze sul funzionamento del
cervello e sulla fisiopatologia della coscienza nello stato di Coma e
nelle gravi alterazioni dello stato di Coscienza, continua a
presentare delle grandi difficolta', con le immaginabili conseguenze
nelle ricadute della pratica clinica.
Anche dal punto di vista dell'efficienza e dell'appropriatezza dei
modelli assistenziali e', pertanto, indispensabile, come precisato in
altre parti di questo report, sostenere nuove frontiere e prospettive
nella ricerca, per l'individuazione di criteri diagnostici,
prognostici e di best practices. Nel proporre lo studio di pazienti
in corna o in SV e in SMC, cioe' in stati neurologici a basso livello
di responsivita', si compie una scelta etica fondata sia sul rispetto
della persona, sia sul duplice rifiuto dell'abbandono assistenziale e
dell'accanimento terapeutico.
Si tratta di un aspetto cruciale nella organizzazione dell'assistenza
alle persone con grave disabilita', prima di tutto per garantire a
questi soggetti la certezza diagnostica, ma anche per garantire
funzionalita' ed efficienza complessiva alla rete delle strutture
dedicate a questo settore.
Tale scelta ha delle ricadute non solo pratiche., ma anche etiche di
enorme rilevanza, soprattutto per quelle condizioni drammatiche in
cui la condizione clinica di SV o di SMC si protrae indefinitamente.
Il miglioramento dei modelli assistenziali e la ricerca scientifica
sugli stati neurologici a basso livello di responsivita' possono
offrire un importante contributo per far crescere appropriatezza ed
efficienza in sanita', per garantire maggiori livelli di giustizia
per tutti i cittadini, fondati su principi di equita' e solidarieta'
all'interno del corpo sociale, e per far avanzare il livello
complessivo di civilta' del Paese.
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