Transazione
Che cos' è la transazione? E quando si può ricorrere ad
essa?
La
transazione, a norma dell'art. 1965 c.c., è il contratto
col quale le parti, facendosi reciproche concessioni,
pongono fine ad una lite già cominciata o prevengono una
lite che può sorgere tra loro. La funzione propria di
questa fattispecie contrattuale è dunque quella di
ridurre i contenziosi nelle aule di giustizia italiane,
mediante una definizione bonaria delle vertenze, in cui
ciascuna parte rinuncia ad alcune delle proprie pretese
nei confronti dell'altra.
Tuttavia
non tutte le categorie di diritti possono formare
oggetto di transazione, ovvero non possono essere
transatti diritti sottratti, per loro stessa natura o
per espressa previsione di legge, alla disponibilità
delle parti, pena la nullità del contratto, ai sensi
dell'art. 1966, secondo comma, c.c.
Come
principio generale, si può affermare che è di regola
transigibile la lite avente contenuto patrimoniale,
purché a carattere non personale (tale sarebbe una lite
relativa al diritto agli alimenti).
Quale forma deve assumere il contratto di transazione?
Strutturalmente tale contratto non richiede di per sé la
forma scritta a pena di nullità, ma solo a fini
probatori, nel senso che l'intervenuta transazione potrà
essere dimostrata esclusivamente per iscritto. Qualora
la transazione vada poi ad incidere su rapporti per i
quali sia imposta la forma scritta a fini di validità
del contratto stesso (es. acquisizioni immobiliari),
anch'essa dovrà presentare forma scritta sotto pena di
nullità.
Quali effetti vengono prodotti dalla transazione?
Occorre
distinguere una transazione c. d. semplice, con la quale
le parti si limitano ad apportare delle modifiche alla
situazione litigiosa tra loro intercorrente, ed una
transazione cosiddetta novativa, in forza della quale il
rapporto pregresso viene ad essere integralmente
sostituito dalla nuova regolamentazione, rispetto alla
quale si evidenzia un'incompatibilità assoluta.
Quando la transazione può essere annullata?
Mentre la
transazione conclusa a seguito di violenza e/o dolo
usati nei confronti di un contraente è suscettibile di
annullamento alla stregua degli altri contratti, in
conformità con la disciplina generale cui si rinvia,
qualora la transazione venga stipulata da una delle
parti per effetto di un errore di diritto, occorre dare
applicazione alla norma speciale dettata dall'art. 1969
c.c. In particolare, in base a tale disposizione,
l'errore in cui sia incorso uno dei contraenti in ordine
all'individuazione dei rapporti oggetto di lite non
comporta l'annullabilità della transazione: dal momento
che le parti transigono proprio perché non siano più
sollevati dubbi sulla controversia, sul punto non sono
ammessi ripensamenti.
Rileva
invece pienamente, ai fini dell'annullabilità del
contratto, l'errore commesso nella trasmissione della
proposta transattiva alla controparte (es. un'offerta di
pagamento pari a 100, laddove la volontà della parte era
di offrire 10).
E' valida una transazione sottoscritta dal lavoratore,
il quale, all'esito di un contrasto con il datore di
lavoro in ordine ai propri diritti, abbia raggiunto un
accordo con costui?
A norma
dell'art. 2113 c.c. le rinunce e le transazioni, aventi
ad oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da
disposizioni inderogabili della legge e dei contratti e
accordi collettivi, non sono valide. Tali atti, se
comunque sottoscritti dal lavoratore, possono essere
impugnati dallo stesso anche entro sei mesi dalla data
di cessazione del rapporto di lavoro oppure dalla data
della rinuncia o della transazione di cui si discute, se
esse sono intervenute dopo la cessazione del rapporto
lavorativo. L'impugnazione, peraltro, può avvenire con
qualsiasi atto, anche stragiudiziale (ad esempio una
raccomandata a/r), dal quale emerga chiaramente la
volontà del lavoratore di contestare la rinuncia o la
transazione in questione.
Tale
norma, in ogni caso, non si applica alle conciliazioni
raggiunte con l'assistenza dell'Ufficio Provinciale del
Lavoro o comunque delle associazioni di categoria,
grazie alle quali si ritiene che le ragioni del
lavoratore siano state adeguatamente tutelate.
La
giurisprudenza peraltro ritiene che la norma in commento
debba trovare applicazione anche riguardo a rapporti di
lavoro parasubordinato.
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