Avv. Paolo Nesta


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Transazione

Che cos' è la transazione? E quando si può ricorrere ad essa?

La transazione, a norma dell'art. 1965 c.c., è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già cominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. La funzione propria di questa fattispecie contrattuale è dunque quella di ridurre i contenziosi nelle aule di giustizia italiane, mediante una definizione bonaria delle vertenze, in cui ciascuna parte rinuncia ad alcune delle proprie pretese nei confronti dell'altra.

Tuttavia non tutte le categorie di diritti possono formare oggetto di transazione, ovvero non possono essere transatti diritti sottratti, per loro stessa natura o per espressa previsione di legge, alla disponibilità delle parti, pena la nullità del contratto, ai sensi dell'art. 1966, secondo comma, c.c.

Come principio generale, si può affermare che è di regola transigibile la lite avente contenuto patrimoniale, purché a carattere non personale (tale sarebbe una lite relativa al diritto agli alimenti).

Quale forma deve assumere il contratto di transazione?

Strutturalmente tale contratto non richiede di per sé la forma scritta a pena di nullità, ma solo a fini probatori, nel senso che l'intervenuta transazione potrà essere dimostrata esclusivamente per iscritto. Qualora la transazione vada poi ad incidere su rapporti per i quali sia imposta la forma scritta a fini di validità del contratto stesso (es. acquisizioni immobiliari), anch'essa dovrà presentare forma scritta sotto pena di nullità.

Quali effetti vengono prodotti dalla transazione?

Occorre distinguere una transazione c. d. semplice, con la quale le parti si limitano ad apportare delle modifiche alla situazione litigiosa tra loro intercorrente, ed una transazione cosiddetta novativa, in forza della quale il rapporto pregresso viene ad essere integralmente sostituito dalla nuova regolamentazione, rispetto alla quale si evidenzia un'incompatibilità assoluta.

 

Quando la transazione può essere annullata?

Mentre la transazione conclusa a seguito di violenza e/o dolo usati nei confronti di un contraente è suscettibile di annullamento alla stregua degli altri contratti, in conformità con la disciplina generale cui si rinvia, qualora la transazione venga stipulata da una delle parti per effetto di un errore di diritto, occorre dare applicazione alla norma speciale dettata dall'art. 1969 c.c. In particolare, in base a tale disposizione, l'errore in cui sia incorso uno dei contraenti in ordine all'individuazione dei rapporti oggetto di lite non comporta l'annullabilità della transazione: dal momento che le parti transigono proprio perché non siano più sollevati dubbi sulla controversia, sul punto non sono ammessi ripensamenti.

Rileva invece pienamente, ai fini dell'annullabilità del contratto, l'errore commesso nella trasmissione della proposta transattiva alla controparte (es. un'offerta di pagamento pari a 100, laddove la volontà della parte era di offrire 10).

 

E' valida una transazione sottoscritta dal lavoratore, il quale, all'esito di un contrasto con il datore di lavoro in ordine ai propri diritti, abbia raggiunto un accordo con costui?

A norma dell'art. 2113 c.c. le rinunce e le transazioni, aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti e accordi collettivi, non sono valide. Tali atti, se comunque sottoscritti dal lavoratore, possono essere impugnati dallo stesso anche entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro oppure dalla data della rinuncia o della transazione di cui si discute, se esse sono intervenute dopo la cessazione del rapporto lavorativo. L'impugnazione, peraltro, può avvenire con qualsiasi atto, anche stragiudiziale (ad esempio una raccomandata a/r), dal quale emerga chiaramente la volontà del lavoratore di contestare la rinuncia o la transazione in questione.

Tale norma, in ogni caso, non si applica alle conciliazioni raggiunte con l'assistenza dell'Ufficio Provinciale del Lavoro o comunque delle associazioni di categoria, grazie alle quali si ritiene che le ragioni del lavoratore siano state adeguatamente tutelate.

La giurisprudenza peraltro ritiene che la norma in commento debba trovare applicazione anche riguardo a rapporti di lavoro parasubordinato.

 

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