Termini processuali
1.
Indicate i vari tipi di termini applicabili i secondo le
regole processuali in materia civile ( per esempio
termini per il compimento di attività processuali,
termini di prescrizione o di decadenza, termini
preventivamente concordati)
Per
termine processuale si intende un periodo di tempo entro
il quale o dopo il quale deve o può compiersi una
determinata attività processuale.
I
termini processuali sono stabiliti dalla legge (termini
legali); possono essere stabiliti dal giudice, anche a
pena di decadenza, ma solo per espressa previsione di
legge (termini giudiziari).
I
termini processuali sono riconducibili ad una delle tre
categorie tradizionali : termini dilatori (per es.
termini di comparizione), termini perentori ( per es.
termine per l’impugnazione, termine per l’integrazione
del contraddittorio), termini ordinatori (per es.
termine per il deposito della sentenza).
I
termini dilatori consistono in un periodo di tempo che
si inserisce tra un atto perfetto nella sua struttura
(per es. atto citazione) ed un determinato effetto
giuridico (per es. facoltà di comparire); essi si
limitano a paralizzare temporaneamente l’effetto di un
atto completo nei suoi elementi essenziali.
Sono
perentori soltanto i termini dichiarati tali
espressamente dalla legge o dal giudice nei casi
previsti dalla legge . Il carattere perentorio di un
termine può anche essere desunto dalla funzione che esso
è destinato ad assolvere (v. Corte Cost. ord. 107/2003).
La
categoria dei termini ordinatori è una categoria di
risulta che raccoglie tutti i termini che non sono
dilatori o perentori.
La
distinzione è importante non solo per le diverse
conseguenze in caso di inosservanza dei termini, ma
anche perché i termini perentori non possono essere
abbreviati o prorogati, nemmeno sull’accordo delle
parti, mentre i termini ordinatori possono essere
abbreviati o prorogati , anche di ufficio, prima della
scadenza, così come previsto dagli artt. 153 e 154 cpc.
Anche i termini dilatori possono subire modificazioni
(dispensa, abbreviazione) nei casi previsti dalla legge
; è dibattuta in dottrina la questione della generale
applicabilità dell’art. 154 cpc anche a detti termini.
Dai
termini processuali vanno tenuti distinti i termini di
prescrizione e di decadenza , i quali operano sul piano
del diritto sostanziale e trovano la loro disciplina nel
codice civile (rispettivamente artt. 2934 /2963 cc e
artt. 2964/2969 cc).
In
particolare, la prescrizione determina l’estinzione dei
diritti soggettivi ove non esercitati dal titolare per
un determinato periodo di tempo stabilito dalla legge.
La
decadenza comporta l’estinzione di un diritto (di regola
potestativo) per decorso di un termine perentorio
stabilito dalla legge o dalle parti per il compimento di
determinati atti, senza che possano assumere rilevanza
le circostanze oggettive o soggettive che hanno
determinato l’inutile decorso del tempo.
La
prescrizione non può essere rilevata di ufficio, ma deve
essere fatta valere dalla parte, in via di eccezione o
in via di azione. Anche per la decadenza è necessaria
l’eccezione (o la domanda) di parte, salvo che ,
trattandosi di materia sottratta alla disponibilità
delle parti (i cd. diritti indisponibili, come i diritti
relativi allo status, i diritti della personalità, i
poteri di diritto familiare ecc.), il giudice debba
rilevare le cause di improponibilità dell’azione.
Sospensione. In virtù della legge 1969/742, i termini
processuali che siano in corso nel periodo feriale (1°
agosto – 15 settembre di ogni anno) o che dovrebbero
iniziare a decorrere in detto periodo, sono sospesi di
diritto dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno e
riprendono a decorrere ovvero iniziano a decorrere dalla
fine del periodo di sospensione. La legge prevede delle
eccezioni ; la sospensione dei termini processuali non
si applica infatti alle cause e ai procedimenti indicati
nell’art. 92 dell’Ordinamento giudiziario (così per
esempio alle cause per gli alimenti, alle cause in
materia di lavoro, di previdenza e assistenza
obbligatorie, alle cause di opposizione all’esecuzione,
ai procedimenti cautelari).
Restano esclusi dal campo di operatività della legge
1969/742 i termini per l’esercizio di poteri sostanziali
(per es. termini per la denuncia dei vizi del bene
oggetto della vendita).
Fonti: artt. 152-155 cpc ; legge 1969/742
2.
Fare una lista dei giorni festivi stabiliti dalla legge
nazionale in applicazione del regolamento EEC, Euratom
n.1182/71 del 3 giugno 1971.
Si
considerano giorni festivi : tutte le domeniche , il 1°
gennaio, il 6 gennaio, il 25 aprile, il lunedì dopo
Pasqua , il 1° maggio, il 2 giugno, il 15 agosto, il 1°
novembre, l’8 dicembre, il 25 e il 26 dicembre.
Fonti: legge 1949/260, modificata dalle leggi 1954/90 e
1977/54 , dal DPR 1985/793 e dalla legge 2000/336
3.
Quali sono le regole generali applicabili in materia di
termini processuali? Indicare le fonti legislative
applicabili.
Nel
computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il
giorno o l’ora iniziali, mentre si computa il dies ad
quem.
Per
il computo dei termini a mesi o ad anni, si osserva il
calendario comune ; quindi la scadenza si ha con lo
spirare dell’ultimo istante del giorno e del mese ovvero
( per i termini annuali) del giorno, del mese e
dell’anno ( successivo) corrispondenti a quelli iniziali
, a nulla rilevando che i mesi siano di 31 o 28 giorni
ovvero che nel computo sia compreso il mese di febbraio
di un anno bisestile.
Se il
termine scade in un giorno festivo, la scadenza viene
prorogata al primo giorno seguente non festivo ( art.
155 cpc). La giurisprudenza, modificando il proprio
precedente orientamento, ha di recente ritenuto
applicabile tale regola anche nel caso di termini
processuali che si svolgono a ritroso; così, per
esempio, in relazione ad una vendita all’incanto fissata
per il lunedì, se per la presentazione delle offerte è
stabilito come termine il giorno precedente la vendita,
detto termine scade il sabato precedente ( v. Cass.
2003,n. 19041).
Talvolta la legge indica il termine riferendosi ad un
certo numero di giorni liberi ( per es. i termini per
comparire di cui all’art. 163-bis cpc). In tal caso nel
calcolo dei giorni deve escludersi sia il dies a quo sia
il dies ad quem.
Il
compimento delle attività processuali è previsto anche
da leggi che regolano particolari materie; in ogni caso
le regole previste dal codice di procedura civile sono
di generale applicazione.
Fonti
: art. 155 cpc
4.
Quando un atto o una formalità devono essere compiuti
entro la scadenza di un termine, qual è il momento
iniziale dal quale il termine decorre ( dies a quo ) per
il compimento dell’atto o della formalità ( per esempio,
la data dell’atto , del fatto,della decisione o della
notificazione)?
I
termini, salvo che non si tratti di termini ad ore,
decorrono sempre da un determinato giorno nel quale è
stato compiuto un determinato atto che ne determina la
decorrenza ( per es. deposito di sentenza, notificazione
di un atto , comunicazione di un provvedimento).
E’
indifferente in quale momento del giorno tale atto sia
stato compiuto , perché il dies a quo non viene mai
calcolato nel termine.
Trattasi di un principio di carattere generale ( “dies a
quo non computatur in termino”) applicabile, in difetto
di diversa previsione, tanto in materia processuale
quanto in materia sostanziale.
Spesso la decorrenza del termine è data dalla
notificazione o comunicazione di un atto ovvero dalla
pubblicazione della sentenza, ma il termine può
decorrere anche da fatti diversi.
In
via esemplificativa:
1. dalla notificazione della sentenza decorre il termine
(breve) di impugnazione o il termine per proporre la
revocazione nei casi previsti dai nn. 4 e 5 dell’art.
395 cpc;
2. dalla comunicazione della sentenza o di altro
provvedimento decorre il termine per il regolamento di
competenza ovvero il termine per il reclamo avverso le
ordinanze pronunciate dal giudice fuori udienza ;
3. dalla data di pubblicazione della sentenza decorre
il termine generale di decadenza delle impugnazioni di
cui all’art. 327 cpc. ;
4. dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la
falsità o è stato recuperato il documento decorre il
termine per la revocazione nei casi previsti dai nn.
1,2,3 dell’art. 395 cpc.
4.a)
Può il momento iniziale dal quale il termine decorre
essere influenzato o modificato dai modi di
notificazione degli atti ( a mezzo dell’ufficiale
giudiziario o a mezzo del servizio postale)?
La
questione si pone con riferimento ai termini che
iniziano a decorrere dalla data di notificazione o
comunicazione di un atto (così, per esempio i termini di
impugnazione di una sentenza).
In
tali casi, poiché ai fini dell’impugnazione nel termine
breve di cui all’art. 325 cpc (30 gg per l’appello, 60
gg per il ricorso per cassazione) rileva il momento di
ricezione della copia della sentenza da parte del
destinatario, di fatto il momento iniziale di decorrenza
del termine di impugnazione può variare in relazione
alle diverse modalità di notificazione, in quanto il
mezzo del servizio postale può comportare tempi più
lunghi della notificazione mediante consegna da parte
dell’ufficiale giudiziario.
Ma la
questione rileva solo sul piano pratico, nel senso che
eventuali esigenze di celerità possono consigliare la
utilizzazione dell’ufficiale giudiziario , fermo
restando che il termine di impugnazione inizia a
decorrere dal perfezionamento del procedimento di
notificazione e cioè dalla ricezione dell’atto da parte
del destinatario.
Su un
piano diverso si pone la questione di recente affrontata
dalla Corte di Cassazione, la quale – a seguito
dell’intervento della Corte costituzionale in materia di
notificazione a mezzo del servizio postale (n. 477 del
2002 e n. 28 del 2004) – ha affermato il principio
secondo il quale la notifica di un atto processuale -
qualunque sia la modalità di trasmissione ( a mezzo
servizio postale o mediante consegna da parte
dell’ufficiale giudiziario) - si intende perfezionata
nei confronti del notificante al momento della consegna
dell’atto all’ufficiale giudiziario, mentre nei
confronti del destinatario il procedimento di
notificazione si perfeziona alla data di ricezione
dell’atto ( v. Cass. 2004, n. 4289 e 13970).
Tale
principio, che comporta la scissione del momento di
perfezionamento della notifica per il notificante e per
il destinatario ( principio già accolto dal regolamento
comunitario 1348/2000), assume, tuttavia, rilievo solo
ai fini della tempestività della notifica dell’atto ,
nel senso che il termine di legge deve ritenersi
osservato (dal notificante) se l’atto da notificare
viene consegnato all’ufficiale giudiziario prima della
scadenza; nessuna incidenza ha, invece, sulla data di
decorrenza del termine e cioè sul dies a quo ( questione
cui fa riferimento il questionario) , che può essere
costituito dalla notificazione o comunicazione di un
atto ovvero dalla pubblicazione della sentenza o da
fatti diversi, come sopra meglio precisati ( v. punto
4).
Per
esempio, la consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto
di impugnazione di una sentenza di 1° grado nel termine
di 30 giorni dalla sua notifica, impedisce la decadenza
dall’impugnazione , anche se l’atto viene consegnato al
destinatario dopo la scadenza di detto termine, fermo
restando che per il destinatario il procedimento di
notificazione si intende perfezionato solo con la
ricezione dell’atto.
5. Da
quando comincia a decorrere il termine:
5.a)
quando il termine è espresso in giorni, occorre tenere
conto della data dell’atto, del fatto, della decisione o
della notificazione?
Se il
termine è espresso in giorni, nel computo non si
comprende il giorno iniziale e cioè il dies a quo ;
5.b)
quando il termine è espresso in giorni,il numero dei
giorni va riferito ai giorni indicati nel calendario o
soltanto ai giorni lavorativi?
quando il termine è espresso in giorni, il numero dei
giorni va riferito ai giorni indicati nel calendario ;
si computano anche i giorni festivi ( anche se trattasi
di giorno iniziale).
5.c)
quando il termine è indicato in mesi o anni?
i
termini annuali o mensili si calcolano secondo il
calendario comune ex nominatione dierum e non ex
numeratione dierum ( e cioè facendo il calcolo dei
giorni ) , per cui il termine scade nel giorno che ha lo
stesso numero del dies a quo, e quindi se per esempio si
tratta del termine annuale di impugnazione di una
sentenza emessa il 30 giugno in una controversia di
lavoro ( cui non si applica la sospensione feriale),
esso scadrà il 30 giugno dell’anno successivo ; se
invece trova applicazione la sospensione feriale ex
legge 1969/742 , al termine annuale come sopra calcolato
vanno aggiunti i 46 giorni di sospensione per il periodo
feriale ( 1° agosto – 15 settembre);
5.d)
quando spirano tali termini?
i
termini processuali scadono l’ultimo istante del giorno,
del mese o dell’anno indicati.
6. Se
il termine scade di sabato, domenica o in un giorno
festivo o non lavorativo, il termine è prorogato fino al
primo giorno seguente non festivo? Tale proroga è
applicabile anche quando il termine in questione ha come
momento di decorrenza un evento futuro?
-
Il sabato è considerato giorno feriale o non
festivo. Per l’elenco dei giorni festivi vedere la
risposta alla domanda n. 2.
-
La scadenza del termine che cade in giorno festivo è
prorogata al primo giorno seguente non festivo ;
tale disciplina si applica anche quando Il termine
ha come momento di decorrenza un evento futuro.
7.
Quando la domanda giudiziale viene proposta ad una
giurisdizione che ha sede in entità geograficamente
distinte del territorio metropolitano dello Stato
membro, i termini di scadenza sono prolungati per le
persone che risiedono in una di queste entità o per
quelle che dimorano all’estero?
L’ipotesi non riguarda l’Italia.
8.
Inversamente, quando la domanda giudiziale viene
proposta ad una giurisdizione che ha sede in una entità
territoriale geograficamente distinta dal territorio
metropolitano, i termini di scadenza sono prolungati per
coloro non vivono/risiedono in queste entità o per le
persone che vivono/risiedono all’estero?
L’ipotesi non riguarda l’Italia.
9.
Sono previsti termini particolari per le impugnazioni in
certe controversie civili?
Limitando la rispostaai mezzi di impugnazione, termini
particolari sono previstiin materia fallimentare.
Per
le sentenze rese in sede di opposizionealla
dichiarazione di fallimento è stabilito, infatti,un
termine breve per appellare di 15 giorni che decorre
dalla notificazione della sentenza(art. 19 del R.D.
1942,n. 267).
Va,
tuttavia, segnalato che la materia fallimentare ha
formato oggetto di una recente e radicale
riformacontenuta nel d.lgs. 9.1.2006, n. 5 ( in G.U. n.
12 del 16.1.2006) che entrerà in vigore il 16 luglio
2006; in particolare, ai sensi dell’art.18di detto
decreto legislativo, il termine per proporre appello
avversola sentenza dichiarativa di fallimentosarà(quello
normale) di 30 giorni a decorrere per il debitore dalla
notificazione della sentenza.
Termini particolari sono anche previsti in materia di
adozione speciale, per la impugnazione delle
sentenzesullo stato di adottabilità dei minori (legge
1983/184); sia l’appello che il ricorso per cassazione
vanno,infatti, proposti nel termine di30 giorni che
decorre dalla notificazione della sentenza a cura della
cancelleria.
10.
Possono le Corti , per una emergenza o per altre cause ,
ridurre i termini di comparizione o fissare una precisa
data per la comparizione? Al contrario, possono tali
termini essere allungati ?
L’attore ha facoltà di scegliere il giorno della
comparizione, ma tra il giorno della notificazione e il
giorno della prima udienza deve lasciare intercorrere un
numero minimo di giorni liberi , pari a 60 giorni se il
luogo della notificazione si trova in Italia e a 120
giorni se si trova all’estero. Tuttavia, se sussistono
particolari ragioni di urgenza, il presidente del
tribunale , su istanza dell’attore, con decreto motivato
steso in calce all’originale della citazione e da
trascriversi sulle copie può abbreviare questi termini
fino alla metà.
Se il
termine assegnato dall’attore eccede quello minimo di
legge, il convenuto , costituendosi prima della scadenza
del termine minimo,. può chiedere al presidente del
tribunale l’anticipazione della prima udienza, nel
rispetto del termine minimo di legge; il presidente
provvede con decreto che va comunicato all’attore almeno
5 giorni liberi prima della nuova udienza di
comparizione. Tali previsioni sono applicabili anche in
appello.
Il
giudice istruttore designato , entro 5 giorni dalla
presentazione del fascicolo , può differire di ufficio
la data della prima udienza fino ad un massimo di 45
giorni, con provvedimento che viene comunicato alle
parti costituite ( art. 168 – bis, 5° comma, cpc).
Pertanto, a questa nuova data deve farsi riferimento per
computare i termini di comparizione e di costituzione e
quindi anche per verificare la tempestività della
proposizione della domanda riconvenzionale da parte del
convenuto ( v. Cass. 2003 , n. 16526).
11.
Se un atto destinato ad una parte residente in un luogo
ove potrebbe beneficiare di una proroga del termine
viene notificato in un luogo in cui il beneficio non è
previsto, la persona destinataria perde la possibilità
di fruire della facilitazione ?
L’ipotesi nonsembra riguardarel’Italia. Con
riferimentoalla ipotesi (che sembraessere diversa) di
proroga dei terminiprocessuali per il mancato o
irregolare funzionamento di alcuniuffici giudiziari (ex
legge 1948, n. 437), il beneficiodeve ritenersioperante
per il convenuto,citato a comparire davanti ad uno di
detti uffici, a prescindere dal luogo di notificazione
dell’atto.
12.
Quali sono le sanzioni per il caso di inosservanza dei
termini ?
L’inosservanza di un termine perentorio comporta la
decadenza dal potere di compiere quel determinato atto
o, più in generale, da un diritto o da una facoltà. La
decadenza si verifica automaticamente e va rilevata di
ufficio dal giudice; le sue conseguenze sono di regola
irreversibili, perché l’istituto della rimessione in
termini non è di carattere generale, ma trova
applicazione solo nelle ipotesi previste dalla legge.
L’inosservanza di un termine ordinatorio , secondo il
più recente orientamento giurisprudenziale della Corte
di Cassazione (Cass. 2003, n. 6895) , ha lo stesso
effetto preclusivo della scadenza del termine perentorio
ed impedisce la concessione di un nuovo termine per
svolgere la medesima attività. La dottrina prevalente è
nel senso che la inosservanza di un termine ordinatorio
ha conseguenze che sono determinate caso per caso dalla
legge e che si risolvono in linea generale in una
posizione di svantaggio per colui che non ha osservato
il termine, potendo talvolta anche impedire il valido
compimento di un atto.
L’inosservanza di un termine dilatorio comporta la
nullità dell’atto a quo (per esempio, quando nell’atto
di citazione viene indicato un termine di comparizione
inferiore a quello minimo di legge, salvo che il
convenuto si costituisca in giudizio senza nulla
eccepire) oppure la nullità dell’atto successivo (per
esempio, ai sensi dell’art. 477 cpc , nei confronti
degli eredi il precetto può essere notificato solo dopo
10 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo e la
violazione di detto termine può essere fatta valere
mediante opposizione agli atti esecutivi).
13.
Se il termine è scaduto , quali rimedi sono disponibili
per le parti contumaci?
Per
le parti contumaci sono disponibili i seguenti rimedi :
-
Il contumace che si costituisce può chiedere al
giudice istruttore di essere ammesso a compiere
attività che gli sarebbero precluse, se dimostra che
la nullità della citazione o della sua notificazione
gli ha impedito di avere conoscenza del processo o
che la costituzione in giudizio è stata impedita da
causa a lui non imputabile ( art. 294 cpc). Il
giudice, se ritiene verosimili i fatti, ammette se
del caso la prova dell’impedimento e provvede sulla
rimessione in termini.
-
Con riferimento alle impugnazioni, la parte
contumace che sia rimasta soccombente nel giudizio
può impugnare la sentenza anche oltre il termine di
cui all’art. 327 cpc ( 1 anno + 46 giorni per la
sospensione feriale) se dimostra di non avere avuto
conoscenza del processo a causa della nullità della
citazione o della notificazione.
Anche
per le parti costituite che dimostrano di essere
decadute dal potere di compiere una determinata attività
difensiva per cause alle stesse non imputabili è
prevista la possibilità di chiedere al giudice la
rimessione in termini ex art. 184 bis cpc; trattasi di
previsione che può essere invocata solo nella fase
istruttoria del giudizio di primo grado. Con riferimento
al giudizio di appello, l’applicazione dell’istituto
della rimessione in termini è limitata alla possibilità
di dedurre nuovi mezzi di prova, sempre che la parte
dimostri di non avere potuto proporli nel giudizio di
primo grado per causa ad essa non imputabile ( art. 345
cpc).
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