Servitù
Sono proprietaria di un terreno su cui esiste una
servitù di passaggio. Qualora decida di vendere terreno
quali conseguenze potrebbe subire la servitù?
Il caso
prospettato è contemplato dalla disciplina emanata dal
Legislatore del 1942 in materia di diritti reali di
godimento su cosa altrui. Più precisamente le norme
riguardanti il diritto di servitù si trovano nel Libro
VI del Codice Civile a partire dall'art. 1027 e ss.
Secondo la
dicitura dell'art. 1027 c.c. la servitù prediale
consiste nel peso imposto sopra un fondo (detto
servente) per l'utilità di un altro fondo (detto
dominante) appartenente a diverso proprietario.
La servitù
si definisce prediale in quanto l'elemento
caratterizzante e distintivo della servitù è la sua
stretta inerenza al terreno. Tale concetto si esprime,
altresì, nell'esistenza di un vincolo posto a carico del
fondo servente in grado di garantire un'utilità stabile
e duratura al fondo dominante. La predialità e
l'inerenza della servitù al fondo evidenziano la
circostanza per cui l'utilità, afferendo direttamente al
terreno, non riguarda il proprietario del terreno
dominante. Una simile connotazione è, peraltro,
stigmatizzata dalla nota regola dell'ambulatorietà della
servitù: il diritto di servitù segue il bene presso ogni
successivo compratore. La servitù, infatti, non potrà
mai circolare (in altri termini essere ceduta ovvero
acquistata) disgiuntamente dalla proprietà del fondo
dominante.Da quanto argomentato ne consegue che in caso
di alienazione del fondo anche la relativa servitù verrà
trasferita al nuovo acquirente.
Possiedo un fondo, su cui ormai da molti anni,
transitano i proprietari del terreno vicino al fine di
accedere al proprio fondo. Vorrei saper se questa
situazione, da me tollerata per lunghi anni, può aver
contribuito alla costituzione di una servitù a favore
dei proprietari del fondo contiguo?
Le servitù
si possono costituire in due modi: per ordine della
legge (servitù coattive ex art. 1032 c.c.) o per volontà
dell'uomo (servitù volontarie ex art. 1031 c.c.).
A tale
proposito è opportuno rilevare che secondo il disposto
dell'art. 1061 c.c. è possibile acquistare una servitù
apparente, oltre che per "destinatio pater familias"
anche per usucapione, cioè, per l'effetto del possesso
protratto per un certo periodo di tempo.Sono servitù
apparenti quelle che presentano opere visibili e
permanenti destinate al loro esercizio.
Nel caso in oggetto potrebbe in ipotesi configurarsi
l'esistenza di una servitù apparente solo qualora sul
fondo in questione siano presenti segni visibili di
opere di natura permanente "l'apparenza della servitù,
senza la quale non è possibile la costituzione della
servitù per usucapione e destinazione del padre di
famiglia, si identifica nella presenza di opere visibili
e permanenti che, per la loro struttura e consistenza,
inequivocamente denuncino il peso imposto su un fondo a
favore dell'altro. La visibilità delle opere integra un
elemento obiettivo che non può essere sostituito dal
dato puramente soggettivo della conoscenza delle opere
né da segni esteriori che, pur lasciando supporre
l'esistenza di opere, non siano idonee a rivelare la
concreta situazione e lo stato di asseveramento tra i
due fondi" (Cass. Civ. Sent. nn. 1043/01, 5020/96 e
3556/95).
Per meglio
chiarire il concetto, una servitù di passaggio si
considera apparente quando sul fondo servente vi sia la
presenza di un sentiero (anche soltanto naturale) che
indichi il calpestio del soggetto che ne fruisce.L'usucapione
si produce, automaticamente, per effetto del mero
verificarsi delle condizioni fissate dalla legge per
cui, l'eventuale pronuncia giudiziale di riconoscimento
della stessa, sortisce un'efficacia meramente
dichiarativa.
L'usucapione si fonda su due elementi indefettibili, il
possesso ed il tempo. Il possesso è l'istituto che
descrive l'esercizio da parte di un soggetto di un
potere di dominazione su di una cosa. In particolare, il
requisito in esame presuppone l'animus possidendi, cioè
la volontà da parte del soggetto di esercitare sul bene
i poteri tipici del proprietario ovvero, come nel caso
che qui interessa, del titolare di un diritto reale di
godimento. Il possesso del bene, per poter condurre
all'usucapione, non deve essere né clandestino né
violento, bensì pubblico. Il possesso, inoltre, deve
essere inequivoco, ossia, certo ed inidoneo a generare
nei terzi il dubbio sulla effettiva intenzione del
soggetto di esercitare un potere di dominazione sulla
cosa. Il secondo fattore è quello temporale:
l'usucapione si perfeziona quando il possesso del bene
sia continuo ed ininterrotto nel tempo. In particolare,
il possesso si considera continuo quando viene
esercitato con regolarità e, non soltanto, in modo
occasionale.
Sono proprietario di un terreno intercluso. Per molti
anni, al fine di accedere alla pubblica via,
attraversavo il fondo del vicino. Recentemente il
Comune, ove si trova ubicato il terreno di mia
proprietà, ha costruito una strada che mi permette di
arrivare alla pubblica via senza attraversare il terreno
confinante. Per questo motivo, la servitù di passaggio
da me usucapita, si deve considerare estinta?
Con la
costruzione della strada comunale, la servitù di cui ci
si occupa non è più necessaria in quanto il fondo
dominante (ovvero il terreno di cui lei è proprietario)
ha ottenuto altro accesso alla pubblica via. Si deve,
però, rilevare che per considerare estinta la servitù è
necessaria una sentenza giudiziale: "il venir meno dell'interclusione
del fondo dominante, cioè della situazione che aveva
determinato la costituzione della servitù coattiva di
passaggio, non comporta l'estinzione di questa in modo
automatico, neanche nel caso in cui la servitù sia stata
costituita convenzionalmente, ma richiede una sentenza
costitutiva emessa su domanda del soggetto interessato"
(Cass. Civ. n. 6235/93).
Per quanto riguarda il caso di specie è opportuno
rilevare che, secondo la giurisprudenza di legittimità,
l'estinzione della servitù per cessazione dell'interclusione
non è configurabile: l'art. 1055 c.c. non è applicabile
alle ipotesi di costituzione di servitù per usucapione.
La Cassazione ha, infatti, affermato che "la servitù di
passaggio costituita per usucapione ha natura di servitù
volontaria ed è perciò irrilevante lo stato di
interclusione del fondo, dovendosi prescindere dai
requisiti per la costituzione ed il mantenimento della
servitù di passaggio desumibili dagli artt. 1051, 1052 e
1055 c. c., che regolano detto istituto" (Sent. n.
10317/96).
Sono proprietario di un terreno su cui il mio vicino,
proprietario di terreno coltivato, pretende di passare
per andare ad attingere acqua presso una fonte ubicata
in altro terreno di proprietà di terzi. Il mio vicino
asserisce di poterlo fare perché titolare di una servitù
di passo sul mio terreno. Faccio presente che la fonte
in questione è priva di qualsivoglia capacità irrigua,
nel senso che non è in grado di fornire quel costante
approvvigionamento idrico necessario per la coltivazione
di un terreno. Esiste la servitù di cui si afferma
titolare il mio vicino?
Se
prendiamo in considerazione l'orientamento espresso
dalla Cassazione in casi similari (vedasi per es. Sent.
n. 10370/97), si può tranquillamente escludere che il
suo terreno possa configurarsi come servente di quello
del suo vicino per quanto riguarda una pretesa servitù
di passaggio.
Infatti il
concetto di utilità che ai sensi degli artt. 1027 e 1028
c.c. è elemento costitutivo del diritto di servitù, non
si sostanzia in elementi soggettivi ed estrinseci (nel
caso di specie per es. l'attività personale compiuta dal
suo vicino che attraversa il suo terreno per prelevare
acqua altrove) ma va necessariamente ricondotto alla
obiettiva, reale e concreta utilità e/o vantaggio che il
fondo dominante trae da quello servente.
Ho comprato da un vicino una villetta più annesso
terreno circostante. Nel rogito si parla di servitù
passiva di veduta a carico del mio terreno ed è anche
previsto “il divieto di non collocare e mantenere nel
fondo alberi che impediscano la visuale del panorama dal
fondo vicino nonché il divieto di rimuovere o potare gli
alberi già esistenti che ostacolino l’esercizio della
veduta”. Vorrei capire di cosa si tratta?
Si tratta
di una cd. prestazione accessoria della servitù passiva
(quella di veduta) espressamente prevista e stabilita
nel suo contratto di compravendita.
Ai sensi
dell'art. 1030 cc, la servitù può anche comportare per
il proprietario del fondo servente, l'obbligo di un fare
purché ciò sia stabilito dalla legge e/o dal titolo (dal
suo contratto di acquisto per intenderci) e purché esso
costituisca solo una obbligazione che possa considerarsi
accessoria ovvero sia tale (come probabilmente è nel suo
caso) da non esaurire l'intero contenuto della servitù.
In casi
analoghi possono essere citate varie decisioni della
Cassazione tra cui la Sent. n. 8610/98 e la n. 6683/95.
Può una società concessionaria di servizio telefonico
obbligarmi a far passare sul mio terreno le sue linee ed
i suoi impianti telefonici?
E'
pacifico che non possa farlo.
A
differenza delle servitù cd. volontarie che possono
avere ad oggetto una qualsiasi utilità purché ricavata
da un fondo a vantaggio di altro appartenente a diverso
proprietario, le servitù cd. coattive sono a numero
chiuso, sono tipiche, hanno un contenuto predeterminato
dalla legge e non sono ammissibili né estensibili al di
fuori dei casi espressamente considerati.Esiste la
servitù coattiva di acquedotto e quella di scarico.
Non è
prevista servitù coattiva per il passaggio di linee e/o
cavi telefonici come per es. non è prevista servitù
coattiva per il passaggio di tubi destinati alla
fornitura di gas metano ecc.Sul punto la giurisprudenza
è uniforme.Vedasi comunque Cassazione n. 207/86 e n.
820/92.
Il mio vicino, che sul terreno di mia proprietà ha solo
un diritto di passo a piedi, pretende di ingrandire (di
fatto ha già iniziato i lavori di allargamento) il
sentiero per passarvi col trattore. Può farlo?
Nel caso
evidenziato si applica l'art. 1051 cc in tema di
passaggio coattivo.
Poiché per
effetto dei mutamenti tecnologici, dei rapporti di
lavoro e delle modalità lavorative verificatisi in
ambito agricolo l'utilizzo di automezzi e mezzi
meccanici in genere è diventato assolutamente
indispensabile per l'effettiva utilizzazione dei fondi
coltivati e/o coltivabili, il proprietario di un fondo
destinato all'agricoltura (come quello del suo vicino
per esempio) a cui vantaggio sussista un diritto di
servitù di passaggio pedonale per un altro fondo, ha
diritto all'ampliamento del passaggio per il transito di
quei mezzi a trazione meccanica.
In materia
la giurisprudenza della Cassazione è uniforme (tra tutte
2287/95 e 1292/86).
Sono condomino di uno stabile che deve sostenere delle
spese relative al rifacimento della pavimentazione
cortiliva. Su tale cortile transitano anche due privati,
che risiedono in una unità immobiliare autonoma, per
accedere all’ingresso delle rispettive abitazioni. Il
proprietario del fondo in origine era uno solo e quando
ha venduto il terreno all'impresa per la costruzione
dello stabile condominiale si e' riservato il diritto di
passaggio. Ciò che mi interessa sapere è se, in virtù
della situazione delineatasi, posso chiedere ai
proprietari delle due case autonome un contributo alle
spese da sostenere per il rifacimento del cortile, e se
sì, con quale criterio di ripartizione?
Nel caso
esposto si evince come il fondo dominante sia quello su
cui sono state erette le due abitazioni autonome in
quanto a favore dello stesso appezzamento di terreno è
stata costituita la servitù di passaggio, mentre il
fondo servente, quello che deve sopportare il peso della
servitù, è l'appezzamento di terreno ove si trova la
struttura condominiale.
In
riferimento alle opere che devono essere eseguite sul
fondo servente (quello del condominio), l'art. 1069 c.c.
così prescrive: "Il proprietario del fondo
dominante, nel fare le opere necessarie per conservare
la servitù, deve scegliere il tempo e il modo per recare
minore incomodo al proprietario del fondo servente. Egli
deve fare le opere a sue spese, salvo che sia
diversamente stabilito dal titolo o dalla legge. Se
pero' le opere giovano anche al fondo servente, le spese
sono sostenute in proporzione dei rispettivi vantaggi".
Qualora le
opere siano eseguite dal proprietario del fondo servente
(come nel caso prospettato) la Cassazione con Sent. n.
949/82 ha stabilito che il proprietario del fondo
dominante (nella fattispecie rappresentati daii
proprietari delle due unità immobiliari autonome) deve
contribuire: "In base all'art. 1069, 2° e 3° comma
c. c., ove il proprietario del fondo servente abbia
eseguito su quest'ultimo, sia pure nel proprio
interesse, opere necessarie alla conservazione della
servitù, le relative spese debbono essere sostenute dai
soggetti interessati, e cioè dal proprietario del fondo
dominante e da quello del fondo servente, in proporzione
ai rispettivi vantaggi".
Considerato che né le norme codicistiche in materia di
servitù prediali né tanto meno la citata giurisprudenza
di legittimità specificano in quale misura debba
avvenire il contributo dei soggetti interessati
all'esecuzione delle opere, siano essi i proprietari del
fondo servente ovvero quelli del fondo dominante, tutto
lascia presupporre che i criteri per la distribuzione
delle spese vengano determinati caso per caso avendo
cura, esclusivamente, di rispettare la proporzione dei
rispettivi vantaggi.
Sono proprietario di appartamento facente parte di un
condominio. Come gli altri condomini ho acquistato
dall’originario costruttore. Risulta che tale
costruttore abbia mantenuto la proprietà di un’area
adiacente il condominio, destinata alla realizzazione di
garages. Recentemente, ha informato tutti i proprietari,
compreso lo scrivente, dell’intenzione di procedere alla
realizzazione di garages da vendere a terzi. Alle nostre
rimostranze ha replicato dicendo che nei singoli
contratti con cui abbiamo acquistato i singoli
appartamenti è espressamente prevista una servitù di
passo carrabile a carico del condominio e in favore
dell’area su cui sorgeranno le autorimesse e che
pertanto egli può vendere tranquillamente. Vorrei sapere
se è possibile contrastare in qualche modo la posizione
di costui?
In
considerazione dei dati da lei fornitemi, ritengo che
l'impostazione del costruttore sia corretta.Il caso si
inquadra nell'ambito della costituzione di servitù
passiva a carico delle parti comuni di edificio
condominiale ed è regolato dall'art. 1059 cc.
In base a
tale norma, la costituzione di una servitù passiva su
una parte comune di un edificio condominiale, può
conseguire oltre che da una clausola del regolamento
condominiale adottato all'unanimità, anche da una
clausola inserita in tutti i contratti con i quali
ciascun partecipante ha acquistato dall'originario unico
proprietario/costruttore poiché, anche in tale ipotesi,
sussiste la formazione del consenso di tutti i condomini
alla creazione del vincolo.
Così pure
nell'analogo caso del regolamento condominiale
precostituito dal costruttore/venditore.Consiglio di
consultare, su tutte, la Sentenza della Cassazione n.
2465/85.
Sono proprietario di un appartamento ubicato al 1° piano
di uno stabile cittadino. Il fondo che si trova a piano
terra, da tempo, è occupato da un bar/paninoteca. In
occasione della stagione estiva, i titolari
dell’attività, occupano con sedie e tavolini un’area di
mia proprietà (una specie di rialzo in cemento) situata
all’esterno dello stabile in posizione laterale allo
stesso a distanza di circa 1 metro dal muro
dell’edificio. Ho sempre contestato tale condotta ai
titolari che mi hanno sempre replicato dicendo di aver
acquisito un diritto di servitù mediante la ripetuta
collocazione di sedie e tavoli sull’area di mia
proprietà. E’ veramente così?
In un caso
similare (Confronta Sentenza n. /855770) la Cassazione
ha deciso negativamente applicando gli artt. 1061 e ss.
c.p.c. che prevedono la possibilità di acquistare il
diritto di servitù per usucapione (o per destinazione
del padre di famiglia) allorquando si tratti di servitù
apparenti ovvero caratterizzate da opere visibili e
destinate in modo permanente al loro esercizio.
Nel suo
caso, non mi pare in alcun modo possibile configurare
l'esistenza di manufatti visibili, permanenti,
obiettivamente destinati all'esercizio del diritto di
servitù e tali da rivelare, per la loro struttura e
funzionalità, l'esistenza di un peso gravante su un
fondo definibile come servente.
Il mio vicino è proprietario di un terreno su cui ho
diritto di passare per accedere al terreno di mia
proprietà. L’esistenza della servitù di passaggio
risulta dai contratti con cui abbiamo acquistato i
rispettivi terreni. I terreni sono recintati. Nella mia
recinzione è presente una semplice apertura. Nella sua è
c’è un cancello a cui il tizio cambia spesso la
serratura facendomi poi avere copia delle nuove chiavi.
Sicuramente l’intento non è bonario perché da sempre
questi contesta l’esistenza della servitù e, nel corso
degli anni, ha accompagnato tale suo atteggiamento con
molestie e turbative di vario genere. Vorrei sapere se
tale comportamento possa o meno ritenersi legittimo?
Prima di
rispondere è opportuno fare alcune considerazioni di
carattere generale.
L'art.
1064 c.c. (estensione del diritto di servitù),
stabilisce che l'esercizio da parte del proprietario di
un fondo gravato da una servitù di passaggio della
facoltà (che gli spetta ex art. 841 c.c.) di chiudere in
qualunque tempo il proprio fondo, deve avvenire in modo
tale che l'esercizio della servitù di passaggio non
venga impedito né reso scomodo.
Spetta in
ogni caso al Giudice stabilire quali misure in concreto
risultino più idonee a contemperare l'esercizio dei due
diritti, avendo riguardo a tutte le circostanze del caso
concreto in relazione allo stato dei luoghi nonché a
quelle soggettive come il comportamento tenuto dal
proprietario del fondo servente.In tal senso esistono
vari pronunciamenti della Cassazione tra cui nn.
15796/02, 9631/99 e 1212/99).
Il mio dirimpettaio, ha leggermente innalzato la
terrazza sovrastante il suo appartamento, dopo di ché
l’ha coperta e chiusa realizzando un ulteriore
appartamento con finestre che affacciano sulla mia
proprietà. Posso agire in qualche modo nei suoi
confronti?
La
soluzione del caso proposto non può essere fornita se
non alla luce delle seguenti pronunce della Suprema
Corte.
La
Cassazione in molteplici Sentenze (nn. 11938/02, 1899/95
e 10460/03) ha stabilito, precisato e ribadito che, solo
nel caso di preesistente diritto di veduta, non
costituisce aggravamento della relativa servitù la sopra
elevazione di lastrico solare con apertura di finestre
in corrispondenza dei vani di abitazione di nuova
realizzazione.
Ciò in
quanto la trasformazione dell'affaccio da occasionale
(quello dal parapetto del lastrico) in quotidiano
(quello dalle indicate finestre) non determina
incremento della ispezione e prospezione sugli
appartamenti e/o sui fondi vicini essendo al contrario
la veduta meno ampia e panoramica di quella originaria.
Così pure
nel caso di copertura di una terrazza per effetto di
ristrutturazione e trasformazione del preesistente
sottotetto in casa di civile abitazione.
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