Rapporti patrimoniali
coniugi
Qual è il regime patrimoniale con cui sono sposato, non
avendo previsto nulla in materia?
In assenza
di diversa pattuizione dei coniugi il regime
patrimoniale familiare è rappresentato dalla comunione
legale dei beni. Tale previsione dettata dal legislatore
in epoca risalente è rimasta invariata, nonostante ad
oggi sia cresciuto esponenzialmente il numero di coppie
che decidono di sposarsi con il regime della separazione
dei beni.
Cos’è la comunione immediata?
La
comunione legale o immediata è quel regime patrimoniale,
nel quale, ai sensi dell'art. 177 c.c., confluiscono di
diritto tutti quei beni individuati dal legislatore in
un elenco dettagliato.
Ai sensi
della disposizione suddetta nella comunione immediata
vengono a confluire:
- gli
acquisti compiuti dai coniugi insieme o separatamente
durante il matrimonio;
- i frutti
dei beni propri di ciascun coniuge, percepiti e non
consumati allo scioglimento della comunione;
- i
proventi dell'attività separata di ciascun coniuge, se
al momento dello scioglimento della comunione non sono
stati consumati;
- le
aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo
il matrimonio.
Infine,
per espressa disposizione di legge, non appartiene alla
comunione immediata l'azienda di proprietà di uno solo
dei coniugi anteriormente al matrimonio, mentre vi
confluiscono gli utili da essa derivati ed ancora
sussistenti allo scioglimento del matrimonio prodotto di
accantonamento.
Cos’è la comunione de residuo?
Oltre alla
comunione legale immediata il legislatore ha previsto
anche una ulteriore forma di comunione genericamente
qualificata comunione legale de residuo o
comunione legale non immediata, tale definizione
dottrinaria prende le mosse dalla funzione intrinseca
che questa categoria assolve ossia racchiude tutti quei
beni che residuano a seguito della preliminare divisione
tra beni che cadono in comunione e beni che personali..
La
suddetta categoria è formata da tutti quei beni che
durante il matrimonio appartengono al coniuge che li ha
percepiti e che solo se non consumati, al momento dello
scioglimento della comunione, sono divisi, per la parte
residua o non consumata, in parti uguali tra i coniugi.
In questa
ampia categoria vengono a confluire:
- beni
mobili o diritti di credito verso terzi;
- stipendi
e redditi professionali;
- canoni
di locazione di beni personali;
- utili
netti ricavati dall'esercizio di un'impresa
- risparmi
liquidi su conti correnti bancari e libretti di
risparmio
- quote di
società di persone
- quote di
società a responsabilità limitata ove l'acquisto sia
connesso ad una effettiva - partecipazione alla vita
sociale
-
dividendi derivati da partecipazioni sociali.
Quando può essere chiesta l’applicazione del regime di
separazione?
La
richiesta può essere contestuale alla celebrazione del
rito nuziale oppure avvenire successivamente
rivolgendosi ad un notaio, il quale, raccolto il
consenso di entrambi i coniugi, provvede con atto
pubblico alla modifica del regime patrimoniale curandone
l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio.
Se
viceversa i coniugi non sono entrambi intenzionati ad
addivenire alla modifica del regime patrimoniale
trasformandolo da comunione a separazione dei beni,
quest'ultimo dovrà essere pronunciato con provvedimento
del Tribunale cui si sia rivolto il coniuge interessato.
Quali sono i beni personali e quale regime si applica a
questi ultimi?
Ai sensi
dell'art. 179 c.c. non cadono in comunione, in quanto
beni personali di ciascun coniuge:
- i beni
acquistati dal coniuge prima del matrimonio;
- i beni
acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di
donazione o successione, quando nell'atto di liberalità
o nel testamento non è specificato che essi siano
attribuiti alla comunione;
- i beni
di uso strettamente personale di ciascun coniuge (es.
gli abiti, l'orologio etc.) ed i loro accessori;
- i beni
che servono all'esercizio della professione del coniuge
tranne quelli destinati alla conduzione di un'azienda
facente parte della comunione. Può trattarsi anche di
beni immobili: si pensi ad uno studio professionale;
- i beni
ottenuti a titolo di risarcimento del danno, nonché la
pensione attinente alla perdita parziale o totale della
capacità lavorativa;
- i beni
acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni
personali o col loro scambio, purché ciò sia
espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto.
Perché può essere opportuno scegliere il regime di
separazione dei beni?
Talvolta
il regime di separazione può risultare utile per
tutelare la propria posizione economica. Oggi il numero
di coppie che si sposa scegliendo questa tipologia di
regime patrimoniale è in notevole aumento in quanto si
presente notevolmente più flessibile alle esigenze di
vita e di lavoro. Infatti, in regime di comunione legale
dei beni, se uno dei due coniugi esercita la libera
professione, un'attività commerciale o investimenti
rischiosi ecc..., attività che oggi sono all'ordine del
giorno, espone anche l'altro al rischio di dover
rispondere con il proprio 50% del patrimonio familiare
ai debiti eventualmente contratti nell'esercizio
dell'attività lavorativa. Questo rischio può essere
facilmente eliminato con la scelta del regime di
separazione il quale isola la situazione patrimoniale
dei due coniugi non esponendoli reciprocamente alle
obbligazioni contratte separatamente.
Da quali norme è regolata l’amministrazione dei beni
della comunione?
L'amministrazione ordinaria della comunione e la
rappresentanza in giudizio per gli atti ad essa relativi
spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi, mentre
per gli atti di straordinaria amministrazione, come la
vendita o la donazione di beni facenti parte della
comunione ovvero la concessione o l'acquisto di diritti
personali di godimento (es. la locazione) e per la
relativa rappresentanza processuale, i coniugi devono
agire congiuntamente, a norma dell'art. 180 c.c.
Peraltro
il coniuge può comunque agire da solo qualora si
verifichi una delle seguenti circostanze:
1.
quando l'altro coniuge rifiuta di prestare il
proprio consenso all'operazione economica con riguardo
ad un atto necessario nell'interesse della famiglia,
previa autorizzazione del giudice (art. 181 c.c.);
2.
in caso di lontananza o di ulteriore impedimento
temporaneo dell'altro coniuge, previa autorizzazione del
giudice (art. 182 c.c.);
3.
se l'altro coniuge sia stato escluso
dall'amministrazione ad opera del giudice perché minore
d'età o impossibilitato ad amministrare o incapace di
farlo; in tal caso il coniuge escluso può però sempre
chiedere la reintegrazione quando vengono meno i motivi
dell'esclusione (art. 183 c.c.);
4.
se l'altro coniuge è interdetto, finché non venga
revocata l'interdizione stessa dal Tribunale.
Quando si scioglie la comunione dei beni dei coniugi e
quali effetti ne conseguono?
La
comunione dei beni nel suo complesso si scioglie nei
casi previsti dall'art. 191 c.c., ovvero:
1.
a seguito della dichiarazione di assenza o morte
presunta di uno dei coniugi;
2.
nell'ipotesi di annullamento del matrimonio,
anche se pronunciato dal giudice canonico, purché la
sentenza sia stata resa esecutiva;
3.
per effetto dello scioglimento del matrimonio,
sia per morte che a seguito di divorzio, della
cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché
della separazione personale dei coniugi, vuoi
consensuale vuoi giudiziale, ma non in forza di una mera
separazione di fatto o dei provvedimenti provvisori ed
urgenti emessi dal presidente del Tribunale al momento
della comparizione dei coniugi davanti a sé (in tal
senso, tra gli altri, Cass. sent. n. 9325/98 e n.
6234/98);
4.
in caso di separazione giudiziale dei beni,
pronunciata dal giudice in presenza dell'interdizione o
dell'inabilitazione di uno dei coniugi ovvero di cattiva
amministrazione della comunione o, ancora, quando il
disordine negli affari di uno dei coniugi o la condotta
tenuta da uno di questi nell'amministrazione dei beni
rischi di pregiudicare gli interessi dell'altro o,
infine, quando uno dei coniugi non contribuisca
proporzionalmente ai bisogni della famiglia;
5.
a seguito del mutamento del regime patrimoniale
della comunione per effetto della scelta della
separazione compiuta dai coniugi;
6.
nell'ipotesi di fallimento di uno dei coniugi.
Una volta
sciolta, la comunione tra i coniugi rimane regolata
dalle medesime norme applicabili ad ogni forma di
comproprietà, dettate dagli artt. 1100 e seguenti c.c. I
coniugi procederanno quindi previamente ai rimborsi ed
alle restituzioni che ciascuno debba compiere qualora
abbia prelevato dalla comunione in misura eccedente la
propria quota e, quindi, se vorranno, alla divisione del
patrimonio, ripartendo in parti uguali l'attivo.
Che cos’è il fondo patrimoniale e come si costituisce?
Il fondo
patrimoniale consiste in un patrimonio vincolato
costituito dai coniugi, separatamente o congiuntamente,
o anche da un terzo, e destinato a far fronte ai bisogni
della famiglia, a norma degli artt. 167 e seguenti c.c.
Titolari dei beni, siano essi immobili, mobili
registrati o titoli di credito, sono generalmente
entrambi i coniugi, salvo che sia previsto diversamente.
La
costituzione può avvenire in forza di un atto tra vivi
avente la forma dell’atto pubblico alla presenza di due
testimoni o, qualora sia compiuta ad opera di un terzo,
anche mediante testamento.
In ogni
caso il regime del fondo patrimoniale non si pone mai
come alternativo alla comunione o alla separazione dei
beni tra i coniugi, dal momento che ha sempre ad oggetto
una porzione del patrimonio familiare, e non il
patrimonio nella sua interezza. Ne consegue che alla
restante parte dei beni dei coniugi si applicheranno, a
seconda dei casi, le norme dettate in materia di
comunione o di separazione dei beni.
Quali vincoli comporta la costituzione del fondo
patrimoniale sui beni che lo compongono?
Ai sensi
dell'art. 169 c. c., se non è stato espressamente
consentito nell'atto di costituzione, non si possono
alienare, ipotecare, concedere in pegno o comunque
vincolare beni appartenenti al fondo patrimoniale se non
con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono
figli minori, con l'autorizzazione del giudice, nei soli
casi di necessità o utilità evidente per questi ultimi.
D'altronde
poi l'art. 170 c.c. pone taluni limiti alla facoltà dei
creditori di anche uno solo dei coniugi di soddisfare i
propri diritti sui beni del fondo patrimoniale e sui
frutti di essi, prevedendo che detti beni non possano
essere assoggettati ad esecuzione per debiti che il
creditore stesso sapeva essere stati contratti per scopi
estranei ai bisogni della famiglia.
Peraltro, ove risulti che il debitore ha destinato
taluni dei propri beni al fondo patrimoniale allo scopo
di frodare i creditori, questi ultimi hanno facoltà di
promuovere un'azione revocatoria, a norma dell'art. 2901
c.c., contro l'atto costitutivo del fondo patrimoniale
stesso.
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