Mobbing
Elenco
domande e risposte frequenti (FAQ) in materia di Mobbing
Cosa si intende per Mobbing?
Quando si
parla di mobbing ci si riferisce alle vessazioni che
subisce il lavoratore subordinato sul luogo di lavoro.
Il comportamento “mobbizzante” consiste in
maltrattamenti, offese, vessazioni,
aggressioni,umiliazioni, mortificazioni, atteggiamenti
persecutori nei confronti del lavoratore subordinato.
Ciò che caratterizza il mobbing è la sistematicità e la
durata della condotta persecutoria anche se tali atti
singolarmente presi non costituiscono di per se un
comportamento illecito sia sotto il profilo civilistico
che penalistico. Questi comportamenti possono provenire
da datore di lavoro ed allora si parla di
mobbing discendente, se provengono dai colleghi
che si coalizzano contro un collega si parla di
mobbing orizzontale, se invece ci sono
più sottoposti che pongono in essere continue
vessazioni contro il loro diretto superiore si parla di
mobbing ascendente.
E’
difficile definire specificatamente il mobbing atteso le
molteplicità modalità persecutorie possibili, ogni
definizione finirebbe per escludere altre forme
possibili di mobbing.
Nella casistica giurisprudenziale ad esempio è stato
ritenuto un comportamento mobbizzante il fatto di un
lavoratore isolato per volere del datore di lavoro dal
contesto aziendale, sebbene avesse il suo ufficio
all’interno dell’impresa, ma di fatto non le veniva
assegnato alcun compito operativo, era invisibile agli
occhi di tutti gli altri lavoratori.
A
tutt’oggi si è in attesa che il parlamento legiferi in
materia anche se sono pendenti diverse proposte di
legge.
Una
curiosità il vocabolo mobbing è di derivazione
anglosassone ed è mutuata dal comportamento di talune
specie animali che tendono ad isolare un loro simile ad
lontanarlo dal branco.
E' prevista una tutela legislativa per il
lavoratore mobbizzato?
Nell’ordinamento vigente le numerose disposizione
specifiche a tutela del lavoratore (es: divieto di
licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo,
di controllo, di discriminazione, di demansionamento,
di trasferimento etc..) convivono con una norma
generale che impone al datore di lavoro di adottare
nell’esercizio dell’impresa: “le misure
necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale del
prestatore di lavoro art . 2087 c.c.”.
La stessa carta costituzionale sancisce all’art
41 che: “l’iniziativa economica non può ledere
la libertà e la dignità del lavoratore.”
Pertanto
le condotte mobbizzanti possono derivare dalla
violazione sistematica di una disposizione specifica a
tutela del lavoratore,(ad es divieto di adibire il
lavoratore a mansioni inferiori rispetto a quelle per le
quali è stato assunto) ma anche, come spesso succede,
per contrasto con l’art. 2087 c.c.. che è norma
inderogabile posta a tutela del lavoratore.
Il bene
protetto dalla norma dettata dal codice civile che ha
portata generale è dunque l’integrità fisica e
morale del lavoratore
Chi risponde per i danni causati da
comportamenti qualificabili come mobbing?
Il
responsabile civile del mobbing è sempre il datore di
lavoro, sia nell’ipotesi di mobbing discendente in cui
la condotta sia posta direttamente in essere da egli o
dai superiori del mobbizzato, in tal caso il datore ne
risponde per effetto dell’organizzazione gerarchica e
del relativo potere di rappresentanza, sia nel caso di
mobbing orizzontale o ascendente in cui l’obbligo di
protezione grava proprio sul datore di lavoro che deve
adottare “ le misure necessarie a tutelare
l’integrità fisica e morale del prestatore di lavoro
art . 2087 c.c.”.
Qual'è la natura della responsabilità per
mobbing?
La
responsabilità civile per mobbing nei confronti del
datore di lavoro è sempre di natura contrattuale, in
quanto il comportamento mobbizzante si sviluppa
all’interno del contratto di lavoro e consiste appunto
in un inadempimento dell’obbligazioni contrattuali.
Essendo una responsabilità contrattuale, il lavoratore –
creditore dovrà provare in ossequio con il regime
probatorio di questo tipo di responsabilità, l’esistenza
dell’obbligazione, e dedurre l’inadempimento del
debitore, mentre il debitore-datore di lavoro dovrà
provare l’adempimento o l’eventuale impossibilità ad
adempiere per una casua a lui non imputabile. L’unica
eccezione al regime probatorio sopra delineato è
rappresentata dalle obbligazione negative o di non fare
nelle quali l’inadempimento consiste in un fatto
positivo, compiuto in violazione del divieto. Pertanto
il creditore-lavoratore dovrà dimostrare, che, il
debitore-datore di lavoro ha posto in essere l’azione
vietata è quindi è divenuto inadempiente. Applicando
questi principi di carattere generale al caso concreto
risulta che: a) nel mobbing discendente il lavoratore
dovrà provare la violazione da parte del datore di
lavoro o dei suoi collaborati del divieto posto a tutela
del lavoratore e quindi della condotta persecutoria come
avviene per esempio per gli atti discriminatori che al
datore è fatto divieto assoluto di fare ; b) nel mobbing
orizzontale o ascendente il lavoratore dovrà provare la
persecuzione da parte dei colleghi, che da un lato fonda
la responsabilità extracontrattuale da fatto illecito ex
art. 2043 di costoro e dall’altro fa scattare l’obbligo
di protezione del datore di lavoro che deve adottare
le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e
morale del prestatore di lavoro art . 2087 c.c.”
e pertanto spetterà al datore di lavoro dimostrare di
aver posto in essere tutte le misure necessarie a
tutelare il lavoratore e quindi di aver adempiuto.
Va fatta
una precisazione doverosa per i comportamenti
mobbizzanti che sfociano in comportamenti penalmente
perseguibili, costituenti fatti di reato ad es ingiuria,
percosse, minaccie, violenza privata,lesioni, per i
reati la responsabilità penale è sempre personale.
Pertanto se a commettere uno di questi fatti di reato è
un dipendente ne risponde personalmente ed il lavoratore
vittima del reato, può far valere la responsabilità
aquilana da reato costituendosi parte civile nel
giudizio penale, ovvero promuovendo l’azione
di responsabilità extracontrattuale da illecito civile
dinanzi al giudice civile. Resta anche in tal caso ferma
la responsabilità contrattuale del datore di lavoro.
Se invece
a commettere il fatto di reato è il datore di lavoro, il
lavoratore può decidere di non coltivare l’azione
contrattuale e di costituirsi parte civile nel processo
penale ovvero di promuovere l’azione risarcitoria ex
art 2043 c.c davanti al giudice del lavoro, ovvero non
si può escludere neanche un’azione congiunta. Saranno
valutazione di mera convenienza processuale ad
orientarlo.
In quanto tempo si prescrive l’azione di
responsabilità?
L’azione di responsabilità contrattuale nei confronti
del datore di lavoro si prescrive in dieci anni,
l’azione di responsabilità extracontrattuale si
prescrive in cinque anni.
Quali sono le tutele e i rimedi attuabili
in caso di mobbing?
Contro il
mobbing il lavoratore può spigare in sua difesa le
stesse azioni previste a tutela di altre forme di
inadempimento datoriale.
Andiamo a
vedere nel concreto i vari rimedi a) azione di
adempimento anticipata eventualmente da un’azione in via
cautelativa chiedendo al giudice del lavoro di inibire
il datore dal comportamento mobbizzante e nel merito di
ottenere una condanna all’adempimento delle obbligazione
contrattuali, ipotesi in astratto possibile in concreto
il lavoratore spesso rinuncia per non subire ritorsioni
in suo danno quali il licenziamento; b) il
lavoratore in astratto può rifiutarsi di adempiere la
propria prestazione fino a quando il datore non adempie
la propria c.d. eccezione di inadempimento, rimedio
previsto dall’art. 1460. c.c. che ne legittima l’agire.
Tale
azione da parte del lavoratore è rischiosa, in quanto se
non si accerta preventivamente e con certezza
l’esistenza del mobbing attraverso un
procedimento d’urgenza cautelativo passa, per essere
egli inadempiente, con il rischi del licenziamento; c)
l’azione più diffusa è l’azione risarcitoria,
accertato giudizialmente l’inadempimento contrattuale e
quindi l’esistenza del comportamento mobbizzante il
lavoratore può chiedere il risarcimento del danno
patrimoniale, biologico, e tutti i danni risarcibili
nell’elaborazione civilistica esistenziale alla persona
che riesce a provare di aver subito quale conseguenza
immediata e diretta del comportamento del datore di
lavoro .
Qualora
non si riesca a provare con certezza il quantum ci si
rimette all’equo apprezzamento del giudice, che nella
prassi giurisprudenziale ha visto liquidare il danno
patrimoniale prendendo come base, una quota della
retribuzione mensile sommandola per tutta la durata
dell’illecito.
Qual'è il Giudice competente per le cause
di mobbing?
Il Giudice
competente a conoscere questo tipo di controverse è il
tribunale monocratico in funzione di giudice del lavoro.
E’
competente per territorio il giudice nella cui
circoscrizione è sorto ilr apporto di lavoro, ovvero si
trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale è
addetto il lavoratore o prestava la sua opera al
momento della cessazione del rapporto.
La
competenza permane anche dopo il trasferimento
dell’azienda o la cessazione di essa o della sua
dipendenza, purchè la domanda sia proposta entro 6 mesi
dal trasferimento o dalla cessazione.
La
domanda si propone con ricorso ex art 414 c.p.c.
Qualsiasi comportamento scorretto o
ineducato che si sviluppa all’interno del rapporto di
lavoro può essere qualificato come comportamento
mobbizzante?
No, non
tutti i comportamenti anche scorretti e scontrosi,
ineducati, incivili, che si sviluppano all’interno del
rapporto di lavoro sono atteggiamenti mobbizzanti,
perché altrimenti, si correrebbe il concreto rischio di
allargare in maniera indiscriminata la responsabilità
del datore di lavoro. Un qualunque screzio, altergo,
sul luogo di lavoro con un collega con un superiore di
per sé non è un comportamento mobbizzante.
I
comportamenti che si definiscono mobbizzanti sono solo
quelli in grado di ledere e di minacciare l’integrità
morale e fisica del lavoratore che è il bene protetto
della norma generale.
Spetterà
poi al Giudice valutare nel concreto la potenzialità
lesiva, l’aggressione al bene tutelato della norma, del
comportamento che si assume essere stato mobbizzante.
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