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Esecuzione delle decisioni giudiziarie

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Esecuzione delle decisioni giudiziarie

 

1. Che cosa si intende per esecuzione in materia civile e commerciale?

L’esecuzione è l’attività con la quale si realizza concretamente il diritto di un soggetto (individuo, società commerciale) a conseguire quanto gli è dovuto da un altro soggetto in base a una decisione giudiziaria (o anche in base a particolari atti considerati dalla legge assimilabili alle decisioni giudiziarie).

L’esecuzione è perciò una procedura, regolata dalla legge in modi diversi in relazione al contenuto del diritto, cioè a quello che è dovuto al soggetto che si avvale della procedura esecutiva nei confronti del soggetto che subisce l’esecuzione (per le diverse modalità: v. risposta alla domanda 1.1). Per questo suo carattere, la procedura dell’esecuzione si svolge attraverso l’intervento di organi pubblici e sotto il controllo di un giudice, che è chiamato dagli interessati a verificare il rispetto delle regole procedurali stabilite dalla legge. 

1.1. Elenco dei tipi di esecuzione che possono obbligare il soggetto che subisce l’esecuzione ad un comportamento positivo, ad una astensione o a corrispondere una somma.

L’esecuzione si svolge in modi diversi secondo i diversi contenuti degli atti (le decisioni giudiziarie o gli altri atti che hanno la stessa efficacia delle decisioni sul piano dell’esecuzione); atti che devono essere messi in opera per realizzare l’interesse di chi procede all’esecuzione. Le procedure esecutive si distinguono perciò nelle seguenti forme:

(a) la modalità concretamente più diffusa è quella che ha per obiettivo finale l’assegnazione al soggetto che procede all’esecuzione (definito “creditore procedente”) di una somma di denaro o di un bene materiale. Questa procedura si svolge quando il creditore deve ottenere, in base alla decisione giudiziaria o all’atto equivalente, una somma di denaro. Essa si realizza in due fasi: prima, con l’espropriazione di beni (denaro stesso o altri beni, con alcuni limiti: v. risposta alla domanda 3.1) che appartengono a chi subisce l’esecuzione (definito “debitore esecutato”); poi, con l’assegnazione al creditore del denaro (in caso di espropriazione del denaro), o del bene, o anche del denaro che sia il risultato di una vendita forzata stabilita nella procedura esecutiva (per trasformare il bene espropriato in denaro), secondo i casi. Questo primo tipo di procedura, denominata “espropriazione forzata”, a sua volta è diversamente regolato nei dettagli a seconda che abbia come suo oggetto un bene immobile (“espropriazione forzata immobiliare”) o un bene mobile (“espropriazione forzata mobiliare”).

(b) nel tipo di procedura esecutiva in (a) rientra anche una particolare procedura che permette al creditore di ottenere: o un bene materiale che appartiene al debitore ma che al momento dell’esecuzione è in possesso di un diverso soggetto (un “terzo”, estraneo alla controversia); oppure gli consente di ottenere non un bene materiale, ma un credito che il debitore ha nei confronti di un diverso soggetto (“terzo”). Attraverso questa procedura, quindi, il creditore procedente ottiene quanto gli è dovuto: nel primo caso, con l’espropriazione del bene (che è di proprietà del debitore ma si trova materialmente presso il terzo); nel secondo caso, attraverso modalità procedurali che, coinvolgendo anche il terzo, finiscono per sostituire il creditore al debitore nel rapporto con il terzo: quest’ultimo sarà tenuto a rispettare il proprio impegno contrattuale non più a favore del debitore ma a favore del creditore procedente. Questa modalità dell’esecuzione si spiega con il fatto che anche i crediti costituiscono una posizione di ricchezza e di vantaggio, cioè entrano nella nozione (giuridica) di patrimonio di un soggetto: il credito verso il terzo viene tolto dal patrimonio del debitore e trasferito sul patrimonio del creditore procedente. Questa procedura è denominata “espropriazione presso terzi”.

(c) una seconda modalità è quella che ha per obiettivo finale la consegna al creditore di cose che il debitore è tenuto a restituirgli (ad esempio, un immobile affittato, dopo la scadenza del contratto di affitto) o comunque a consegnargli (ad esempio, un bene che sia già stato venduto dal debitore al creditore ma non sia stato materialmente consegnato). Questa procedura, che può riguardare cose mobili o immobili, si differenzia da quella descritta in (a) perché non si ha un trasferimento di proprietà dal debitore (espropriato del bene) al creditore, ma solo una attività di restituzione a favore del creditore, il quale recupera una cosa che già gli appartiene secondo diritto. Questa procedura è denominata “esecuzione per consegna o rilascio”.

(d) una terza modalità dell’esecuzione è quella che è messa in opera quando ciò che spetta al creditore procedente non è un bene, ma un comportamento del debitore, il quale – per obblighi che possono nascere da un contratto o direttamente dalla legge – è tenuto a fare una determinata cosa (ad es. realizzare interventi edilizi su un immobile di sua proprietà) o a non fare una determinata cosa (ad es. non realizzare opere edilizie che siano in violazione dei diritti del proprietario di un immobile vicino). In questi casi, la procedura esecutiva permette al creditore procedente: o di ottenere che il comportamento sia realizzato da altri ma a spese del debitore che non ha osservato il proprio dovere (per l’obbligo di fare), o di ottenere la demolizione della cosa che il debitore ha realizzato contro diritto (per l’obbligo di non fare). Questa procedura è denominata “esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare”.

2. A quali condizioni può essere rilasciato un titolo esecutivo?.

2.1. La procedura

2.1.1. Quali decisioni sono esecutive? Titoli giudiziali e non giudiziali.

In base ad un principio che non presenta eccezioni, per procedere all’esecuzione sono necessarie due condizioni, una formale e una sostanziale: quella formale è l’esistenza di un titolo esecutivo, cioè di un atto o di una decisione giudiziaria che secondo la legge possa essere messa in esecuzione; quella sostanziale riguarda il contenuto di tale titolo, che deve riguardare, secondo la definizione di legge, un diritto “certo, liquido ed esigibile”. Il requisito della “certezza” appare evidente, poiché non può esservi alcuna esecuzione quando sia incerta la sussistenza del diritto o il suo contenuto; i requisiti della “liquidità” e della “esigibilità” significano che l’ambito dell’azione esecutiva deve essere definito sin dall’inizio, non potendosi eseguire un ordine (contenuto nella decisione giudiziale) se esso non è traducibile in una realizzazione pratica immediata (l’importo della somma di denaro che il debitore deve al creditore; l’individuazione della cosa da riconsegnare; il comportamento da tenere etc., v. sopra, 1.1), ovvero se per qualche ragione legale il diritto, anche se è determinato, non è “esigibile” perché è richiesta qualche ulteriore condizione. Se tali presupposti dell’esecuzione mancano, e tuttavia l’esecuzione è iniziata, si può svolgere su questo aspetto il controllo del giudice (v. il punto 4).

Il titolo, cioè l’atto giuridicamente formato secondo le regole di legge, che permette di procedere all’azione esecutiva, può essere il risultato di una attività giudiziale o non giudiziale.

I titoli giudiziali sono tutte le decisioni e i provvedimenti resi da un giudice, nell’ambito di un giudizio regolato da norme processuali, che, per disposizione di legge, possono ricevere esecuzione:

1) le sentenze di condanna (a un pagamento, a dare un bene, a tenere un dato comportamento), che siano passate in giudicato, cioè non possano più essere messe in discussione in un grado ulteriore di giudizio, o che siano provvisoriamente esecutive [in generale tutte le sentenze di primo grado sono esecutive tra le parti del giudizio, salvo provvedimento di sospensione da parte del giudice di appello];

2) le ordinanze con le quali viene ordinato il pagamento di somme di denaro dovute a seguito della definizione di un rendiconto;

3) le ordinanze, emesse nel corso di un giudizio, di pagamento di somme non contestate tra le parti del giudizio medesimo;

4) le ordinanze provvisoriamente esecutive con le quali, sussistendo particolari prove documentali, il giudice istruttore ingiunge il pagamento di somme di denaro o la consegna di cose;

5) i verbali di conciliazione che definiscono controversie di lavoro;

6) i decreti ingiuntivi di pagamento di somme di denaro o di consegna di cose mobili, emanati dal giudice in presenza di specifici documenti (che danno, secondo la legge, particolare certezza ai crediti), se divenuti esecutivi o se dichiarati provvisoriamente esecutivi;

7) le intimazioni di sfratto per conclusione di un affitto o per ritardo nel pagamento del corrispettivo dell’affitto di un immobile, se convalidate dal giudice;

8) i lodi arbitrali (cioè le decisioni rese da “arbitri”, collegi non facenti parte dell’apparato giudiziario e composti da persone chiamate a definire una controversia in base a un accordo tra le parti), se divenuti esecutivi;

9) le condanne del datore di lavoro al pagamento di somme di denaro dovute al lavoratore illegittimamente licenziato.

I titoli stragiudiziali sono quei documenti, formati al di fuori di un processo, che rappresentano un diritto di chi li fa valere e che, secondo la legge, sono dotati di una particolare “forza” in relazione alla loro formazione e alla disciplina della loro circolazione nell’ambito dei rapporti giuridici, anche in funzione della velocità degli scambi; ciò li rende, per questo aspetto dell’esecuzione, equivalenti alle sentenze e agli altri provvedimenti esecutivi del giudice. Essi sono, principalmente, le cambiali, nonché i titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva (vaglia cambiario, assegno circolare e titoli emessi da alcune banche); i ruoli di imposte resi esecutivi dall’autorità finanziaria; gli atti negoziali ricevuti da notai contenenti la volontà o l’obbligazione di corrispondere somme di danaro (ma non obblighi di fare e di non fare); e, secondo una riforma del 2006, le scritture private autenticate, limitatamente agli obblighi di pagamento di somme di denaro che in esse è contenuto.

2.1.2. E’ necessario chiedere ad un Tribunale l’autorizzazione all’esecuzione?

Per iniziare una procedura esecutiva non è necessaria una autorizzazione del giudice, perché il contenuto del diritto è già stabilito nella decisione o nell’atto (v. sopra, 2.1.1) posto in esecuzione; è sufficiente che il cancelliere del giudice competente per l’esecuzione, dopo aver controllato che il titolo sia regolare (per l’aspetto formale), apponga la “formula esecutiva”, cioè una formula prestabilita dalla legge che impegna gli organi pubblici, ciascuno secondo le rispettive competenze (gli ufficiali giudiziari; la forza pubblica, tenuta a prestare assistenza se necessario). A questo fine è richiesto che la formula sia corrispondente a quella prevista dalla legge, e che vi sia il sigillo della cancelleria. Una disciplina analoga è stabilita per gli altri atti che sono ricevuti da un notaio (sopra, 2.1.1).

2.1.3. Qual’è il Tribunale competente per disporre l’esecuzione?

Per ciò che concerne la competenza per materia, essa è assegnata al Tribunale, che è l’organo giudiziario di primo grado con competenza generale; il legislatore ha escluso in questa materia la competenza del giudice di pace, al quale sono affidate cause socialmente diffuse ma economicamente di minor valore. Stabilita la competenza del tipo di ufficio (materia), si deve poi stabilire la competenza territoriale: per l’esecuzione che si svolge secondo la procedura dell’esecuzione su cose mobili od immobili (v. sopra, 1.1, punti a e c) è competente il giudice del luogo in cui si trovano i beni; per l’esecuzione che riguarda i crediti verso terzi (sopra, 1.1, punto b) è competente il giudice del luogo nel quale risiede il terzo; per l’esecuzione che riguarda gli obblighi di fare o di non fare (sopra, 1.1, punto d) è competente il giudice del luogo nel quale l’obbligo deve essere adempiuto. La competenza per materia stabilita dalla legge non può essere modificata attraverso un accordo delle parti interessate, perché riguarda la distribuzione degli affari nell’organizzazione della giustizia, e perciò corrisponde a scelte di interesse generale. Invece le regole sulla distribuzione territoriale non hanno la stessa forza, perché sono poste nell’interesse dei soggetti del processo, che, con alcune eccezioni, possono diversamente accordarsi tra di loro .

2.1.4. Norme che regolano ruolo, responsabilità e poteri degli agenti di esecuzione.

L’esecuzione è affidata all’ufficiale giudiziario, che è un organo pubblico e che fa parte dell’amministrazione della giustizia. L’ufficiale giudiziario svolge l’attività materiale necessaria all’esecuzione, e talvolta ricorre alla collaborazione di altri soggetti, ad esempio di un esperto per la determinazione del valore dei beni, o di un custode, o di un amministratore dei beni stessi, se si tratta di beni che richiedono attività di custodia o gestione. Nella procedura esecutiva che riguarda immobili, recenti riforme hanno previsto che le operazioni che riguardano la vendita possono essere affidate a un notaio, sulla base di una delega del giudice. Comunque, ogni attività materiale affidata agli organi pubblici dell’esecuzione si svolge sempre sotto la possibilità di controllo e di indirizzo del giudice: perciò, in ogni caso in cui insorgono difficoltà o contrasti, il giudice che dirige l’esecuzione, informato dall’ufficiale giudiziario o dal notaio o dalle parti, convoca gli interessati e dà le direttive più opportune.

2.1.5. Il ricorso ad un avvocato o ad altra professione legale è obbligatorio?

La procedura di esecuzione ha la struttura di un processo, perché è diretta da un giudice, si svolge attraverso atti che il giudice autorizza o dispone, dopo avere ascoltato le parti in contraddittorio, e può anche dare luogo a veri e propri processi (v. paragrafo 4). Per questo suo carattere, anche nel processo esecutivo è richiesta l’assistenza di un difensore, in ogni caso.

 

2.1.6. Distinguete l’importo dei costi per ciascun tipo di esecuzione.

Non sono previsti importi fissi per le varie forme di esecuzione. Le spese del processo possono variare in relazione alle attività più o meno complesse che vengono svolte (se occorre una perizia sul valore dei beni; se è necessario nominare un amministratore o un custode, che hanno diritto a un compenso; se si deve procedere ad avvisi pubblici per dare pubblicità alle operazioni di vendita attraverso giornali o siti internet e così via). La regola generale è che il creditore procedente anticipa le spese che alla fine vengono poste a carico della parte che ha subito l’esecuzione. Per ciò che concerne le spese legali, le tariffe professionali (il cui rispetto è obbligatorio, in base alla legge) determinano con regole minuziose gli importi minimi e massimi dei compensi che sono dovuti ai difensori, in relazione al tipo e al valore della procedura.

2.2. Quali sono i presupposti che legittimano un Tribunale a procedere all’esecuzione? Per quali crediti e per quali debitori?

Le condizioni formali e sostanziali per procedere all’esecuzione e le classificazioni dei titoli esecutivi sono state già indicate (sopra, risposta al quesito 2.1.1). Secondo la legge italiana, è inoltre richiesto un ulteriore presupposto, che però non riguarda propriamente il processo esecutivo ma lo precede: il creditore, prima di iniziare l’esecuzione, deve indirizzare al debitore un atto, denominato “precetto”, con il quale gli rivolge una esplicita intimazione a mettere in esecuzione spontaneamente l’obbligo che gli spetta in base al titolo (sentenza etc.), gli assegna un termine e lo avverte che in caso contrario procederà all’esecuzione forzata. Questa formalità ha la finalità di dare al debitore un termine per l’adempimento spontaneo, per evitare l’esecuzione, e allo stesso tempo assegna al creditore un termine (di novanta giorni) entro il quale l’esecuzione deve iniziare.

3. Misure di esecuzione

3.1. Quali specie di beni possono essere oggetto di esecuzione?

In linea di principio tutti i beni, mobili ed immobili, e tutti i crediti del debitore sono soggetti all’esecuzione perché costituiscono la garanzia patrimoniale del creditore. Esistono però numerose esenzioni, espressamente previste da norme di legge, in considerazione della natura o della funzione dei beni. Secondo la disciplina tradizionale, non possono essere sottoposte a esecuzione alcune particolari categorie di beni strettamente personali: le cose che servono all’esercizio del culto; le cose che sono indispensabili alle esigenze quotidiane di vita del debitore (i vestiti, gli elettrodomestici, i mobili di casa, etc.), a meno che si tratti di cose che abbiano un rilevante valore; i documenti personali (lettere, manoscritti etc.), a meno che formino parte di una collezione. Esistono poi limitazioni di rilievo sociale: per i crediti che i lavoratori hanno nei confronti dei rispettivi datori di lavoro, pubblici o privati, cioè per le retribuzioni, tali crediti possono essere sottoposti all’esecuzione solo entro determinati limiti, variabili secondo i casi (generalmente, entro il limite di un quinto; esistono specifiche regole secondo le categorie di dipendenti), per permettere al lavoratore-debitore di provvedere alle esigenze fondamentali di vita; gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l’esercizio della professione del debitore sono assoggettabili solo entro limiti ristretti. Taluni crediti sono del tutto esclusi dall’esecuzione: le prestazioni di assistenza sociale a favore di persone in condizioni di difficoltà economica e di invalidi civili; i crediti alimentari, cioè le somme dovute da alcuni soggetti a favore di altri nell’ambito delle relazioni familiari (dei genitori verso i figli, di un coniuge verso l’altro etc.), quando vi sia una condizione di bisogno e di incapacità economica. Esistono poi ulteriori limitazioni, stabilite da specifiche norme per garantire esigenze ritenute prevalenti rispetto all’interesse del creditore. Tra le più rilevanti, vi sono quelle che riguardano l’esecuzione quando il debitore è una pubblica amministrazione: particolari regole infatti stabiliscono 1) a volte, che l’esecuzione non può essere iniziata se non dopo un certo termine, per dare alle amministrazioni la possibilità di svolgere le procedure contabili prescritte dalle leggi di bilancio degli enti pubblici, 2) altre volte, che taluni fondi pubblici, destinati a esigenze prioritarie di rilevanza sociale (ad esempio, i fondi destinati alle iniziative di lotta alla droga), non possono in alcun caso essere oggetto di esecuzione. Infine, regole specifiche limitano il diritto di sottoporre a esecuzione alcuni speciali titoli, come le azioni o le quote delle società cooperative, per garantire la società, evitando che attraverso procedure esecutive entrino nella società soggetti estranei (regole di “gradimento”).

3.2. Quali sono gli effetti delle misure di esecuzione?

3.2.1. Quali sono gli effetti dell’esecuzione nei confronti del debitore che non si adegua al vincolo impostogli? Può sempre disporre del suo bene? Può essere oggetto di sanzioni?

La procedura esecutiva si basa sul vincolo che viene posto sul bene del debitore, secondo le seguenti modalità: l’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo, ricerca il bene o la somma di danaro nella casa del debitore o sulla sua persona, o presso terzi, può avere accesso al domicilio, e, se incontra ostacoli, può superare la resistenza materiale del debitore, se occorre anche con l’assistenza della forza pubblica. Quindi, individuato il bene da sottoporre all’esecuzione, esegue il “pignoramento”, che è l’atto iniziale dell’esecuzione. Il pignoramento consiste in una ingiunzione al debitore di non compiere, da quel momento, alcuna attività riguardante il bene individuato che possa sottrarre il bene alla procedura. Per gli immobili, il pignoramento è annotato, con la trascrizione, nei registri immobiliari, e ciò lo rende conoscibile ai terzi. Quindi, l’ufficiale giudiziario consegna al cancelliere del Tribunale il denaro, i titoli di credito e gli oggetti preziosi rinvenuti; gli altri beni, in particolare i beni immobili, vengono affidati ad un custode (o talvolta, a certe condizioni, allo stesso debitore, ad esempio se questi vi abita). In ogni caso, il giudice dell’esecuzione dà al custode o all’amministratore dei beni le direttive più opportune, in attesa della vendita o assegnazione al creditore; queste direttive devono essere rispettate, sotto la responsabilità del custode o amministratore, che possono incorrere in responsabilità di natura civile (per i danni), e anche in responsabilità penale, in base a diverse norme del codice penale, se risultano sottrazioni, distruzioni o deterioramenti, volontari o anche dovuti a negligenza.

Il vincolo del pignoramento non è irreversibile: il giudice dell’esecuzione può sostituire, a richiesta del debitore, il pignoramento sui beni (o sui crediti verso i terzi) con il pignoramento su una somma di denaro messa a disposizione dal debitore, che può essere versata a rate. Inoltre, se il valore del bene è eccessivo rispetto all’importo del credito in esecuzione e alle spese della procedura, il giudice dispone la riduzione del pignoramento, escludendo taluni beni o parti di essi.

3.2.2. Quali sono gli effetti nei confronti dei terzi? Quali obblighi ha la banca in merito alle informazioni che le vengono richieste e al vincolo imposto sulle somme depositate? Quali sono le sanzioni per il mancato rispetto del vincolo imposto?

Effettuato il pignoramento, il bene è vincolato alla realizzazione della procedura esecutiva, con la conseguenza che tutti gli eventuali atti successivi che riguardano il bene, anche se formalmente validi, non hanno effetto rispetto alla procedura esecutiva, che si svolge e si conclude indipendentemente da essi. La stessa responsabilità che è posta su custodi e amministratori grava sul personale degli istituti bancari, che non possono fornire informazioni sul vincolo imposto a depositi o conti correnti o titoli, se non sulla base di preventiva autorizzazione del giudice dell’esecuzione.

3.3. Quale valore hanno le misure adottate nei confronti dell’esecutato? Vi sono limiti di durata fissati dalla legge o dal Tribunale?

L’esecuzione, come si è detto, impone al debitore un vincolo di indisponibilità (o di disponibilità relativa, nei limiti di quanto autorizzato dal giudice). Questo vincolo è finalizzato alla realizzazione del diritto del creditore e perciò prosegue fino alla vendita

 

del bene o alla sua consegna al creditore. Una volta eseguito il pignoramento, il creditore procedente deve però chiedere il proseguimento delle formalità necessarie alla realizzazione del suo diritto, entro certi termini, trascorsi i quali, senza che venga richiesta la vendita o l’assegnazione, il pignoramento perde efficacia e la procedura si estingue (potrà essere iniziata una nuova procedura esecutiva).

4. E’ possibile ricorrere contro l’esecuzione?

4.1. Chi può contestare la decisione?

La procedura esecutiva è sottoposta a controllo giudiziale. I soggetti della procedura possono richiedere tale controllo con lo strumento dell’opposizione. L’opposizione può essere proposta da parte del debitore o anche da parte di ogni soggetto che sia danneggiato dall’azione del creditore (ad esempio, perché sostiene che il bene oggetto dell’esecuzione gli appartiene); l’opposizione è proponibile sia prima e sia durante l’esecuzione. Le reazioni del debitore e del terzo sono chiamate opposizioni all’esecuzione, se negano il diritto di realizzare l’esecuzione, cioè il diritto di procedere, per ragioni soggettive o oggettive. È previsto inoltre uno strumento di reazione in caso di irregolarità formali dei singoli atti della procedura esecutiva; in questo caso, lo strumento è chiamato opposizione agli atti esecutivi.

4.2. Qual’è il Tribunale competente?

Nella prima ipotesi (opposizione all’esecuzione) si svolge un giudizio ordinario di carattere autonomo rispetto alla procedura, dinanzi al Tribunale competente per territorio e per valore, che decide con sentenza; l’opposizione agli atti esecutivi va invece proposta allo stesso giudice che dirige l’esecuzione, il quale istruisce la causa, decisa poi dal Tribunale con sentenza. In entrambi i casi la sentenza non è impugnabile in appello ma soltanto ricorribile per cassazione (ciò a seguito di una riforma del 2006).

4.3. Quando scade il termine per proporre ricorso?

L’opposizione all’esecuzione può essere proposta sia prima sia durante la procedura, e non è perciò sottoposta a un termine specifico; ma esiste un naturale limite ultimo, cioè la conclusione della procedura esecutiva.L’opposizione agli atti esecutivi deve invece essere proposta entro cinque giorni dal compimento dell’atto che si impugna.

4.4. Qual’è l’effetto del ricorso?

Il giudice, se ricorrono gravi motivi, sospende l’esecuzione e adotta opportuni provvedimenti per evitare pregiudizi. Se l’esecuzione è giunta alla fase della distribuzione della somma ricavata, la sospensione è obbligatoria.

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