Esecuzione delle decisioni giudiziarie
1. Che cosa si intende per esecuzione in materia civile e
commerciale?
L’esecuzione è l’attività con la quale si realizza
concretamente il diritto di un soggetto (individuo,
società commerciale) a conseguire quanto gli è dovuto da
un altro soggetto in base a una decisione giudiziaria (o
anche in base a particolari atti considerati dalla legge
assimilabili alle decisioni giudiziarie).
L’esecuzione è perciò una procedura, regolata dalla legge in
modi diversi in relazione al contenuto del diritto, cioè
a quello che è dovuto al soggetto che si avvale della
procedura esecutiva nei confronti del soggetto che
subisce l’esecuzione (per le diverse modalità: v.
risposta alla domanda 1.1). Per questo suo carattere, la
procedura dell’esecuzione si svolge attraverso
l’intervento di organi pubblici e sotto il controllo di
un giudice, che è chiamato dagli interessati a
verificare il rispetto delle regole procedurali
stabilite dalla legge.
1.1. Elenco dei tipi di esecuzione che possono obbligare il
soggetto che subisce l’esecuzione ad un comportamento
positivo, ad una astensione o a corrispondere una somma.
L’esecuzione si svolge in modi diversi secondo i diversi
contenuti degli atti (le decisioni giudiziarie o gli
altri atti che hanno la stessa efficacia delle decisioni
sul piano dell’esecuzione); atti che devono essere messi
in opera per realizzare l’interesse di chi procede
all’esecuzione. Le procedure esecutive si distinguono
perciò nelle seguenti forme:
(a) la modalità concretamente più diffusa è quella che ha per
obiettivo finale l’assegnazione al soggetto che procede
all’esecuzione (definito “creditore procedente”) di una
somma di denaro o di un bene materiale. Questa procedura
si svolge quando il creditore deve ottenere, in base
alla decisione giudiziaria o all’atto equivalente, una
somma di denaro. Essa si realizza in due fasi: prima,
con l’espropriazione di beni (denaro stesso o altri
beni, con alcuni limiti: v. risposta alla domanda 3.1)
che appartengono a chi subisce l’esecuzione (definito
“debitore esecutato”); poi, con l’assegnazione al
creditore del denaro (in caso di espropriazione del
denaro), o del bene, o anche del denaro che sia il
risultato di una vendita forzata stabilita nella
procedura esecutiva (per trasformare il bene espropriato
in denaro), secondo i casi. Questo primo tipo di
procedura, denominata “espropriazione forzata”, a sua
volta è diversamente regolato nei dettagli a seconda che
abbia come suo oggetto un bene immobile (“espropriazione
forzata immobiliare”) o un bene mobile (“espropriazione
forzata mobiliare”).
(b) nel tipo di procedura esecutiva in (a) rientra anche una
particolare procedura che permette al creditore di
ottenere: o un bene materiale che appartiene al debitore
ma che al momento dell’esecuzione è in possesso di un
diverso soggetto (un “terzo”, estraneo alla
controversia); oppure gli consente di ottenere non un
bene materiale, ma un credito che il debitore ha nei
confronti di un diverso soggetto (“terzo”). Attraverso
questa procedura, quindi, il creditore procedente
ottiene quanto gli è dovuto: nel primo caso, con
l’espropriazione del bene (che è di proprietà del
debitore ma si trova materialmente presso il terzo); nel
secondo caso, attraverso modalità procedurali che,
coinvolgendo anche il terzo, finiscono per sostituire il
creditore al debitore nel rapporto con il terzo:
quest’ultimo sarà tenuto a rispettare il proprio impegno
contrattuale non più a favore del debitore ma a favore
del creditore procedente. Questa modalità
dell’esecuzione si spiega con il fatto che anche i
crediti costituiscono una posizione di ricchezza e di
vantaggio, cioè entrano nella nozione (giuridica) di
patrimonio di un soggetto: il credito verso il terzo
viene tolto dal patrimonio del debitore e trasferito sul
patrimonio del creditore procedente. Questa procedura è
denominata “espropriazione presso terzi”.
(c) una seconda modalità è quella che ha per obiettivo finale
la consegna al creditore di cose che il debitore è
tenuto a restituirgli (ad esempio, un immobile
affittato, dopo la scadenza del contratto di affitto) o
comunque a consegnargli (ad esempio, un bene che sia già
stato venduto dal debitore al creditore ma non sia stato
materialmente consegnato). Questa procedura, che può
riguardare cose mobili o immobili, si differenzia da
quella descritta in (a) perché non si ha un
trasferimento di proprietà dal debitore (espropriato del
bene) al creditore, ma solo una attività di restituzione
a favore del creditore, il quale recupera una cosa che
già gli appartiene secondo diritto. Questa procedura è
denominata “esecuzione per consegna o rilascio”.
(d) una terza modalità dell’esecuzione è quella che è messa in
opera quando ciò che spetta al creditore procedente non
è un bene, ma un comportamento del debitore, il quale –
per obblighi che possono nascere da un contratto o
direttamente dalla legge – è tenuto a fare una
determinata cosa (ad es. realizzare interventi edilizi
su un immobile di sua proprietà) o a non fare una
determinata cosa (ad es. non realizzare opere edilizie
che siano in violazione dei diritti del proprietario di
un immobile vicino). In questi casi, la procedura
esecutiva permette al creditore procedente: o di
ottenere che il comportamento sia realizzato da altri ma
a spese del debitore che non ha osservato il proprio
dovere (per l’obbligo di fare), o di ottenere la
demolizione della cosa che il debitore ha realizzato
contro diritto (per l’obbligo di non fare). Questa
procedura è denominata “esecuzione forzata di obblighi
di fare e di non fare”.
2. A quali condizioni può essere rilasciato un titolo
esecutivo?.
2.1. La procedura
2.1.1. Quali decisioni sono esecutive? Titoli giudiziali e non
giudiziali.
In base ad un principio che non presenta eccezioni, per
procedere all’esecuzione sono necessarie due condizioni,
una formale e una sostanziale: quella formale è
l’esistenza di un titolo esecutivo, cioè di un atto o di
una decisione giudiziaria che secondo la legge possa
essere messa in esecuzione; quella sostanziale riguarda
il contenuto di tale titolo, che deve riguardare,
secondo la definizione di legge, un diritto “certo,
liquido ed esigibile”. Il requisito della “certezza”
appare evidente, poiché non può esservi alcuna
esecuzione quando sia incerta la sussistenza del diritto
o il suo contenuto; i requisiti della “liquidità” e
della “esigibilità” significano che l’ambito dell’azione
esecutiva deve essere definito sin dall’inizio, non
potendosi eseguire un ordine (contenuto nella decisione
giudiziale) se esso non è traducibile in una
realizzazione pratica immediata (l’importo della somma
di denaro che il debitore deve al creditore;
l’individuazione della cosa da riconsegnare; il
comportamento da tenere etc., v. sopra, 1.1), ovvero se
per qualche ragione legale il diritto, anche se è
determinato, non è “esigibile” perché è richiesta
qualche ulteriore condizione. Se tali presupposti
dell’esecuzione mancano, e tuttavia l’esecuzione è
iniziata, si può svolgere su questo aspetto il controllo
del giudice (v. il punto 4).
Il titolo, cioè l’atto giuridicamente formato secondo le
regole di legge, che permette di procedere all’azione
esecutiva, può essere il risultato di una attività
giudiziale o non giudiziale.
I titoli giudiziali sono tutte le decisioni e i provvedimenti
resi da un giudice, nell’ambito di un giudizio regolato
da norme processuali, che, per disposizione di legge,
possono ricevere esecuzione:
1) le sentenze di condanna (a un pagamento, a dare un bene, a
tenere un dato comportamento), che siano passate in
giudicato, cioè non possano più essere messe in
discussione in un grado ulteriore di giudizio, o che
siano provvisoriamente esecutive [in generale tutte le
sentenze di primo grado sono esecutive tra le parti del
giudizio, salvo provvedimento di sospensione da parte
del giudice di appello];
2) le ordinanze con le quali viene ordinato il pagamento di
somme di denaro dovute a seguito della definizione di un
rendiconto;
3) le ordinanze, emesse nel corso di un giudizio, di pagamento
di somme non contestate tra le parti del giudizio
medesimo;
4) le ordinanze provvisoriamente esecutive con le quali,
sussistendo particolari prove documentali, il giudice
istruttore ingiunge il pagamento di somme di denaro o la
consegna di cose;
5) i verbali di conciliazione che definiscono controversie di
lavoro;
6) i decreti ingiuntivi di pagamento di somme di denaro o di
consegna di cose mobili, emanati dal giudice in presenza
di specifici documenti (che danno, secondo la legge,
particolare certezza ai crediti), se divenuti esecutivi
o se dichiarati provvisoriamente esecutivi;
7) le intimazioni di sfratto per conclusione di un affitto o
per ritardo nel pagamento del corrispettivo dell’affitto
di un immobile, se convalidate dal giudice;
8) i lodi arbitrali (cioè le decisioni rese da “arbitri”,
collegi non facenti parte dell’apparato giudiziario e
composti da persone chiamate a definire una controversia
in base a un accordo tra le parti), se divenuti
esecutivi;
9) le condanne del datore di lavoro al pagamento di somme di
denaro dovute al lavoratore illegittimamente licenziato.
I titoli stragiudiziali sono quei documenti, formati al di
fuori di un processo, che rappresentano un diritto di
chi li fa valere e che, secondo la legge, sono dotati di
una particolare “forza” in relazione alla loro
formazione e alla disciplina della loro circolazione
nell’ambito dei rapporti giuridici, anche in funzione
della velocità degli scambi; ciò li rende, per questo
aspetto dell’esecuzione, equivalenti alle sentenze e
agli altri provvedimenti esecutivi del giudice. Essi
sono, principalmente, le cambiali, nonché i titoli di
credito ai quali la legge attribuisce espressamente
efficacia esecutiva (vaglia cambiario, assegno circolare
e titoli emessi da alcune banche); i ruoli di imposte
resi esecutivi dall’autorità finanziaria; gli atti
negoziali ricevuti da notai contenenti la volontà o
l’obbligazione di corrispondere somme di danaro (ma non
obblighi di fare e di non fare); e, secondo una riforma
del 2006, le scritture private autenticate,
limitatamente agli obblighi di pagamento di somme di
denaro che in esse è contenuto.
2.1.2. E’ necessario chiedere ad un Tribunale l’autorizzazione
all’esecuzione?
Per iniziare una procedura esecutiva non è necessaria una
autorizzazione del giudice, perché il contenuto del
diritto è già stabilito nella decisione o nell’atto (v.
sopra, 2.1.1) posto in esecuzione; è sufficiente che il
cancelliere del giudice competente per l’esecuzione,
dopo aver controllato che il titolo sia regolare (per
l’aspetto formale), apponga la “formula esecutiva”, cioè
una formula prestabilita dalla legge che impegna gli
organi pubblici, ciascuno secondo le rispettive
competenze (gli ufficiali giudiziari; la forza pubblica,
tenuta a prestare assistenza se necessario). A questo
fine è richiesto che la formula sia corrispondente a
quella prevista dalla legge, e che vi sia il sigillo
della cancelleria. Una disciplina analoga è stabilita
per gli altri atti che sono ricevuti da un notaio
(sopra, 2.1.1).
2.1.3. Qual’è il Tribunale competente per disporre
l’esecuzione?
Per ciò che concerne la competenza per materia, essa è
assegnata al Tribunale, che è l’organo giudiziario di
primo grado con competenza generale; il legislatore ha
escluso in questa materia la competenza del giudice di
pace, al quale sono affidate cause socialmente diffuse
ma economicamente di minor valore. Stabilita la
competenza del tipo di ufficio (materia), si deve poi
stabilire la competenza territoriale: per l’esecuzione
che si svolge secondo la procedura dell’esecuzione su
cose mobili od immobili (v. sopra, 1.1, punti a e c) è
competente il giudice del luogo in cui si trovano i
beni; per l’esecuzione che riguarda i crediti verso
terzi (sopra, 1.1, punto b) è competente il giudice del
luogo nel quale risiede il terzo; per l’esecuzione che
riguarda gli obblighi di fare o di non fare (sopra, 1.1,
punto d) è competente il giudice del luogo nel quale
l’obbligo deve essere adempiuto. La competenza per
materia stabilita dalla legge non può essere modificata
attraverso un accordo delle parti interessate, perché
riguarda la distribuzione degli affari
nell’organizzazione della giustizia, e perciò
corrisponde a scelte di interesse generale. Invece le
regole sulla distribuzione territoriale non hanno la
stessa forza, perché sono poste nell’interesse dei
soggetti del processo, che, con alcune eccezioni,
possono diversamente accordarsi tra di loro .
2.1.4. Norme che regolano ruolo, responsabilità e poteri degli
agenti di esecuzione.
L’esecuzione è affidata all’ufficiale giudiziario, che è un
organo pubblico e che fa parte dell’amministrazione
della giustizia. L’ufficiale giudiziario svolge
l’attività materiale necessaria all’esecuzione, e
talvolta ricorre alla collaborazione di altri soggetti,
ad esempio di un esperto per la determinazione del
valore dei beni, o di un custode, o di un amministratore
dei beni stessi, se si tratta di beni che richiedono
attività di custodia o gestione. Nella procedura
esecutiva che riguarda immobili, recenti riforme hanno
previsto che le operazioni che riguardano la vendita
possono essere affidate a un notaio, sulla base di una
delega del giudice. Comunque, ogni attività materiale
affidata agli organi pubblici dell’esecuzione si svolge
sempre sotto la possibilità di controllo e di indirizzo
del giudice: perciò, in ogni caso in cui insorgono
difficoltà o contrasti, il giudice che dirige
l’esecuzione, informato dall’ufficiale giudiziario o dal
notaio o dalle parti, convoca gli interessati e dà le
direttive più opportune.
2.1.5. Il ricorso ad un avvocato o ad altra professione legale
è obbligatorio?
La procedura di esecuzione ha la struttura di un processo,
perché è diretta da un giudice, si svolge attraverso
atti che il giudice autorizza o dispone, dopo avere
ascoltato le parti in contraddittorio, e può anche dare
luogo a veri e propri processi (v. paragrafo 4). Per
questo suo carattere, anche nel processo esecutivo è
richiesta l’assistenza di un difensore, in ogni caso.
2.1.6. Distinguete l’importo dei costi per ciascun tipo di
esecuzione.
Non sono previsti importi fissi per le varie forme di
esecuzione. Le spese del processo possono variare in
relazione alle attività più o meno complesse che vengono
svolte (se occorre una perizia sul valore dei beni; se è
necessario nominare un amministratore o un custode, che
hanno diritto a un compenso; se si deve procedere ad
avvisi pubblici per dare pubblicità alle operazioni di
vendita attraverso giornali o siti internet e così via).
La regola generale è che il creditore procedente
anticipa le spese che alla fine vengono poste a carico
della parte che ha subito l’esecuzione. Per ciò che
concerne le spese legali, le tariffe professionali (il
cui rispetto è obbligatorio, in base alla legge)
determinano con regole minuziose gli importi minimi e
massimi dei compensi che sono dovuti ai difensori, in
relazione al tipo e al valore della procedura.
2.2. Quali sono i presupposti che legittimano un Tribunale a
procedere all’esecuzione? Per quali crediti e per quali
debitori?
Le condizioni formali e sostanziali per procedere
all’esecuzione e le classificazioni dei titoli esecutivi
sono state già indicate (sopra, risposta al quesito
2.1.1). Secondo la legge italiana, è inoltre richiesto
un ulteriore presupposto, che però non riguarda
propriamente il processo esecutivo ma lo precede: il
creditore, prima di iniziare l’esecuzione, deve
indirizzare al debitore un atto, denominato “precetto”,
con il quale gli rivolge una esplicita intimazione a
mettere in esecuzione spontaneamente l’obbligo che gli
spetta in base al titolo (sentenza etc.), gli assegna un
termine e lo avverte che in caso contrario procederà
all’esecuzione forzata. Questa formalità ha la finalità
di dare al debitore un termine per l’adempimento
spontaneo, per evitare l’esecuzione, e allo stesso tempo
assegna al creditore un termine (di novanta giorni)
entro il quale l’esecuzione deve iniziare.
3. Misure di esecuzione
3.1. Quali specie di beni possono essere oggetto di
esecuzione?
In linea di principio tutti i beni, mobili ed immobili, e
tutti i crediti del debitore sono soggetti
all’esecuzione perché costituiscono la garanzia
patrimoniale del creditore. Esistono però numerose
esenzioni, espressamente previste da norme di legge, in
considerazione della natura o della funzione dei beni.
Secondo la disciplina tradizionale, non possono essere
sottoposte a esecuzione alcune particolari categorie di
beni strettamente personali: le cose che servono
all’esercizio del culto; le cose che sono indispensabili
alle esigenze quotidiane di vita del debitore (i
vestiti, gli elettrodomestici, i mobili di casa, etc.),
a meno che si tratti di cose che abbiano un rilevante
valore; i documenti personali (lettere, manoscritti
etc.), a meno che formino parte di una collezione.
Esistono poi limitazioni di rilievo sociale: per i
crediti che i lavoratori hanno nei confronti dei
rispettivi datori di lavoro, pubblici o privati, cioè
per le retribuzioni, tali crediti possono essere
sottoposti all’esecuzione solo entro determinati limiti,
variabili secondo i casi (generalmente, entro il limite
di un quinto; esistono specifiche regole secondo le
categorie di dipendenti), per permettere al
lavoratore-debitore di provvedere alle esigenze
fondamentali di vita; gli strumenti, gli oggetti e i
libri indispensabili per l’esercizio della professione
del debitore sono assoggettabili solo entro limiti
ristretti. Taluni crediti sono del tutto esclusi
dall’esecuzione: le prestazioni di assistenza sociale a
favore di persone in condizioni di difficoltà economica
e di invalidi civili; i crediti alimentari, cioè le
somme dovute da alcuni soggetti a favore di altri
nell’ambito delle relazioni familiari (dei genitori
verso i figli, di un coniuge verso l’altro etc.), quando
vi sia una condizione di bisogno e di incapacità
economica. Esistono poi ulteriori limitazioni, stabilite
da specifiche norme per garantire esigenze ritenute
prevalenti rispetto all’interesse del creditore. Tra le
più rilevanti, vi sono quelle che riguardano
l’esecuzione quando il debitore è una pubblica
amministrazione: particolari regole infatti stabiliscono
1) a volte, che l’esecuzione non può essere iniziata se
non dopo un certo termine, per dare alle amministrazioni
la possibilità di svolgere le procedure contabili
prescritte dalle leggi di bilancio degli enti pubblici,
2) altre volte, che taluni fondi pubblici, destinati a
esigenze prioritarie di rilevanza sociale (ad esempio, i
fondi destinati alle iniziative di lotta alla droga),
non possono in alcun caso essere oggetto di esecuzione.
Infine, regole specifiche limitano il diritto di
sottoporre a esecuzione alcuni speciali titoli, come le
azioni o le quote delle società cooperative, per
garantire la società, evitando che attraverso procedure
esecutive entrino nella società soggetti estranei
(regole di “gradimento”).
3.2. Quali sono gli effetti delle misure di esecuzione?
3.2.1. Quali sono gli effetti dell’esecuzione nei confronti
del debitore che non si adegua al vincolo impostogli?
Può sempre disporre del suo bene? Può essere oggetto di
sanzioni?
La procedura esecutiva si basa sul vincolo che viene posto sul
bene del debitore, secondo le seguenti modalità:
l’ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo,
ricerca il bene o la somma di danaro nella casa del
debitore o sulla sua persona, o presso terzi, può avere
accesso al domicilio, e, se incontra ostacoli, può
superare la resistenza materiale del debitore, se
occorre anche con l’assistenza della forza pubblica.
Quindi, individuato il bene da sottoporre
all’esecuzione, esegue il “pignoramento”, che è l’atto
iniziale dell’esecuzione. Il pignoramento consiste in
una ingiunzione al debitore di non compiere, da quel
momento, alcuna attività riguardante il bene individuato
che possa sottrarre il bene alla procedura. Per gli
immobili, il pignoramento è annotato, con la
trascrizione, nei registri immobiliari, e ciò lo rende
conoscibile ai terzi. Quindi, l’ufficiale giudiziario
consegna al cancelliere del Tribunale il denaro, i
titoli di credito e gli oggetti preziosi rinvenuti; gli
altri beni, in particolare i beni immobili, vengono
affidati ad un custode (o talvolta, a certe condizioni,
allo stesso debitore, ad esempio se questi vi abita). In
ogni caso, il giudice dell’esecuzione dà al custode o
all’amministratore dei beni le direttive più opportune,
in attesa della vendita o assegnazione al creditore;
queste direttive devono essere rispettate, sotto la
responsabilità del custode o amministratore, che possono
incorrere in responsabilità di natura civile (per i
danni), e anche in responsabilità penale, in base a
diverse norme del codice penale, se risultano
sottrazioni, distruzioni o deterioramenti, volontari o
anche dovuti a negligenza.
Il vincolo del pignoramento non è irreversibile: il giudice
dell’esecuzione può sostituire, a richiesta del
debitore, il pignoramento sui beni (o sui crediti verso
i terzi) con il pignoramento su una somma di denaro
messa a disposizione dal debitore, che può essere
versata a rate. Inoltre, se il valore del bene è
eccessivo rispetto all’importo del credito in esecuzione
e alle spese della procedura, il giudice dispone la
riduzione del pignoramento, escludendo taluni beni o
parti di essi.
3.2.2. Quali sono gli effetti nei confronti dei terzi? Quali
obblighi ha la banca in merito alle informazioni che le
vengono richieste e al vincolo imposto sulle somme
depositate? Quali sono le sanzioni per il mancato
rispetto del vincolo imposto?
Effettuato il pignoramento, il bene è vincolato alla
realizzazione della procedura esecutiva, con la
conseguenza che tutti gli eventuali atti successivi che
riguardano il bene, anche se formalmente validi, non
hanno effetto rispetto alla procedura esecutiva, che si
svolge e si conclude indipendentemente da essi. La
stessa responsabilità che è posta su custodi e
amministratori grava sul personale degli istituti
bancari, che non possono fornire informazioni sul
vincolo imposto a depositi o conti correnti o titoli, se
non sulla base di preventiva autorizzazione del giudice
dell’esecuzione.
3.3. Quale valore hanno le misure adottate nei confronti
dell’esecutato? Vi sono limiti di durata fissati dalla
legge o dal Tribunale?
L’esecuzione, come si è detto, impone al debitore un vincolo
di indisponibilità (o di disponibilità relativa, nei
limiti di quanto autorizzato dal giudice). Questo
vincolo è finalizzato alla realizzazione del diritto del
creditore e perciò prosegue fino alla vendita
del bene o alla sua consegna al creditore. Una volta eseguito
il pignoramento, il creditore procedente deve però
chiedere il proseguimento delle formalità necessarie
alla realizzazione del suo diritto, entro certi termini,
trascorsi i quali, senza che venga richiesta la vendita
o l’assegnazione, il pignoramento perde efficacia e la
procedura si estingue (potrà essere iniziata una nuova
procedura esecutiva).
4. E’ possibile ricorrere contro l’esecuzione?
4.1. Chi può contestare la decisione?
La procedura esecutiva è sottoposta a controllo giudiziale. I
soggetti della procedura possono richiedere tale
controllo con lo strumento dell’opposizione.
L’opposizione può essere proposta da parte del debitore
o anche da parte di ogni soggetto che sia danneggiato
dall’azione del creditore (ad esempio, perché sostiene
che il bene oggetto dell’esecuzione gli appartiene);
l’opposizione è proponibile sia prima e sia durante
l’esecuzione. Le reazioni del debitore e del terzo sono
chiamate opposizioni all’esecuzione, se negano il
diritto di realizzare l’esecuzione, cioè il diritto di
procedere, per ragioni soggettive o oggettive. È
previsto inoltre uno strumento di reazione in caso di
irregolarità formali dei singoli atti della procedura
esecutiva; in questo caso, lo strumento è chiamato
opposizione agli atti esecutivi.
4.2. Qual’è il Tribunale competente?
Nella prima ipotesi (opposizione all’esecuzione) si svolge un
giudizio ordinario di carattere autonomo rispetto alla
procedura, dinanzi al Tribunale competente per
territorio e per valore, che decide con sentenza;
l’opposizione agli atti esecutivi va invece proposta
allo stesso giudice che dirige l’esecuzione, il quale
istruisce la causa, decisa poi dal Tribunale con
sentenza. In entrambi i casi la sentenza non è
impugnabile in appello ma soltanto ricorribile per
cassazione (ciò a seguito di una riforma del 2006).
4.3. Quando scade il termine per proporre ricorso?
L’opposizione all’esecuzione può essere proposta sia prima sia
durante la procedura, e non è perciò sottoposta a un
termine specifico; ma esiste un naturale limite ultimo,
cioè la conclusione della procedura esecutiva.L’opposizione
agli atti esecutivi deve invece essere proposta entro
cinque giorni dal compimento dell’atto che si impugna.
4.4. Qual’è l’effetto del ricorso?
Il giudice, se ricorrono gravi motivi, sospende
l’esecuzione e adotta opportuni provvedimenti per
evitare pregiudizi. Se l’esecuzione è giunta alla fase
della distribuzione della somma ricavata, la sospensione
è obbligatoria.
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