Diritto del Lavoro
Ci sono dei casi in
cui è vietato licenziare un lavoratore?
Sì, è vietato il recesso del datore di lavoro in caso
di matrimonio della lavoratrice, dal giorno della
richiesta delle pubblicazioni fino ad un anno dopo la
celebrazione del matrimonio, ed in questo periodo sono
nulle anche le dimissioni della lavoratrice, salvo siano
personalmente confermate davanti la Direzione
Provinciale del lavoro.
Il divieto di licenziamento opera inoltre dall'inizio
della gravidanza e fino al compimento di un anno di età
del bambino. Analogamente è nullo il licenziamento del
lavoratore causato dalla domanda o dalla fruizione del
congedo di paternità e quello dei lavoratori che abbiano
chiesto o fruito del congedo parentale.
Vige inoltre il divieto di licenziamento in caso di
infortunio o malattia professionale per tutto il periodo
previsto dalla legge o dai contratti collettivi.
In caso di malattia generica il lavoratore ha diritto
alla conservazione del posto per un periodo variabile in
relazione all'anzianità di servizio e alla categoria di
appartenenza.
Analogo divieto di licenziamento sussiste poi per i
dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali, dei
candidati e dei membri di commissione interna per un
anno dalla cessazione dell'incarico, nonché per i
lavoratori eletti a svolgere pubbliche funzioni.
In ultimo è vietato il licenziamento dei lavoratori
che partecipano ad azioni di sciopero.
Quali tipologie di
licenziamento esistono?
Il licenziamento nei rapporti di
lavoro a tempo indeterminato può essere intimato solo
per giusta causa o giustificato motivo (soggettivo ed
oggettivo).
Posso essere
licenziato oralmente?
No, il recesso orale (privo dei requisiti di forma di
cui all'art. 2 L. 604/66 come modificato dalla L.
108/90) è inefficace e, pertanto, il rapporto di lavoro
prosegue di diritto, con obbligo per il datore di lavoro
di corrispondere le retribuzioni per il periodo dal
giorno del licenziamento fino all'effettiva riammissione
del dipendente nel suo posto di lavoro.
Esiste un termine per
impugnare un licenziamento?
Il lavoratore che desidera impugnare un licenziamento
deve farlo entro 60 giorni dalla comunicazione del
recesso.
È possibile instaurare
un procedimento giudiziario senza esperire la procedura
di conciliazione?
No, l'esperimento preventivo delle procedure di
conciliazione è obbligatorio, quale condizione di
procedibilità della domanda giudiziale. Se il ricorso
viene proposto in difetto del tentativo il giudice deve
sospendere il processo e fissare un termine non
superiore a 60 giorni entro cui le parti devono proporre
la richiesta del tentativo di conciliazione.
Se viene accertata
l’illegittimità del recesso il giudice cosa potrà
dichiarare?
A seguito dell'impugnazione del licenziamento il
giudice potrà dichiarare
·
L'inefficacia del licenziamento, intimato senza
forma scritta, senza indicazione dei motivi ed, in
generale, senza le formalità di cui all'art. 2 L.
604/66;
·
La nullità del licenziamento allorché esso sia
stato discriminatorio e cioè determinato da ragioni di
credo politico, fede religiosa, oppure perché intimato
in periodo di divieto per le lavoratrici -madri;
·
L'annullamento del licenziamento intimato senza
giusta causa o giustificato motivo.
Si parla di tutela
obbligatoria e tutela reale. Cosa si intende?
La tutela reale è prevista dall'art. 18 dello Statuto
dei Lavoratori come modificato dall'art. 1 della L.
108/90. Il giudice con la sentenza che annulla il
licenziamento ne dichiara l'inefficacia, ordina la
reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
Inoltre è tenuto a condannare il datore di lavoro ad un
risarcimento del danno patito dal dipendente, liquidando
un'indennità commisurata alla retribuzione globale di
fatto, dal giorno del licenziamento fino alla
reintegrazione.
La tutela obbligatoria è prevista dall'art. 8 della
L. 604/66, come modificato dall'art. 2 della L. 108/90 e
si applica al datore di lavoro che ha un numero di
dipendenti non superiore a 15.
Con la sentenza che dichiara l'illegittimità del
licenziamento, non ricorrendo giusta causa o
giustificato motivo, il datore di lavoro è condannato a
riassumere il lavoratore entro tre giorni, oppure a
risarcire il danno da questi patito versandogli
un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed
un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione
globale di fatto.
È valido un
licenziamento determinato da motivi discriminatori?
No. L'art. 3 della L. 108/90
sancisce l'invalidità del recesso determinato per motivi
discriminatori.
È discriminatorio il
licenziamento determinato da motivi di credo politico o
fede religiosa, dall'appartenenza a un sindacato e dalla
partecipazione ad attività sindacali, nonché da ragioni
razziali, di lingua o di sesso. La sanzione prevista è
la nullità.
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