Ricorso per separazione
giudiziale personale
La materia dei procedimenti per
separazione e divorzio è stata oggetto di un profondo
intervento riformatore dovuto alla L. 80/ 2005, la quale
ha chiarito diversi dubbi relativi all'interpretazione
dell'art. 4, legge sul divorzio (la disciplina
processuale ivi prevista si applicava anche ai
procedimenti di separazione, previsti dagli artt. 150 e
151 c.c., in forza dell'art. 23, primo comma, L. 74/
1987), e degli artt. 706 ss. c.p.c. (in parte riscritti,
motivo per il quale ad oggi si dubita dell'applicabilità
al procedimento di separazione del rinvio alla
disciplina prevista per il procedimento di cessazione
degli effetti civili del matrimonio, molti ritenendo
implicitamente abrogato il citato articolo della L.
74/1987) in particolare risolvendo contrasti
giurisprudenziali che neanche la Corte di Cassazione,
con la propria funzione nomofilattica, era stata capace
di dirimere fino in fondo, se si pensa che ad esempio il
Tribunale di Milano era rimasto per anni fermo sulle
proprie posizioni.
Si trattava essenzialmente
dell'inquadramento della fase processuale che si svolge
innanzi al Presidente del Tribunale, secondo
un'interpretazione prima fase di un unico e continuo
processo contenzioso per separazione personale, secondo
altri fase sommaria di natura conciliativa autonoma
rispetto alla successiva fase contenziosa davanti al
giudice istruttore regolata, dalle norme sul processo
ordinario di cognizione.
Per quel che qui interessa, le
diverse implicazioni delle due interpretazioni
riguardavano l'onere delle parti di allegare i fatti
principali oggetto del contendere. Chi riteneva che
davanti al Presidente si fosse già all'interno di un
processo a cognizione piena sosteneva, anche che le
parti dovessero dare sfogo negli atti introduttivi
(ricorso per separazione e memoria difensiva di
costituzione) alle proprie difese allegando tutti i
fatti principali oggetto di causa, secondo le regole
proprie dell'ordinario processo di cognizione; chi
invece propondeva per la qualificazione di quella fase
come fase sommaria ammetteva che davanti al giudice
istruttorie le parti potessero allegare fatti nuovi.
Il punto su cui si era acceso il
dibattito giurisprudenziale era in particolare quello
relativo alle preclusioni e alle decadenze di cui
all'art. 167 c.p.c., che secondo la prima delle
interpretazioni sopra sommariamente descritte maturavano
già anteriormente all'udienza presidenziale, secondo i
termini previsti dal regime ordinario, ridotti alla metà
(cfr. Trib. Milano 27-06-1997, in Dir. Famiglia, 1998,
1009), con la conseguenza che il ricorso introduttivo
doveva contenere l'avvertimento di cui all'art. 163, n.
7 c.p.c., mentre secondo la diversa interpretazione,
preferita dalla Corte di Cassazione, le preclusioni
maturavano solo in vista dell'udienza davanti al giudice
istruttore, e con riferimento a questa dovevano
applicarsi gli artt. 163, n. 7, 167, 180 ss. c.p.c.
(cfr. Cass. 19 settembre 2001, n. 11751; Cass. 7
febbraio 2000, n. 1332; Cass. 2 dicembre 1996, n. 10780;
Cass. 1° giugno 1989, n. 2658).
La riforma ha chiarito che
all'udienza di fronte al giudice istruttore si applicano
gli artt. 180 e 183 c.p.c. e dunque che è questo il
momento iniziale del giudizio a cognizione piena e che
di conseguenza nella fase precedente non matura alcuna
preclusione.
Al tempo stesso il ricorso
introduttivo deve contenere i fatti su cui è fondata la
domanda di separazione (art. 706 c.p.c.).
In definitiva il contenuto del
ricorso introduttivo può dunque essere limitato alle
ragioni che giustificano la separazione tra i coniugi
(intollerabilità della convivenza ecc.), mentre, ad
esempio per quanto riguarda i provvedimenti relativi ai
figli, i fatti storici posti a fondamento di dette
pretese potranno essere indicati per la prima volta con
le memorie di cui all'art. 709 c.p.c.
Per quanto più specificamente
concerne il contenuto del ricorso, l'art. 706 c.p.c. si
limita come accennato a richiedere che lo stesso
contenga l'esposizione dei fatti su cui è fondata la
domanda, escludendo ogni menzione degli elementi di
diritto, ciò rispondendo all'esaltazione delle finalità
conciliative della fase presidenziale. L'ultimo comma
dell'art. 706 precisa che nel ricorso deve essere
indicata l'esistenza di figli legittimi, legittimati o
adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio.
Al ricorso sono allegate le ultime
dichiarazioni dei redditi presentate (art. 706, terzo
comma, ultimo inciso, c.p.c.).
COMMENTO GIURISPRUDENZIALE
La costituzione dell'attore si
perfeziona al momento e per l'effetto del deposito del
ricorso introduttivo a seguito del quale la cancelleria
provvede alla formazione del fascicolo d'ufficio e
all'iscrizione della causa al ruolo generale. Ne
consegue che l'attore non ha l'onere, dopo l'udienza
presidenziale, di costituirsi in giudizio anche davanti
al giudice istruttore, restando inapplicabili le
disposizione degli artt. 165 e 171, primo comma, c.p.c,
e di conseguenza esclusi gli effetti perentivi del
giudizio ex art. 307 c.p.c. (Cass. 24 giugno 1989, n.
3095). Il principio sembra dover restare fermo anche in
seguito alla riforma.
Il nuovo testo dell'art. 706
c.p.c., così come risultante dalle modifiche introdotte
con la legge n. 80/05, ha introdotto una novità in
relazione alla competenza per territorio. La stessa è
oggi attribuita al tribunale del luogo dell'ultima
residenza comune dei coniugi, ovvero, in mancanza, del
luogo in cui il coniuge convenuto ha la residenza o il
domicilio (art. 706, primo comma, c.p.c.) o, qualora il
coniuge convenuto sia residente all'estero o risulti
irreperibile, del luogo di residenza o di domicilio del
ricorrente e, se anche questi è residente all'estero, a
qualunque tribunale della Repubblica (art. 706, secondo
comma, c.p.c.).
Il criterio prima della riforma era
invece esclusivamente quello dell'ultima residenza o
domicilio del coniuge convenuto. La riforma va dunque
nel senso di privilegiare la posizione dell'attore, nel
caso l'altro coniuge abbandoni la residenza comune.
Il presidente, nei cinque giorni
successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto
la data dell'udienza di comparizione dei coniugi davanti
a sé, che deve essere tenuta entro novanta giorni dal
deposito del ricorso, il termine per la notificazione
del ricorso e del decreto, ed il termine entro cui il
coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e
documenti (art. 706, terzo comma, c.p.c.).
Il mancato rispetto del termine
fissato per la notifica non comporta, in difetto di
espressa sanzione, la nullità del ricorso già
regolarmente proposto con il suo deposito in cancelleria
e quindi in tale caso deve essere concesso un nuovo
termine, onde garantire il rispetto del contraddittorio
e non lasciare pendente un ricorso ritualmente
introdotto (Cass. 14 settembre 2004, n. 18448).
Da notare che non è stabilito un
termine a difesa che debba ricorrere tra la
notificazione e l'udienza.
A cosa serve
La formula serve ad introdurre la
domanda di separazione personale giudiziale
Soggetti interessati
Il coniuge ricorrente
Termini inerenti
Non vi sono termini per la
proposizione del ricorso, essendo l'atto introduttivo
del giudizio Il contenuto del ricorso introduttivo può
essere
limitato alle ragioni che
giustificano la separazione tra i coniugi
Spunti e approfondimenti
La riforma ha chiarito che non vi
sono preclusioni in vista della fase contenziosa innanzi
al giudice istruttore
Sanzioni in caso di inadempimenti
Il ricorso si propone al tribunale
competente ai sensi dell'art. 706, c. 1 e 2, c.p.c.
Chi è competente a conoscere l'atto
Il presidente del Tribunale, nei
cinque giorni successivi al deposito in cancelleria,
fissa con decreto la data dell'udienza di comparizione
dei coniugi davanti a sé, che deve essere tenuta entro
novanta giorni dal deposito del ricorso |