Ricorso ex art. 700 c.p.c.
ante causam
Il ricorso ex art. 700 c.p.c. si
qualifica come una misura cautelare con funzione
anticipatoria degli effetti della decisione di merito.
Il ricorso d'urgenza è oggi
disciplinato dagli artt. 700 e 669-bis c.p.c. e ss.; in
particolare, la L. 80/2005 ha introdotto il nuovo sesto
comma dell'art. 669-octies c.p.c., ove è disposto che le
norme contenute all'art. 669-octies e al primo comma
dell'art. 669-novies c.p.c. non si applicano ai
provvedimenti d'urgenza emessi ai sensi dell'art. 700
c.p.c. L'innovazione ha indotto ad affermare
l'attenuazione del vincolo di strumentalità che
tradizionalmente condizionava l'efficacia dei
provvedimenti d'urgenza all'instaurazione del successivo
giudizio di merito nel termine perentorio stabilito
dalla legge: il provvedimento d'urgenza mantiene, cioè,
la propria efficacia indipendentemente dalla
proposizione del giudizio di merito, che a seguito della
recente riforma è infatti divenuto eventuale (Trib.
Genova, 11 maggio 2007, in Riv. critica dir. lav., 2007,
805).
Si discute in ordine alle
ripercussioni che la soluzione legislativa è destinata a
produrre sul contenuto del ricorso ex art. 700 c.p.c.:
in particolare, è controverso se nella domanda
cautelare, vista l'eventualità della sua proposizione,
la parte debba, o meno, far menzione dell'azione di
merito, posto che da oggi essa è divenuta meramente
eventuale.
Il ricorso d'urgenza è infatti
subordinato alla sussistenza di una serie di
presupposti, quali la dimostrazione da parte del
ricorrente del periculum in mora (Trib. Catania, ord. 5
gennaio 2004, in Arch. Civ., 2004, 339), del fumus boni
iuris (Trib. Milano, ord. 9 febbraio 2005, in Guida al
dir., 2005, fasc. 36, 81), della irreparabilità, gravità
ed imminenza del danno (Trib. Napoli, ord. 24 aprile
2000, in Giur. nap., 2000, 324), della atipicità e della
sussidiarietà del tipo di tutela richiesta, della
mancanza, cioè di un rimedio ad hoc tra quelli previsti
nelle varie sezioni del capo III (Trib. Civitavecchia,
25 maggio 2009; Trib. Monza-Desio, 22 settembre 2004, in
Giur. Mer., 2005, I, 575; Trib. S.M. Capua Vetere, ord.
16 marzo 2004, ivi, 2004, 2490; Trib. Avezzano, ord. 18
giugno 2004, ivi, 2004, 1685). Fino alla riforma del
2005, il ricorrente era tenuto ad indicare anche la
causa petendi e il petitum (mediato e immediato) del
successivo e necessario giudizio di merito: oggi, atteso
l'allentamento del vincolo di strumentalità tra il
ricorso d'urgenza e l'azione di merito, si discute sulla
necessità che il primo debba contenere in modo rigoroso
gli estremi della seconda. Tuttavia, l'individuazione
dei caratteri dell'azione di merito deve in ogni caso
correlarsi alla perdurante esigenza di dar conto della
sussistenza del fumus boni iuris, requisito
evidentemente funzionale alla situazione giuridica
soggettiva di cui si domanda una tutela anticipata ed
urgente. Inoltre, vista l'applicabilità degli artt.
669-bis e ss. c.p.c., l'individuazione dell'azione di
merito mantiene ancora oggi rilievo costituendo il
parametro per la determinazione del Giudice competente
ad autorizzare il provvedimento ex art. 700 c.p.c. La
giurisprudenza di merito, con riferimento all'analoga
disciplina (peraltro oggi abrogata dalla L. n. 69/2009)
introdotta nel rito societario all'art. 23 del D.Lgs.
5/2003, si è orientata proprio in quest'ultimo senso,
ritenendo inammissibile le istanze cautelari che non
contengano una chiara e univoca precisazione del petitum
e della causa petendi dell'azione di merito che potrà
essere eventualmente instaurata (Trib. Latina, ord.
7503/2004, in www.judicium.it; Trib. Rovereto, 14 giugno
2004, in Giur. Mer., 2004, 2481; cfr. Trib. Milano, 7
giugno 2006, in Giur. Mer., 2006, 2691; Trib. Roma, 6
novembre 2006, in Riv. giur. lav., 2007, II, 507).
In proposito, i giudici di merito
hanno statuito che l' onere di specificare l'azione di
merito, dei cui effetti si chiede l'anticipazione, può
comunque considerarsi pienamente assolto, in assenza di
forme particolari previste dalla legge, qualora i
termini della controversia emergano in modo
assolutamente chiaro dal contesto complessivo dell'atto,
dal tenore delle espressioni utilizzate, dalla
ricostruzione dei fatti e dalle violazioni lamentate
(Trib. Lagonegro, 15 aprile 2010).
In materia di controversie di
lavoro, la giurisprudenza di merito ha ritenuto che
l'esistenza del periculum in mora, debba essere
accertata caso per caso in relazione all'effettiva
situazione socioeconomica del "lavoratore", sicché il
ricorrente é tenuto ad allegare e provare circostanze
(in ordine alla sua situazione familiare, alla necessità
di affrontare spese indilazionabili, alla compromissione
del suo equilibrio psico-fisico) dalle quali emerga che
la perdita del posto di lavoro o la mancata assunzione e
quindi la conseguente perdita (o mancata acquisizione)
della retribuzione possa configurarsi come fonte di
pregiudizio irreparabile, così da permettere alla
controparte l'esercizio di un'effettiva difesa ed al
giudice di operare una verifica finalizzata alla tutela
di un pregiudizio concretamente e non teoricamente
irrimediabile, non potendo il periculum in mora
reputarsi esistente in re ipsa neppure nel fatto stesso
della disoccupazione, poiché, in caso contrario, ogni
licenziamento integrerebbe il pregiudizio imminente ed
irreparabile, così da rendere il ricorso all'art. 700
c.p.c. il rimedio ordinario per la contestazione della
legittimità del recesso datoriale, in contrasto con la
disciplina del processo del lavoro ove è previsto che la
forma naturale di impugnativa del licenziamento sia il
ricorso ex art. 414 c.p.c. (Trib. S. Maria Capua Vetere,
Sez. lav., 13 maggio 2010).
La giurisprudenza di merito ha
recentemente avuto modo di puntualizzare che lo
strumento del provvedimento d'urgenza di cui all'art.
700 c.p.c. si distingue rispetto alla cautela del
sequestro giudiziario disciplinato dall'art. 670 c.p.c.
in quanto il primo, da un lato, consente al beneficiario
della misura preventiva di disporre liberamente del
proprio bene e, quindi, di sfruttarlo pienamente e senza
alcun vincolo; dall'altro lato, permette di evitare
l'instaurazione del giudizio di merito e mantenere, ciò
nonostante, l'efficacia del provvedimento cautelare,
come previsto dall'art. 669-octies, comma sesto, c.p.c.,
con il beneficio ulteriore di non ostacolare la
negoziazione del bene con terzi, che non saranno
preoccupati dalla pendenza di un giudizio vertente su
quel bene. Conseguentemente, il provvedimento di
rilascio immediato dell'azienda ex art. 700 c.p.c.
rispetto al 7 rimedio di cui all'art. 670 c.p.c. può
garantire al meglio le esigenze aziendali nel loro
complesso, sia sul piano produttivo che su quello
concorrenziale (Trib. Teramo, 11 febbraio 2010, n.
2546).
Precisate le novità introdotte
dalla riforma del 2005, il contenuto del ricorso ex art.
700 c.p.c. è disciplinato dalle norme sul procedimento
cautelare uniforme contenute agli art. 669-bis e ss.
c.p.c., alla cui trattazione sopra svolta si rinvia.
Si propone di seguito un esempio di
ricorso ex art. 700 c.p.c. ante causam, precisando che
la parte potrà richiedere il provvedimento d'urgenza
anche nel corso del giudizio di merito ai sensi
dell'art. 669-quater c.p.c.
COMMENTO GIURISPRUDENZIALE
Anche per quanto concerne gli
aspetti dinamici occorre applicare la disciplina dei
procedimenti cautelari uniformi, alle cui formule si
rinvia. A seguito del deposito del ricorso in
cancelleria, il G.I.:
- fissa la data dell'udienza di
comparizione delle parti ai sensi del primo comma
dell'art. 669-sexies c.p.c. secondo la formula sopra
proposta al n. 3; nel giorno fissato per l'udienza verrà
redatto il relativo verbale comprensivo del susseguente
provvedimento (di accoglimento o di rigetto) della
misura cautelare richiesta;
- quando la convocazione della
controparte potrebbe pregiudicare l'attuazione del
provvedimento, il G.I. pronuncia decreto inaudita altera
parte, e fissa udienza davanti a sé entro un termine non
superiore a quindici giorni, assegnando all'istante un
termine perentorio non superiore ad otto giorni per la
notificazione del ricorso e del decreto; all'udienza il
Giudice istruttore confermerà, modificherà o revocherà
il provvedimento cautelare precedentemente emanato con
il decreto.
Dopo la riforma del 2005
l'ordinanza con cui il G.I. autorizza il provvedimento
d'urgenza ha assunto un'efficacia alquanto peculiare:
se, per un verso, il nuovo ottavo comma dell'art.
669-octies stabilisce che l'estinzione del giudizio di
merito non determina l'inefficacia del provvedimento
d'accoglimento, anche quando la relativa domanda è stata
proposta in corso di causa, per l'altro verso, il nuovo
ottavo comma prevede che l'autorità del provvedimento
cautelare non è invocabile in un diverso processo. Prima
che il legislatore introducesse queste novità, si
riteneva che il provvedimento cautelare non potesse
anticipare in modo irreversibile gli effetti del
giudizio di merito (Cass., 25 febbraio 2005, n. 4082, in
Foro It. Mass., 2005, 256), trattandosi di un
provvedimento che, proprio in quanto assunto all'esito
di una cognizione sommaria, era destinato ad essere
sostituito dalla sentenza del giudizio di merito. Poiché
oggi, però, l'azione di merito è prevista come soltanto
eventuale, coerentemente il legislatore ha ritenuto di
attribuire al provvedimento de quo una certa stabilità
sotto il solo profilo sostanziale, lasciando in ogni
caso aperta la possibilità che gli effetti del
provvedimento d'urgenza possano venir meno a seguito
dell'instaurazione o del giudizio di merito, o del
procedimento di revoca o modifica, o anche del
procedimento di reclamo.
Il contenuto dell'ordinanza ex art.
700 c.p.c. è modulato dal Giudice nel modo che, secondo
le circostanze, appare più idoneo ad assicurare gli
effetti della decisione sul merito: si tratterà dunque
di un contenuto atipico, frutto della discrezionalità
del Giudice.
Infine, prima del nuovo intervento
riformatore del 2009, si riteneva che l'ordinanza de qua
dovesse contenere anche la pronuncia sulle spese - come
previsto "in ogni caso" in materia societaria, all'art.
23, secondo comma, del D.Lgs. 5/2003 (e dunque
indipendentemente dalla natura anticipatoria o
conservativa del provvedimento, Trib. Bologna, 18 agosto
2005, in Foro It., 2006, I, 274; Trib. Reggio Calabria,
6 novembre 2006, in Giur. Mer., 2007, 1674; Trib. Ivrea,
28 giugno 2006, in Foro It., 2007, I, 1965) - e in
ossequio all'orientamento giurisprudenziale secondo il
quale l'art. 91 c.p.c. "trova applicazione con riguardo
ad ogni provvedimento, ancorché reso in forma di
ordinanza o di decreto, che nel risolvere contrapposte
posizioni elimini il procedimento davanti al Giudice che
lo emette, quando, in coerenza con il principio di
economia dei giudizi, si renda necessario ristorare la
parte vittoriosa dagli oneri inerenti al dispendio di
attività processuale legata da nesso causale con
l'iniziativa dell'avversario" (Cass,. 12 aprile 2001, n.
5469).
Oggi, ogni dubbio sul punto appare
sopito dal nuovo settimo comma dell'art. 669-octies
c.p.c., come modificato dalla novella del 2009, ove è
prescritto che il giudice debba pronunciarsi sulle spese
del procedimento cautelare quando autorizza una misura
cautelare di tipo anticipatorio (cfr. Trib. Genova 18
dicembre 2009, secondo cui all'accoglimento di una
domanda cautelare ex art. 700 c.p.c., non può fare
seguito una fase di merito avente ad oggetto
esclusivamente le spese della suddetta fase; solo il
giudice del cautelare può pronunciarsi su dette spese,
e, solo in detta sede la parte può avanzare una
richiesta del genere, eventualmente anche a mezzo di
reclamo).
Nel sistema processuale
delineatosi, in tema di procedimenti cautelari, a
seguito della legge n. 80 del 2005, contro i
provvedimenti urgenti anticipatori degli effetti della
sentenza di merito, emessi ante causam ai sensi
dell'art. 700 c.p.c., non è proponibile il ricorso
straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111
cost., in quanto detti provvedimenti sono privi di
stabilità e inidonei al giudicato, ancorché nessuna
delle parti del procedimento cautelare abbia interesse
ad iniziare l'azione di merito; tale ricorso non può
valutarsi, benché il ricorrente lo richieda, neppure
come istanza di regolamento preventivo di giurisdizione
ai sensi dell'art. 41 c.p.c., da qualificare anch'essa
inammissibile finché l'istante non abbia iniziato il
giudizio di merito per il quale sorge l'oggetto del
procedimento, unitamente all'interesse concreto e
attuale a conoscere il giudice dinanzi al quale lo
stesso deve eventualmente proseguire (Cass., 4 novembre
2009, n. 23410; Cass., sez. un., 28 dicembre 2007, n.
27187, in Foro It., 2008, I, 766).
..............
A cosa serve
La formula serve per introdurre un
giudizio diretto ad ottenere la tutela sommaria e
urgente di un diritto
Soggetti interessati
La parte che necessiti di un
provvedimento atipico, che assicuri gli effetti della
(oggi solo eventuale) decisione di merito
Termini inerenti
Il ricorso può proporsi sia ante
causam che causa pendente
Spunti e approfondimenti
Il ricorso, unitamente al decreto
di fissazione dell'udienza, va notificato al convenuto a
cura dell'istante nel termine perentorio fissato dal
Giudice
Sanzioni in caso di inadempimenti
Il ricorso è nullo se non contiene
i requisiti minimi individuati all'art. 125 c.p.c.
Chi è competente a conoscere l'atto
L'atto va depositato, se proposto
ante causam, nella cancelleria del Giudice competente a
conoscere del merito (art. 669-ter c.p.c.); se proposto
causa pendente, nella cancelleria del Giudice competente
per la stessa (art. 669-quater) |