Memoria di costituzione del
convenuto nel rito del lavoro
Ai sensi dell'art. 416 c.p.c., nel
processo del lavoro il convenuto deve costituirsi almeno
dieci giorni prima dell'udienza di discussione di cui
all'art. 420 c.p.c., dichiarando la residenza o
eleggendo domicilio nel comune in cui ha sede il Giudice
adito. La costituzione si effettua mediante deposito in
cancelleria di una memoria difensiva, nella quale devono
essere proposte, a pena di decadenza, le eventuali
domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di
merito che non siano rilevabili d'ufficio. Nella stessa
memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera
precisa e non limitata a una generica contestazione,
circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della
domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in
diritto e indicare specificamente, a pena di decadenza,
i mezzi di prova dei quali intende avvalersi; i
documenti devono essere contestualmente depositati.
Si fa presente che, ai sensi
dell'art. 436, ultimo comma, c.p.c., le disposizioni
relative alla memoria difensiva in primo grado si
osservano, in quanto applicabili, anche in relazione
alla memoria difensiva in appello.
COMMENTO GIURISPRUDENZIALE
La tempestività della costituzione
in giudizio può desumersi, anche presuntivamente, da
qualsiasi elemento che emerga dagli atti, anche in
mancanza della relativa certificazione del Cancelliere
(Cass. 9 aprile 2001, n. 5230).
La costituzione del convenuto oltre
il decimo giorno antecedente l'udienza di discussione
comporta la decadenza dalle eventuali domande
riconvenzionali e dalle eccezioni in senso stretto. Tale
decadenza ha carattere assoluto e inderogabile e deve
essere rilevata d'ufficio dal Giudice indipendentemente
dal silenzio serbato dall'attore o dalla circostanza che
il medesimo si sia difeso sostenendo l'infondatezza
anziché l'intempestività della riconvenzionale (Cass. 24
gennaio 1997, n. 717, in Giur. It., 1998, 254; Cass. 21
aprile 1988, n. 3111).
La tardiva costituzione del
convenuto comporta la decadenza dalle eccezioni
processuali e di merito non rilevabili d'ufficio (tra le
quali rientra l'eccezione di prescrizione) ai sensi
dell'art. 416, comma secondo, c.p.c., norma la cui
violazione, ove non rilevata dal giudice di primo grado,
deve essere fatta valere dalla parte con l'atto di
impugnazione, in mancanza del quale si forma, sul punto,
il giudicato implicito, trattandosi di nullità relativa
non rilevabile d'ufficio in grado d'appello (Cass. 28
marzo 2008, n. 8134; in senso analogo Cass. 6 febbraio
2007, n. 2571).
In materia di prove, l'onere del
convenuto, previsto dall'art.416 c.p.c. per il rito del
lavoro, e dall'art.167 c.p.c. per il rito ordinario, di
prendere posizione, nell'atto di costituzione, sui fatti
allegati dall'attore a fondamento della domanda,
comporta che il difetto di contestazione implica
l'ammissione in giudizio solo dei fatti cosiddetti
principali, ossia costitutivi del diritto azionato,
mentre per i fatti cosiddetti secondari, ossia dedotti
in esclusiva funziona probatoria, la non contestazione
costituisce argomento di prova ai sensi dell'art. 116,
secondo comma, c.p.c. (Cass. 27 febbraio 2008, n. 5191).
La preclusione di cui all'art. 416,
secondo comma, c.p.c. ha ad oggetto le sole eccezioni in
senso proprio e non si estende alle eccezioni improprie
ed alle mere difese, ossia alle deduzioni volte alla
contestazione dei fatti costitutivi e giustificativi
allegati dalla controparte a sostegno della pretesa, le
quali trovano la loro disciplina nel comma terzo dello
stesso art. 416, la cui disposizione, malgrado il fatto
che dette deduzioni non vengano proposte nella memoria
di costituzione, non commina comunque la sanzione della
decadenza (Cass. 9 ottobre 2007, n. 21073).
Nel rito del lavoro, in base al
combinato disposto degli artt. 416, terzo comma, c.p.c.,
che stabilisce che il convenuto deve indicare a pena di
decadenza i mezzi di prova dei quali intende avvalersi,
ed in particolar modo i documenti, che deve
contestualmente depositare - onere probatorio gravante
anche sull'attore per il principio di reciprocità
fissato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 13
del 1977 - e 437, secondo comma, c.p.c., che, a sua
volta, pone il divieto di ammissione in grado di appello
di nuovi mezzi di prova - fra i quali devono annoverarsi
anche i documenti -, l'omessa indicazione, nell'atto
introduttivo del giudizio di primo grado, dei documenti,
e l'omesso deposito degli stessi contestualmente a tale
atto, determinano la decadenza del diritto alla
produzione dei documenti stessi, salvo che la produzione
non sia giustificata dal tempo della loro formazione o
dall'evolversi della vicenda processuale successivamente
al ricorso ed alla memoria di costituzione (ad esempio,
a seguito di riconvenzionale o di intervento o chiamata
in causa del terzo); e la irreversibilità della
estinzione del diritto di produrre i documenti, dovuta
al mancato rispetto di termini perentori e decadenziali,
rende il diritto stesso insuscettibile di preclusioni
trova un contemperamento - ispirato alla esigenza della
ricerca della “verità materiale”, cui è doverosamente
funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una
tutela differenziata in ragione della natura dei diritti
che nel giudizio devono trovare riconoscimento - nei
poteri d'ufficio del giudice in materia di ammissione di
nuovi mezzi di prova, ai sensi del citato art. 437,
secondo comma, c.p.c., ove essi siano indispensabili ai
fini della decisione della causa, poteri, peraltro, da
esercitare pur sempre con riferimento a fatti allegati
dalle parti ed emersi nel processo a seguito del
contraddittorio delle parti stesse (Cass. 25 giugno
2007, n. 14696).
Nelle controversie assoggettate al
rito del lavoro, al fine di verificare il rispetto dei
termini fissati (per il convenuto in primo grado ai
sensi dell'art. 416 c.p.c. e per l'appellato in virtù
dell'art. 436 c.p.c.) con riferimento alla “udienza di
discussione”, non si deve aver riguardo a quella
originariamente stabilita dal provvedimento del giudice,
ma a quella fissata - ove, eventualmente, sopravvenga -
in dipendenza del rinvio d'ufficio della stessa, che
concreta una modifica del precedente provvedimento di
fissazione, e che venga effettivamente tenuta in
sostituzione della prima (Cass. S.U. 20 giugno 2007, n.
14288).
L'atto di opposizione a decreto
ingiuntivo proposto dall'opponente (convenuto
sostanziale) deve avere il contenuto della memoria
difensiva di cui all'art. 416 c.p.c., mentre l'atto di
costituzione dell'opposto (attore sostanziale) è
riconducibile non alla memoria difensiva, ma ad un atto
integrativo della domanda azionata con la richiesta di
decreto ingiuntivo; ne consegue che, poiché l'opponente
è in grado di conoscere con completezza la pretesa
dell'attore solo dopo la costituzione in giudizio di
quest'ultimo, non può ritenersi tardiva la richiesta di
prova testimoniale articolata dall'opponente nella prima
difesa successiva a tale costituzione (Cass. 25 gennaio
2005, n. 1458; Cass. 24 maggio 1999, n. 5045).
A cosa serve
L'atto serve alla parte convenuta
per costituirsi all'interno del procedimento
Soggetti interessati
Convenuto
Termini inerenti
L'atto deve essere redatto
successivamente alla notifica del ricorso da parte
dell'attore e depositato almeno 10 giorni prima
dell'udienza di discussione
Spunti e approfondimenti
Qualora il valore della
controversia non ecceda la somma di euro 129,11, le
parti possono stare in giudizio senza difensore tecnico
Sanzioni in caso di inadempimenti
Qualora l'atto non sia depositato
tempestivamente, il convenuto decade non solo dal potere
di proporre domande riconvenzionali e chiamate in causa,
ma anche dal potere di allegare fatti e richiedere mezzi
istruttori
Chi è competente a conoscere l'atto
La memoria difensiva deve essere
depositata nella cancelleria del Giudice adito
dall'attore |