Cos'è l'anatocismo
Il termine anatocismo
deriva dal greco anà (di nuovo) e tokòs
(interesse) e sta ad indicare l'azione con cui si
sommano gli interessi al capitale sul quale sono stati
calcolati (capitalizzazione degli interessi), in
modo che detti interessi producano a loro volta altri
interessi supplementari.
In altre parole si
tratta del cosiddetto calcolo degli interessi sugli
interessi.
Da un punto di vista
strettamente giuridico, in un'obbligazione pecuniaria
l'utilizzo dell'anatocismo comporta, per il debitore, il
pagamento non solo del capitale e degli interessi
concordati, ma anche degli ulteriori interessi calcolati
sugli interessi già computati e già scaduti, comportando
conseguentemente una crescita esponenziale del debito,
soprattutto in presenza di tassi di interesse elevati.
Esempio
Per comprendere meglio
il concetto facciamo un semplicissimo esempio:
Supponiamo di richiedere
ad una società finanziaria o ad un istituto di credito
un prestito di 10.000 € da restituire in 1 anno al tasso
fisso del 10% e che tale prestito venga erogato a
partire dal 01/01/2007.
Senza applicare
l'anatocismo il calcolo sarebbe il seguente:
Da: |
A: |
Capitale: |
Tasso: |
Mesi: |
Interessi: |
Gen |
Dic |
€
10.000,00 |
10,00% |
12 |
€
1.000,00 |
Totale Interessi: 1.000
€
Supponiamo ora che tale
istituto di credito decida di applicare l'anatocismo
semestrale:
Da: |
A: |
Capitale: |
Tasso: |
Mesi: |
Interessi: |
Gen |
Giu |
€
10.000,00 |
10,00% |
6 |
€ 500,00 |
Lug |
Dic |
€
10.500,00 |
10,00% |
6 |
€
525,00 |
Totale Interessi:
1.025 €
Con un aggravio di spesa
di 25,00 €
Nella seconda riga
dell'esempio al capitale di riferimento 10.000 € sono
stati aggiunti gli interessi maturati nei primi 6 mesi
(500,00 €) per un totale di 10.500 € e di conseguenza il
calcolo degli interessi nel secondo semestre dà un
valore più alto (525,00 anziché 500,00) perché è
cresciuto il capitale di riferimento
Inutile dire che
l'aggravio di spesa sale ancora se si applica la
capitalizzazione trimestrale (38 € circa): a questo
proposito potete fare delle prove con l'apposita
calcolatrice interessi; si tenga presente che, per
semplicità, l'esempio calcola gli interessi sul numero
dei mesi, mentre, per maggior correttezza, è necessario
rapportare il tasso di interesse al numero effettivo dei
giorni di ciascun periodo.
Disciplina di
riferimento
In Italia, la disciplina
di riferimento è individuata dall' art. 1283 del
codice civile il quale stabilisce che, in mancanza di
usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre
interessi solo dal giorno della domanda giudiziaria o
per effetto di convenzione posteriore alla loro
scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti
almeno per sei mesi.
La frase in mancanza
di usi contrari significa che eventuali prassi
possono derogare a questa norma, rendendo di fatto
possibile la capitalizzazione sugli interessi.
Questa incertezza ha
consentito alle banche, nel corso degli anni, di
applicare nella pratica la cosiddetta capitalizzazione
trimestrale degli interessi passivi sui conti correnti
in rosso (anatocismo
bancario).
L'anatocismo bancario
Il fenomeno
dell'anatocismo bancario è quella pratica, in uso fino a
pochi anni or sono presso quasi tutte le banche
italiane, secondo cui gli interessi a debito del
correntista venivano liquidati (sul conto) con frequenza
trimestrale, mentre gli interessi a credito dello stesso
erano liquidati con cadenza annuale.
Ciò provocava un
disallineamento nella maturazione degli interessi a
debito ed il conseguente fenomeno dell'anatocismo,
perché venivano calcolati interessi su interessi,
secondo le modalità sopra descritte.
Sulla falsa riga dell'esempio
illustrato in precedenza, se un correntista aveva un
conto in rosso per 10.000 €, la banca gli
addebitava ogni tre mesi i relativi interessi; in questo
caso, al tasso del 10%, erano 250 euro che andavano a
gravare subito (senza attendere la fine dell'anno) sul
capitale a debito.
I successivi interessi a
debito venivano calcolati non più su 10.000 € ma su
10.250 € e così via, secondo il meccanismo visto in
precedenza; con questo sistema il correntista si trovava
a pagare, in fondo all'anno, un monte interessi più alto
rispetto al calcolo annuale.
Potete fare qualche
prova con l'apposita
utility per il computo degli interessi a tasso
fisso.
STORIA
Il divieto
dell'anatocismo (bancario e non) è sempre esistito nell'
ordinamento giuridico italiano in virtù dell'art. 1283
del Codice Civile.
Ciò nonostante, le
Banche agivano legittimamente quando applicavano la
metodologia di calcolo degli interessi sopra descritta,
perché tale comportamento era stato ampiamente avallato
dalla giurisprudenza, almeno fino al momento in cui è
iniziato tutto il processo di revisione interpretativa
delle norme riguardanti l'anatocismo, che ha portato
dopo molti anni alla famosa sentenza della Corte di
Cassazione del 4 novembre 2004, n. 21095.
Prima di questa
sentenza, c'è stato comunque l'art. 25 del Decreto
Legislativo n. 342/1999, comma 2, che, introducendo un
nuovo comma all'art. 120 del D. Lgs. n. 385/1993 (Testo
Unico Bancario), ha previsto la possibilità di
stabilire, tramite un'apposita delibera del CICR
(Comitato Interministeriale per il Credito e Risparmio),
le modalità ed i criteri di produzione degli interessi
sugli interessi, maturati nell'esercizio dell'attività
bancaria, purché fosse rispettata la stessa
periodicità nel conteggio sia dei saldi passivi, sia
di quelli attivi.
Il sigillo ufficiale al
suddetto nuovo corso in tema di calcolo degli interessi
bancari è stato poi apposto dalla sentenza del CICR
emanata il 9 febbraio 2000, la quale ha definitivamente
fissato il momento di decorrenza dell'obbligo, a carico
delle Banche, di riconoscere ai correntisti pari
periodicità nella liquidazione degli interessi.
Nel decreto n. 342/1999
il legislatore stabiliva nel contempo, con norma
transitoria, una vera e propria sanatoria per il
pregresso, facendo salve le clausole di capitalizzazione
trimestrale contenute nei contratti conclusi prima
dell'entrata in vigore della nuova disciplina.
La norma transitoria è
stata però dichiarata illegittima per violazione
dell'articolo 77 della Costituzione, dalla Corte
Costituzionale con sentenza del
17 ottobre 2000 n. 425.
Il processo di revisione
al momento si può considerare concluso con la già citata
sentenza del
4 novembre 2004 n. 21095, delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione, nella quale in sostanza si afferma
l'illegittimità, anche per il passato, degli addebiti
bancari per anatocismo.
In sostanza la Corte
afferma che le clausole di capitalizzazione trimestrale
degli interessi debitori precedenti al 1999 non sono
mai state rispondenti ad uno uso normativo ma bensì
negoziale e quindi in contrasto con il principio
contenuto nell'art. 1283.
L'uso normativo consiste
infatti, come riportato nella sentenza, nella
"ripetizione generale, uniforme, costante e pubblica di
un determinato comportamento, accompagnato dalla
convinzione che si tratta di comportamento
giuridicamente obbligatorio, in quanto conforme a una
norma che già esiste o che si ritiene debba far parte
dell'ordinamento giuridico".
In altre parole le
clausole anatocistiche sono state accettate non perché
gli utenti fossero convinti della loro rispondenza a
principi dell'ordinamento giuridico, ma piuttosto perché
costretti ad accettarle per poter accedere ai servizi
bancari.
Questo atteggiamento
psicologico è quindi ben lontano da quella spontanea
accettazione che contraddistingue invece la
consuetudine come istituto giuridico.
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