IL PROCEDIMENTO SOMMARIO DI COGNIZIONE: PROBLEMATICHE
APPLICATIVE-GIUSI IANNI
IL CASO. it

 

1. La natura del procedimento sommario di cognizione e la
ratio della sua introduzione.
Il rito sommario di cognizione è stato introdotto nel nostro
ordinamento processuale dalla legge 69/2009 che, inserendo
all'interno del codice di rito i nuovi artt. 702 bis, 702 ter e 702
quater c.p.c., lo ha configurato come vera e propria alternativa
rispetto al processo ordinario, tanto da includerlo tra i modelli
generali a cui ricondurre la pluralità dei riti civili, nell'opera di
semplificazione culminata nell'emanazione del d.lgs. 150/2011
(appunto, di semplificazione dei riti civili).
La prima problematica che si è posta con l'entrata in vigore della
riforma ha riguardato la natura della nuova tipologia procedurale: il
nostro ordinamento, infatti, già conosceva riti "sommari", rispetto
ai quali, però, la sommarietà era riferita alla cognizione, nel senso
che si trattava (e si tratta) di procedimenti caratterizzati da una
delibazione non piena delle domande e delle eccezioni delle parti,
che vengono valutate all'esito di un'istruttoria parziale e definite
con provvedimenti interinali, suscettibili di acquistare efficacia di
giudicato solo in caso di mancata "reazione" della parte che ne è
destinataria (come nel caso del procedimento per decreto
ingiuntivo o della convalida di licenza o sfratto) o destinati ad
essere sostituiti all'esito di un ordinario giudizio di merito che le
parti hanno la facoltà o l'obbligo di promuovere (come nel caso dei
procedimenti cautelari o possessori).

 

 

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