La previdenza.it
Con il ricorso introduttivo del
giudizio di primo grado era stato chiesto dall’odierno
appellante Gabriele C. l’annullamento del provvedimento
notificatogli il 5 novembre 2009, con cui i competenti
organi dell’Arma dei Carabinieri lo avevano
definitivamente posto in congedo. L’originario
ricorrente, l’ex carabiniere “in ferma volontaria” aveva
prospettato motivi di censura incentrati sui vizi di
violazione di legge ed eccesso di potere. Il Tribunale
amministrativo regionale, in sede di delibazione sulla
domanda cautelare di sospensione della esecutività del
provvedimento impugnato ha definito la causa nel merito
respingendo il ricorso. In particolare, il primo giudice
ha rilevato che la “ferma volontaria” (rapporto
d’impiego di natura prettamente temporanea) costituiva
una sorta di “tirocinio” volto a sperimentare le doti
del militare ed a valutarne le attitudini al successivo
sviluppo di carriera. Il Gabriele Cosenza nel corso
della sua quadriennale permanenza nell’Arma, (oggetto,
tra l’altro, di ben cinque sanzioni disciplinari)aveva
riportato – più volte – delle note caratteristiche
oltremodo negative. Posto che il provvedimento impugnato
era stato adottato nel pieno rispetto delle garanzie
“partecipative” dell’interessato, su proposta
dell’Ufficiale (che aveva mai avuto, nei confronti
dell’odierno appellante, alcun motivo di inimicizia) dal
quale il Cosenza direttamente dipendeva e che la detta
proposta era stata approvata dalla scala gerarchica e
condivisa dall’autorevole “Commissione di Valutazione e
Avanzamento” (secondo cui il Cosenza aveva manifestato
“mediocri requisiti complessivi…:con evidenti carenze di
qualità militari, professionali e di condotta”) non
sussisteva alcuno dei denunciati vizi.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3543 del 2010,
proposto da:
Gabriele C., rappresentato e difeso dall'avv. Francesco
A. Caputo, con
domicilio eletto presso Francesco A. Caputo in Roma,
via Ugo Ojetti, 114;
nei confronti di
Ministero della Difesa, in persona del legale
rappresentante in carica, rappresentato e difeso dalla
Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in
Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. del
LAZIO – Sede di ROMA- SEZIONE I BIS n. 03199/2010,
resa tra le parti concernente COLLOCAMENTO IN CONGEDO
PER " NON AMMISSIONE IN SERVIZIO PERMANENTE".
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero
della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre
2011 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti
gli l’Avvocato Francesco A. Caputo e l’ Avvocato dello
Stato Luca Ventrella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado
era stato chiesto dall’odierno appellante Gabriele C.
l’annullamento del provvedimento notificatogli il 5
novembre 2009, con cui i competenti organi dell’Arma dei
Carabinieri lo avevano definitivamente posto in congedo.
L’originario ricorrente, l’ex carabiniere “in ferma
volontaria” aveva prospettato motivi di censura
incentrati sui vizi di violazione di legge ed eccesso di
potere.
Il Tribunale amministrativo
regionale, in sede di delibazione sulla domanda
cautelare di sospensione della esecutività del
provvedimento impugnato ha definito la causa nel merito
respingendo il ricorso.
In particolare, il primo giudice ha rilevato che la
“ferma volontaria” (rapporto d’impiego di natura
prettamente temporanea) costituiva una sorta di
“tirocinio” volto a sperimentare le doti del militare ed
a valutarne le attitudini al successivo sviluppo di
carriera.
Il Gabriele Cosenza nel corso della sua quadriennale
permanenza nell’Arma, (oggetto, tra l’altro, di ben
cinque sanzioni disciplinari)aveva riportato – più volte
– delle note caratteristiche oltremodo negative.
Posto che il provvedimento impugnato era stato adottato
nel pieno rispetto delle garanzie “partecipative”
dell’interessato, su proposta dell’Ufficiale (che aveva
mai avuto, nei confronti dell’odierno appellante, alcun
motivo di inimicizia) dal quale il Cosenza direttamente
dipendeva e che la detta proposta era stata approvata
dalla scala gerarchica e condivisa dall’autorevole
“Commissione di Valutazione e Avanzamento” (secondo cui
il Cosenza aveva manifestato “mediocri requisiti
complessivi…:con evidenti carenze di qualità militari,
professionali e di condotta”) non sussisteva alcuno dei
denunciati vizi.
Avverso la sentenza in epigrafe l’ originario ricorrente
in primo grado ha proposto appello evidenziando che la
motivazione della impugnata decisione era apodittica e
non teneva conto dell’intero periodo di servizio da
questi prestato nell’arma dei Carabinieri (a far data
dal 2004) mentre si era unicamente soffermata
sull’esperienza professionale da questi svolta in
provincia di Grosseto.
Erroneamente era stato evidenziato il coinvolgimento
dello stesso in un procedimento penale per un reato
bagatellare (art. 726 c.p.) in ordine al quale non aveva
assunto la qualità di imputato.
L’appellante ha poi puntualizzato le dette doglianze
depositando una articolata memoria ed ha altresì
depositato una sentenza resa dal Tribunale militare di
Roma di proscioglimento (per difetto di querela) dal
reato di insubordinazione aggravata con ingiuria
contestatogli in danno del proprio superiore previa
riqualificazione del fatto quale semplice ingiuria.
Ciò dimostrava, ad avviso dell’appellante, il fumus
persecutionis di cui era stato vittima, contrariamente a
quanto apoditticamente ritenuto dal primo giudice.
Allorchè l’appellante era stato posto in condizione di
esplicare la propria attività senza subire
condizionamenti negativi – come nel periodo di servizio
presso la stazione dei carabinieri di Arcidosso- questi
aveva svolto la propria attività in modo impeccabile.
All’adunanza camerale del 18 maggio 2010 fissata per la
trattazione dell’incidente cautelare la Sezione ha
respinto l’istanza di sospensione della esecutività
dell’appellata decisione in considerazione “della
particolare gravità degli addebiti, come risultanti dal
verbale n. 391/2009 della Commissione di valutazione e
avanzamento, con specifico riguardo alle delicate
funzioni demandate ai militari dell’Arma dei
Carabinieri”.
Alla odierna pubblica udienza del 13 dicembre 2011 la
causa è stata posta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1.L’appello è infondato e va respinto.
2.Deve premettersi in punto di fatto che risulta
incontestato che l’odierno appellante nel corso del
periodo trascorso in ferma “volontaria” ha riportato ben
cinque sanzioni disciplinari ed è stato destinatario di
note non positive (rectius: assai sfavorevoli).
2.1. La Sezione ha in passato manifestato, in casi
analoghi, il condivisibile convincimento, dal quale il
Collegio non ravvisa motivo per discostarsi, secondo cui
è legittimo il provvedimento che dispone il collocamento
in congedo del militare in ferma volontaria per scarso
rendimento e condotta disciplinare manchevole, quando
esso si fonda sull'esame della condotta del militare
negli anni precedenti e sul giudizio espresso da
superiori gerarchici (ex multis Consiglio Stato , sez.
IV, 03 giugno 2010 , n. 3541).
2.2. Nel caso in esame censure di difetto di istruttoria
e di omessa valutazione dell’intero periodo di servizio
svolto dall’appellante contenute nel gravame, seppur
abilmente formulate, non appaiono persuasive.
2.3. L’impugnato provvedimento che ha disposto il
collocamento in congedo del carabiniere in ferma
volontaria per scarso rendimento (e condotta
disciplinare manchevole) si è infatti fondato sull'esame
della condotta del militare negli anni precedenti e sul
giudizio espresso da superiori gerarchici (sulla
legittimità di tale approccio valutativo si veda, tra le
tante, Consiglio di Stato, IV, 3.11.1998, n. 1418).
2.3.1. D'altronde per pacifica giurisprudenza, ai fini
della emanazione del provvedimento di ammissione in
servizio permanente del militare la legge demanda alla
Autorità militare competente una valutazione globale del
rendimento della personalità del militare, ivi compresi
gli aspetti relativi alla buona condotta, alla
attitudine e al rendimento; pertanto, è legittimo il
giudizio negativo circa la meritevolezza di detta
ammissione, che abbia tenuto conto dei non buoni
precedenti disciplinari del militare e di sfavorevoli
rapporti informativi compilato sul suo conto.
Ciò perchè, la non ammissione al servizio permanente:
1) non costituisce un provvedimento di carattere
disciplinare sicché in tale procedimento non trovano
applicazione le disposizioni concernenti le sanzioni
disciplinari;
2) il provvedimento (e giudizio) di non ammissione è
assimilabile in tutto e per tutto a quello di dispensa
dal servizio militare per non idoneità a ricoprire gli
uffici del grado oltre che per scarso rendimento;
3) il proscioglimento dalla ferma volontaria per
inidoneità o per scarso rendimento, così come il
giudizio di non ammissione al servizio permanente
comportano un giudizio ampiamente discrezionale sulle
prestazioni e sul comportamento del militare, giudizio
finalizzato ad accertare se il soggetto sia o meno
idoneo a disimpegnare col normale rendimento le relative
attribuzioni (così, Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio
2006, n. 210);
4) gli episodi della vita professionale presi in
considerazione ai fini del proscioglimento non sono
esclusivamente apprezzabili nell'ottica disciplinare,
ben potendo esprimere il disvalore morale, attitudinale
e la scarsa qualità delle prestazioni lavorative rese
durante l'espletamento del servizio (cfr. Cons. Stato,
Sez. IV, 15 febbraio 2006, n. 610)
2.4. Né, d'altronde, può ritenersi degna di positiva
considerazione la censura consistente nell'avere
sovrapposto le ragioni di inadeguatezza e scarso
rendimento con i possibili profili di tipo disciplinare
proprio a cagione della circostanza che il provvedimento
di collocamento in congedo per scarso rendimento, non
costituisce misura di carattere disciplinare, tanto che
non trovano applicazione nel relativo procedimento le
disposizioni concernenti le sanzioni disciplinari
(Consiglio di Stato, IV, 3.11.1998, n. 1418).
2.5.Fermo quanto sopra, con riferimento alla valutazione
contenuta nel giudizio sotteso al provvedimento
impugnato, va ricordato il costante orientamento del
giudice amministrativo che, pur consapevole dell'ampia
discrezionalità che supporta i giudizi valutativi
riguardanti il personale militare, ritiene che tale
valutazione non esula dal sindacato giurisdizionale di
legittimità, essendo rimesso al giudice amministrativo
il compito di ricercare la coerenza generale del metro
valutativo adoperato per il candidato, anche con
riferimento alle valutazioni espresse nei confronti
degli altri scrutinati (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11
marzo 1997 n. 239 e 18 marzo 1997 n. 256), nonché di
censurare l'operato dell’amministrazione se tale
coerenza manca, non potendo mai l'agire della pubblica
amministrazione essere considerato illimitato o comunque
insindacabile in sede di legittimità (cfr., ancora,
Cons. Stato, Sez. IV, 18 ottobre 1996 n. 1127).
2.6.Ricostruito nei termini di cui sopra il quadro
interpretativo della giurisprudenza in materia, il
Collegio, confermando l'avviso già espresso in sede
cautelare, non raccoglie dall'esame della documentazione
presente in atti l'esistenza di alcuna spia o elemento
dai quali far discendere il non imparziale, abnorme, o
semplicemente erroneo comportamento
dell’amministrazione, posto che l’appellante fu
sottoposto a numerose sanzioni disciplinari e sottoposto
ad un procedimento penale per il reato di cui all’art.
726 del codice penale (circostanza questa, che seppur
non equiparabile ad una sentenza di condanna, non depone
certo positivamente in riferimento ai delicati compiti
demandati all’appellante ed al necessario prestigio da
cui lo stesso dovrebbe essere circondato per svolgerli).
2.7. La pretesa, infine, di vedere valutato in via
esclusiva un periodo ben preciso di servizio prestato
dall’appellante, si scontra con la necessità di una
valutazione omnicomprensiva, né la supposta e non
dimostrata “inimicizia” con taluno dei superiori può
chiarire in senso favorevole allo stesso la uniformità
di rilievi negativi mossigli nel corso della sua
esperienza professionale.
3. Neppure il deposito della sentenza di proscioglimento
resa dal Tribunale militare di Roma può costituire
smentita a quanto finora rilevato: si rammenta infatti
che la valutazione negativa proveniente dal superiore fu
condivisa dall’intera scala gerarchica; l’episodio preso
in esame dal Tribunale militare (che è pervenuto al
proscioglimento dell’appellante esclusivamente per
motivi procedurali) semmai costituisce ulteriore
comprova della circostanza che l’appellante non aveva
tenuto un comportamento consono ai propri doveri, e
corrobora le valutazioni dell’amministrazione che devono
ritenersi pienamente legittime.
4.Conclusivamente, l’appello è infondato e,
conseguentemente, deve essere respinto.
5.Le spese processuali seguono la soccombenza e pertanto
l’appellante deve essere condannato al pagamento delle
stesse in favore dell’appellata amministrazione nella
misura che appare congruo determinare in Euro tremila (€
3000//00) oltre accessori di legge, se dovuti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quarta)definitivamente pronunciando sull'appello, numero
di registro generale 3543 del 2010 come in epigrafe
proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese
processuali in favore dell’appellata amministrazione
nella misura di Euro tremila (€ 3000//00) oltre
accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno
13 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Diego Sabatino, Consigliere
Guido Romano, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/01/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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