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SOSPENSIONE DELL'ESERCIZIO DELL'ATTIVITA' DI MEDICO - Cass. pen., n. 42588/2011 –commento- Annalisa GASPARRE

 

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In materia di misure cautelari interdittive la valutazione dell’esigenza cautelare ex art. 274 lett. c) c.p.p. (pericolo di reiterazione di delitti analoghi) deve essere pervasa dall’esame delle concrete modalità di commissione del fatto-reato e dai parametri idonei a valutare la personalità del soggetto autore di reato

 

 

 

La sentenza in commento si segnala perché il giudice di legittimità interviene all’esito di un’impugnativa cautelare che aveva visto il Pubblico Ministero presso la Procura di Pescara insistere ripetutamente per l’applicazione della misura interdittiva della sospensione temporanea dall’esercizio dell’attività professionale di medico-ginecologo in capo ad un sanitario su cui gravava un’imputazione provvisoria di omicidio colposo.

 

Il sanitario era accusato di aver provocato il decesso della paziente a causa della violazione delle regole della leges artis, perché effettuava un tipo di intervento in presenza di circostanze che suggerivano l’adozione di altre tecniche, eseguiva “in modo gravemente non corretto l’operazione”, non apportando i necessari trattamenti delle lesioni provocate dall’intervento “nonostante egli, nel corso dell’intervento, si fosse reso conto dell’accaduto”, nonché per non aver diagnosticato, neppure successivamente all’operazione, “le ragioni del quadro gravemente precario delle condizioni di salute della donna”.

 

Prima GIP di Pescara e poi il Tribunale del Riesame di L’Aquila avevano ritenuto non sussistere esigenze cautelari, in particolare si erano soffermati sul fatto che si procedeva per reato di natura colposa e che il soggetto indagato non risultava avere precedenti per fatti analoghi. Malgrado i “chiari indizi di reità” rispetto ai fatti contestati, secondo il Riesame, non emergevano “ragioni sufficienti per la reiterazione di reati della stessa specie”.

 

Al di là dei profili di dolo eventuale idonei a configurare il più grave reato di omicidio volontario (così come evidenziati dal Pubblico Ministero ricorrente), la Cassazione ha accolto il ricorso del magistrato chiarendo i parametri che i Giudici del Riesame (del rinvio) dovranno considerare nell’esprimersi circa la sussistenza dell’esigenza cautelare ex art. 274 lett. c) c.p.p. nel caso sub judice.

 

Richiamando la lettera della norma (che in verità è piuttosto chiara), la Cassazione precisa che devono essere esaminate ed apprezzate compiutamente le concrete modalità di commissione del fatto-reato, nonché i parametri indicati dall’art. 133 c.p. idonei ad evidenziare la personalità del soggetto. Tra questi ultimi – aggiunge la Corte – particolare rilevanza assume il grado della colpa, vale a dire la “valutazione del grado di difformità della condotta dell’autore rispetto alle regole cautelari violate, al livello di evitabilità dell’evento ed al quantum di esigibilità dell’osservanza della condotta doverosa pretermessa”. Nel calderone degli elementi sulla cui base compiere le valutazioni attinenti la personalità dell’indagato potranno confluire anche altri elementi, ulteriori ed esterni al procedimento, che si caratterizzino per descrivere le modalità di svolgimento dell’attività professionale del sanitario coinvolto, da cui poter articolare un’eventuale prognosi di reiterazione di quei comportamenti che hanno (già) provocato la lesione dei beni salute/vita.

 

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