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 MANCATA ASSUNZIONE DEL LAVORATORE: RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE – Cass. n. 1051/2012 – Commento-Matteo BARIZZA

 

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Se il lavoratore si licenzia dal posto di lavoro presso il quale sta attualmente prestando la propria attività lavorativa, perché ha avuto la rassicurazione di essere assunto da parte di un nuovo datore di lavoro, ma, poi, una volta licenziatosi, egli viene inquadrato unicamente come collaboratore, ebbene, egli ha diritto ad essere risarcito secondo i principi propri della responsabilità precontrattuale.

 

Così ha deciso la sezione lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1051 del 25 gennaio 2012

 

 

 

 

 

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 30 novembre 2011 – 25 gennaio 2012, n. 1051

Presidente Vidiri – Relatore Balestrieri

 

Svolgimento del processo

 

A..M.D. esponeva al Tribunale di Roma di essere già stato dipendente del Banco di Napoli, da ultimo come direttore della sede del (omissis), e di aver ricevuto in costanza di tale rapporto, nell'aprile 1996, una proposta di incarico di amministratore delegato da parte della BNL International di Lussemburgo. Di essersi conseguentemente dimesso dal rapporto lavorativo col Banco di Napoli e di essersi immediatamente adoperato, nell'interesse della BNL, per l'attivazione di rapporti connessi ad operazioni finanziarie con Paesi asiatici.

Lamentava che, nonostante le rassicurazioni circa l’imminente formalizzazione dell'incarico, gli veniva proposto un rapporto di collaborazione come consulente; che veniva allo scopo redatto uno schema di contratto che egli accettava ed iniziava ad eseguire, indirizzando alla BNL gruppi industriali italiani intenzionati ad operare nei mercati asiatici.

Chiedeva pertanto la condanna della BNL al risarcimento dei danni da responsabilità precontrattuale per la mancata assunzione nonché, previo accertamento del rapporto di consulenza tra le parti, la condanna della banca al pagamento dei compensi pattuiti (L. 204.750.000), al rimborso delle spese (£.35.000.000), oltre al risarcimento dei danni per l'illegittimo recesso dal contratto di consulenza e per danno all'immagine ed alla professionalità.

Si costituiva la BNL negando di essersi mai impegnata alla conclusione di alcun tipo di contratto, né di lavoro subordinato né di consulenza. Il Tribunale respingeva la domanda.

La Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata il 21 dicembre 2009, respingeva il gravame compensando le spese del grado.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il M.D., affidato a due motivi. Resiste la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. con controricorso, poi illustrato con memoria.

 

Motivi della decisione

 

1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1337 c.c., avendo la corte di merito erroneamente ritenuto che perché possa sussistere una responsabilità connessa alla ingiustificata interruzione delle trattative sia necessario che le parti abbiano discusso e concordato gli elementi essenziali del contratto.

2- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2223 c.c. in tema di perfezionamento del contratto di lavoro autonomo, nonché degli artt. 1326, 1327, 1388 e 1754 c.c., oltre ad insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio inerenti la conclusione di un contratto di lavoro autonomo e/o subordinato, omettendo la corte territoriale di valutare, o valutando illogicamente, le risultanze probatorie sia documentali che testimoniali.

Lamentava in particolare che la corte capitolina ritenne il contratto di consulenza in questione non riferibile alla BNL in quanto proposto e determinato da una mera iniziativa personale del dr. V., non riferibile alla Banca, laddove emergeva chiaramente dagli atti di causa che questi, quale dirigente della BNL ed amministratore delegato di BNL International agiva in rappresentanza di quest'ultima, come del resto emergeva dalla bozza di contratto ove leggevasi tra l'altro che il consulente si impegnava "ad eseguire le obbligazioni scaturenti nei confronti della Banca in virtù della presente convenzione..".

3. - I motivi, che stante la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, risultano fondati. La corte di merito ha ritenuto che per aversi responsabilità precontrattuale è necessario che le parti abbiano discusso e concordato gli elementi essenziali del contratto, potendo solo in questo caso configurarsi un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto medesimo.

Richiama, a conforto dell'assunto, talune sentenze di questa Corte (7 maggio 2004 n. 8723 e 29 marzo 2007 n. 7768) che, come riportato nella medesima sentenza impugnata, hanno diversamente affermato che la responsabilità precontrattuale per violazione dell'art. 1337 cod. civ., che costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, la quale si collega alla violazione della regola di condotta stabilita a tutela del corretto svolgimento dell'"iter" formativo del contratto, presuppone che tra le parti siano intercorse trattative per la conclusione di un contratto giunte ad uno stadio tale da giustificare oggettivamente l'affidamento nella conclusione del contratto, inoltre che una delle parti abbia interrotto le trattative così eludendo le ragionevoli aspettative dell'altra, la quale, avendo confidato nella conclusione finale del contratto, sia stata indotta a sostenere spese o a rinunciare ad occasioni più favorevoli, e infine che il comportamento della parte inadempiente sia stato determinato, se non da malafede, almeno da colpa, e non sia quindi assistito da un giusto motivo.

La corte di merito, dunque, nel valutare le emergenze di causa, muove da un presupposto erroneo che fosse cioè necessario l’avere le parti discusso e concordato gli elementi essenziali del contratto, effettuando così un viziato apprezzamento dei fatti di causa.

In tale ottica sono state ritenute infatti irrilevanti sia l'indiscussa trattativa con l'amministratore delegato della BNL, V., riguardanti le modalità di utilizzazione del ricorrente presso la Banca, sia l'interessamento del dirigente L., vice direttore generale della BNL, fornito dei poteri necessari all'assunzione presso la BNL e che, sempre in base agli accertamenti compiuti dal giudice di merito, ebbe un colloquio con il M.D. al fine di effettuare una verifica più concreta delle possibilità di assunzione. Ed ancora le lettere inviate dal V. al ricorrente inerenti l'interesse della Banca all'assunzione di quest'ultimo, anche per le determinazioni del L. in tal senso. Ed ancora le risultanze testimoniali che confermavano tali circostanze e l'interesse della BNL ad una figura professionale esperta nei rapporti con i mercati asiatici. Le dimissioni, in tale contesto, da parte del M.D. da direttore della sede di Lussemburgo del Banco di Napoli; la sua partecipazione a taluni incontri e missioni estere aventi ad oggetto possibili finanziamenti, da parte della BNL, di aziende che operavano in Cina; l'organizzazione di diverse missioni in Cina nell'interesse della BNL, effettivamente avvenute, così come accertato dalla corte di merito.

Quest'ultima quindi, partendo dall'erroneo presupposto sopra evidenziato, non ha valutato se le indubbie trattative intercorse tra le parti fossero giunte ad uno stadio tale da giustificare oggettivamente l'affidamento nella conclusione del contratto, e infine se questo sia stato, anche per fatti concludenti, effettivamente concluso.

4. - La sentenza impugnata deve essere dunque cassata, con rinvio, anche per le spese, ad altro giudice in dispositivo indicato, per l'ulteriore esame della controversia.

 

P.Q.M.

 

La Corte, accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.

 

 

 

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