Diritto e processo,com
Nel regime anteriore a quello
introdotto dall'art. 2, comma 1, lett. a) della legge 28
dicembre 2005 n. 263, il provvedimento di compensazione
parziale o totale delle spese "per giusti motivi" deve
trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a
tal fine, non è necessaria l'adozione di motivazioni
specificamente riferite a detto provvedimento purché,
tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano
chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso
della motivazione adottata a sostegno della statuizione
di merito (o di rito). Ne consegue che deve ritenersi
assolto l'obbligo del giudice anche allorché le
argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di
rito) contengano in se1 considerazioni giuridiche o di
fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese
adottata, come - a titolo meramente esemplificativo -
nel caso in cui si dà atto, nella motivazione del
provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla
questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di
accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta
conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle
parti, o di una palese sproporzione tra l'interesse
concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo
delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di
un comportamento processuale ingiustificatamente restio
a proposte conciliative plausibili in relazione alle
concrete risultanze processuali.
Cassazione, sez. VI, 12 gennaio
2012, n. 340
(Pres. Goldoni – Rel. D’Ascola)
Fatto e diritto
Con sentenza del 14 maggio 2007, il
giudice di pace di Roma accoglieva il ricorso proposto
da G..S. per l'annullamento di 11 verbali di violazioni
amministrative commesse nell'anno 2004.
Il giudice adito compensava tra le
parti le spese del giudizio, in considerazione del
"comportamento processuale tenuto dalla Comune di Roma
che, con le proprie allegazioni difensive, aveva
confermato la fondatezza delle ragioni addotte ex
adverso". S.G. impugnava questa sentenza, relativamente
alla sola compensazione delle spese.
Il tribunale di Roma, con sentenza
21 ottobre 2009, respingeva l'eccezione di tardività del
gravame, ancorché instaurato con ricorso depositato in
cancelleria, notificato al Comune resistente il 24
12.2008.
Rigettava tuttavia l'appello.
Avverso questa decisione la S.
insorge con ricorso per cassazione notificato il 4
febbraio 2010.
Il Comune di Roma è rimasto
intimato.
Il giudice relatore ha avviato la
causa a decisione con il rito previsto per il
procedimento in camera di consiglio. Preliminarmente va
rilevato che, non avendo il Comune di Roma impugnato il
capo della sentenza d'appello che ha ritenuto
applicabile, in sede di impugnazione, il rito speciale
previsto per le opposizioni a sanzione amministrativa
non può essere oggetto di esame in questa sede la
tardività dell'impugnazione della sentenza di primo
grado, nonostante quanto affermato da Sezioni Unite n
23285 del 2010 in ordine al rito applicabile. La
statuizione sul punto è infatti coperta dal giudicato
(cfr. Cass. 12794/00).
Il ricorrente lamenta violazione e
falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., 118
comma secondo disp. Att. c.p.c., 132 comma 2 numero 4
c.p.c. e vizi di motivazione.
Parte ricorrente denuncia
l'incongruità della motivazione per quanto concerne la
compensazione delle spese di lite, disposta, con
riferimento alla sentenza di primo grado, in relazione
all'atteggiamento processuale non oppositivo tenuto da
parte soccombente, la quale, "con le proprie allegazioni
difensive, aveva confermato la fondatezza delle ragioni
esposte dall'opponente".
Il ricorso è fondato.
Va chiarito che il giudizio venne
instaurato davanti al giudice di pace con ricorso
depositato il 21 aprile 2005.
Resta pertanto estraneo alla
disciplina dell'art. 92, secondo comma, cod. proc. civ.,
come modificato dall'art. 2, primo comma, lett. a),
della legge n. 263 del 2005, secondo il quale ove non
sussista reciproca soccombenza, è legittima la
compensazione delle spese processuali se concorrono
"giusti motivi, esplicitamente indicati nella
motivazione".
Tuttavia, come la relazione
preliminare ha osservato, le Sezioni Unite di questa
Corte, a conclusione di un lungo e articolato percorso
giurisprudenziale, con sentenza numero 20598 del 2008
hanno sancito che: "Nel regime anteriore a quello
introdotto dall'art. 2, comma 1, lett. a) della legge 28
dicembre 2005 n. 263, il provvedimento di compensazione
parziale o totale delle spese "per giusti motivi" deve
trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a
tal fine, non è necessaria l'adozione di motivazioni
specificamente riferite a detto provvedimento purché,
tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano
chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso
della motivazione adottata a sostegno della statuizione
di merito (o di rito). Ne consegue che deve ritenersi
assolto l'obbligo del giudice anche allorché le
argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di
rito) contengano in se1 considerazioni giuridiche o di
fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese
adottata, come - a titolo meramente esemplificativo -
nel caso in cui si dà atto, nella motivazione del
provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla
questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di
accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta
conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle
parti, o di una palese sproporzione tra l'interesse
concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo
delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di
un comportamento processuale ingiustificatamente restio
a proposte conciliative plausibili in relazione alle
concrete risultanze processuali".
Nella specie, il giudice d'appello,
come del resto quello di primo grado, non ha individuato
ragioni tali da motivare adeguatamente la compensazione
delle spese.
Il giudice d'appello ha fatto
riferimento all'atteggiamento remissivo del convenuto,
ma tale condotta processuale non giustifica il
comportamento - precedentemente adottato
dall'amministrazione - che ha costretto la ricorrente ad
agire giudizialmente, consistito nella formulazione di
una pretesa sanzionatoria manifestamente infondata.
La privazione del rimborso delle
spese necessarie per far valere il buon diritto della
parte ricorrente, neppure posto in dubbio dalla parte
convenuta, costituisce negazione del principio sancito
in materia di spese processuali dal codice di rito,
secondo cui le spese di lite fanno carico al
soccombente.
È stato affermato in
giurisprudenza, sia pure con riferimento al testo
normativo in vigore dal 2006, che la compensazione delle
spese è lesiva del disposto dell'art. 92 c.p.c., in
specie ove l'importo delle spese sia tale da superare
quello del pregiudizio economico che la parte abbia
inteso evitare, agendo in giudizio per far valere il
proprio diritto - in una sostanziale soccombenza di
fatto della parte vittoriosa con lesione del diritto di
agire in giudizio e di difendersi ex art. 24 Cost., con
conseguente violazione di legge per l'illogicità ed
erroneità delle motivazioni addotte (Cass. 12893/11).
Nell'odierna fattispecie si può
affermare che l'atteggiamento processuale remissivo può
valere a impedire l'aggravio di maggiori spese per il
convenuto soccombente che abbia con il suo comportamento
costretto l'opponente ad agire, ma non lo esonera dal
tenerlo indenne dei costi processuali sostenuti,
risolvendosi altrimenti il giudizio in una iniqua
penalizzazione della parte vittoriosa.
Il Collegio condivide pertanto la
proposta della relazione preliminare, che ha ritenuto
fondato il ricorso e inadeguata la motivazione della
sentenza in punto di compensazione delle spese del primo
grado di giudizio per giusti motivi.
Discende da quanto esposto
l'accoglimento del ricorso e la cassazione della
sentenza impugnata.
La causa va rimessa ad altro
giudice del tribunale di Roma, il quale nel deciderla si
atterrà al principio di diritto fissato dalle Sezioni
unite provvederà a nuova statuizione sulle spese con
motivazione adeguata. Liquiderà inoltre le spese di
questo grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa
la sentenza e rinvia al tribunale di Roma in persona di
altro magistrato, che provvederà anche sulla
liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
|