Diritto.it
Massima
Il ricorso per risarcimento danni,
anche in tema di "mobbing", impone al ricorrente di
fornire la prova dei danni, sia sul piano oggettivo
della "condotta persecutoria" contestata, sia sul piano
soggettivo dell'intento persecutorio della P.A. datrice
di lavoro.
1. Premessa
La pronuncia in esame prende in
considerazione la problematica del mobbing. È noto come
per "mobbing" si intenda, comunemente, una condotta del
datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica
e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del
lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolva in
sistematici e reiterati comportamenti ostili che
finiscono per assumere forme di prevaricazione o di
persecuzione psicologica, da cui può conseguire la
mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente,
con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e
del complesso della sua personalità.
Come più volte ricordato dalla
giurisprudenza, il termine "mobbing" deriva dal verbo in
lingua inglese "to mob" (che significa assalire,
prendere
d'assalto, malmenare) e viene
spesso utilizzato per indicare genericamente molestie
morali sul luogo di lavoro.
La medesima giurisprudenza ha
chiarito che costituisce "mobbing" l'insieme delle
condotte datoriali protratte nel tempo e con le
caratteristiche della persecuzione finalizzata
all'emarginazione del dipendente con comportamenti,
materiali o provvedimentali, indipendentemente
dall'inadempimento di specifici obblighi contrattuali o
dalla violazione di specifiche norme attinenti alla
tutela del lavoratore subordinato; sicché, la
sussistenza della lesione, del bene protetto e delle sue
conseguenze deve essere verificata - procedendosi alla
valutazione complessiva degli episodi dedotti in
giudizio come lesivi - considerando l'idoneità offensiva
della condotta, che può essere dimostrata, per la
sistematicità e durata dell'azione nel tempo, dalle sue
caratteristiche oggettive di persecuzione e
discriminazione, risultanti specificamente da una
connotazione emulativa e pretestuosa (1).
Ai fini della configurabilità della
condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto,
rilevanti:
- la molteplicità di comportamenti
di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se
considerati singolarmente, che siano stati posti in
essere in modo miratamente sistematico e prolungato
contro il dipendente con intento vessatorio;
- l'evento lesivo della salute o
della personalità del dipendente;
- il nesso eziologico tra la
condotta del datore o del superiore gerarchico e il
pregiudizio all'integrità psicofisica del lavoratore;
- la prova dell'elemento
soggettivo, cioè dell'intento persecutorio (2).
2. Mobbing ed onere della prova
Al fine di configurare una condotta
causale di danno da mobbing, la giurisprudenza ha
specificato che occorra fornire, la prova dell'esistenza
di un disegno "persecutorio" - da ravvisarsi in ipotesi
di comportamenti materiali o di provvedimenti
contraddistinti da finalità di volontaria e organica
vessazione nonché discriminazione, con connotazione
emulativa e pretestuosa, indipendentemente dalla
violazione di specifici obblighi contrattuali -
identificabile quale elemento soggettivo della
fattispecie illecita (3).
Tuttavia, determinati comportamenti
non possono essere qualificati come "mobbing", ai fini
della pronuncia risarcitoria richiesta, se è dimostrato
che vi è una ragionevole ed alternativa spiegazione al
comportamento datoriale.
Se, sotto il profilo definitorio,
può essere condivisa la tesi giurisprudenziale secondo
cui il c.d. "danno da mobbing" consiste in una condotta
del datore di lavoro sistematica e protratta nel tempo,
connotata dal carattere della persecuzione, finalizzata
all'emarginazione del lavoratore ed idonea a concretare
una lesione dell'integrità psicofisica e della
personalità del prestatore, altresì (sotto il diverso
profilo dell'accertamento del danno) merita condivisione
l'orientamento giurisprudenziale secondo cui tale
accertamento comporta una valutazione complessiva degli
episodi lamentati dal lavoratore, i quali devono essere
valutati in modo unitario, tenuto conto:
- da un lato, dell'idoneità
offensiva della condotta datoriale (come desumibile
dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e
discriminazione)
- e, dall'altro, della connotazione
univocamente emulativa e pretestuosa della richiamata
condotta.
Ne consegue che la ricorrenza di
un'ipotesi di condotta mobbizzante andrà esclusa quante
volte la valutazione complessiva dell'insieme di
circostanze addotte (ed accertate nella loro
materialità), pur se idonea a palesare, singulatim,
elementi ed episodi di conflitto sul luogo di lavoro,
non consenta di individuare, secondo un giudizio di
verosimiglianza, il carattere unitariamente persecutorio
e discriminante nei confronti del singolo del complesso
delle condotte poste in essere sul luogo di lavoro.
Rocchina Staiano
Docente all’Univ. Teramo; Docente
formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e
Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre
2010; Avvocato. E’ stata Componente, dal 1 ° novembre
2009 ad oggi, della Commissione Informale per
l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile
e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del
Dipartimento della Gioventù.
___________
(1) Cass. civ., sez. lav., 6 marzo
2006, n. 4774.
(2) Cfr., ex plurimis, Cass. civ.,
sez. lav., 17 febbraio 2009, n. 3785.
(3) Per tutte, Cons. Stato, sez. V,
6 maggio 2008, n. 2015.
Mobbing – Trasferimento
illegittimo – Onere della prova (TAR Basilicata, n.
6/2012)
sul ricorso numero di registro
generale 622 del 2004, proposto da:
S. A.,
contro
Istituto Nazionale della Previdenza
Sociale Sede di Potenza, in persona del legale
rappresentante p. t., rappresentato e difeso dagli avv.
Canio Sabina, Filomena Camardese e Saverio Mercanti, con
domicilio eletto in Potenza, presso Uff.Legale Inps via
Pretoria,277;
per il risarcimento danni causati
dall’illegittimo trasferimento lavorativo
Visti il ricorso e i relativi
allegati;
Visto l’atto di costituzione in
giudizio di Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
Sede di Potenza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del
giorno 17 novembre 2011 il dott. Antonio Ferone e udito
l’avv. Luciano Petrullo, su delega dell’Avv. Filomena
Camardese.;
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
Fatto
Con atto notificato il 13 dicembre
2004 e depositato il 17 dicembre successivo S. A. ha
adito questo Tribunale per ottenere il risarcimento del
danno biologico, morale, esistenziale e patrimoniale,
previo accertamento della responsabilità dell’Inps per
l’aggravamento dell’integrità psicofisica derivata
dall’illegittimo trasferimento lavorativo disposto in
data 16.6.1993 dalla sede di Potenza a quella di Villa
D’Agri.
L’interessato premette
- di essere stato assunto dall’Inps
nel luglio 1978 ed assegnato alla sede di Potenza nel
1981 quale addetto all’Ufficio liquidazione pensioni;
- che in data 16.6.1993 gli veniva
comunicato un provvedimento di trasferimento presso il
centro operativo di Villa D’Agri, a seguito di mobilità
regionale;
- che tale provvedimento veniva
impugnato ed annullato con sentenza del C.d.S. n.
571/2001;
- che a causa del trasferimento era
stata stravolta la sua vita lavorativa e personale e
comunque si erano riacutizzate le patologie dalle quali
era già affetto e che erano state prontamente segnalate
all’Inps, in quanto passibili di aggravamento a seguito
della guida in auto quotidiana e per un lungo tragitto (
140 Km al giorno su strade montane);
- che costretto da necessità
economiche, continuava a prestare servizio presso la
nuova sede, pur addetto a mansioni diverse e meno
qualificanti di quelle svolte nella sede di Potenza;
- che solamente in data 1.5.1995
era riuscito ad ottenere il trasferimento presso
l’originaria sede di Potenza, motivato da esigenze di
servizio dell’Ente datore di lavoro;
- che a seguito della decisione del
C.d.S., in data 3.8.01 aveva richiesto all’Inps la
ricostruzione dell’anzianità di servizio presso la sede
di Potenza nonché il ristoro dei danni subiti;
- che non avendo avuto riscontro,
in data 21.12.01, avanzava richiesta al competente
Collegio di Conciliazione presso la DPL di Potenza;
- che, convocate le parti, la
Commissione di Conciliazione proponeva l’esito di una
disponendo visita medico-legale, alla quale egli
accettava di sottoporsi, ma che l’Inps comunicava di non
accettarne l’esito, sicché il Collegio dava atto che non
si era raggiunto alcun accordo;
- che in data 25.09.01 il medico
legale dott. B. concludeva una perizia di parte
ritenendo che “il disposto trasferimento lo ha
danneggiato arrecandogli, attualmente, un disturbo
depressivo ansioso a carattere reattivo di discreta
entità il danno biologico permanente è da valutarsi
intorno al 18-20%”;
- che rilevanti sono stati anche i
danni patrimoniali da lui subiti per affrontare il
viaggio nella sede di Villa D’Angri, raggiungibile solo
in auto, e che l’interessato effettivamente percorreva
con la propria autovettura Wolksvagen Vento 1800 a
benzina verde;
- che il relativo diritto al
ristoro - considerato che la presenza nella sede di
Villa d’Agri si è protratta a seguito del trasferimento
per 347 giorni - è pari ad euro 8.154,08 ( euro 0,17
x140 Km x 347 gg.), parametrato all’indennità
chilometrica liquidata al personale inviato in missione
presso la sede di Villa d’Agri, o con riferimento al
costo medio della benzina e dell’usura dell’automezzo,
con determinazione anche in via equitativa;
- che in data 6.10.2002 egli
notificava ricorso al giudice del Lavoro del Tribunale
di Potenza che con provvedimento dell’11.6.2004
dichiarava il proprio difetto di giurisdizione;
- che ciò stante ha adito questo
Tribunale Amministrativo Regionale facendo rilevare in
diritto
A) Sul disposto trasferimento ed il
conseguente danno alla salute e psicofisico ( c.d. danno
biologico):
- che le condizioni dell’ambiente e
le modalità della prestazione lavorativa richiesta hanno
determinato nel ricorrente un danno alla salute , c.d.
danno biologico, inteso come menomazione dell’integrità
psicofisica della persona in sé per sé considerata, in
quanto incidente sul valore ” uomo” in tutta la sua
dimensione, e non solo come produttore di reddito;
- che tale principio si applica
anche al caso di violazione dell’art. 2087 c.c. posto a
tutela delle condizioni di lavoro, il quale impone anche
al datore di lavoro un vero e proprio obbligo, la cui
inosservanza è fonte di responsabilità risarcitoria
dell’integrità psico-fisica del lavoratore;
- che l’obbligazione ex art. 2087
determina il correlativo dovere del datore di lavoro di
conformare il proprio comportamento di canoni di
correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c., e
quindi di adibire il lavoratore affetto da infermità
suscettibili di aggravamento a seguito delle mansioni o
delle modalità lavorative delle stesse, ad altre
mansioni compatibili con le sue condizioni;
- che il disposto trasferimento ha
determinato una violazione dell’art. 2087 e dell’art.
2043 c.c., rilevandosi in un comportamento datoriale
pregiudizievole per l’integrità psicofisica del
lavoratore;
- che secondo la relazione medico
legale di parte del dott. B. ( allegata in atti) il
danno biologico permanente subito va valutato con tasso
del 18-20%;
- che nel caso di specie,
considerate le gravissime ripercussioni psico-fisiche,
si ritiene di dover richiedere un maggior ristoro di
quello tabellare e precisamente euro 115.033,94 per il
danno biologico ed euro 57.916,97 per il danno morale ed
esistenziale.
B) Sul “mobbing ” e la sua
rilevanza nella determinazione del danno biologico,
morale ed esistenziale:
- che nel caso di specie ci
troviamo di fronte ad una evidente situazione di
mobbing, in quanto l’inesatta e/o voluta individuazione
del ricorrente per il trasferimento, l’inveritiera
comunicazione al Tar dei dati di servizio della collega
del ricorrente, la reiterata indifferenza alle
condizioni di salute del ricorrente, hanno originato un
vero e proprio stress da persecuzione psicologica,
riconosciuto come mobbing;
C) Sul comportamento illecito
dell’Amministrazione convenuta e sul danno esistenziale:
- che è indubbio che vi sia stato
dolo o, quanto meno, colpa grave dell’Inps sia nella
fase di individuazione del ricorrente per il
trasferimento, sia nel giudizio dinnanzi al Tar, sia
nella fase stragiudiziale successiva, con necessità di
dover proseguire nella sede giudiziaria ( ricorso in
appello avverso la sentenza negativa di 1° grado) con
conseguente aggravio economico e aggravamento dello
stato ansioso-depressivo;
D) Sull’azionabilità della presente
sentenza:
- che solo a seguito della sentenza
favorevole del Consiglio di Stato del 2001 il ricorrente
ha potuto richiedere il risarcimento dei danni
patrimoniali e psicofisici alla salute;
- che con la decisione del giudice
del Lavoro di Potenza del 2004 che ha dichiarato il
proprio difetto di giurisdizione, il ricorrente ha di
nuovo dovuto adire questo Tribunale Amministrativo
Regionale.
Per contrastare il ricorso si è
costituita in giudizio l’Amministrazione intimata che ha
prodotto documentazione e memoria difensiva con la quale
ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto
inammissibile ed infondato.
Alla pubblica udienza del 17
novembre 2011 la causa e stata introitata per essere
decisa.
Diritto
Prive di pregio sono le eccezioni
di irricevibilità della domanda sollevate
dall’Amministrazione intimata nella memoria di
costituzione.
Va in proposito, infatti, osservato
che è inconferente il richiamo alla norma introdotta
dall’art. 69, comma 7 del D Lvo n. 165/01 secondo cui le
controversie relative a questioni attinenti al periodo
del rapporto di lavoro anteriore al 30.6.1998 restano
attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo solo qualora siano state proposte a pena
di decadenza entro il 15 settembre 2000 e che tale
termine costituisce un termine di decadenza sostanziale
della situazione giuridica soggettiva di cui si assume
titolare il dipendente, con la conseguenza che questa
situazione giuridica si estingua qualora non sia stato
fatta valere con azione proposta entro il 15 settembre
2000.
Ed invero, l’azione proposta dal
ricorrente con l’odierno gravame è di accertamento e
conseguente condanna dell’Amministrazione intimata al
pagamento di somme a titolo di risarcimento danni
patrimoniali, morali, esistenziali e biologici in
conseguenza dell’accertata illegittimità di un
trasferimento di sede subito dal ricorrente.
Accertamento, quest’ultimo,
(condizione dell’azione di cui si disputa) avvenuto a
seguito di una sentenza del Consiglio di Stato del
27.10.2010 con la quale il Supremo Consesso
Amministrativo, in riforma di una decisione del TAR
Basilicata del 30.10.1998, ha dichiarato illegittimo il
trasferimento subito dal ricorrente dalla sede di
Potenza a quella di Villa D’Agri per il periodo
16.6.1993 / 1.5.1995.
Sicché solo da tale momento al
ricorrente era dato di adire le vie giudiziarie per
ottenere, dopo aver inutilmente esperito quelle bonarie,
il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno
a suo dire patito per effetto dell’illegittimo
trasferimento.
Ed è quanto l’interessato ha
provveduto a fare proponendo ricorso, depositato in data
27.8.2002, al Giudice del Lavoro del Tribunale Civile di
Potenza, che con sentenza n. 1035 dell’11.6.2004 ha
dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, in
favore del Giudice Amministrativo, al quale ultimo il
ricorrente si è rivolto con il gravame oggi in esame,
notificato il 13.12.2004 e depositato il successivo
17.12.2004. Tanto è sufficiente per ritenere tempestiva
l’azione promossa dal ricorrente non potendosi far
risalire ad altro momento ( notifica dell’atto o piena
conoscenza dello stesso) il termine utile per adire il
giudice amministrativo dichiarato competente sulla
domanda di risarcimento danni, atteso che, nel caso in
cui l’azione di risarcimento dei danni non sia proposta
unitamente all’azione giurisdizionale di annullamento
dell’atto illegittimo, ma in via autonoma, dopo
l’annullamento dello stesso, il momento iniziale del
decorso del termine quinquennale di prescrizione del
diritto al risarcimento del danno va individuato nella
data di passaggio in giudicato della decisione di
annullamento del giudice amministrativo.
Le considerazioni che precedono
sono altresì sufficienti a contrastare il rilievo, pure
mosso nella memoria di costituzione dell’Inps, relativo
alla eccepita prescrizione o decadenza, atteso che per
il calcolo delle stesse non può di certo farsi
riferimento all’epoca dei fatti ( cioè al periodo
16.6.1993 / 1.5.1995) in quanto, come già chiarito, è
solo dall’accertamento della illiceità del comportamento
dell’Amministrazione ( recte dalla acclarata
illegittimità del provvedimento di trasferimento) che
decorrono i termini per eventualmente proporre l’azione
di risarcimento danni conseguente all’illegittimo
trasferimento.
Priva di pregio è poi l’eccezione
di nullità del ricorso per violazione dell’art. 35 T.U.
n. 1054 del 1924. Sul punto è sufficiente osservare che
il ricorso pur se tecnicamente riferito all’art. 414
c.p.c. è intestato al Tribunale Amministrativo della
Basilicata e reca a margine il mandato a firma del
ricorrente ed in calce la firma dei due difensori
costituiti.
La circostanza, infine, che il
ricorrente abbia chiesto ed ottenuto il trasferimento
presso la sede di Potenza sin dalla data dell’1.5.1995
non può di certo essere valutata come comportamento
acquiescente al procedimento né tanto meno può emendare
quest’ultimo dai profili di illegittimità riscontrati in
sede giudiziaria.
Superate quindi le questioni
pregiudiziali di cui innanzi, va esaminata nel merito la
domanda azionata dal ricorrente, che risulta fondata nei
limiti e nei sensi che di seguito saranno precisati.
Va preliminarmente osservato che la
domanda di risarcimento del danno per ” mobbing” è priva
di fondamento.
Il ricorrente ha chiesto la
condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni
( biologico, morale, esistenziale ed alla vita di
relazione) asseritamente sofferti in conseguenza della
condotta mobbizzante posta in essere nei suoi confronti
dal datore di lavoro: una condotta volutamente
prevaricatoria volta ad emarginarlo o comunque a
danneggiarlo, che s’è concretizzata in un danno alla
vita di relazione costituito dallo stato ansioso
depressivo in cui il ricorrente sarebbe caduto per
effetto dell’illegittimo trasferimento dalla sede di
Potenza a quella di Villa d’Agri, nonché dall’aggravarsi
di alcune patologie per effetto del disagio dovuto al
quotidiano viaggio necessario per raggiungere in auto la
nuova sede di servizio.
Orbene, per ” mobbing” si intende
comunemente una condotta del datore di lavoro o del
superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo,
tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di
lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati
comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di
prevaricazione e di persecuzione psicologica, da cui può
conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione
del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio
fisiopsichico e del complesso della sua personalità.
Ai fini della configurabilità della
condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto,
rilevanti . a) la molteplicità di comportamenti di
carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se
considerati singolarmente, che siano stati posti in
essere in modo miratamente sistematico e prolungato
contro il dipendente con intento vessatorio; b) l’evento
lesivo della salute o della personalità del dipendente;
c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del
superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità
psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell’elemento
persecutorio.
In particolare, ai fini della
configurabilità del mobbing, si richiede il riscontro di
una diffusa ostilità proveniente dall’ambiente di
lavoro, posta in essere attraverso una pluralità di
condotte frutto di una vera e propria strategia
persecutoria, avente di mira l’emarginazione del
dipendente dalla struttura organizzativa di cui fa
parte.
Non ricorre ” mobbing”, pertanto,
qualora le circostanze addotte ed accertate non
consentono di individuare, secondo un principio di
verosimiglianza, il carattere persecutorio e
discriminante del complesso delle condotte compiute
dalla P.A.
Il Collegio ritiene che nel caso di
specie i comportamenti contestati all’Amministrazione
non configurano una condotta ” mobbizzante”.
Soprattutto, non è stata fornita
alcuna prova dell’esistenza di una ” strategia
persecutoria” nei confronti del dipendente, né questa è
desumibile dalla vicenda e dal comportamento contestato
alla P.A.
In particolare, come si è innanzi
chiarito, il ricorrente è stato oggetto di un
trasferimento avvenuto a seguito di una graduatoria
predisposta senza che alcuna norma avesse stabilito in
maniera chiara ed incontrovertibile l’esclusione del
servizio pre-ruolo e ritenuto dapprima legittimo dal
giudice di primo grado, e poi illegittimo dal giudice di
secondo grado, anche in conseguenza delle note trasmesse
dalla Direzione Generale dell’Inps con le quali si
comunicava che, nella formazione della graduatoria di
mobilità regionale, erroneamente si era tenuto conto del
servizio pre-ruolo prestato dalla contro interessata
sig.ra D. C. e che erano state avviate le procedure
necessarie a sanare la situazione creatasi con il
disposto trasferimento.
Il che esclude ogni ipotesi di
mobbing, così come innanzi definito.
A tanto aggiungasi che il
ricorrente non ha fornito prove concrete dei danni
asseritamente sofferti (non essendo a ciò sufficiente la
perizia di parte prodotta in giudizio), né soprattutto
della loro derivazione causale dall’illecito contestato.
Pertanto, la domanda risarcitoria
per i danni subiti in conseguenza del ” mobbing” ( danno
biologico, danno morale e danno esistenziale) va
respinta perché infondata e non provata.
Diversa sorte, invece, merita la
domanda di risarcimento dei danni patrimoniali subiti
dal ricorrente per affrontare, per tutto il periodo di
permanenza nella sede di trasferimento di Villa d’Agri,
il viaggio con la propria autovettura.
All’uopo, considerato che il
ricorrente ha dichiarato che il viaggio non poteva che
essere affrontato unicamente in auto e l’Amministrazione
resistente non ha per nulla contrastato tale
affermazione, appare equo che lo stesso debba essere
ristorato dell’ingiusto danno conseguente al disposto
trasferimento con l’attribuzione della somma richiesta
di euro 8.154, 08 ( euro 0,17×140 Km x 347 gg.)
parametrata all’indennità chilometrica liquidata al
personale inviato in missione nella sede di Villa
D’Agri.
Alla somma su indicata andranno
calcolati gli interessi legali, nonché la rivalutazione
monetaria dalla data della domanda al soddisfo.
Priva di fondamento, infine, è la
richiesta di spese mediche affrontate dal ricorrente
nella somma indicata di euro 1.000,00 ( mille) in quanto
generica e non comprovata.
In conclusione il ricorso va
accolto nei limiti di cui in motivazione e le spese di
giudizio poste a carico dell’Amministrazione resistente
nella misura che sarà precisata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Basilicata, definitivamente
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo
accoglie nei limiti di cui in motivazione.
Condanna l’Amministrazione intimata
al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in
complessive euro 2.000,00 ( duemila) e alla rifuzione
del Contributo Unificato versato.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall’autorità amministrativa.
Depositata in Segreteria il
10.01.2012 |