Avv. Paolo Nesta


Palazzo Giustizia  Roma


Palazzo Giustizia Milano

Sede di Roma: C.so Vittorio Emanuele II,  252   00186 – Roma
Tel. (+39) 06.6864694 – 06.6833101 Fax (+39) 06.6838993
Sede di Milano:  Via Pattari,  6   20122 - Milano 
Tel. (+39) 02.36556452 – 02.36556453  Fax (+ 39) 02.36556454 

 

Risarcimento del danno, mobbing ed onere della prova (TAR Basilicata, n. 6/2012)-commento e testo-Staiano Rocchina

 

Home page

Note legali e privacy

Dove siamo

Profilo e attività

Avvocati dello Studio

Contatti

Cassa di Previdenza e deontologia forense

Notizie di cultura e di utilità varie

 

 

Diritto.it

               

 

 

Massima

Il ricorso per risarcimento danni, anche in tema di "mobbing", impone al ricorrente di fornire la prova dei danni, sia sul piano oggettivo della "condotta persecutoria" contestata, sia sul piano soggettivo dell'intento persecutorio della P.A. datrice di lavoro.

 

1. Premessa

 

La pronuncia in esame prende in considerazione la problematica del mobbing. È noto come per "mobbing" si intenda, comunemente, una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolva in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità.

Come più volte ricordato dalla giurisprudenza, il termine "mobbing" deriva dal verbo in lingua inglese "to mob" (che significa assalire, prendere

d'assalto, malmenare) e viene spesso utilizzato per indicare genericamente molestie morali sul luogo di lavoro.

La medesima giurisprudenza ha chiarito che costituisce "mobbing" l'insieme delle condotte datoriali protratte nel tempo e con le caratteristiche della persecuzione finalizzata all'emarginazione del dipendente con comportamenti, materiali o provvedimentali, indipendentemente dall'inadempimento di specifici obblighi contrattuali o dalla violazione di specifiche norme attinenti alla tutela del lavoratore subordinato; sicché, la sussistenza della lesione, del bene protetto e delle sue conseguenze deve essere verificata - procedendosi alla valutazione complessiva degli episodi dedotti in giudizio come lesivi - considerando l'idoneità offensiva della condotta, che può essere dimostrata, per la sistematicità e durata dell'azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificamente da una connotazione emulativa e pretestuosa (1).

Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti:

- la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio;

- l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente;

- il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psicofisica del lavoratore;

- la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio (2).

 

2. Mobbing ed onere della prova

Al fine di configurare una condotta causale di danno da mobbing, la giurisprudenza ha specificato che occorra fornire, la prova dell'esistenza di un disegno "persecutorio" - da ravvisarsi in ipotesi di comportamenti materiali o di provvedimenti contraddistinti da finalità di volontaria e organica vessazione nonché discriminazione, con connotazione emulativa e pretestuosa, indipendentemente dalla violazione di specifici obblighi contrattuali - identificabile quale elemento soggettivo della fattispecie illecita (3).

Tuttavia, determinati comportamenti non possono essere qualificati come "mobbing", ai fini della pronuncia risarcitoria richiesta, se è dimostrato che vi è una ragionevole ed alternativa spiegazione al comportamento datoriale.

Se, sotto il profilo definitorio, può essere condivisa la tesi giurisprudenziale secondo cui il c.d. "danno da mobbing" consiste in una condotta del datore di lavoro sistematica e protratta nel tempo, connotata dal carattere della persecuzione, finalizzata all'emarginazione del lavoratore ed idonea a concretare una lesione dell'integrità psicofisica e della personalità del prestatore, altresì (sotto il diverso profilo dell'accertamento del danno) merita condivisione l'orientamento giurisprudenziale secondo cui tale accertamento comporta una valutazione complessiva degli episodi lamentati dal lavoratore, i quali devono essere valutati in modo unitario, tenuto conto:

- da un lato, dell'idoneità offensiva della condotta datoriale (come desumibile dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione)

- e, dall'altro, della connotazione univocamente emulativa e pretestuosa della richiamata condotta.

Ne consegue che la ricorrenza di un'ipotesi di condotta mobbizzante andrà esclusa quante volte la valutazione complessiva dell'insieme di circostanze addotte (ed accertate nella loro materialità), pur se idonea a palesare, singulatim, elementi ed episodi di conflitto sul luogo di lavoro, non consenta di individuare, secondo un giudizio di verosimiglianza, il carattere unitariamente persecutorio e discriminante nei confronti del singolo del complesso delle condotte poste in essere sul luogo di lavoro.

 

Rocchina Staiano

Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente, dal 1 ° novembre 2009 ad oggi, della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.

 

___________

(1) Cass. civ., sez. lav., 6 marzo 2006, n. 4774.

(2) Cfr., ex plurimis, Cass. civ., sez. lav., 17 febbraio 2009, n. 3785.

(3) Per tutte, Cons. Stato, sez. V, 6 maggio 2008, n. 2015.

 

 

Mobbing – Trasferimento illegittimo – Onere della prova (TAR Basilicata, n. 6/2012)

sul ricorso numero di registro generale 622 del 2004, proposto da:

S. A.,

 

contro

 

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale Sede di Potenza, in persona del legale rappresentante p. t., rappresentato e difeso dagli avv. Canio Sabina, Filomena Camardese e Saverio Mercanti, con domicilio eletto in Potenza, presso Uff.Legale Inps via Pretoria,277;

per il risarcimento danni causati dall’illegittimo trasferimento lavorativo

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

 

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Istituto Nazionale della Previdenza Sociale Sede di Potenza;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 novembre 2011 il dott. Antonio Ferone e udito l’avv. Luciano Petrullo, su delega dell’Avv. Filomena Camardese.;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

Fatto

 

Con atto notificato il 13 dicembre 2004 e depositato il 17 dicembre successivo S. A. ha adito questo Tribunale per ottenere il risarcimento del danno biologico, morale, esistenziale e patrimoniale, previo accertamento della responsabilità dell’Inps per l’aggravamento dell’integrità psicofisica derivata dall’illegittimo trasferimento lavorativo disposto in data 16.6.1993 dalla sede di Potenza a quella di Villa D’Agri.

 

L’interessato premette

 

- di essere stato assunto dall’Inps nel luglio 1978 ed assegnato alla sede di Potenza nel 1981 quale addetto all’Ufficio liquidazione pensioni;

 

- che in data 16.6.1993 gli veniva comunicato un provvedimento di trasferimento presso il centro operativo di Villa D’Agri, a seguito di mobilità regionale;

 

- che tale provvedimento veniva impugnato ed annullato con sentenza del C.d.S. n. 571/2001;

 

- che a causa del trasferimento era stata stravolta la sua vita lavorativa e personale e comunque si erano riacutizzate le patologie dalle quali era già affetto e che erano state prontamente segnalate all’Inps, in quanto passibili di aggravamento a seguito della guida in auto quotidiana e per un lungo tragitto ( 140 Km al giorno su strade montane);

 

- che costretto da necessità economiche, continuava a prestare servizio presso la nuova sede, pur addetto a mansioni diverse e meno qualificanti di quelle svolte nella sede di Potenza;

 

- che solamente in data 1.5.1995 era riuscito ad ottenere il trasferimento presso l’originaria sede di Potenza, motivato da esigenze di servizio dell’Ente datore di lavoro;

 

- che a seguito della decisione del C.d.S., in data 3.8.01 aveva richiesto all’Inps la ricostruzione dell’anzianità di servizio presso la sede di Potenza nonché il ristoro dei danni subiti;

 

- che non avendo avuto riscontro, in data 21.12.01, avanzava richiesta al competente Collegio di Conciliazione presso la DPL di Potenza;

 

- che, convocate le parti, la Commissione di Conciliazione proponeva l’esito di una disponendo visita medico-legale, alla quale egli accettava di sottoporsi, ma che l’Inps comunicava di non accettarne l’esito, sicché il Collegio dava atto che non si era raggiunto alcun accordo;

 

- che in data 25.09.01 il medico legale dott. B. concludeva una perizia di parte ritenendo che “il disposto trasferimento lo ha danneggiato arrecandogli, attualmente, un disturbo depressivo ansioso a carattere reattivo di discreta entità il danno biologico permanente è da valutarsi intorno al 18-20%”;

 

- che rilevanti sono stati anche i danni patrimoniali da lui subiti per affrontare il viaggio nella sede di Villa D’Angri, raggiungibile solo in auto, e che l’interessato effettivamente percorreva con la propria autovettura Wolksvagen Vento 1800 a benzina verde;

 

- che il relativo diritto al ristoro - considerato che la presenza nella sede di Villa d’Agri si è protratta a seguito del trasferimento per 347 giorni - è pari ad euro 8.154,08 ( euro 0,17 x140 Km x 347 gg.), parametrato all’indennità chilometrica liquidata al personale inviato in missione presso la sede di Villa d’Agri, o con riferimento al costo medio della benzina e dell’usura dell’automezzo, con determinazione anche in via equitativa;

 

- che in data 6.10.2002 egli notificava ricorso al giudice del Lavoro del Tribunale di Potenza che con provvedimento dell’11.6.2004 dichiarava il proprio difetto di giurisdizione;

 

- che ciò stante ha adito questo Tribunale Amministrativo Regionale facendo rilevare in diritto

 

A) Sul disposto trasferimento ed il conseguente danno alla salute e psicofisico ( c.d. danno biologico):

 

- che le condizioni dell’ambiente e le modalità della prestazione lavorativa richiesta hanno determinato nel ricorrente un danno alla salute , c.d. danno biologico, inteso come menomazione dell’integrità psicofisica della persona in sé per sé considerata, in quanto incidente sul valore ” uomo” in tutta la sua dimensione, e non solo come produttore di reddito;

 

- che tale principio si applica anche al caso di violazione dell’art. 2087 c.c. posto a tutela delle condizioni di lavoro, il quale impone anche al datore di lavoro un vero e proprio obbligo, la cui inosservanza è fonte di responsabilità risarcitoria dell’integrità psico-fisica del lavoratore;

 

- che l’obbligazione ex art. 2087 determina il correlativo dovere del datore di lavoro di conformare il proprio comportamento di canoni di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c., e quindi di adibire il lavoratore affetto da infermità suscettibili di aggravamento a seguito delle mansioni o delle modalità lavorative delle stesse, ad altre mansioni compatibili con le sue condizioni;

 

- che il disposto trasferimento ha determinato una violazione dell’art. 2087 e dell’art. 2043 c.c., rilevandosi in un comportamento datoriale pregiudizievole per l’integrità psicofisica del lavoratore;

 

- che secondo la relazione medico legale di parte del dott. B. ( allegata in atti) il danno biologico permanente subito va valutato con tasso del 18-20%;

 

- che nel caso di specie, considerate le gravissime ripercussioni psico-fisiche, si ritiene di dover richiedere un maggior ristoro di quello tabellare e precisamente euro 115.033,94 per il danno biologico ed euro 57.916,97 per il danno morale ed esistenziale.

 

B) Sul “mobbing ” e la sua rilevanza nella determinazione del danno biologico, morale ed esistenziale:

 

- che nel caso di specie ci troviamo di fronte ad una evidente situazione di mobbing, in quanto l’inesatta e/o voluta individuazione del ricorrente per il trasferimento, l’inveritiera comunicazione al Tar dei dati di servizio della collega del ricorrente, la reiterata indifferenza alle condizioni di salute del ricorrente, hanno originato un vero e proprio stress da persecuzione psicologica, riconosciuto come mobbing;

 

C) Sul comportamento illecito dell’Amministrazione convenuta e sul danno esistenziale:

 

- che è indubbio che vi sia stato dolo o, quanto meno, colpa grave dell’Inps sia nella fase di individuazione del ricorrente per il trasferimento, sia nel giudizio dinnanzi al Tar, sia nella fase stragiudiziale successiva, con necessità di dover proseguire nella sede giudiziaria ( ricorso in appello avverso la sentenza negativa di 1° grado) con conseguente aggravio economico e aggravamento dello stato ansioso-depressivo;

 

D) Sull’azionabilità della presente sentenza:

 

- che solo a seguito della sentenza favorevole del Consiglio di Stato del 2001 il ricorrente ha potuto richiedere il risarcimento dei danni patrimoniali e psicofisici alla salute;

 

- che con la decisione del giudice del Lavoro di Potenza del 2004 che ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, il ricorrente ha di nuovo dovuto adire questo Tribunale Amministrativo Regionale.

 

Per contrastare il ricorso si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata che ha prodotto documentazione e memoria difensiva con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto inammissibile ed infondato.

 

Alla pubblica udienza del 17 novembre 2011 la causa e stata introitata per essere decisa.

 

Diritto

 

Prive di pregio sono le eccezioni di irricevibilità della domanda sollevate dall’Amministrazione intimata nella memoria di costituzione.

 

Va in proposito, infatti, osservato che è inconferente il richiamo alla norma introdotta dall’art. 69, comma 7 del D Lvo n. 165/01 secondo cui le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30.6.1998 restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte a pena di decadenza entro il 15 settembre 2000 e che tale termine costituisce un termine di decadenza sostanziale della situazione giuridica soggettiva di cui si assume titolare il dipendente, con la conseguenza che questa situazione giuridica si estingua qualora non sia stato fatta valere con azione proposta entro il 15 settembre 2000.

 

Ed invero, l’azione proposta dal ricorrente con l’odierno gravame è di accertamento e conseguente condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento di somme a titolo di risarcimento danni patrimoniali, morali, esistenziali e biologici in conseguenza dell’accertata illegittimità di un trasferimento di sede subito dal ricorrente.

 

Accertamento, quest’ultimo, (condizione dell’azione di cui si disputa) avvenuto a seguito di una sentenza del Consiglio di Stato del 27.10.2010 con la quale il Supremo Consesso Amministrativo, in riforma di una decisione del TAR Basilicata del 30.10.1998, ha dichiarato illegittimo il trasferimento subito dal ricorrente dalla sede di Potenza a quella di Villa D’Agri per il periodo 16.6.1993 / 1.5.1995.

 

Sicché solo da tale momento al ricorrente era dato di adire le vie giudiziarie per ottenere, dopo aver inutilmente esperito quelle bonarie, il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno a suo dire patito per effetto dell’illegittimo trasferimento.

 

Ed è quanto l’interessato ha provveduto a fare proponendo ricorso, depositato in data 27.8.2002, al Giudice del Lavoro del Tribunale Civile di Potenza, che con sentenza n. 1035 dell’11.6.2004 ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, in favore del Giudice Amministrativo, al quale ultimo il ricorrente si è rivolto con il gravame oggi in esame, notificato il 13.12.2004 e depositato il successivo 17.12.2004. Tanto è sufficiente per ritenere tempestiva l’azione promossa dal ricorrente non potendosi far risalire ad altro momento ( notifica dell’atto o piena conoscenza dello stesso) il termine utile per adire il giudice amministrativo dichiarato competente sulla domanda di risarcimento danni, atteso che, nel caso in cui l’azione di risarcimento dei danni non sia proposta unitamente all’azione giurisdizionale di annullamento dell’atto illegittimo, ma in via autonoma, dopo l’annullamento dello stesso, il momento iniziale del decorso del termine quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno va individuato nella data di passaggio in giudicato della decisione di annullamento del giudice amministrativo.

 

Le considerazioni che precedono sono altresì sufficienti a contrastare il rilievo, pure mosso nella memoria di costituzione dell’Inps, relativo alla eccepita prescrizione o decadenza, atteso che per il calcolo delle stesse non può di certo farsi riferimento all’epoca dei fatti ( cioè al periodo 16.6.1993 / 1.5.1995) in quanto, come già chiarito, è solo dall’accertamento della illiceità del comportamento dell’Amministrazione ( recte dalla acclarata illegittimità del provvedimento di trasferimento) che decorrono i termini per eventualmente proporre l’azione di risarcimento danni conseguente all’illegittimo trasferimento.

 

Priva di pregio è poi l’eccezione di nullità del ricorso per violazione dell’art. 35 T.U. n. 1054 del 1924. Sul punto è sufficiente osservare che il ricorso pur se tecnicamente riferito all’art. 414 c.p.c. è intestato al Tribunale Amministrativo della Basilicata e reca a margine il mandato a firma del ricorrente ed in calce la firma dei due difensori costituiti.

 

La circostanza, infine, che il ricorrente abbia chiesto ed ottenuto il trasferimento presso la sede di Potenza sin dalla data dell’1.5.1995 non può di certo essere valutata come comportamento acquiescente al procedimento né tanto meno può emendare quest’ultimo dai profili di illegittimità riscontrati in sede giudiziaria.

 

Superate quindi le questioni pregiudiziali di cui innanzi, va esaminata nel merito la domanda azionata dal ricorrente, che risulta fondata nei limiti e nei sensi che di seguito saranno precisati.

 

Va preliminarmente osservato che la domanda di risarcimento del danno per ” mobbing” è priva di fondamento.

 

Il ricorrente ha chiesto la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni ( biologico, morale, esistenziale ed alla vita di relazione) asseritamente sofferti in conseguenza della condotta mobbizzante posta in essere nei suoi confronti dal datore di lavoro: una condotta volutamente prevaricatoria volta ad emarginarlo o comunque a danneggiarlo, che s’è concretizzata in un danno alla vita di relazione costituito dallo stato ansioso depressivo in cui il ricorrente sarebbe caduto per effetto dell’illegittimo trasferimento dalla sede di Potenza a quella di Villa d’Agri, nonché dall’aggravarsi di alcune patologie per effetto del disagio dovuto al quotidiano viaggio necessario per raggiungere in auto la nuova sede di servizio.

 

Orbene, per ” mobbing” si intende comunemente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione e di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità.

 

Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti . a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell’elemento persecutorio.

 

In particolare, ai fini della configurabilità del mobbing, si richiede il riscontro di una diffusa ostilità proveniente dall’ambiente di lavoro, posta in essere attraverso una pluralità di condotte frutto di una vera e propria strategia persecutoria, avente di mira l’emarginazione del dipendente dalla struttura organizzativa di cui fa parte.

 

Non ricorre ” mobbing”, pertanto, qualora le circostanze addotte ed accertate non consentono di individuare, secondo un principio di verosimiglianza, il carattere persecutorio e discriminante del complesso delle condotte compiute dalla P.A.

 

Il Collegio ritiene che nel caso di specie i comportamenti contestati all’Amministrazione non configurano una condotta ” mobbizzante”.

 

Soprattutto, non è stata fornita alcuna prova dell’esistenza di una ” strategia persecutoria” nei confronti del dipendente, né questa è desumibile dalla vicenda e dal comportamento contestato alla P.A.

 

In particolare, come si è innanzi chiarito, il ricorrente è stato oggetto di un trasferimento avvenuto a seguito di una graduatoria predisposta senza che alcuna norma avesse stabilito in maniera chiara ed incontrovertibile l’esclusione del servizio pre-ruolo e ritenuto dapprima legittimo dal giudice di primo grado, e poi illegittimo dal giudice di secondo grado, anche in conseguenza delle note trasmesse dalla Direzione Generale dell’Inps con le quali si comunicava che, nella formazione della graduatoria di mobilità regionale, erroneamente si era tenuto conto del servizio pre-ruolo prestato dalla contro interessata sig.ra D. C. e che erano state avviate le procedure necessarie a sanare la situazione creatasi con il disposto trasferimento.

 

Il che esclude ogni ipotesi di mobbing, così come innanzi definito.

 

A tanto aggiungasi che il ricorrente non ha fornito prove concrete dei danni asseritamente sofferti (non essendo a ciò sufficiente la perizia di parte prodotta in giudizio), né soprattutto della loro derivazione causale dall’illecito contestato.

 

Pertanto, la domanda risarcitoria per i danni subiti in conseguenza del ” mobbing” ( danno biologico, danno morale e danno esistenziale) va respinta perché infondata e non provata.

 

Diversa sorte, invece, merita la domanda di risarcimento dei danni patrimoniali subiti dal ricorrente per affrontare, per tutto il periodo di permanenza nella sede di trasferimento di Villa d’Agri, il viaggio con la propria autovettura.

 

All’uopo, considerato che il ricorrente ha dichiarato che il viaggio non poteva che essere affrontato unicamente in auto e l’Amministrazione resistente non ha per nulla contrastato tale affermazione, appare equo che lo stesso debba essere ristorato dell’ingiusto danno conseguente al disposto trasferimento con l’attribuzione della somma richiesta di euro 8.154, 08 ( euro 0,17×140 Km x 347 gg.) parametrata all’indennità chilometrica liquidata al personale inviato in missione nella sede di Villa D’Agri.

 

Alla somma su indicata andranno calcolati gli interessi legali, nonché la rivalutazione monetaria dalla data della domanda al soddisfo.

 

Priva di fondamento, infine, è la richiesta di spese mediche affrontate dal ricorrente nella somma indicata di euro 1.000,00 ( mille) in quanto generica e non comprovata.

 

In conclusione il ricorso va accolto nei limiti di cui in motivazione e le spese di giudizio poste a carico dell’Amministrazione resistente nella misura che sarà precisata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.

 

Condanna l’Amministrazione intimata al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessive euro 2.000,00 ( duemila) e alla rifuzione del Contributo Unificato versato.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Depositata in Segreteria il 10.01.2012

 

Legislazione e normativa nazionale

Dottrina e sentenze

Consiglio Ordine Roma: informazioni

Rassegna stampa del giorno

Articoli, comunicati e notizie

Interventi, pareri e commenti degli Avvocati

Formulario di atti e modulistica

Informazioni di contenuto legale

Utilità per attività legale

Links a siti avvocatura e siti giuridici