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La norma giuridica deve essere
interpretata, innanzi tutto e principalmente, dal punto
di vista letterale, non potendosi al testo "attribuire
altro senso se non quello fatto palese dal significato
proprio delle parole secondo la connessione di esse",
pertanto, nell'ipotesi in cui l'interpretazione
letterale di una norma di legge sia sufficiente ad
individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo
significato e la connessa portata precettiva,
l'interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico
sussidiario costituito dalla ricerca, merce l'esame
complessivo del testo, della mens legis, specie se,
attraverso siffatto procedimento, possa pervenirsi al
risultato di modificare la volontà della norma, così
come inequivocabilmente espressa dal legislatore;
soltanto qualora la lettera della norma medesima risulti
ambigua (e si appalesi altresì infruttuoso il ricorso al
predetto criterio ermeneutico sussidiario), l'elemento
letterale e l'intento del legislatore, insufficienti in
quanto utilizzati singolarmente, acquistano un ruolo
paritetico in seno al procedimento ermeneutico, cosicchè
il secondo funge da criterio comprimario e funzionale ad
ovviare all'equivocità del testo da interpretare.
Cassazione civile, Sezione
lavoro, sentenza del 26.1.2012, n. 1111
...omissis...
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la
ricorrente denuncia violazione di norme di diritto (L.
n. 773 del 1982, art. 10, e art. 1 Regolamento sulla
Contribuzione alla Cassa Geometri), deducendo che, in
base alla normativa di riferimento, non avrebbero dovuto
essere confuse le annualità reddituali, da considerarsi
ai fini contributivi, con le annualità correnti, a cui
esplicitamente si riferisce la L. n. 773 del 1982, con
la conseguenza che per i 1998, quarto anno di iscrizione
alla Cassa del C., non avrebbe dovuto essere applicata
l'agevolazione prevista per i tre anni precedenti.
Con il secondo motivo la Cassa
denuncia vizio di motivazione, deducendo che, con
riferimento al versamento di lire 2.500.000, effettuato
dal C. nel 1998, la Corte territoriale non aveva tenuto
conto di quanto previsto dalla delibera n. 3/98
(prodotta in causa), prevedente che il contributo minimo
per l'anno 1998 era fissato appunto in lire 2.500.000,
laddove per l'anno precedente il versamento minimo era
pari a lire 2.140.000. 2. La L. n. 773 del 1982, art.
10, per ciò che qui specificamente rileva, prevede:
- al comma 1, un contributo
soggettivo obbligatorio a carico di ogni iscritto alla
Cassa, pari alle indicate percentuali del reddito
professionale netto prodotto nell'anno precedente, quale
risultante dalla relativa dichiarazione ai fini
dell'Irpef;
- al comma 2, un contributo minimo
dovuto "in ogni caso";
- al comma 4, che "Per i geometri
che iniziano la professione e che si iscrivono perla
prima volta alla Cassa prima di aver compiuto i 25 anni
di età, il contributo di cui ai primi due commi del
presente articolo è ridotto alla metà per l'anno di
iscrizione e per i due anni successivi".
Secondo la giurisprudenza di questa
Corte è fondamentale canone di ermeneutica, sancito
dall'art. 12 preleggi, che la norma giuridica deve
essere interpretata, innanzi tutto e principalmente, dal
punto di vista letterale, non potendosi al testo
"attribuire altro senso se non quello fatto palese dal
significato proprio delle parole secondo la connessione
di esse", pertanto, nell'ipotesi in cui
l'interpretazione letterale di una norma di legge sia
sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco,
il relativo significato e la connessa portata
precettiva, l'interprete non deve ricorrere al criterio
ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, merce
l'esame complessivo del testo, della mens legis, specie
se, attraverso siffatto procedimento, possa pervenirsi
al risultato di modificare la volontà della norma, così
come inequivocabilmente espressa dal legislatore;
soltanto qualora la lettera della norma medesima risulti
ambigua (e si appalesi altresì infruttuoso il ricorso al
predetto criterio ermeneutico sussidiario), l'elemento
letterale e l'intento del legislatore, insufficienti in
quanto utilizzati singolarmente, acquistano un ruolo
paritetico in seno al procedimento ermeneutico, cosicchè
il secondo funge da criterio comprimario e funzionale ad
ovviare all'equivocità del testo da interpretare (cfr,
ex plurimis, Cass., nn. 3359/1975; 2454/1983;
3495/1996; 5128/2001; nonchè, in
applicazione dei medesimi principi, ex plurimis, Cass.,
nn. 12081/2003; 3382/2009; 12136/2011).
In base a tali principi deve
convenirsi che la portata letterale della L. n. 773 del
1982, suddetto art. 10, comma 4, è assolutamente
inequivoca nell'indicare, proprio in base al senso fatto
palese dal significato proprio delle parole secondo la
loro connessione, che la riduzione del contributo spetta
unicamente per l'anno di iscrizione e per i due anni
successivi, e non già anche per il quarto anno;
approdo ermeneutico, quest'ultimo,
a cui la Corte territoriale è ineluttabilmente (ma
erroneamente) approdata prendendo in considerazione non
già gli anni a cui la norma si riferisce, ma le
annualità di reddito professionale a cui rapportare il
contributo soggettivo indicato nel comma 1.
Nè tale opzione ermeneutica può
trovare sostegno nella considerazione che, per il primo
anno di iscrizione, verosimilmente il professionista non
ha dichiarato alcun reddito professionale relativo
all'anno precedente, posto che in tale (fisiologica)
ipotesi la riduzione, per tale anno, opererà sul
contributo minimo, dovuto "in ogni caso", contemplato
dal secondo comma del medesimo articolo di legge.
Il primo motivo è dunque fondato,
dovendosi affermare il seguente principio di diritto:
"La L. 20 ottobre 1982, n. 773, art. 10, comma 4, (di
Riforma della Cassa nazionale di previdenza ed
assistenza a favore dei geometri), il quale prevede che
"Per i geometri che iniziano la professione e che si
iscrivono per la prima volta alla Cassa prima di aver
compiuto i 25 anni di età, il contributo di cui ai primi
due commi del presente articolo è ridotto alla metà per
l'anno di iscrizione e per i due anni successivi", va
interpreto nel senso che la riduzione ivi contemplata va
calcolata sui contributi soggettivi che il
professionista è tenuto a versare nelle annualità
espressamente contemplate dalla norma e non già anche
sul contributo che il medesimo dovrà corrispondere nel
quarto anno di iscrizione, ancorchè tale contributo
debba essere determinato percentualmente al reddito
professionale netto prodotto nell'anno precedente, quale
risultante dalla relativa dichiarazione ai fini
dell'Irpef.
3. Parimenti fondato è anche il
secondo motivo.
L'affermazione della sentenza
impugnata secondo cui il versamento della somma di lire
2.500.000 era stato versato da professionista
cautelativamente "per coprire il debito contributivo del
1997" è sostanzialmente apodittica, non avendo la Corte
territoriale spiegato da quali emergenze probatorie
abbia tratto tale convincimento; nè avendo tenuto in
considerazione Tanno in cui il versamento è stato
effettuato (quale elemento di giudizio orientativamente
destinato, in difetto di esplicita diversa imputazione,
ad indicare l'annualità a cui il versamento stesso
doveva ritenersi pertinente); nè avendo indagato,
nonostante le indicazioni in tal senso svolte dalla
Cassa, sull'ammontare del contributo minimo previsto,
secondo le deliberazioni assunte, rispettivamente per il
1997 e per il 1998 (potendosi anche da tali elementi, in
base alla coincidenza del versamento effettuato con
l'ammontare minimo previsto per l'uno o per l'altro
anno, trarre ulteriori valutazioni al fine di desumere
l'annualità di riferimento del versamento medesimo).
4. In definitiva il ricorso va
accolto.
La sentenza impugnata deve pertanto
essere cassata, con rinvio al Giudice designato in
dispositivo, che procederà a nuovo esame conformandosi
al suindicato principio di diritto e provvederà altresì
sulle spese dei presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa
la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alia
Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione. |