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Commette il reato di violenza
sessuale su minore l'uomo che a bordo di un autobus
della linea urbana tocca il ginocchio di costei con la
mano o con la gamba e, contemporaneamente, infila le
mani nei propri pantaloni, alzando ed abbassando la
cerniera lampo degli stessi fino a romperla. La Corte ha
ritenuto esente da vizi la sentenza della Corte di
Appello che ha ritenuto sussistenti entrambi i
requisiti, oggettivo e soggettivo, richiesti dalla
giurisprudenza di legittimita' per la configurabilita'
del delitto contestato e cioe' un rapporto carpare
carpari, inteso quale volontario contatto fisico diretto
tra soggetto passivo e soggetto attivo, finalizzato a
soddisfare la concupiscenza di quest'ultimo (ex multis
Cass. 2/7/03 n. 36758). Inconferente, di poi, e' da
ritenere, quanto sostenuto dal ricorrente per escludere
la concretizzazione del reato ascrittogli, e cioe' che
tale parte del corpo non rientra tra le cosiddette "zone
erogene", perche' e' evidente che per i bambini non puo'
essere adottato lo stesso metro di valutazione riferito
agli adulti per quanto riguarda quelle predette
specifiche parti del corpo.
Corte di Cassazione, Sezione 3
penale, Sentenza 12 dicembre 2011, n. 45950
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. MANNINO Saverio Felice -
Presidente
Dott. TERESI Alfredo -
Consigliere
Dott. FIALE Aldo - Consigliere
Dott. AMORESANO Silvio -
Consigliere
Dott. GAZZARA Santi -
Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Ma. Ma. nato a (OMESSO);
Avverso la sentenza resa dalla
Corte di Appello di Roma, il 15/12/2010;
Visti gli atti, la sentenza ed
il ricorso;
Udita la relazione svolta in
udienza dal consigliere Dott. Santi Gazzara;
Udita la requisitoria del
sostituto Procuratore Generale, nella persona del Dott.
Giuseppe Volpe, il quale ha concluso per l'annullamento
con rinvio;
Udito il difensore della parte
civile, avv. Maimone Michele, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
Udito il difensore del
ricorrente, avv. Umbertini Gianluca, il quale ha
conclusi) insistendo in ricorso.
Osserva:
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Roma, con
sentenza del 19/4/2010, dichiarava Ma. Ma. colpevole del
reato di cui all'articolo 609 bis c.p. e articolo 609
ter c.p., n. 1, commesso ai danni di Te. Gi. , di anni
11, a bordo di un autobus della linea urbana (OMESSO),
per avere toccato il ginocchio di costei con la mano o
con la gamba e, contemporaneamente, infilava le mani nei
propri pantaloni e cominciava ad alzare ed abbassare la
cerniera lampo degli stessi fino a romperla, e lo
condannava alla pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione,
con applicazione delle pene accessorie ex lege previste:
condannava altresi' l'imputato al risarcimento del danno
in favore della p.c. liquidato in euro 6.000.00 e alla
rifusione delle spese processuali sostenute dalla
medesima.
La Corte di Appello di Roma,
chiamata a pronunciarsi sugli appelli interposti
nell'interesse del prevenuto e della parte civile, in
riforma del decisimi di prime cure ha ridotto la pena
inflitta al Ma. ad anni 2 di reclusione e, ha rimesso a
separato giudizio civile la liquidazione dei danni in
favore della costituita parte civile, liquidando in
favore della stessa le spese e gli onorari relativi ai
due gradi di giudizio.
Propone ricorso per cassazione
la difesa dell'imputato, con i seguenti motivi:
- vizi di motivazione sia in
relazione alla ritenuta attendibilita' della p.o. e
delle altre testi di riscontro (madre e amica della
madre che erano sull'autobus), sia in ordine alla
ricostruzione della dinamica dei fatti, tenuto conto
delle caratteristiche del posto ove era seduta la
bambina, che erano di ostacolo alla condotta denunciata:
- ha errato il giudice di merito
nel ritenere concretizzato nella specie il reato di
abuso sessuale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e' infondato e va
rigettato.
La argomentazione motivazionale.
adottata dalla Corte di Appello, si palesa del lutto
logica e corretta sia in punto di sussistenza degli
elementi cristallizzanti il reato in contestazione, sia
in relazione alla attribuzione di responsabilita' in
capo al prevenuto.
Il giudice di seconde cure ha
ritenuto le dichiarazioni rese da Te. Gi. spontanee e
genuine, peraltro in larga parte confermale dallo stesso
Ma. , il quale ha solo proposto una diversa spiegazione
dei comportamenti posti in essere.
La minore ha candidamente
riferito di non avere compreso il significato dei gesti
compiuti dall'uomo (mani nei pantaloni, alzare e
abbassare la cerniera degli stessi) pur restandone
profondamente turbata, al punto da invocare, con lo
sguardo, l'aiuto dell'amica della madre, Br. Os. .
Il decidente fornisce, inoltre,
esaustivo riscontro al motivo di appello con cui si
contestava il contrasto tra il narrato della presunta
vittima e le deposizioni della di lei madre e della
predetta Br. , evidenziando la insussistenza delle
rilevate dissonanze e rilevando che il fatto, nel suo
nucleo essenziale, era stato riferito in maniera
uniforme nelle tre dichiarazioni.
Osservasi, peraltro, che con il
primo motivo di impugnazione il ricorrente tende ad una
analisi rivalutativa delle emergenze istruttorie, sulle
quali al giudice di legittimita' e' precluso di
procedere a nuovo esame estimativo.
Del pari non meritevole di
accoglimento e' la seconda censura, con la quale si
eccepisce la insussistenza degli elementi concretizzanti
il reato di cui all'articolo 609 bis c.p..
Invero, la Corte distrettuale
evidenzia come nel caso di specie ricorrano entrambi i
requisiti, oggettivo e soggettivo, richiesti dalla
giurisprudenza di legittimita' per la configurabilita'
del delitto contestato e cioe' un rapporto carpare
carpari, inteso quale volontario contatto fisico diretto
tra soggetto passivo e soggetto attivo, finalizzato a
soddisfare la concupiscenza di quest'ultimo (ex multis
Cass. 2/7/03 n. 36758).
A giusta ragione, quindi, il
decidente ha ritenuto che il contatto fisico, ricercato
dall'imputato con la minore, contestualmente alle
pratiche di autoerotismo poste in essere dallo stesso,
fosse finalizzato all'appagamento di un istinto
sessuale, tenuto conto sia della riconosciuta rilevanza
penale di un contatto fugace e della natura unitaria
della nozione di liberta' sessuale e della conseguente
irrilevanza della parte del corpo concretamente
aggredita.
Il discorso giustificativo,
sviluppato sul punto dal giudice di merito, si palesa
esente da vizi, in ragione del fatto che emerge da esso,
in modo univoco, che la condotta del Ma. era finalizzata
alla soddisfazione di un impulso sessuale e che vi e'
stato il coinvolgimento del corpo della bambina, sia
pure a livello del ginocchio.
Inconferente, di poi, e' da
ritenere, quanto sostenuto dal ricorrente per escludere
la concretizzazione del reato ascrittogli, e cioe' che
tale parte del corpo non rientra tra le cosiddette "zone
erogene", perche' e' evidente che per i bambini non puo'
essere adottato lo stesso metro di valutazione riferito
agli adulti per quanto riguarda quelle predette
specifiche parti del corpo, quando, peraltro, e'
indubbio che la Te. ha sicuramente percepito il fatto
come invasivo della propria sfera privata, restandone
fortemente scossa psicologicamente.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e alla rifusione delle spese del
grado in favore della parte civile, che liquida in euro
2.000.00 oltre accessori di legge. |