Il Consiglio di Stato, Sezione V, con la sentenza n.
730/2012 depositata il 14.02.2012, affronta una tematica
abbastanza nuova: quella dei limiti che l'Ente incontra
rispetto al proprio potere di organizzazione.
La fattispecie è riferita alla riorganizzazione disposta
per l'Ufficio legale, ma le considerazioni hanno anche
portata generale.
Di seguito alcuni passaggi significativi della
pronuncia.
Sulla preliminare eccezione di giurisdizione: "...si fa
questione della legittimità o meno di un provvedimento
di macro-organizzazione posto in essere dalla Provincia
di ...., relativamente alla parte di esso che ha
interessato l'Ufficio legale provinciale, a fronte del
quale, a cui sono sottesi interessi di natura
organizzatoria, non può che evidenziarsi una posizione
di interesse legittimo e, conseguentemente, la
giurisdizione del giudice amministrativo"
Nel merito:
- "...il motivo centrale di tutta la controversia, vale
a dire il potere di auto-organizzazione
dell'Amministrazione è riferibile alla piena
discrezionalità dell'Amministrazione ed esso non può
essere censurato in sede di legittimità, in quanto
altrimenti verrebbe vanificata quella potestà della
pubblica amministrazione di darsi quell'organizzazione
che ritiene più coerente per il raggiungimento degli
interessi pubblici che le sono commessi dall'ordinamento
in ciascuna fase storica"
- "Ma se ciò è vero, come è indubitabile, è anche vero
che l'esercizio in concreto di tale discrezionalità non
è senza limiti, altrimenti essa si tramuterebbe in una
incondizionata licenza, senza alcun limite e senza
alcuna possibilità di controllo. Pertanto, pur nella
notevole discrezionalità che caratterizza la materia,
essa incontra due limiti: uno è quello della
ragionevolezza, nel senso che, qualora si dovessero
riscontrare palesi violazioni dell'ordine logico e si
dovesse individuare una organizzazione che non si
presenta rispettosa dei principi di cui all'art. 97
Cost., allora l'esame del provvedimento di
macro-organizzazione diventa non solo necessario, ma
addirittura indispensabile; l'altro fine, si potrebbe
dire, naturalmente, è quello del rispetto delle
statuizioni esistenti e, in particolare, nel caso che
interessa in questa sede, delle guarentigie attribuite a
determinate categorie di soggetti operanti nell'ambito
della pubblica amministrazione" (riferimento ai
componenti l'Ufficio legale).
La sentenza prosegue illustrando le particolari ed
ulteriori caratteristiche dell'Ufficio legale e le
garanzie/tutele che l'ordinamento giuridico prevede per
lo stesso.
Consiglio di Stato sent. n.
730/2012 del 14.02.2012
N. 00730/2012REG.PROV.COLL.
N. 03055/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3055 del 2011,
proposto da:
Provincia di Salerno, rappresentato e difeso dall'avv.
Antonio Palma, con domicilio eletto presso Studio
Palma.Capecelatro in Roma, via Ennio Quirino Visconti
99;
contro
Unaep (Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici),
rappresentato e difeso dall'avv. Alfredo Messina, con
domicilio eletto presso Massimo Angelini in Roma, piazza
Cavour 17; Consiglio Ordine degli Avvocati di Salerno,
rappresentato e difeso dall'avv. Americo Montera, con
domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, via
Portuense, 104; Angelo Casella, rappresentato e difeso
dall'avv. Antonio Brancaccio, con domicilio eletto
presso Antonio Brancaccio in Roma, via Taranto, 18;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI
SALERNO: SEZIONE II n. 000075/2011, resa tra le parti,
concernente Riorganizzazione strutturale della dirigenza
dell’ente, nella parte riguardante l’Ufficio legale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Unaep
(Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici) e di Consiglio
Ordine degli Avvocati di Salerno e di Angelo Casella;
Visto il ricorso incidentale autonomo proposto dal
soggetto appellato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre
2011 il Cons. Eugenio Mele e uditi per le parti gli
avvocati Palma, Fiorentino, per delega dell'Avv.
Montera, e Brancaccio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il presente appello è proposto dalla Provincia di
Salerno e si dirige contro la sentenza del Tribunale
amministrativo regionale della Campania, sezione
staccata di Salerno, che ha accolto un ricorso proposto
dal soggetto appellato, avv. Angelo Casella, annullando
il provvedimento con il quale era stata posta in essere
la riorganizzazione dell’Ufficio legale a cui era
preposto il suddetto avv. Casella.
L’appellante Provincia, premesso che il ricorso in primo
grado è stato accolto per essere il provvedimento lesivo
e delle funzioni dell’Avvocatura e di quelle del suo
dirigente, formula i seguenti motivi di appello:
Violazione dell’art. 63 del decreto legislativo n. 165
del 2001; in quanto nella specie vi era difetto di
giurisdizione del giudice amministrativo, vertendosi
nella specie in posizioni di diritto soggettivo per le
quali vi è difetto di giurisdizione del giudice
amministrativo, oltre alla mancanza di interesse
dell’avv. Casella all’impugnazione del provvedimento
stesso, avendo comunque egli ottenuto un incarico
parimenti dirigenziale;
Violazione dell’art. 3 del r.d. n. 1578 del 1933 e degli
artt. 24 e 97 Cost.; poiché il coordinamento e la
sovrintendenza del direttore generale non incide sulle
prerogative e sull’autonomia dei componenti l’Ufficio
legale della Provincia, non invadendo l’area dello “ius
postulandi”;
Omessa valutazione su un punto decisivo della
controversia e omessa motivazione sul vizio di eccesso
di potere; in quanto la scelta organizzativa
dell’Amministrazione di ripartire in vario modo le
competenze originariamente appartenenti all’Ufficio
legale è scelta di merito sulla quale non può
intervenire il sindacato di legittimità;
Violazione dell’art. 50 del decreto legislativo n. 267
del 2000; essendo evidente che la indicazione del
difensore (sia interno che esterno) cui affidare la
difesa dell’ente non può che competere al legale
rappresentante dell’ente medesimo.
Si costituiscono in giudizio e resistono all’appello sia
l’avv. Casella. sia l’Unione nazionale avvocati enti
pubblici e sia il Consiglio dell’Ordine degli avvocati
di Salerno, che chiedono la reiezione dell’appello
stesso.
Il controinteressato Casella presenta, altresì, appello
incidentale autonomo, con il quale censura la sentenza
sul punto della mancata previsione della figura
dell’avvocato principale, della riduzione dei compensi
professionali e della nomina fra tutti i dirigenti
(ammessi al patrocinio presso le giurisdizioni
superiori) del dirigente dell’Ufficio legale.
La Provincia di Salerno presenta una successiva memoria
illustrativa, nella quale avversa altres’ l’appello
incidentale..
La causa passa in decisione alla pubblica udienza de 6
dicembre 2011.
DIRITTO
Preliminarmente vanno esaminate le questioni di difetto
di giurisdizione del giudice amministrativo nella
presente controversia e di mancanza di interesse
all’impugnazione dell’avv. Casella, proposte entrambe
della Provincia di Salerno e di cui al primo motivo
dell’appello.
Relativamente al difetto di giurisdizione, la censura è
infondata.
Infatti, nella specie non si controverte sulla posizione
personale dell’avv. Casella e sulla sua destinazione ad
altro ufficio, nel qual caso verrebbe in evidenza, ai
sensi del d. lgs. n. 165 del 2001, la giurisdizione
ordinaria, ma si fa questione della legittimità o meno
di un provvedimento di macro-organizzazione posto in
essere dalla Provincia di Salerno, relativamente alla
parte di esso che ha interessato l’Ufficio legale
provinciale, a fronte del quale, a cui sono sottesi
interessi di natura organizzatoria, non può che
evidenziarsi una posizione di interesse legittimo e,
conseguentemente, la giurisdizione del giudice
amministrativo.
E’ verò, sì, che l’appellato (ricorrente in primo grado)
tende a conseguire un risultato a lui personalmente
favorevole, ma tale vicenda è solo una conseguenza
ulteriore e in gran parte necessitata dalla riconduzione
a legittimità del provvedimento di macro-organizzazione.
Per le stesse ragioni è infondata l’altra questione
sulla inammissibilità del ricorso di primo grado, per
non avere interesse l’avv. Casella all’annullamento del
provvedimento impugnato, essendo stato comunque
trasferito in un’altra posizione di pari livello
dirigenziale, in quanto, come si è detto, il sopraddetto
avv, Casella non fa questione, nella controversia
azionata, di essere stato in qualche modo retrocesso di
qualifica, ma del fatto che per mezzo di un
provvedimento illegittimo, del quale chiede
l’annullamento, è stato collocato in una posizione
organizzatoria diversa da quella originaria.
Nel merito l’appello è infondato e va, conseguentemente,
confermata la sentenza del giudice di primo grado.
In particolare, va respinto, il secondo motivo
dell’appello, ovi si afferma che il potere di
coordinamento e di sovrintendenza del direttore generale
non tocca lo “ius postulandi”.
Il che lascia francamente perplessi: certamente il
direttore generale non tocca e non può toccare lo “ius
postulandi”, in quanto lo stesso è la esplicazione in
concreto di una qualità giuridica, quella di essere
abilitato a parlare davanti ai giudici, ma ciò che viene
in rilievo è quella sottoposizione dell’Ufficio legale
alle direttive e agli ordini del direttore generale, il
quale, se certamente può intervenire a coordinare gli
uffici (tutti gli uffici, anche quello legale), non può
indubbiamente andare ad interferire sull’organizzazione
interna degli stessi e sulle modalità di organizzazione
del lavoro dei medesimi, innanzitutto perché si tratta
di un’attività tecnica (in senso giuridico) e, poi,
perché gli uffici legali degli enti pubblici, come si
vedrà, anche nella motivazione successiva, devono
necessariamente godere di quella particolare autonomia
di pensiero e di organizzazione che sola può consentire
l’esplicazione corretta e proficua della loro attività.
Infondato è anche il terzo motivo dell’appello, che poi
è il motivo centrale di tutta la controversia, vale a
dire che il potere di auto-organizzazione
dell’Amministrazione è riferibile alla piena
discrezionalità dell’Amministrazione ed esso non può
essere censurato in sede di legittimità, in quanto
altrimenti verrebbe vanificata quella potestà della
pubblica amministrazione di darsi quell’organizzazione
che ritiene più coerente per il raggiungimento degli
interessi pubblici che le sono commessi dall’ordinamento
in ciascuna fase storica.
Infatti, è vero e non può certo essere messo in
discussione in questa sede che l’Amministrazione
pubblica gode, ai sensi dell’art. 97 della Costituzione,
di un ampio margine di auto-organizzazione degli uffici
e del personale, il che è stato ulteriormente ribadito
dalla legge n. 127 del 1997 che , nel modificare l’art.
51 della legge n. 142 del 1990, ha modificato la
competenza ad adottare il regolamento degli uffici e dei
servizi, attribuendolo (unico fra tutti i regolamenti)
alla Giunta, proprio per porre in evidenza che la
organizzazione degli uffici degli enti locali è vicenda
operativa intrinsecamente collegata con il potere
operativo e non può sottostare alle discussioni di
un’approvazione assembleare.
Ma se ciò è vero, come è indubitabile, è anche vero che
l’esercizio in concreto di tale discrezionalità non è
senza limiti, altrimenti essa si tramuterebbe in una
incondizionata licenza, senza alcun limite e senza
alcuna possibilità di controllo.
Pertanto, pur nella notevole discrezionalità che
caratterizza la materia, essa incontra due limiti: uno è
quello della ragionevolezza, nel senso che, qualora si
dovessero riscontrare patenti violazione dell’ordine
logico e si dovesse individuare una organizzazione che
non si presenta rispettosa dei principi di cui all’art.
97 Cost., allora l’esame del provvedimento di
macro-organizzazione diventa non solo necessario, ma
addirittura indispensabile; l’altro limite, si potrebbe
dire, naturalmente, è quello del rispetto delle
statuizioni esistenti e, in particolare, nel caso che
interessa in questa sede, delle guarentigie attribuite a
determinate categorie di soggetti operanti nell’ambito
della pubblica amministrazione.
Nel caso di specie, non può non evidenziarsi che la
normativa attualmente vigente (con particolare
riferimento, oltre alla natura dell’attività tipica di
un ufficio legale, ricavabile dal principi generali
dell’ordinamento giuridico, dall’art. 3 del r.d. n. 1578
del 1933 e dall’art. 15, comma 2, della legge n. 70 del
1975) prevede che gli uffici legali degli enti pubblici
devono godere di autonomia e di indipendenza, per cui,
al di là delle scelte politiche, la parte squisitamente
tecnica non può essere sottoposta né a condizionamenti,
né a valutazioni che possano in qualche modo svilirne il
modo di essere.
Indubbiamente, l’Ufficio legale è sempre un ufficio
dell’Amministrazione e non può sottrarsi alle
indicazioni degli organi di vertice, nel senso di agire
al di fuori di quelle indicazioni, ma tali indicazioni
non possono mai intaccare la visione autonoma delle
vicende che sono sottoposte alla sua cognizione.
Mentre nella vicenda che interessa la presente
fattispecie, si è assistito, non tanto
all’allontanamento, del dirigente dell’Avvocatura, per
il quale non vi è giurisdizione, ma soprattutto allo
smembramento dell’Ufficio, che finisce di essere un vero
e proprio ufficio legale, sia per la sottoposizione al
coordinamento e alla sovrintendenza del direttore
generale, come si è visto in precedenza, sia per la
sottrazione dei pareri legali (affidati addirittura ad
un ufficio archivio e protocollo), sia per la
sottrazione del contenzioso in materia di controversie
di lavoro, affidato al settore risorse umane, e sia,
ancora, per l’affidamento all’ufficio legale in materia
di costituzione in giudizio, di un mero parere
amministrativo, mentre la tecnicità dell’ufficio
prevederebbe invece un parere di natura
tecnico-giuridica.
Come si vede, il provvedimento di macro-organizzazione
della Provincia di Salerno, oltre a violare le
guarentigie dell’Ufficio legale, si prospetta anche
particolarmente perplesso, in ordine al raggiungimento
degli interessi pubblici che sono collegati con
un’attività di tipo giuridico e non può,
conseguentemente, essere considerato legittimo.
Anche l’ultimo motivo dell’appello principale è
infondato.
Va, infatti, precisato, che il rappresentante legale
dell’ente manifesta la volontà di costituirsi in un
eventuale giudizio, ma non può anche provvedere (né lui
né la Giunta) alla nomina del difensore né interno, cosa
che compete sicuramente al capo dell’ufficio legale, né
esterno, vicenda che si articola, innanzitutto, in una
dichiarazione che sussistono nella specie elementi per
poter affidare la difesa tecnica all’esterno ad opera
dell’ufficio legale e successiva nomina del difensore
del libero foro, che compete necessariamente al capo
dell’Ufficio legale, trattandosi, niente di più e niente
di meno, di un vero e proprio contratto di prestazione
intellettuale, ricadente come tale nelle attività
gestionali di competenza dei dirigenti
dell’Amministrazione.
Va, però, rigettato l’appello incidentale autonomo, in
quanto le doglianze ivi precisate (mancata
individuazione della figura dell’avvocato principale,
riduzione dei compensi per gli avvocati dell’ente, e
delle modalità di nomina del capo dell’Ufficio legale)
trattandosi di attività operativa sulle cui scelte, in
via potenziale, non possono essere formulate censure; le
stesse potranno investire semmai i singoli provvedimenti
applicativi se e quando saranno considerati illegittimi.
In conclusione, l’ appello principale va rigettato e
così anche l’appello incidentale autonomo.
Le spese di giudizio della presente fase, considerata la
novità e la particolarità della vicenda contenziosa,
possono essere integralmente compensate fra tutte le
parti in lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in
epigrafe proposto,
Rigetta l’appello principale;
Rigetta l’appello incidentale;
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno
6 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Eugenio Mele, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/02/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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