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I comportamenti volgari,
irriguardosi e umilianti, caratterizzati da una serie
indeterminata di aggressioni verbali e ingiuriose
abitualmente poste in essere dall'imputato nei confronti
del coniuge, possono configurare il reato di
maltrattamenti quando realizzino un regime di vita
avvilente e mortificante. Corte di Cassazione, Sezione 2
penale, Sentenza 11 novembre 2011, n. 41011.
PUBBLICAZIONE Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24 Il
Sole 24 Ore, Guida al Diritto, 2012, 6, pg. 87
Corte di Cassazione, Sezione 2
penale, Sentenza 11 novembre 2011, n. 41011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. CARMENINI Secondo Liber -
Presidente
Dott. PAGANO Filiberto -
Consigliere
Dott. GENTILE Domenico - rel.
Consigliere
Dott. CAMMINO Matilde -
Consigliere
Dott. GALLO Domenico -
Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) MA. GI. N. IL (OMESSO);
avverso la sentenza n. 1294/2010
CORTE APPELLO di NAPOLI, del 27/04/2010;
visti gli atti, la sentenza e il
ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del
20/09/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott.
DOMENICO GENTILE;
Udito il Procuratore Generale in
persona.
Udito il Sostituto Procuratore
Generale Dott. Alfredo Montagna che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
Udito il Difensore, Avv. Gianzi
Giuseppe Antonio in sostituzione dell'Avv. De Stravola
Carlo, che ha concluso per l'accoglimento dei motivi di
ricorso;
Letti il ricorso ed i motivi
proposti.
CONSIDERATO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli,
con decisione del 27.04.2010, confermava la sentenza
emessa in data 22.01.09 dal Tribunale di Santa Maria
Capua Vetere che aveva condannato:
MA. GI. .
per i reati di: -tentata
estorsione in danno della moglie Di. Ga. Ad. (articoli
56-629 - articolo 649 c.p., comma 3) -lesioni personali
(articoli 582-585-577-576 c.p.) - maltrattamenti in
famiglia. (articolo 572 c.p.); - fatti commessi fino al
(OMESSO);
- Ricorre per cassazione
l'imputato, deducendo;
MOTIVI ex articolo 606 c.p.p.,
comma 1, lettera b) e).
1) Il ricorrente censura la
decisione impugnata per omessa motivazione in relazione
alla richiesta di rinnovazione dell'istruzione
dibattimentale in appello mediante l'escussione
dell'altro figlio della coppia, mai sentito;
il predetto era restato nella
casa coniugale con la madre, per un periodo piu' lungo
rispetto all'altro fratello gia' esaminato, Ma. An. , e
quindi avrebbe "potuto apportare al processo un dato
cognitivo essenziale in punto di riscontro alle
dichiarazioni della Di. Ga. ", riscontro necessario
stante l'inattendibilita' della parte offesa, animata da
inimicizia con l'imputato;
2) La sentenza sarebbe incorsa
in violazione di legge per avere ritenuto il tentativo
di estorsione valorizzando l'episodio del (OMESSO), nel
corso del quale il Ma. avrebbe minacciato la moglie di
morte se non avesse venduto i suoi beni, trascurando
illogicamente di considerare che tale episodio non era
finalizzato ad ottenere la vendita del bene ereditario,
ma era determinato dalla reazione del Ma. allorche' si
era accorto che la moglie aveva dormito nell'auto;
- la sentenza era da censurare
anche per avere ritenuto il reato di maltrattamenti in
famiglia, omettendo illogicamente di considerare che le
dichiarazioni della Di. Ga. si riferivano ad isolati e
sporadici episodi, inidonei a dimostrare l'esistenza di
un disegno persecutorio nei suoi confronti, essendo per
altro ininfluente a tale riguarda la deposizione del
figlio gia' escusso, Ma. An. ;
3) - la decisione impugnata
sarebbe incorsa in violazione di legger per omessa
motivazione riguardo alla richiesta di applicazione
dell'attenuante di cui all'articolo 62 c.p., n. 2, che,
invece, andava riconosciuta atteso che la reazione
violenta dell'imputato alla quale fecero seguito le
lesioni patite dalla Di. Ga. , era conseguente
all'atteggiamento provocatorio tenuto da quest'ultima
che anziche' restare nella casa coniugale dormiva in
auto;
- la sentenza andava censurata
anche per non avere ritenuto le attenuanti generiche, da
concedere attraverso un'adeguata ponderazione degli
elementi postivi emergenti dalla condotta antecedente e
successiva al reato, oltre che per adeguare la pena al
fatto;
- ugualmente censurabile era
l'omessa motivazione in ordine alla richiesta di
applicazione, nella misura minima, degli aumenti ex
articolo 81 cpv c.p.; CHIEDE l'annullamento della
sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e' infondato.
Sotto l'apparenza della censura
per violazione di legge in relazione ai reati di cui
agli articoli 629 e 572 c.p., il ricorrente finisce in
parte con il proporre interpretazioni alternative delle
prove gia' analizzate in maniera conforme dai giudici di
primo e di secondo grado, richiamando una diversa
valutazione dei fatti, che risultano vagliati dalla
Corte di appello con una sequenza motivazionale ampia,
analitica e coerente con i principi della logica,
sicche' non risulta possibile in questa sede procedere
ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza
scadere nel terzo grado di giudizio di merito.
La Corte territoriale ha
evidenziato:
- riguardo al reato di tentativo
di estorsione, che la penale responsabilita'
dell'imputato emergeva in maniera chiara dalla
circostanza che la Di. Ga. , dopo avere venduto altri
beni ereditari, si rifiutava di vendere l'ultimo terreno
rimasto, volendo "lasciare qualcosa ai figli", sicche'
la minaccia di morte e la violenza che l'imputato aveva
esercitato nell'episodio in contestazione "non fu
affatto slegata dalla richiesta di vendita ma fu il
coronamento di un insistente atteggiamento teso alla
realizzazione di denaro attraverso la costrizione della
Di. Ga. all'alienazione" (pag. 4 motivaz.).
Si tratta di motivazione congrua
perche' fondata su dati fattuali oggettivi ed immuni da
illogicita' in quanto conformi alle massime di comune
esperienza;
- per contro, i motivi di
ricorso proposti, si risolvono in prospettazioni
alternative dei fatti, inammissibili in questa sede, ove
in tema di sindacato del vizio della motivazione, il
giudice di legittimita' non e' chiamato a sovrapporre la
propria valutazione a quella compiuta dai giudici di
merito in ordine alla affidabilita' delle fonti di
prova, essendo piuttosto suo compito stabilire -
nell'ambito di un controllo da condurre direttamente sul
testo del provvedimento impugnato - se questi ultimi
abbiano esaminato tutti gli elementi a loro
disposizione, se ne abbiano fornito una corretta
interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta
alle deduzioni delle parti, in modo da fornire la
giustificazione razionale della scelta di determinate
conclusioni a preferenza di altre. (Cassazione penale
sez. 4, 29 gennaio 2007, n. 12235).
Il ricorrente lamenta che la
sentenza avrebbe trascurato di considerare che
l'episodio violento del (OMESSO) sarebbe il frutto di
una reazione all'atteggiamento provocatorio della Di.
Ga. che dormiva in auto e censura la sentenza per avere
omesso di motivare riguardo all'applicazione
dell'attenuante ex articolo 62 c.p., n. 2 (per mero
errore materiale indicata in sentenza con l'articolo 62
c.p., n. 3) ma il motivo non coglie nel segno perche'
trascura la motivazione della Corte di appello che
sottolinea congruamente, per un verso, come la
circostanza che la Di. Do. dormisse in macchina era
ormai una consuetudine, che si ripeteva tutti i giorni a
partire dal marzo 2005, sicche' non poteva integrare il
fatto nuovo idoneo a giustificare l'esplosione di
violenza e la permanenza dello stato d'ira (Cassazione
penale, sez. 1 03/06/2009, n. 29775) e, per altro verso,
che il comportamento della Di. Do. lungi dal costituire
un fatto ingiusto, era determinato dalle minacce e
violenze dell'imputato, cosi' gravi da costringere la
donna a dormire nell'automobile per paura del marito
(pag. 4 motivaz.)
Invero ai fini della sussistenza
della circostanza attenuante della provocazione, il
concetto di "fatto ingiusto", pur comprendendo in se
qualsiasi comportamento, intenzionale o colposo,
legittimo o illegittimo, purche' idoneo a scatenare
l'altrui reazione, presuppone pur sempre la
volontarieta' dello stesso e, pertanto, lo stato d'ira
che scatena la reazione offensiva al fatto ingiusto
altrui deve essere a questo legata da un nesso di
causalita', non gia' di semplice occasionalita', essendo
indispensabile l'esistenza di un rapporto di proporzione
e di adeguatezza tra fatto provocante e fatto provocato.
(Cassazione penale, sez. 6, 03/04/1992).
Esula, pertanto nella
fattispecie, l'attenuante della provocazione avendo
evidenziato la Corte di appello come la reazione
iraconda dell'imputato risultava determinata da un
comportamento della moglie che non poteva essere
ritenuto ingiusto in quanto, pur se anomalo, era
provocato dall'attivita' delittuosa dello steso Ma. .
- riguardo al reato di
maltrattamenti in famiglia: che la penale
responsabilita' dell'imputato emergeva dalle ripetute
manifestazioni di violenza: -sia di carattere fisico,
mediante percosse, e: - sia di carattere morale,
mediante ingiurie ed umiliazioni, comportamenti
sistematicamente espletati durante la convivenza
ventennale, ad eccezione dei primi due o tre anni (pag.
3 motivaz.) e di tale intensita' che la Di. Ga. "per
paura del marito, dapprima fu costretta a dormire con il
figlio An. , nella stanza chiusa a chiave, poi, e
precisamente fino al marzo del 2005, con l'altro figlio,
ed infine, quando entrambi i ragazzi lasciarono
l'abitazione familiare, all'interno dell'autovettura"
(pag. 3-4 motivaz.).
Si tratta di una motivazione
congrua ed esente da illogicita' evidenti, del tutto
conforme alla giurisprudenza di legittimita' che, in
materia ha sancito il principio per il quale i
comportamenti volgari, irriguardosi e umilianti,
caratterizzati da una serie indeterminata di aggressioni
verbali ed ingiuriose abitualmente poste in essere
dall'imputato nei confronti del coniuge, possono
configurare il reato di maltrattamenti quando essi
realizzino un regime di vita avvilente e mortificante
(Cassazione penale, sez. 6 16/11/2010, n. 45547).
La motivazione impugnata si
colloca in tale alveo giurisprudenziale evidenziando
come nella specie le condotte descritte evidenziavano
l'esistenza di un programma criminoso diretto a ledere
l'integrita' morale della persona offesa, perche'
valutate unitariamente evidenziavano l'esistenza di una
volonta' finalizzata a rendere disagevole e per quanto
possibile; penosa l'esistenza del coniuge, tanto da
costringerla a cercare riparo attraverso i figli.
- A tale ultimo riguardo la
sentenza impugnata osserva che la Di. Ga. risulta del
tutto attendibile perche' riscontrata, sia dalla
certificazione medica allegata e sia dalle dichiarazioni
del figlio Ma. An. , della cui deposizione riporta ampi
stralci;
da tali osservazioni discende,
sia pure in maniere indiretta, la motivazione riguardo
al rigetto della richiesta di rinnovazione
dell'istruzione che, pur se implicitamente, e' stata
respinta dalla Corte di merito sulla scorta degli
elementi probatori sopra riportati, relativi
all'affermazione di responsabilita' del Ma. , che la
Corte del Merito ritiene chiari e tali da eseludere la
necessita' di rinnovazione dell'istruzione
dibattimentale.
E' noto, infatti per un verso,
che la rinnovazione del dibattimento in appello e'
istituto di carattere eccezionale; in relazione al quale
vale la presunzione che l'indagine istruttoria abbia
ormai raggiunto la sua completezza nel dibattimento
svoltosi innanzi al primo giudice.
L'articolo 603 c.p.p., comma 1,
infatti, non riconosce carattere di obbligatorieta'
all'esercizio del potere del giudice d'appello di
disporre la rinnovazione del dibattimento, anche quando
e' richiesto per assumere nuove prove, ma vincola e
subordina tale potere, nel suo concreto esercizio, alla
rigorosa condizione che il giudice ritenga, nella sua
discrezionalita', di non poter decidere allo stato degli
atti. In una tale prospettiva, se e' vero che il diniego
dell'eventualmente invocata rinnovazione dell'istruzione
dibattimentale deve essere spiegato nella sentenza di
secondo grado, la relativa motivazione puo' anche
ricavarsi per implicito dal complessivo tessuto
argomentativo, qualora il giudice abbia dato comunque
conto delle ragioni in forza delle quali abbia ritenuto
di poter decidere allo stato degli atti. (Cassazione
penale, sez. 4, 06/11/2009, n. 43966).
- Parimenti infondati appaiono i
motivi relativi al trattamento sanzionatorio, atteso che
la sentenza impugnata ha fatto uso dei criteri di cui
all'articolo 133 c.p., ritenuti sufficienti dalla
Giurisprudenza di legittimita', per la congrua
motivazione in termini di determinazione della pena,
anche ex articolo 81 cpv c.p., e di concessione delle
attenuanti generiche; atteso che riguardo alla pena si
e' richiamata la gravita' del fatto e riguardo alle
attenuanti generiche si e' fatto riferimento all'assenza
di elementi sufficienti ai fini della concessione
dell'attenuante.
Va ricordato che, ai fini della
concessione o del diniego delle circostanze attenuanti
generiche, e' sufficiente che il giudice di merito
prenda in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo
133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e
atto a consigliare o meno la concessione del beneficio.
Cio' vale; "a fortiori", anche
per il giudice d'appello, il quale, pur non dovendo
trascurare: le argomentazioni difensive dell'appellante,
non e' tenuto a un'analitica valutazione di tutti: gli
elementi, favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti,
ma, in una visione globale di ogni particolarita' del
caso, e' sufficiente che dia l'indicazione di quelli
ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione
o del diniego, rimanendo implicitamentedisattesi e
superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta
contestazione. (Cassazione penale sez. 4, 4 luglio n.
32290;
- Occorre osservare, altresi',
che in tema di determinazione della pena, quando la pena
venga irrogata in misura prossima al minimo edittale
(come nei caso) che l'obbligo di motivazione del giudice
si attenua sicche' e' sufficiente anche il richiamo a
criteri di adeguatezza della pena nel suo complesso, nel
quale sono impliciti gli elementi di cui all'articolo
133 c.p. (Cassazione penale, sez. 4 21 settembre 2007,
n. 38536).
La presente motivazione e'
assorbente di tutti i motivi e deduzioni proposti.
Il ricorso e' da rigettare
attesa che i motivi proposti in punto di diritto non
consentono la pronunzia di inammissibilita'; consegue la
condanna alle spese in ragione dell'articolo 616 c.p.p..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali. |