Con il contratto di
cassette di sicurezza la banca assume la responsabilita'
riferita a prestazioni di custodia, dalla quale puo'
essere liberata solo nell'ipotesi di caso fortuito, cui
il furto e' estraneo, essendo evento prevedibile sia in
considerazione della natura della prestazione dedotta
sia della professionalita' dell'obbligato.In tale
contesto, la clausola limitativa della responsabilita'
della banca, in relazione al valore delle cose
custodite, integra un patto che si riflette
sull'ammontare del debito risarcitorio e non
sull'oggetto del contratto e che e' soggetto alla
disciplina dell'articolo 1229 c.c., che ne commina la
nullita' ove escluda la responsabilita' del debitore per
dolo o colpa grave.
Corte di Cassazione,
Sezione 1 civile, Sentenza 27 dicembre 2011, n. 28835
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi
Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi
Antonio - Presidente
Dott. SALVAGO Salvatore
- Consigliere
Dott. CECCHERINI Aldo -
Consigliere
Dott. CAMPANILE Pietro
- Consigliere
Dott. CRISTIANO Magda -
rel. Consigliere
ha pronunciato la
seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18805/06
proposto da:
(OMESSO) C.F. (OMESSO),
(OMESSO), rappresentati e difesi dall'avv. ARISTEI
Fernando giusta procure in calce al ricorso; avv.
(OMESSO), difensore di se medesimo, (OMESSO), (OMESSO),
(OMESSO), (OMESSO), rappresentati e difesi dal primo,
giusta procure in calce al ricorso; (OMESSO), (OMESSO),
rappresentati e difesi dall'avv. Matteo Mungari, giusta
procure in calce al ricorso; (OMESSO) ved. (OMESSO),
rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Jannetti Del
Grande, giusta procura in calce al ricorso; avv.ti
(OMESSO) e (OMESSO), difensori di se medesimi, (OMESSO),
(OMESSO), (OMESSO), (OMESSO), (OMESSO), (OMESSO), questi
ultimi nella qualita' di eredi di (OMESSO), (OMESSO),
(OMESSO), (OMESSO), (OMESSO), (OMESSO), (OMESSO),
(OMESSO), (OMESSO), rappresentati e difesi dai primi
due, giuste procure in calce al ricorso; tutti
elettivamente domiciliati in Roma, al piazzale Don
Minzoni 9, presso lo studio dell'avv. Carlo Martuccelli,
(c.f. (OMESSO));
- ricorrenti -
contro
(OMESSO) s.p.a.,
incorporante per fusione il (OMESSO) s.p.a., in persona
del legale rapp.te p.t., elettivamente domiciliata in
Roma, alla Via Fontanella Borghese 72, presso lo studio
degli avv.ti VOLTAGGIO Antonio e Paolo, che la
rappresentano e difendono giusta procura speciale per
Notaio Zappone di Roma del 5.7.011 rep. N. 3457;
- controricorrente -
e contro
(OMESSO);
- intimato -
avverso la sentenza
della Corte d'Appello di Roma n. 1956/05, emessa il
13.4.05, e depositata il 5.5.05;
udita la relazione
svolta alla pubblica udienza del 13.10.2011 dal
consigliere Dr. Magda Cristiano;
uditi gli avv.ti
Martuccelli, Aristei, Agati per i ricorrenti e Pisa (in
delega) per la controricorrente;
udito il P.M., nella
persona del sostituto P.G. Dr. RUSSO Rosario G., che ha
concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL
PROCESSO
Nelle notti comprese
fra il 30 giugno ed il 3 luglio del 1989, ignoti ladri,
penetrati nel caveau dell'agenzia 14 di Roma del
(OMESSO) s.p.a., trafugarono, fra l'altro, il contenuto
delle cassette di sicurezza, li' custodite, nella
disponibilita' di (OMESSO), (OMESSO), (OMESSO),
(OMESSO), (OMESSO), (OMESSO), (OMESSO), (OMESSO),
(OMESSO), (OMESSO), (OMESSO), (OMESSO), (OMESSO),
(OMESSO), (OMESSO), (OMESSO), (OMESSO), (OMESSO),
(OMESSO), (OMESSO), (OMESSO), (OMESSO), (OMESSO),
(OMESSO) e (OMESSO).
Costoro convennero in
giudizio il (OMESSO), per sentirlo condannare al
risarcimento dei danni subiti per la perdita dei beni
depositati nelle cassette.
La Banca convenuta
chiese il rigetto delle domande, deducendo l'assenza di
propria colpa grave e l'applicabilita' della clausola,
inserita in tutti i contratti, che, in relazione a
ciascuna cassetta di sicurezza, limitava la sua
responsabilita' risarcitoria alla somma di lire
1.000.000, da essa gia' offerta agli aventi diritto.
Il Tribunale adito, con
sentenza non definitiva del 2002, affermo' che la
convenuta era tenuta a rispondere integralmente dei
danni, ma la Corte d'Appello di Roma, con sentenza del
5.5.05, in accoglimento del gravame immediatamente
proposto dal (OMESSO) contro la decisione, respinse le
domande.
La Corte territoriale
preciso' in premessa che la clausola limitativa della
responsabilita' invocata dal (OMESSO) non influiva sul
contenuto del contratto ma, eventualmente, sul quantum
del risarcimento e che doveva ritenersi operante pur in
assenza della causa di inimputabilita' costituita dal
fortuito, salva la prova, che in presenza di tale
pattuizione gravava sui clienti, che l'evento si era
verificato per il concorso di colpa grave della banca.
Rilevo' quindi che, ai
fini dell'affermazione della responsabilita' del
(OMESSO) oltre il massimale indicato in detta clausola,
era ininfluente l'argomentazione del Tribunale, secondo
cui il furto non poteva essere definito evento
incolpevole o caso fortuito, ed occorreva, piuttosto,
orientare l'indagine all'accertamento dell'esistenza di
condizioni idonee a dimostrare gli estremi della colpa
grave nella condotta della banca.
Affermo' poi che la
sussistenza di tale colpa andava fondatamente esclusa
alla luce degli elementi di fatto emergenti dalla prova
orale acquisita in primo grado e desumibili, ex articolo
2727 c.c., dagli atti dell'indagine penale,
sostanzialmente travisati o obliterati dal Tribunale.
Ritenne, in
particolare, che l'assunto del primo giudice, secondo il
quale uno o piu' dipendenti della banca, seppure non
identificati, avevano concorso al reato, perche'
"altrimenti il furto sarebbe stato impossibile",
costituisse mera petizione di principio, priva di
sostegno probatorio.
Passo' quindi ad
esaminare le misure di sicurezza approntate dalla banca
e rilevo': che i locali dell'agenzia erano blindati e
dotati di allarme collegato alla Questura; che la porta
di accesso antitesoro era dotata di analogo impianto;
che la portaforte di accesso al caveau era munita di
doppia chiave, combinazione e time lock; che erano stati
pure predisposti un controllo TV via cavo nonche' una
vigilanza periodica, con cinque visite diurne e cinque
notturne affidate ad impresa specializzata; che tutte le
chiavi erano ben custodite; che le indagini effettuate
in sede penale avevano confermato che al momento del
furto la portaforte era stata chiusa con entrambe le
chiavi ed attivazione della combinazione e del lime lock
e che, una volta scattato l'allarme in questura, erano
state attivate tutte le procedure di emergenza.
Osservo' che,
contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, il
fatto che, dopo lo scattare dell'allarme ed il
piantonamento della sede dell'agenzia, non fossero
emerse anomalie, non autorizzava a presumere che la
segnalazione acustica fosse entrata in funzione dopo che
i ladri si erano allontanati dal caveau, dovendosi
piuttosto dar credito alla ricostruzione dei fatti
contenuta nel rapporto di P.G., secondo cui i ladri
erano stati messi in fuga proprio dal suono della
sirena.
Sostenne che il
complesso delle indicate misure di sicurezza e delle
procedure di emergenza previste ed attivate in occasione
dell'evento fosse oggettivamente adeguato a tutelare
l'intangibitita' delle cassette di sicurezza, avuto
riguardo alle possibilita' tecniche ed ai criteri di
esperienza acquisiti all'epoca dei fatti, e che tale
conclusione non potesse trovare smentita nelle
risultanze della ctu espletata in primo grado, che aveva
riscontrato diversi punti deboli nel sistema di allarme,
in quanto l'indagine tecnica era stata disposta a
distanza di otto anni dal furto, quando il servizio
delle cassette di sicurezza era stato dismesso e gli
impianti di protezione erano stati per la gran parte
smantellati, con la conseguenza che era legittimo
dubitare che il ctu avesse adeguatamente valutato la
situazione di fatto esistente al momento dell'evento.
In risposta a specifici
rilievi degli appellati, la Corte territoriale escluse
poi che l'obsolescenza dell'impianto potesse trarsi dal
contenuto della lettera della ADT del 25.5.81, cui
avevano fatto riferimento il ctu ed il primo giudice,
dalla quale si desumeva esclusivamente che la ditta si
era riservata di sottoporre al (OMESSO) un'adeguata
quotazione per l'aggiornamento delle centrali di
gestione, proponendo nell'immediato un'implementazione
del sistema che era stata attuata.
Asseri', infine, che
gli elementi di "debolezza" del sistema (passaggio a
vista del cavo elettrico per il collegamento con la
Questura, mancanza di blindatura delle cassette di
sicurezza, scarsa visibilita' della televisione a
circuito chiuso, presenza di un cono d'ombra rispetto
alla telecamera) non giustificavano l'addebito di colpa
grave della banca, trattandosi di fattori di scarsa
importanza nei meccanismi di difesa del caveau.
Concluse, pertanto,
che, in tale quadro probatorio, il fatto che i
malviventi avessero agito indisturbati per diverse ore,
sino alle 23,30 del 2 luglio, eseguendo il furto senza
scasso, non denotava, di per se', particolari negligenze
o imprudenze del (OMESSO), quanto piuttosto le capacita'
delinquenziali dei ladri o, comunque, limiti obiettivi
dei sistemi di sicurezza, considerato che l'appellante
aveva anche documentato due analoghi fatti criminosi
verificatisi alcuni anni dopo, nei quali era emersa
l'adozione, da parte degli autori del furto, di sistemi
elettronici altamente sofisticati e idonei a
neutralizzare gli impianti di allarme, sicche' poteva
fondatamente ipotizzarsi che anche nel 1989 era stata
adottata la medesima tecnica, all'epoca sicuramente
inedita, confermandosi, cosi', che alla banca non poteva
addebitarsi altro che una colpa lieve.
(OMESSO), (OMESSO),
(OMESSO) ed (OMESSO), eredi di (OMESSO), deceduta in
corso di causa, e tutti gli altri attori in primo grado,
fatta eccezione per (OMESSO) (gia' contumace in grado
d'appello), hanno proposto ricorso per la cassazione
della sentenza, affidato a quattro motivi ed illustrato
da memorie. Il (OMESSO) s.p.a. ha resistito con
controricorso.
(OMESSO) s.p.a., in
qualita' di incorporante del (OMESSO) s.p.a., ha
depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo,
i ricorrenti, denunciando violazione degli articoli
1218, 1229, 1839 e 2697 c.c., lamentano che la Corte
territoriale abbia posto a loro carico l'onere della
prova della sussistenza della colpa grave della banca.
Rilevano che, verificatosi l'evento (furto) che la banca
ha contrattualmente l'obbligo di impedire, spetta a
quest'ultima di provare l'idoneita' della custodia dei
locati ed, ancora, del verificarsi del caso fortuito e
dell'evento inevitabile.
2) Col secondo motivo,
denunciando violazione e falsa applicazione
dell'articolo1176 c.c., comma 2, articoli 1218, 1229,
1453 e 1455 c.c., nonche' vizio di omessa motivazione, i
ricorrenti lamentano che, partendo dall'erronea
interpretazione delle richiamate norme di legge, la
Corte abbia valutato il grado di colpa della banca
prescindendo dalla causa e dalla natura del contratto
tipico portato al suo esame e dunque dalla natura della
principale obbligazione gravante sul banchiere, fornendo
una sua propria valutazione della gravita' della colpa
ascritta alla banca che prescinde dai principi
costantemente enunciati in materia dal giudice di
legittimita'.
3) I motivi che,
essendo fra loro strettamente connessi, possono essere
congiuntamente esaminati, sono fondati e meritano
accoglimento.
3.1) Con il contratto
di cassette di sicurezza la banca assume la
responsabilita' riferita a prestazioni di custodia,
dalla quale puo' essere liberata solo nell'ipotesi di
caso fortuito, cui il furto e' estraneo, essendo evento
prevedibile sia in considerazione della natura della
prestazione dedotta sia della professionalita'
dell'obbligato.
In tale contesto, come
correttamente rilevato dalla Corte territoriale, la
clausola limitativa della responsabilita' della banca,
in relazione al valore delle cose custodite, integra un
patto che si riflette sull'ammontare del debito
risarcitorio e non sull'oggetto del contratto e che e'
soggetto alla disciplina dell'articolo 1229 c.c., che ne
commina la nullita' ove escluda la responsabilita' del
debitore per dolo o colpa grave.
Tuttavia, in presenza
di tale clausola, la questione della distribuzione
dell'onere della prova non trova ragione di essere
prospettata in termini diversi, rispetto alla disciplina
che regola l'inadempimento delle obbligazioni
contrattuali, come prevista dall'articolo 1218 c.c., in
forza del quale e' il debitore che, per liberarsi dalla
responsabilita', ha l'onere di provare, in caso di
inadempimento o ritardo, che l'impossibilita' della
prestazione e' dovuta a causa a lui non imputabile, non
essendo sufficiente a dimostrare l'assenza di colpa la
prova generica della sua diligenza (Cass. n. 7081/05).
Infatti il citato
articolo 1228 c.c., va coordinato con l'articolo 1218
c.c., che e' norma generale del regime processuale della
responsabilita' contrattuale, in forza della quale la
regola della presunzione della responsabilita' non trova
motivo di essere derogata, in difetto di norme scritte o
di ragioni giustificative di una diversa interpretazione
dell'articolo 1229 c.c. (Cass. n. 7081/05 cit.).
Il giudice d'appello ha
dunque errato nell'affermare che, attesa la pattuizione
della clausola limitativa della responsabilita' del
(OMESSO), gravava sui clienti l'onere di provare la
ricorrenza della colpa grave dell'istituto.
3.2) Secondo la
corretta ripartizione dell'onere di cui all'articolo
2697 c.c., spetta dunque alla banca di chiarire le
ragioni per le quali il furto e' stato possibile
nonostante le misure di sicurezza previste e di provare
che si tratta di ragioni escludenti una sua condotta
gravemente colposa.
In sostanza, in
un'ottica volta a verificare il superamento della
presunzione posta a carico dell'istituto di credito
dall'articolo 1839 c.c., l'indagine del giudice del
merito deve essere diretta ad accertare se lo stesso
abbia fornito dimostrazione positiva di aver adempiuto
all'obbligo di garantire la sicurezza dei locali e delle
cassette secondo la diligenza professionale richiestagli
dall'articolo1176 c.c., comma 2, che gli impone di
tenersi aggiornato sull'evoluzione delle specifiche
soluzioni studiate allo scopo e di adottarle
tempestivamente.
La conclusione alla
quale e' pervenuta la Corte territoriale - che ha
ravvisato una colpa lieve della banca, per non aver
previsto e fronteggiato la possibilita' che i ladri si
dotassero di una strumentazione altamente sofisticata,
atta a neutralizzare il sistema d'allarme ed a
consentire l'accesso al caveau senza effrazione delle
porte corazzate - avrebbe dunque potuto giustificarsi
solo nel caso in cui fosse stato concretamente accertato
che l'impianto installato dal (OMESSO) rispondeva alle
piu' recenti prescrizioni in tema di sicurezza
raccomandate dalle ditte operanti nel settore, cio'
nonostante (come in effetti ipotizza la sentenza,
accennando a limiti obiettivi del sistema) inidonee a
garantire un livello di protezione al passo col
progredire delle conoscenze tecniche in materia,
tuttavia accessibili ad altri soggetti professionalmente
attrezzati (quali, come pure presume la sentenza,
dovevano essere gli autori del reato).
L'adozione dell'errata
regola di giudizio circa la distribuzione dell'onere di
cui all'articolo 2697 c.c., ha invece indotto il giudice
d'appello a ritenere "il complesso delle misure di
sicurezza e delle procedure di emergenza previste ed
attivate in occasione dell'evento oggettivamente
adeguato a tutelare l'intangibilita' delle cassette di
sicurezza, avuto riguardo alle possibilita' tecniche ed
ai criteri di esperienza acquisiti all'epoca dei fatti",
in base ad un apprezzamento, per cosi' dire, "capovolto"
delle risultanze istruttorie, che, anziche' essere
indirizzato al predetto accertamento positivo (e dunque
alla verifica della effettiva riscontrabilita' della
diligenza dovuta dalla banca) si e' sostanzialmente
arrestato alla constatazione che dagli atti non emergeva
la prova della colpa grave dell'istituto.
Cosi', ad es., le
conclusioni del ctu sono state ritenute scarsamente
attendibili in quanto non sorrette da una sufficiente
valutazione della situazione di fatto esistente al
momento dell'evento, nonostante dovesse imputarsi al
(OMESSO) di aver disattivato l'impianto e smantellato
l'apparato di sicurezza e, dunque, di aver reso
estremamente difficoltosa l'indagine demandata al
consulente.
Analogamente, e' stata
ritenuto arbitrario desumere l'obsolescenza
dell'impianto da una lettera proveniente da societa'
specializzata, che, gia' nel 1981, si era riservata di
sottoporre al (OMESSO) "un'adeguata quotazione, per
l'aggiornamento delle centrali di gestione", laddove, a
fronte di tale lettera, sarebbe spettato alla banca di
allegare, in via alternativa, di aver provveduto
all'aggiornamento o di averlo fondatamente reputato
superfluo.
Piu' in generale, va
rilevato come il giudizio sulla complessiva adeguatezza
dell'impianto, avuto riguardo alle possibilita' tecniche
ed ai criteri di esperienza acquisiti all'epoca dei
fatti, sia stato formulato dalla Corte di merito senza
fare neppure un accenno a dette possibilita' e/o criteri
e senza chiarire se fosse stata comunque accertata la
rispondenza agli standards esigibili nell'89 quantomeno
delle singole componenti che evidenziavano punti di
debolezza del sistema.
L'accoglimento dei
motivi comporta la cassazione della sentenza impugnata
ed il rinvio della causa, per un nuovo giudizio, alla
Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, che
valutera' le risultanze istruttorie attenendosi ai
principi di diritto enunciati e regolera' anche le spese
del giudizio di legittimita'.
Restano assorbiti il
terzo ed il quarto motivo di ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie i
primi due motivi del ricorso e dichiara assorbiti gli
altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione
ai motivi accolti e rinvia, per un nuovo giudizio, alla
Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, che
regolera' anche le spese del giudizio di legittimita'. |