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La vicenda di oggi
riguarda una lite in discoteca per motivi di gelosia,
finita malamente e con il ferimento di uno dei due
aspiranti amati. L’aggressore veniva in seguito
arrestato per tentato omicidio.
Sottoposto a custodia
cautelare in carcere, si vedeva respingere la richiesta
di riesame avverso l’ordinanza emessa dal G.I.P, secondo
il Tribunale del riesame infatti l’aggressione era stata
correttamente interpretata dal giudice.
Avverso l’ordinanza del
Tribunale l'imputato proponeva ricorso trovando nella
Suprema Corte un valido alleato, secondo gli Ermellini,
infatti, è necessario un nuovo esame, un nuovo
approfondimento della vicenda, va da se l'annullamento
dell'ordinanza impugnata.
Corte di
Cassazione, sez. I Penale, sentenza 12 ottobre 2011 – 16
febbraio 2012, n. 6276
Presidente
Chieffi – Relatore Tardio
Ritenuto
in fatto
1. Il 29
aprile 2011 il Tribunale di Roma, costituito ai sensi
dell'art. 309 cod. proc. pen., ha rigettato la richiesta
di riesame proposta avverso l'ordinanza di custodia
cautelare in carcere, emessa in data 13 aprile 2011 dal
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Roma, contestualmente alla convalida dell'arresto, nei
confronti di E.A.S.A.A.A. , sottoposto a indagini e
arrestato il 10 aprile 2011 per tentato omicidio.
1.1.
La vicenda cui si riferiva l'ordinanza di custodia
cautelare atteneva al tentato omicidio di M.S. , che la
notte del (omissis) , mentre era nella discoteca
(omissis) , aveva riportato
una ferita da taglio all'emivolto sinistro e ferite
escoriate multiple a carico della parete addominale e
delle braccia, determinate da un coltello con lama a
forma di uncino lunga tre cm, incorporata in un
accendino, trovato in possesso dell'indagato, fermato
dalla sicurezza del locale con gli abiti sporchi di
sangue, e arrestato.
Era
in particolare risultato che il M. si era recato con
alcuni amici a ballare presso l'indicata discoteca e,
mentre ballava con una ragazza, A.N. , che gli si era
avvicinata,
era stato raggiunto dall'E. , che per gelosia verso la
sua ex ragazza, l'aveva spinto urlandogli contro e
gesticolando fino a che il M. non era stato visto con il
viso sanguinante.
1.2.
Il Tribunale riteneva che il compendio indiziario, che
fondava l'addebito
mosso a carico dell'indagato, era rappresentato:
-
dal contenuto della denuncia presentata dalla persona
offesa;
-
dalle dichiarazioni dello stesso indagato;
-
dalle sommarie informazioni testimoniale rese da
Al.Ro.El. , amico della vittima, presente
ai fatti, dal barman e dall'addetto alla clientela della
discoteca;
-
dalle dichiarazioni rese dalla ragazza contesa A.N. .
1.3.
Secondo il Tribunale, erano infondate le osservazioni
difensive volte a contestare la qualificazione giuridica
del reato, compiuta
dal Pubblico Ministero e recepita dal G.i.p., quale
tentato omicidio, non sussistendo alcun elemento -
attesa la poca credibilità delle dichiarazioni
dell'indagato e la conferma dell'aggressione dallo
stesso posta in essere, derivata dalle dichiarazioni
dell'A. - tale da "far rimeditare nel senso richiesto"
l'aggressione subita dalla parte offesa per futili
motivi, in modo improvviso, con modalità violente e
insidiose, con colpi ripetuti e repentini in locale poco
illuminato, correttamente valutata dal giudice di prime
cure in modo conforme ai principi di diritto, fissati
dalla prevalente giurisprudenza in tema di tentato
omicidio, quanto al parametro interpretativo della
volontà omicidiaria.
La
conferma dell'esigenza di pervenire a una risposta
cautelare
adeguata e proporzionata al caso concreto derivava dal
conferimento da parte del Pubblico Ministero
dell'incarico, successivo alla proposizione del riesame,
a consulente tecnico di accertare l'idoneità delle
lesioni subite e dell'azione ed entità dei colpi a
cagionare a morte della parte offesa.
Era
da escludere anche l'applicabilità della legittima
difesa, avuto riguardo alla necessaria involontarietà
della determinazione della situazione di pericolo, alla
luce dei principi di diritto richiamati in ordinanza,
e, per l'effetto, non erano riconoscibili anche la
legittima difesa putativa e l'eccesso colposo della
scriminante invocata.
1.4.
La sussistenza della esigenza cautelare di cui all'art.
274, lett. c), cod. proc. pen. trovava sicuro fondamento
nella
gravità del fatto, non ridimensionato dalle
dichiarazioni dell'A. , che denotava scarsa capacità di
autocontrollo.
Tale
esigenza era salvaguarda bile solo con la misura
applicata, senza che potesse peraltro applicarsi la
misura degli arresti domiciliari,
attesa la
posizione dell'indagato, straniero irregolare privo di
domicilio idoneo.
2.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per
cassazione personalmente E.A.S.A.A.A. , che ne chiede
l'annullamento sulla base di due motivi.
2.1.
Con il primo motivo il
ricorrente denuncia inosservanza delle norme processuali
stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità,
inammissibilità o decadenza ai sensi dell'art. 606,
comma 1, lett. c), cod. proc. pen..
Secondo
il ricorrente, l'istanza di riesame è stata presentata
dal
difensore di ufficio nominato, ai sensi dell'art. 97,
comma 1, cod. proc. pen., il 22 aprile 2011 durante
l'orario di apertura della cancelleria (ore 9,00-12,30),
quando alle 8,20 dello stesso giorno esso ricorrente
presso l'ufficio matricola del carcere aveva già fatto
la nomina del difensore di fiducia avv. Giglio.
Né,
con ulteriore violazione delle norme processuali, il
difensore di fiducia ha ricevuto avviso di fissazione
dell'udienza camerale e del deposito dell'ordinanza,
destinato invece al difensore
di ufficio.
2.2.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi
dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.,
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione, emergente dallo stesso iter argomentativo
dell'ordinanza nella
parte in cui si assume la sussistenza del dolo, inteso
come volontà omicidiaria, in capo ad esso ricorrente.
Ad
avviso del ricorrente anche i richiami ai principi di
diritto affermati da questa Corte confermano la
manifesta illogicità della motivazione
dell'ordinanza, che ha omesso di indicare quali siano in
concreto gli elementi esteriori della volontà
omicidiaria, ponendosi, nelle sue conclusioni, anche in
contrasto con gli
atti
del processo (interrogatorio dei prevenuto in sede di
udienza di convalida
dell'arresto, sommarie informazioni della persona
offesa, del teste Al. e, ai sensi dell'art. 391-bis cod.
proc. pen., di A.N. , verbale di sequestro
dell'accendino e referto dell'azienda USL di …), e ha
confermato l'inidoneità e l'equivocità degli elementi
esteriori della volontà dell'agente, indicati in via
generale, avendo ritenuto necessari accertamenti
tecnici.
Considerato in diritto
1. Il
ricorso deve essere accolto nei limiti che saranno in
seguito precisati.
2.
Quanto al primo motivo è palesemente
infondata la doglianza concernente la carenza della
legittimazione del difensore di ufficio, avv. Andrea
Collica, nominato ex art. 97, comma 1, cod. proc. pen.,
alla presentazione della richiesta di riesame, fondata
sul rilievo della sopraggiunta estraneità dello stesso
al procedimento per effetto della nomina del difensore
di fiducia, effettuata lo stesso giorno da parte del
ricorrente presso l'Ufficio matricola della Casa
circondariale di Roma, ove era detenuto.
2.1.
La doglianza nei termini formulata,
omette di
rilevare che il riferimento, contenuto nell'art. 309,
comma 3, cod. proc. pen., al diritto di proporre la
richiesta di riesame anche al "difensore dell'imputato",
non esclude che tale diritto compete anche al difensore
di ufficio, a suo tempo designato dal Giudice o dal
Pubblico Ministero, al momento del deposito del
provvedimento impugnato, e che l'iniziativa di
presentare gravame con le forme prescritte dalla legge e
nei limitati termini previsti nel procedimento
de
libertate,
coerente con la stessa previsione della difesa di
ufficio e con le esigenze di garanzia per l'imputato e
di salvaguardia dei suoi interessi, non produce effetti
vincolanti per il difensore di fiducia, la cui nomina
sopravvenga nella pendenza del termine di impugnazione,
al quale compete il diritto, se ancora nei termini, di
proporre autonoma impugnazione.
Essa,
peraltro, avrebbe potuto avere un rilievo solo ove
riferita alla notifica dell'ordinanza impugnanda,
mentre, senza contestare la ritualità della notifica al
difensore
di ufficio, tende, in contrasto con gli stessi interessi
che mira a garantire, alla declaratoria di
inammissibilità dell'unica richiesta di riesame, che è
stata depositata - con riserva dei motivi in sede di
udienza - il 22 aprile 2011 dal difensore di ufficio
nell'interesse dell'indagato, e che il difensore di
fiducia, avv. Adelina Giglio, nominata il 22 aprile
2011, ha richiamato nei motivi di riesame depositati
all'udienza del 29 aprile 2011.
2.2.
La manifesta infondatezza dell'ulteriore censura, che attiene
all'omesso avviso al difensore di fiducia del decreto di
fissazione dell'udienza camerale e del
deposito
dell'ordinanza, destinato invece al difensore di
ufficio, emerge univoca dal rilievo che il difensore di
fiducia avv. Giglio, è comparso all'udienza
camerale del 29 aprile 2011 a mezzo del sostituto
processuale, avv. Andrea Collica (già nominato difensore
di ufficio), nominato, ai sensi dell'art. 102 cod. proc.
pen., in pari data; detto difensore ha depositato in
udienza la memoria con i motivi di riesame a firma del
difensore di fiducia, e il deposito dell'ordinanza è
stato comunicato al difensore di fiducia e al difensore
di ufficio a mezzo fax e all'indagato presso la Casa
circondariale (omissis) .
3.
Il secondo motivo deve essere accolto per la
fondatezza
della mossa censura in merito alla qualificazione
giuridica della condotta contestata, poiché il
convincimento manifestato dal Tribunale, in ordine alla
sussistenza a carico dell'indagato di elementi gravi a
fondamento della condivisa contestazione di tentato
omicidio, appare sorretto da motivazione inadeguata a
esprimere il percorso logico seguito.
3.1.
Il Tribunale, infatti, che ha richiamato per sintesi e
illustrato i dati fattuali integranti il compendio
indiziario, già posto a base dell'ordinanza
custodiate, ha valorizzato il dato dell'aggressione
subita dalla parte offesa ad opera dell'indagato, le
ferite riscontrate sulla parte offesa ("ferita da taglio
emivolto sinistro, ferite escoriate multiple a carico
della parete addominale e delle braccia"), oggetto del
referto del pronto soccorso, il possesso da parte
dell'indagato, fermato con abiti sporchi di sangue, di
accendino con coltello incorporato con "lama a forma di
uncino lunga tre cm", e la ripetitività e la repentinità
dei colpi inferti in presenza di poca luce.
La
sintesi di tali dati come valutati dal primo Giudice, la
conformità della valutazione svolta ai principi
giurisprudenziali prevalenti con riguardo al tentato
omicidio, e le affermazioni in diritto di questa Corte
quanto al parametro
interpretativo in ordine alla volontà omicidiaria hanno
delimitato e definito il tema di indagine del Tribunale,
che ha conclusivamente ritenuto, richiamando a conforto
ulteriori massime della giurisprudenza di legittimità,
che "le finalità della condotta devono essere apprezzate
secondo le regole di comune esperienza, tenuto conto
della natura e della essenza degli atti compiuti e del
contesto in cui si inseriscono".
Sono,
in tal modo, rimaste senza risposta le deduzioni
difensive, che del fatto in
imputazione
contestavano la qualificazione giuridica in relazione
all'arma usata, ai colpi inferti e alle zone attinte,
contraddicendosi le premesse della stessa ordinanza, che
ponevano tali elementi come rilevanti momenti di
indagine, e non considerandosi che l'analisi degli
stessi era tanto più necessaria alla luce della
evidenziata esigenza di pervenire a una risposta
cautelare "adeguata e proporzionata al caso concreto",
avvertita anche dal Pubblico Ministero che, dopo la
richiesta di riesame, aveva disposto accertamenti
tecnici sulla idoneità, oltre che delle lesioni subite,
anche dell'azione e della entità dei colpi inferti, a
cagionare l'evento morte.
3.2.
La necessità di un approfondimento sulla vicenda e di
un'analisi, riferita, al caso concreto, dei
principi di diritto affermati in questa sede di
legittimità con riguardo ad altri casi concreti rende
necessario un riesame nel merito dei dati di fatto
afferenti alla qualificazione della condotta, cui è
limitata la doglianza difensiva, da compiersi da parte
del Giudice di merito.
4.
Consegue alle svolte considerazioni l'annullamento della
ordinanza impugnata, limitatamente alla qualificazione
giuridica del fatto contestato come tentato omicidio,
con rinvio al Tribunale di Roma, che, in coerenza con
quanto
rappresentato e tenendo conto delle ulteriori emergenze
processuali, dovrà in piena autonomia di giudizio, ma
con motivazione completa e immune da vizi giuridici e
logici, riconsiderare la qualificazione del predetto
delitto e, per l'effetto, la vicenda cautelare
dell'indagato con riguardo allo stesso.
Il
ricorso deve essere invece, rigettato nel resto.
5.
La Cancelleria dovrà provvedere all'adempimento
prescritto dall'art. 94, comma 1-ter, disp. att cod.
proc. pen..
P.Q.M.
Annulla
l'ordinanza impugnata limitatamente alla qualificazione
giuridica del fatto come tentato omicidio e rinvia per
nuovo esame sul punto al Tribunale di Roma.
Rigetta
nel resto il ricorso.
Dispone
trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del
provvedimento al Direttore dell'Istituto
penitenziario, ai sensi dell'art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen..
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