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Un falegname artigiano
rimane vittima di un incidente stradale, mentre è
intento a recarsi da un cliente per verificare lo stato
di un edificio di cui ha assunto l’incarico di
ristrutturazione.
La moglie agisce in
giudizio, chiedendo il riconoscimento del diritto ad una
rendita permanente per i superstiti, secondo quanto
disposto dal D.P.R. n. 1124 del 1965, ed ottiene ragione
in primo grado.
La sentenza viene, però,
riformata in grado di appello, su gravame proposto
dall’INAIL.
La corte territoriale
rileva, infatti, come già durante il giudizio di prime
cure si era dimostrato che l’artigiano aveva perso la
vita mentre era intento ad attraversare la strada dopo
aver consegnato alcuni prodotti ad un negozio che glieli
aveva ordinati, e come il sopralluogo concordato con il
cliente che aveva commissionato la ristrutturazione era
stato programmato per un diverso orario della giornata
rispetto a quello in cui si era verificato l’incidente
mortale.
La S.C., nel confermare la
sentenza del giudice di secondo grado, ha affermato come
la tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro,
prevista per gli artigiani dall'art. 4 n. 3 del D.P.R.
n. 1124 del 1965, riguarda esclusivamente le attività
inerenti al momento lavorativo – esecutivo della
prestazione svolta, e non anche le attività relative al
momento organizzativo – imprenditoriale.
Le attività tutelate, in
sostanza, sono quelle indispensabili, in quanto
preparatorie, accessorie o connesse, alla prestazione
lavorativa dell'artigiano.
* * *
Corte di Cassazione, sez.
Lavoro, sentenza 11 gennaio – 16 febbraio 2012, n. 2016
Presidente Vidiri –
Relatore Morcavallo
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 27
febbraio 2006, il Tribunale di Catania, giudice del
lavoro, accoglieva la domanda proposta da R.A. intesa al
riconoscimento del diritto a rendita permanente per i
superstiti, a seguito della morte del coniuge, N.S. ,
deceduto in un incidente stradale allorché, secondo
quanto dedotto dall'attrice, egli, falegname artigiano,
si era recato presso un cliente per verificare lo stato
del tetto di un edificio rustico per il quale aveva
avuto l'incarico di eseguire una sistemazione.
2. Tale decisione veniva
riformata dalla Corte d'appello di Catania, che, con la
sentenza qui impugnata, accoglieva il gravame proposto
dall'INAIL e respingeva la domanda. La Corte di merito
rilevava che sia la prova testimoniale sia la
documentazione acquisita in giudizio (verbale
dell'Ispettorato del lavoro, rapporto dei Carabinieri)
avevano dimostrato che il N., in occasione
dell'incidente stradale in cui aveva perso la vita,
aveva appena posteggiato il proprio camion su cui si
trovavano delle scale di legno da consegnare ad un
negozio che gliele aveva ordinate, allorché era stato
investito da un autoveicolo mentre attraversava la
strada; d'altra parte, era stato accertato - ed era
stato riferito dalla stessa attrice in sede di ricorso
amministrativo - che l'attività di sopraluogo per la
sistemazione di un tetto era stata programmata per un
diverso orario della giornata; l'evento mortale, quindi,
si era verificato al di fuori dell'attività artigianale
e non era perciò indennizzabile ai sensi dell'art. 4 del
d.P.R. n. 1124 del 1965.
3. Per la cassazione di
tale decisione ricorre la R. deducendo due motivi,
illustrati con memoria. L'INAIL resiste con
controricorso.
4. Nell'imminenza
dell'udienza di discussione la ricorrente ha depositato
dichiarazione di persistenza dell'interesse alla
trattazione della controversia, ai sensi dell'art. 26,
comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183, come
modificato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del
decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 212.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo la
ricorrente deduce la violazione degli art. 115, 416 e
437 c.p.c., lamentando che la Corte d'appello sia
pervenuta alla riforma della sentenza di primo grado,
con riguardo alla ricostruzione delle circostanze
dell'incidente mortale del coniuge, in base a documenti
prodotti dall'Istituto tardivamente, e quindi
inammissibilmente esaminati in appello, nonché in base
ad eccezioni non dedotte dinanzi al Tribunale (in
particolare, con riguardo alla inattendibilità di un
teste escusso nel giudizio di primo grado).
2. Con il secondo motivo
si denuncia vizio di motivazione. Si lamenta che il
giudice d'appello abbia escluso la configurabilità
dell'occasione di lavoro sulla base di un generico
riferimento alla documentazione di cui sopra,
inammissibilmente esaminata, e, inoltre, trascurando del
tutto le risultanze testimoniale già acquisite in primo
grado - relative al collegamento dell'evento con
l'attività artigianale -, peraltro ritenute dal
Tribunale compatibili con la relazione ispettiva
dell'INAIL.
3. I motivi, da esaminare
congiuntamente per l'intima connessione, non sono
fondati in alcuno dei profili di censura evidenziati in
ricorso.
3.1. La conclusione cui è
pervenuta la decisione impugnata presuppone il principio
secondo cui la tutela assicurativa contro gli infortuni
sul lavoro prevista per gli artigiani dall'art. 4 n. 3
d.P.R. n. 1124 del 1965 riguarda esclusivamente le
attività "normali" (ossia quelle inerenti al momento
lavorativo - esecutivo) e non si estende alle attività
relative al momento organizzativo — imprenditoriale, se
pure le suddette attività manuali non devono
necessariamente corrispondere a quelle tipiche della
prestazione artigianale, estendendosi la tutela a tutti
qui lavori che, ancorché non svolti per un committente e
dietro corrispettivo, (cfr. Cass. n. 5099 del 1998).
3.2. La valutazione dei
giudici d'appello, in ordine alla effettiva natura
dell'attività lavorativa posta in essere dal coniuge
della ricorrente al momento dell'incidente, si fonda in
primo luogo sul mancato assolvimento dell'onere -
incombente sulla parte attrice - di provare il carattere
"normalmente" artigianale di quell'attività, stante,
peraltro, il ricorso amministrativo, proposto dalla R.
in data 4 giugno 2001, che escludeva, in base ai
riferimenti fattuali allegati dalla stessa istante, il
rischio legato al lavoro artigianale. Al riguardo, va
osservato che il contenuto di tale atto è del tutto
pacifico fra le parti, essendo riportato e trascritto
anche in questa sede di legittimità. Sulle conseguenze
di tali ammissioni — sul piano probatorio - non incide,
pertanto, la mancata produzione della controparte,
mentre la valutazione operata dalla Corte d'appello,
anche in riferimento al complessivo apprezzamento di
tali ammissioni e al loro raffronto con le rimanenti
emergenze probatorie, è incensurabile in questa sede
inerendo all'accertamento di circostanze di fatto.
3.3. L'esame delle altre
risultanze documentali viene contestato dalla ricorrente
per violazione del divieto dello jus novorum, ma si
tratta di censure inconferenti che i documenti oggetto
di valutazione in appello - quali il rapporto dei
Carabinieri e la relazione degli ispettori dell'INAIL -
erano autonomamente acquisibili in giudizio, ai sensi
degli art. 213 - 437 c.p.c., e si sottraevano pertanto
al predetto divieto, che investe i mezzi di prova che
sono nella disponibilità delle parti ma non si estende
alle informazioni che il giudice può direttamente
acquisire in base al suo potere officioso. Parimenti, lo
jus novorum non riguarda il giudizio di attendibilità
dei testi escussi in giudizio, né la valutazione
comparativa delle singole risultanze, che competono al
giudice a prescindere dalle eccezioni delle parti.
3.4. Il ricorso è quindi
respinto. Le spese del giudizio sono compensate in
ragione della natura della controversie e della
particolarità della fattispecie.
P.Q.M.
La Corte rigetta e
compensa le spese del giudizio.
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