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ARTIGIANO MUORE RECANDOSI DAL CLIENTE: NEGATO IL RISARCIMENTO DEL DANNO” – Cass. 2016/2012 – commento e testo-Matteo BARIZZA

 

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Un falegname artigiano rimane vittima di un incidente stradale, mentre è intento a recarsi da un cliente per verificare lo stato di un edificio di cui ha assunto l’incarico di ristrutturazione.


 

La moglie agisce in giudizio, chiedendo il riconoscimento del diritto ad una rendita permanente per i superstiti, secondo quanto disposto dal D.P.R. n. 1124 del 1965, ed ottiene ragione in primo grado.


 

La sentenza viene, però, riformata in grado di appello, su gravame proposto dall’INAIL.


 

La corte territoriale rileva, infatti, come già durante il giudizio di prime cure si era dimostrato che l’artigiano aveva perso la vita mentre era intento ad attraversare la strada dopo aver consegnato alcuni prodotti ad un negozio che glieli aveva ordinati, e come il sopralluogo concordato con il cliente che aveva commissionato la ristrutturazione era stato programmato per un diverso orario della giornata rispetto a quello in cui si era verificato l’incidente mortale.


 

La S.C., nel confermare la sentenza del giudice di secondo grado, ha affermato come la tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro, prevista per gli artigiani dall'art. 4 n. 3 del D.P.R. n. 1124 del 1965, riguarda esclusivamente le attività inerenti al momento lavorativo – esecutivo della prestazione svolta, e non anche le attività relative al momento organizzativo – imprenditoriale.


 

Le attività tutelate, in sostanza, sono quelle indispensabili, in quanto preparatorie, accessorie o connesse, alla prestazione lavorativa dell'artigiano.


 

* * *

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 11 gennaio – 16 febbraio 2012, n. 2016

Presidente Vidiri – Relatore Morcavallo

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 27 febbraio 2006, il Tribunale di Catania, giudice del lavoro, accoglieva la domanda proposta da R.A. intesa al riconoscimento del diritto a rendita permanente per i superstiti, a seguito della morte del coniuge, N.S. , deceduto in un incidente stradale allorché, secondo quanto dedotto dall'attrice, egli, falegname artigiano, si era recato presso un cliente per verificare lo stato del tetto di un edificio rustico per il quale aveva avuto l'incarico di eseguire una sistemazione.

2. Tale decisione veniva riformata dalla Corte d'appello di Catania, che, con la sentenza qui impugnata, accoglieva il gravame proposto dall'INAIL e respingeva la domanda. La Corte di merito rilevava che sia la prova testimoniale sia la documentazione acquisita in giudizio (verbale dell'Ispettorato del lavoro, rapporto dei Carabinieri) avevano dimostrato che il N., in occasione dell'incidente stradale in cui aveva perso la vita, aveva appena posteggiato il proprio camion su cui si trovavano delle scale di legno da consegnare ad un negozio che gliele aveva ordinate, allorché era stato investito da un autoveicolo mentre attraversava la strada; d'altra parte, era stato accertato - ed era stato riferito dalla stessa attrice in sede di ricorso amministrativo - che l'attività di sopraluogo per la sistemazione di un tetto era stata programmata per un diverso orario della giornata; l'evento mortale, quindi, si era verificato al di fuori dell'attività artigianale e non era perciò indennizzabile ai sensi dell'art. 4 del d.P.R. n. 1124 del 1965.

3. Per la cassazione di tale decisione ricorre la R. deducendo due motivi, illustrati con memoria. L'INAIL resiste con controricorso.

4. Nell'imminenza dell'udienza di discussione la ricorrente ha depositato dichiarazione di persistenza dell'interesse alla trattazione della controversia, ai sensi dell'art. 26, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183, come modificato dall'art. 14, comma 1, lett. a), del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 212.

Considerato in diritto

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli art. 115, 416 e 437 c.p.c., lamentando che la Corte d'appello sia pervenuta alla riforma della sentenza di primo grado, con riguardo alla ricostruzione delle circostanze dell'incidente mortale del coniuge, in base a documenti prodotti dall'Istituto tardivamente, e quindi inammissibilmente esaminati in appello, nonché in base ad eccezioni non dedotte dinanzi al Tribunale (in particolare, con riguardo alla inattendibilità di un teste escusso nel giudizio di primo grado).

2. Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione. Si lamenta che il giudice d'appello abbia escluso la configurabilità dell'occasione di lavoro sulla base di un generico riferimento alla documentazione di cui sopra, inammissibilmente esaminata, e, inoltre, trascurando del tutto le risultanze testimoniale già acquisite in primo grado - relative al collegamento dell'evento con l'attività artigianale -, peraltro ritenute dal Tribunale compatibili con la relazione ispettiva dell'INAIL.

3. I motivi, da esaminare congiuntamente per l'intima connessione, non sono fondati in alcuno dei profili di censura evidenziati in ricorso.

3.1. La conclusione cui è pervenuta la decisione impugnata presuppone il principio secondo cui la tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro prevista per gli artigiani dall'art. 4 n. 3 d.P.R. n. 1124 del 1965 riguarda esclusivamente le attività "normali" (ossia quelle inerenti al momento lavorativo - esecutivo) e non si estende alle attività relative al momento organizzativo — imprenditoriale, se pure le suddette attività manuali non devono necessariamente corrispondere a quelle tipiche della prestazione artigianale, estendendosi la tutela a tutti qui lavori che, ancorché non svolti per un committente e dietro corrispettivo, (cfr. Cass. n. 5099 del 1998).

3.2. La valutazione dei giudici d'appello, in ordine alla effettiva natura dell'attività lavorativa posta in essere dal coniuge della ricorrente al momento dell'incidente, si fonda in primo luogo sul mancato assolvimento dell'onere - incombente sulla parte attrice - di provare il carattere "normalmente" artigianale di quell'attività, stante, peraltro, il ricorso amministrativo, proposto dalla R. in data 4 giugno 2001, che escludeva, in base ai riferimenti fattuali allegati dalla stessa istante, il rischio legato al lavoro artigianale. Al riguardo, va osservato che il contenuto di tale atto è del tutto pacifico fra le parti, essendo riportato e trascritto anche in questa sede di legittimità. Sulle conseguenze di tali ammissioni — sul piano probatorio - non incide, pertanto, la mancata produzione della controparte, mentre la valutazione operata dalla Corte d'appello, anche in riferimento al complessivo apprezzamento di tali ammissioni e al loro raffronto con le rimanenti emergenze probatorie, è incensurabile in questa sede inerendo all'accertamento di circostanze di fatto.

3.3. L'esame delle altre risultanze documentali viene contestato dalla ricorrente per violazione del divieto dello jus novorum, ma si tratta di censure inconferenti che i documenti oggetto di valutazione in appello - quali il rapporto dei Carabinieri e la relazione degli ispettori dell'INAIL - erano autonomamente acquisibili in giudizio, ai sensi degli art. 213 - 437 c.p.c., e si sottraevano pertanto al predetto divieto, che investe i mezzi di prova che sono nella disponibilità delle parti ma non si estende alle informazioni che il giudice può direttamente acquisire in base al suo potere officioso. Parimenti, lo jus novorum non riguarda il giudizio di attendibilità dei testi escussi in giudizio, né la valutazione comparativa delle singole risultanze, che competono al giudice a prescindere dalle eccezioni delle parti.

3.4. Il ricorso è quindi respinto. Le spese del giudizio sono compensate in ragione della natura della controversie e della particolarità della fattispecie.

P.Q.M.

La Corte rigetta e compensa le spese del giudizio.


 


 


 


 


 


 


 


 

 

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