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L’estradizione rende
inammissibile l’impugnazione della misura cautelare che
a quel punto ha già perso la sua funzione strumentale
alla consegna. E neppure può servire ad ottenere un
risarcimento per ingiusta detenzione in quanto tale
obiettivo è incompatibile con la pronuncia irrevocabile
favorevole all’estradizione. Lo hanno stabilito le
Sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza
6624/2012, respingendo il ricorso di un cittadino
albanese.
Per la Suprema corte,
infatti, “nell’ambito del procedimento di estradizione
per l’estero, l’intervenuto consegna allo Stato
richiedente della persona reclamata comporta
l’inammissibilità, per sopraggiunta carenza di
interesse, dell’impugnazione proposta dalla medesima
persona contro il provvedimento di rigetto della
richiesta di revoca o di inefficacia della misura
cautelare coercitiva disposta a suo carico nel corso
dello stesso procedimento, stante la natura incidentale
della quaestio libertatis rispetto alla procedura di
estradizione e avendo la cautela personale esaurito la
sua funzione strumentale alla consegna”.
Non solo, “nell’ipotesi
considerata - prosegue la Corte - l’interesse
all’impugnazione del provvedimento sulla libertà
personale adottato ai fini estradizionali non può essere
ravvisato neppure nella prospettiva di ottenere la
riparazione per ingiusta detenzione, in quanto il
conseguimento di tale obiettivo è incompatibile con la
pronuncia della sentenza - irrevocabile - favorevole
all’estradizione”. |