Diritto.it
Rinaldi Manuela
Massima
L’articolo 7 della
direttiva 2003/88/CE del Parlamento Europeo deve essere
interpretato nel senso che osta a norme oppure a prassi
nazionali le quali prevedono che il diritto alle ferie
annuali retribuite venga subordinato ad un periodo di
lavoro effettivo di almeno 10 giorni o anche di 1 mese
durante il periodo di riferimento.
1. Premessa
Con la decisione in
commento i giudici, hanno precisato che l’articolo 7 (1)
della Direttiva 2003/88/CE del Parlamento Europeo e del
Consiglio del 4 novembre 2003 (2) deve interpretarsi nel
senso che non osta ad una disposizione nazionale che
prevede, a seconda dell’assenza del prestatore di lavoro
in congedo di malattia, una durata delle ferie annuali
retribuite superiore.
Spetta al giudice del
rinvio la verifica (3) se si possa pervenire ad una
interpretazione di tale diritto che consenta
l’equiparazione dell’assenza del lavoratore per
incidente in itinere ad una delle fattispecie menzionate
nell’articolo L 223 – 4 del codice del lavoro.
Nel caso in cui una simile
interpretazione non fosse possibile, spetterà al giudice
nazionale la verifica se, alla luce della natura
giuridica dei convenuti nel
procedimento principale,
possa essere invocato nei loro confronti l’effetto
diretto dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva
2003/88.
Pare opportuno specificare
che il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli
stati membri (4) di interpellare la Corte in merito alla
interpretazione, appunto, del diritto della Unione
oppure circa la validità di un atto.
La Corte non risolve la
controversia nazionale; spetta al giudice nazionale la
risoluzione della causa in conformità alla decisione
della Corte.
La citata decisione
vincola gli altri giudici nazionali a cui venga
sottoposto un problema analogo.
2. Conclusioni
Secondo il “pensiero”
della Corte nella decisione in commento la direttiva
2003/88/CE sull’organizzazione dell’orario di lavoro sta
ad una normativa nazionale che subordina il diritto alle
ferie annuali retribuite ad un periodo di lavoro
effettivo minimo di dieci giorni.
Il citato diritto non può
essere leso quando il prestatore di lavoro si trovi in
congedo di malattia giustificato, in seguito ad una
malattia oppure ad un infortunio sopravvenuto sul posto
di lavoro o anche altrove.
La Corte ricorda che il
diritto alle ferie annuali retribuite deve essere
considerato come un principio particolarmente importante
del diritto sociale dell’Unione, al quale non si può
derogare e la cui attuazione da parte delle autorità
nazionali competenti può essere effettuata solo nei
limiti esplicitamente indicati dalla direttiva. Sebbene
gli Stati membri possano definire le condizioni di
esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali
retribuite, tuttavia essi non possono subordinare la
costituzione di tale diritto ad alcuna condizione ed
escludere il sorgere stesso di tale diritto,
espressamente conferito a tutti i lavoratori.
Manuela Rinaldi
Avvocato foro Avezzano Aq,
Direttore Amministrativo Fondazione Studi Giuridici
“Cassinelli – Buccini” c/o COA Avezzano; Docente in
corsi di Alta Formazione Professionale; Docente nel
corso di preparazione all’esame da avvocato c/o
Tribunale di Avezzano organizzato dal COA di Avezzano
unitamente alla Fondazione Studi Giuridici “Cassinelli –
Buccini”; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto
del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà
Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o
sede distaccata di Avezzano, Aq; Tutor di Diritto del
Lavoro c/o Università Telematica Internazionale
Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Dottoranda
in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La
Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli
_________
(1) Al Paragrafo 1 (GUL
299, pag. 9).
(2) Concernente alcuni
aspetti sull’organizzazione dell’orario di lavoro.
(3) Prendendo in
considerazione il complesso del diritto interno e nello
specifico l’articolo L 223 – 4 del codice del lavoro, e
con l’applicazione dei metodi di interpretazione
riconosciuti dallo stesso.
(4) Nell'ambito di una
controversia della quale sono investiti.
Politica sociale – Diritto alle ferie
retribuite – Durata – Direttiva 2033/88/CE –
Normativa nazionale contraria – Ruolo del
giudice nazionale
Corte di Giustizia Europea n. C–282/10 del
24/1/2012 |
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SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
24 gennaio 2012 (
«Politica sociale – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 7 –
Diritto alle ferie annuali retribuite – Condizione di
costituzione del diritto imposta da una normativa
nazionale – Assenza del lavoratore – Durata delle ferie
in funzione del tipo di assenza – Normativa nazionale
contraria alla direttiva 2003/88 – Ruolo del giudice
nazionale»
Nella causa C-282/10,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE,
dalla Cour de cassation (Francia), con decisione del 2
giugno 2010, pervenuta in cancelleria il 7 giugno 2010,
nel procedimento
Maribel Dominguez
contro
Centre informatique du Centre Ouest Atlantique,
Préfet de la région Centre,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A.
Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, e U. Lõhmus,
presidenti di sezione, dai sigg. A. Rosas, E. Levits
(relatore), A. Ó Caoimh, L. Bay Larsen, T. von Danwitz e
A. Arabadjiev, giudici,
avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak
cancelliere: sig.ra R.
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
all’udienza del 17 maggio 2011,
considerate le osservazioni presentate:
– per Maribel Dominguez, da H. Masse-Dessen e V. Lokiec,
avocats,
– per il Centre informatique
du Centre Ouest Atlantique, da D. Célice,
avocat,
– per il governo francese, da G. de Bergues, A.
Czubinski e N. Rouam, in qualità di agenti,
– per il governo danese, da S. Juul Jørgensen, in
qualità di agente,
– per il governo dei Paesi Bassi, da C. Wissels e M.
Noort, in qualità di agenti,
– per la Commissione europea, da M. van Beek e M. Van
Hoof, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza dell’8 settembre 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda
l’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva
2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4
novembre 2003, concernente taluni aspetti
dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 299,
pag. 9).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una
controversia tra la sig.ra Dominguez e il suo datore di
lavoro, il Centre informatique du Centre Ouest
Atlantique (in prosieguo: il «CICOA»), in merito alla
richiesta della sig.ra Dominguez di beneficiare di ferie
annuali retribuite non godute nel periodo compreso tra
il mese di novembre del 2005 e il mese di gennaio del
2007 a causa di un’interruzione del lavoro prescritta a
seguito di un incidente, e, in
subordine, di un’indennità compensativa.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
3 L’articolo 1 della direttiva 2003/88 prevede quanto
segue:
«Oggetto e campo di applicazione
1. La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime
di sicurezza e di salute in materia di organizzazione
dell’orario di lavoro.
2. La presente direttiva si applica:
a) ai periodi minimi di (...) ferie annuali
(...)».
4 A tenore dell’articolo 7 della stessa direttiva:
«Ferie annuali
1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie
affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali
retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni
di ottenimento e di concessione previste dalle
legislazioni e/o prassi nazionali.
2. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può
essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in
caso di fine del rapporto di lavoro».
5 L’articolo 15 di tale direttiva dispone quanto segue:
«Disposizioni più favorevoli
La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli
Stati membri di applicare o introdurre disposizioni
legislative, regolamentari o amministrative più
favorevoli alla protezione della sicurezza e della
salute dei lavoratori o di favorire o consentire
l’applicazione di contratti collettivi o accordi
conclusi fra le parti sociali, più favorevoli alla
protezione della sicurezza e della salute dei
lavoratori».
6 L’articolo 17 della direttiva 2003/88
prevede che
gli Stati membri possano derogare a talune disposizioni
di quest’ultima. L’articolo 7 della direttiva non
rientra tra le disposizioni alle quali è consentito
derogare.
La normativa nazionale
7 L’articolo L. 223-2, primo comma, del codice francese
del lavoro, prevede quanto segue:
«Il lavoratore che, nel corso dell’anno di riferimento,
comprovi di essere stato occupato presso lo stesso
datore di lavoro per un periodo equivalente a un minimo
di un mese di lavoro effettivo ha diritto a ferie la cui
durata è determinata in ragione di due giorni e mezzo
lavorativi per mese di lavoro senza che la durata
complessiva delle ferie esigibili possa superare trenta
giorni lavorativi».
8 L’articolo L. 223-4 di detto codice del lavoro
stabilisce quanto segue:
«Sono assimilati a un mese di lavoro effettivo per la
determinazione della durata delle ferie i periodi
equivalenti a quattro settimane o ventiquattro giorni
lavorativi. I periodi di ferie retribuite, i riposi
compensativi (...), i periodi di congedo per maternità
(...), i giorni di riposo acquisiti a titolo della
riduzione dell’orario di lavoro e i periodi limitati a
una durata ininterrotta di un anno durante i quali
l’esecuzione del contratto di lavoro è sospesa a causa
di infortuniosul lavoro o di malattia professionale,
sono considerati periodi di lavoro effettivo (...)».
9 L’articolo XIV del regolamento tipo allegato al
contratto di lavoro collettivo nazionale del personale
degli istituti di previdenza sociale dispone, al suo
quarto comma, quanto segue:
«Il diritto alle ferie annuali non matura in un
determinato anno in caso di assenze per malattia o
malattia prolungata che abbiano motivato un’interruzione
del lavoro pari o superiore a dodici mesi consecutivi
(...); il diritto alle ferie ricomincia a maturare alla
data della ripresa del lavoro, nel qual caso la durata
delle ferie è stabilita in misura proporzionale al tempo
di lavoro effettivo che non abbia ancora dato luogo
all’attribuzione di ferie annuali».
Causa principale e questioni pregiudiziali
10 La sig.ra Dominguez, impiegata dal 1987 presso il
CICOA, rientra nell’ambito di applicazione del contratto
di lavoro collettivo nazionale del personale degli
istituti di previdenza sociale. In seguito ad un
incidente in itinere, sopravvenuto lungo il tragitto tra
la sua abitazione e il luogo di lavoro, le veniva
prescritto di astenersi dal lavoro nel periodo dal 3
novembre 2005 al 7 gennaio 2007.
11 La sig.ra Dominguez si è rivolta al Conseil de
prud’hommes e successivamente alla Cour d’appel de
Limoges per
ottenere 22,5 giorni di ferie retribuite e, in
subordine, il pagamento di un’indennità compensativa.
12 Poiché tali giudici hanno respinto le domande della
lavoratrice, la sig.ra Dominguez ha proposto un ricorso
in cassazione. Essa sostiene che l’incidente in itinere
è un infortunio sul lavoro, rientrante nel medesimo
regime. Così, in applicazione dell’articolo L. 223-4 del
codice del lavoro, il periodo di sospensione del suo
contratto di lavoro consecutivo all’incidente in itinere
dovrebbe essere equiparato a un tempo di lavoro
effettivo ai fini del calcolo delle ferie retribuite.
13 In considerazione della giurisprudenza della Corte
relativa all’articolo 7 della direttiva 2003/88, la Cour
de cassation esprimeva dubbi quanto alla compatibilità
con tale articolo delle disposizioni nazionali
pertinenti.
14 In tale contesto, la Cour de cassation ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le
seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva
2003/88 (...) debba essere interpretato nel senso che
osta a disposizioni o prassi nazionali che prevedano che
il diritto alle ferie annuali retribuite sia subordinato
a un lavoro effettivo minimo di dieci giorni (o un mese)
durante il periodo di riferimento.
2) In caso di soluzione affermativa, se l’articolo 7
delladirettiva 2003/88 (...), che istituisce un obbligo
particolare per il datore di lavoro, in quanto dà
diritto a ferie retribuite a beneficio del lavoratore
assente per ragioni di salute per una durata pari o
superiore a un anno, imponga al giudice nazionale cui
sia sottoposta una controversia tra privati di
disapplicare una disposizione nazionale contraria, che
subordini in questo caso la costituzione del diritto
alle ferie annuali retribuite a un lavoro effettivo di
almeno dieci giorni durante l’anno di riferimento.
3) Se, dal momento che l’articolo 7 della direttiva
2003/88 (...) non opera alcuna distinzione tra i
lavoratori la cui assenza dal lavoro durante il periodo
di riferimento sia causata da infortunio sul lavoro,
malattia professionale, incidente in itinere o malattia
non professionale, i lavoratori abbiano diritto, in
virtù di detta disposizione, a ferie retribuite di
durata identica a prescindere dalla causa dell’assenza
per motivi di salute, ovvero se detta disposizione debba
essere interpretata nel senso che non osta a che la
durata delle ferie retribuite possa essere diversa a
seconda della causa dell’assenza del lavoratore, visto
che la legge nazionale prevede in certe condizioni una
durata delle ferie annuali retribuite superiore a quella
minima di quattro settimane prevista dalla
direttiva
[2003/88]».
Sulla prima questione
15 Con la prima questione il giudice del rinvio chiede,
essenzialmente, se l’articolo 7, paragrafo 1, della
direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso
che osta a norme o a prassi nazionali che prevedono che
il diritto alle ferie annuali retribuite sia subordinato
ad un periodo di lavoro effettivo minimo di dieci giorni
o di un mese durante il periodo di riferimento.
16 Al riguardo, si deve ricordare, anzitutto, che,
secondo costante giurisprudenza, il diritto di ogni
lavoratore alle ferie annuali retribuite deve essere
considerato come un principio particolarmente importante
del diritto sociale dell’Unione, al quale non si può
derogare e la cui attuazione da parte delle autorità
nazionali competenti può essere effettuata solo nei
limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 93/104/CE
del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni
aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L
307, pag. 18), codificata dalla direttiva 2003/88 (v.
sentenze del 26 giugno 2001, BECTU, C-173/99, Racc. pag.
I-4881, punto 43; del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e
a., C-350/06 e C-520/06, Racc. pag. I-179, punto 22,
nonché del 22 novembre 2011, KHS, C-214/10, non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 23).
17 Di conseguenza, la direttiva 93/104 va intesa
nelsenso che osta a che gli Stati membri limitino
unilateralmente il diritto alle ferie annuali retribuite
conferito a tutti i lavoratori, applicando una
condizione di costituzione di detto diritto che abbia
l’effetto di escludere taluni lavoratori dal godimento
di esso (sentenza BECTU, cit., punto 52).
18 Se è vero, infatti, che gli Stati membri possono
definire, nella loro normativa interna, le condizioni di
esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali
retribuite, tuttavia essi non possono subordinare la
costituzione stessa di tale diritto ad alcuna condizione
(v. sentenza, Schultz-Hoff e a cit., punto 46).
19 Quindi, le modalità di esecuzione e di applicazione
necessarie per attuare le prescrizioni della direttiva
93/104, codificata dalla direttiva 2003/88, possono
differire quanto alle condizioni di esercizio del
diritto alle ferie annuali retribuite, ma tale direttiva
non consente agli Stati membri di escludere la nascita
stessa di un diritto espressamente conferito a tutti i
lavoratori (citate sentenze BECTU, punto 55, e
Schultz-Hoff e a., punto 47).
20 Inoltre, la direttiva 2003/88 non pone alcuna
distinzione tra i lavoratori assenti dal lavoro a titolo
di congedo per malattia, durante il periodo di
riferimento, e quelli che hanno effettivamente lavorato
nel corso di tale periodo (v.
sentenza
Schultz-Hoff e a., cit., punto 40); ne consegue che, per
i lavoratori in congedo per malattia debitamente
prescritto, il diritto alle ferie annuali retribuite,
che scaturisce per ogni lavoratore da tale direttiva,
non può essere subordinato da uno Stato membro
all’obbligo di avere effettivamente lavorato durante il
periodo di riferimento stabilito da detto Stato
(sentenza Schultz-Hoff e a., cit., punto 41).
21 Da quanto precede discende che l’articolo 7,
paragrafo 1, della direttiva 2003/88 deve essere
interpretato nel senso che osta a norme o a prassi
nazionali che prevedono che il diritto alle ferie
annuali retribuite sia subordinato ad un periodo di
lavoro effettivo minimo di dieci giorni o di un mese
durante il periodo di riferimento.
Sulla seconda questione
22 Con la sua seconda questione il giudice del rinvio
chiede, in sostanza, se l’articolo 7 della direttiva
2003/88 debba essere interpretato nel senso che, in una
controversia tra privati, una disposizione nazionale ai
sensi della quale il diritto alle ferie annuali
retribuite è subordinato ad un periodo di lavoro
effettivo minimo durante il periodo di riferimento,
contraria a detto articolo 7, debba essere disapplicata.
23 Anzitutto, occorre rilevare che la questione se una
disposizione nazionale che sia contrariaal diritto
dell’Unione debba essere disapplicata si pone solo se
non risulta possibile alcuna interpretazione conforme di
tale disposizione.
24 A tale proposito, risulta da una giurisprudenza
costante che, nell’applicare il diritto interno, i
giudici nazionali sono tenuti ad interpretarlo per
quanto possibile alla luce del testo e dello scopo della
direttiva in questione, così da conseguire il risultato
perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto
all’articolo 288, terzo comma, TFUE. L’esigenza di
un’interpretazione conforme del diritto nazionale
attiene infatti al sistema del Trattato FUE, in quanto
permette ai giudici nazionali di assicurare, nell’ambito
delle rispettive competenze, la piena efficacia del
diritto dell’Unione quando risolvono le controversie ad
essi sottoposte (v., in particolare, sentenze del 5
ottobre 2004, Pfeiffer e a., da C-397/01 a C-403/01,
Racc. pag. I-8835, punto 114; del 23 aprile 2009,
Angelidaki e a., da C-378/07 a C-380/07, Racc. pag.
I-3071, punti 197 e 198, nonché sentenza del 19 gennaio
2010, Kücükdeveci, C-555/07, Racc. pag. I-365, punto
48).
25 È ben vero che tale principio di interpretazione
conforme del diritto nazionale è soggetto ad alcuni
limiti. Così, l’obbligo per il giudice nazionale di fare
riferimento al contenuto di una direttiva
nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme
pertinenti del diritto
nazionale
trova un limite nei principi generali del diritto e non
può servire a fondare un’interpretazione contra legem
del diritto nazionale (v. sentenze del 15 aprile 2008,
Impact, C-268/06, Racc. pag. I-2483, punto 100, nonché
Angelidaki e a., cit., punto 199).
26 Nel procedimento principale, il giudice del rinvio
ritiene di essere in presenza di un siffatto limite. A
suo giudizio, l’articolo L. 223-2, primo comma, del
codice del lavoro, che prevede che il diritto alle ferie
annuali retribuite sia subordinato ad un lavoro
effettivo minimo di un mese durante il periodo di
riferimento, non ammette alcuna interpretazione conforme
all’articolo 7 della direttiva 2003/88.
27 A tale riguardo, occorre rammentare che il principio
di interpretazione conforme esige inoltre che i giudici
nazionali si adoperino al meglio nei limiti del loro
potere, prendendo in considerazione il diritto interno
nel suo insieme ed applicando i metodi di
interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di
garantire la piena efficacia della direttiva di cui
trattasi e di pervenire ad una soluzione conforme allo
scopo perseguito da quest’ultima (v. sentenze del 4
luglio 2006, Adeneler e a., C-212/04, Racc. pag. I-6057,
punto 111, e Angelidaki e a., cit., punto 200).
28 Orbene, nel procedimento principalel’articolo L.
223-4 del codice del lavoro, che considera taluni
periodi di assenza dal lavoro come idonei a dispensare
dall’obbligo di lavoro effettivo durante il periodo di
riferimento, fa parte integrante del diritto interno che
deve essere preso in considerazione dai giudici
nazionali.
29 Infatti, se l’articolo L. 223-4 del codice del lavoro
fosse interpretato dal giudice nazionale nel senso che
un periodo di assenza a causa di un incidente in itinere
deve essere equiparato ad un periodo di assenza per
infortunio sul lavoro al fine di dare piena applicazione
all’articolo 7 della direttiva 2003/88, tale giudice non
si troverebbe a dover far fronte al limite
dell’interpretazione conforme dell’articolo L. 223-2 del
codice del lavoro, menzionato al punto 26 della presente
sentenza.
30 A tale riguardo, occorre precisare che l’articolo 7
della direttiva 2003/88 non introduce alcuna distinzione
tra i lavoratori assenti durante il periodo di
riferimento a causa di un congedo per malattia e coloro
che hanno effettivamente lavorato nel corso di tale
periodo (v. punto 20 della presente sentenza). Ne
consegue che il diritto alle ferie annuali retribuite di
un lavoratore assente per motivi di salute durante il
periodo di riferimento non può essere subordinato da uno
Stato
membro
all’obbligo di aver compiuto un lavoro effettivo durante
lo stesso periodo di riferimento. In tal senso, secondo
l’articolo 7 della direttiva 2003/88, non dev’essere
leso il diritto di alcun lavoratore – indipendentemente
dal fatto che si trovi in congedo di malattia durante
tale periodo di riferimento per infortunio sopravvenuto
sul posto di lavoro o altrove, o per malattia di
qualunque natura o origine – alle ferie annuali
retribuite di almeno quattro settimane.
31 Da quanto precede risulta che è compito del giudice
del rinvio verificare, prendendo in considerazione il
complesso del diritto interno, in particolare l’articolo
L. 223-4 del codice del lavoro, e applicando i metodi di
interpretazione da tale diritto riconosciuti, al fine di
garantire la piena efficacia della direttiva 2003/88 e
di giungere ad una soluzione conforme alla finalità da
essa perseguita, se si possa pervenire ad
un’interpretazione di tale diritto che consenta di
equiparare l’assenza del lavoratore per incidente in
itinere ad una delle fattispecie menzionate in tale
articolo del codice del lavoro.
32 Nel caso in cui tale interpretazione non fosse
possibile, occorre esaminare se l’articolo 7, paragrafo
1, della direttiva 2003/88 abbia effetto diretto e se,
in tal caso, la sig.ra Dominguez possa avvalersenenei
confronti dei convenuti nel procedimento principale e in
particolare del suo datore di lavoro, il CICOA, in
considerazione della loro natura giuridica.
33 A tal riguardo, risulta da una costante
giurisprudenza che, in tutti i casi in cui le
disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di
vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente
precise, i singoli possono farle valere dinanzi ai
giudici nazionali nei confronti dello Stato membro, vuoi
qualora esso abbia omesso di trasporre la direttiva in
diritto nazionale entro i termini, vuoi qualora l’abbia
recepita in modo non corretto (v., segnatamente,
sentenza Pfeiffer e a., cit., punto 103, e la
giurisprudenza ivi citata).
34 Orbene, l’articolo 7 della direttiva 2003/88 risponde
a tali criteri, giacché pone a carico degli Stati
membri, in termini non equivoci, un obbligo di risultato
preciso e assolutamente incondizionato quanto
all’applicazione della regola da esso enunciata, che
consiste nella previsione per ogni lavoratore di ferie
annuali retribuite di almeno quattro settimane.
35 Sebbene l’articolo 7 della direttiva 2003/88 lasci
agli Stati membri un certo margine di discrezionalità
allorché adottano le condizioni di ottenimento e di
concessione del diritto alle ferie annuali retribuite
che esso sancisce, tale circostanza tuttavia non incide
sul carattere preciso e
incondizionato dell’obbligo previsto da tale articolo. A
tale proposito, occorre rilevare che l’articolo 7 della
direttiva 2003/88 non rientra tra le disposizioni di
detta direttiva a cui il suo articolo 17 consente di
derogare. È quindi possibile determinare la tutela
minima che deve in ogni caso essere apprestata dagli
Stati membri in forza di detto articolo 7 (v., per
analogia, sentenza Pfeiffer e a., cit., punto 105).
36 Poiché l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva
2033/88 soddisfa le condizioni richieste per produrre un
effetto diretto, occorre inoltre constatare che il
CICOA, uno dei due convenuti nella causa principale e
datore di lavoro della sig.ra Dominguez, è un ente che
opera nel settore della previdenza sociale.
37 È certamente vero che, ai sensi di una costante
giurisprudenza, una direttiva non può di per sé creare
obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere
fatta valere in quanto tale nei suoi confronti (v., in
particolare, sentenze del 14 luglio 1994, Faccini Dori,
C-91/92, Racc. pag. I-3325, punto 20; del 7 marzo 1996,
El Corte Inglés, C-192/94, Racc. pag. I-1281, punto 15;
Pfeiffer e a., cit., punto 108, nonché del 19 gennaio
2010, Kücükdeveci, C-555/07, Racc. pag I-365, punto 46).
/>38 Tuttavia, si deve rammentare che gli amministrati,
qualora siano in grado di far valere una direttiva non
nei confronti di un singolo, ma di uno Stato, possono
farlo indipendentemente dalla veste nella quale questo
agisce, come datore di lavoro o come pubblica autorità.
In entrambi i casi è opportuno evitare che lo Stato
possa trarre vantaggio dalla sua inosservanza del
diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenze del 26
febbraio 1986, Marshall, 152/84, Racc. pag. 723, punto
49; del 12 luglio 1990, Foster e a., C-188/89, Racc.
pag. I-3313, punto 17, nonché del 14 settembre 2000,
Collino e Chiappero, C-343/98, Racc. pag. I-6659, punto
22).
39 Così, fa parte degli enti ai quali si possono opporre
le norme di una direttiva idonee a produrre effetti
diretti un organismo che, indipendentemente dalla sua
forma giuridica, sia stato incaricato, con atto della
pubblica autorità, di prestare, sotto il controllo di
quest’ultima, un servizio d’interesse pubblico e che
disponga a tal fine di poteri che oltrepassano quelli
risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti fra
singoli (v., in particolare, sentenze Foster e a., cit.,
punto 20; Collino e Chiappero, cit., punto 23, nonché
del 19 aprile 2007, Farrell, C-356/05, Racc. pag.
I-3067,
punto 40).
40 È compito quindi del giudice nazionale verificare se
l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 possa
essere invocato nei confronti del CICOA.
41 In caso affermativo, l’articolo 7 della direttiva
2003/88, che soddisfa le condizioni richieste per
produrre un effetto diretto, comporterebbe che il
giudice nazionale debba disapplicare qualsiasi
disposizione nazionale contraria.
42 In caso negativo, occorre rammentare che anche una
disposizione chiara, precisa ed incondizionata di una
direttiva volta a conferire diritti o a imporre obblighi
ai singoli non può essere applicata come tale
nell’ambito di una controversia che ha luogo
esclusivamente tra singoli (v. sentenza Pfeiffer e a.,
cit., punto 109).
43 In una tale situazione, la parte lesa dalla non
conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione
potrebbe tuttavia invocare la giurisprudenza scaturita
dalla sentenza del 19 novembre 1991, Francovich e a.
(C-6/90 e C-9/90, Racc. pag. I-5357) per ottenere
eventualmente il risarcimento del danno subito.
44 Di conseguenza, occorre rispondere alla seconda
questione
– che spetta al giudice del rinvio verificare, prendendo
in considerazione il complesso del diritto interno, in
particolare l’articolo L. 223-4 del codice del lavoro, e
applicando i metodi di interpretazione da tale diritto
riconosciuti, al fine di garantire lapiena efficacia
dell’articolo 7 della direttiva 2003/88 e di giungere ad
una soluzione conforme alla finalità da essa perseguita,
se si possa pervenire ad un’interpretazione di tale
diritto che consenta di equiparare l’assenza del
lavoratore per incidente in itinere ad una delle
fattispecie menzionate in tale articolo del codice del
lavoro,
– se una simile interpretazione non fosse possibile,
spetta al giudice nazionale verificare se, alla luce
della natura giuridica dei convenuti nel procedimento
principale, possa essere invocato nei loro confronti
l’effetto diretto dell’articolo 7, paragrafo 1, della
direttiva 2003/88,
– qualora il giudice nazionale non possa raggiungere il
risultato perseguito dall’articolo 7 della direttiva
2003/88, la parte lesa dalla non conformità del diritto
nazionale al diritto dell’Unione potrebbe tuttavia
avvalersi della citata sentenza Francovich e a. per
ottenere eventualmente il risarcimento del danno subito.
Sulla terza questione
45 Con la sua terza questione il giudice del rinvio
chiede, in sostanza, se l’articolo 7 della direttiva
2003/88 debba essere interpretato nel senso che osta ad
una disposizione nazionale che prevede, a seconda della
causa dell’assenza del lavoratore in congedo di
malattia, una durata delle ferie annuali retribuite
superiore o uguale al periodo minimo di quattro
settimane garantito da tale direttiva.
/>46 A
questo proposito occorre ricordare che, come è stato
constatato al punto 30 della presente sentenza,
l’articolo 7 della direttiva 2003/88 non introduce
alcuna distinzione a seconda della causa dell’assenza
del lavoratore in congedo di malattia, debitamente
prescritto, e che qualsiasi lavoratore,
indipendentemente dal fatto che sia stato collocato in
congedo di malattia per infortunio avvenuto sul posto di
lavoro o altrove, o per malattia di qualunque natura o
origine, ha diritto a ferie annuali retribuite di almeno
quattro settimane.
47 Tuttavia, come rilevano l’avvocato generale al
paragrafo 178 delle sue conclusioni e la Commissione
europea nelle sue osservazioni scritte, la constatazione
svolta al punto precedente non implica peraltro che la
direttiva 2003/88 osti a disposizioni nazionali che
prevedono un diritto a ferie annuali retribuite di
durata superiore a quattro settimane, accordato alle
condizioni di ottenimento e di concessione stabilite da
tale diritto nazionale.
48 Infatti, risulta esplicitamente dalla formulazione
degli articoli 1, paragrafi 1 e 2, lettera a), 7,
paragrafo 1, e 15 della direttiva 2003/88, che l’oggetto
di quest’ultima si limita a fissare prescrizioni minime
di sicurezza e salute in materia di organizzazione
dell’orario di lavoro, facendo salva la facoltà degli
Stati membri di applicare disposizioni nazionalipiù
favorevoli alla tutela dei lavoratori.
49 Gli Stati membri possono quindi prevedere che il
diritto alle ferie annuali retribuite conferito dal
diritto nazionale si configuri diversamente a seconda
della causa dell’assenza del lavoratore per motivi di
salute, purché la durata sia sempre superiore o uguale
al periodo minimo di quattro settimane previsto
dall’articolo 7 di detta direttiva.
50 Da quanto precede risulta che l’articolo 7, paragrafo
1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel
senso che non osta ad una disposizione nazionale che
preveda, a seconda della causa dell’assenza del
lavoratore in congedo di malattia, una durata delle
ferie annuali retribuite superiore o uguale al periodo
minimo di quattro settimane garantito da detta
direttiva.
Sulle spese
51 Nei confronti delle parti nel procedimento principale
la presente causa costituisce un incidente sollevato
dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per
presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo
a rifusione.
Per questi motivi la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre
2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione
dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel
senso che osta
a norme o a
prassi nazionali che prevedono che il diritto alle ferie
annuali retribuite sia subordinato ad un periodo di
lavoro effettivo minimo di dieci giorni o di un mese
durante il periodo di riferimento.
2) Spetta al giudice del rinvio verificare, prendendo in
considerazione il complesso del diritto interno, in
particolare l’articolo L. 223-4 del codice del lavoro, e
applicando i metodi di interpretazione da tale diritto
riconosciuti, al fine di garantire la piena efficacia
dell’articolo 7 della direttiva 2003/88 e di giungere ad
una soluzione conforme alla finalità da essa perseguita,
se si possa pervenire ad un’interpretazione di tale
diritto che consenta di equiparare l’assenza del
lavoratore per incidente in itinere ad una delle
fattispecie menzionate in tale articolo del codice del
lavoro.
Se una simile interpretazione non fosse possibile,
spetta al giudice nazionale verificare se, alla luce
della natura giuridica dei convenuti nel procedimento
principale, possa essere invocato nei loro confronti
l’effetto diretto dell’articolo 7, paragrafo 1, della
direttiva 2003/88.
Qualora il giudice nazionale non possa raggiungere il
risultato perseguito dall’articolo 7 della direttiva
2003/88, la parte lesa dalla non conformità del diritto
nazionale al diritto dell’Unione potrebbe tuttavia
avvalersi della sentenza del 19 novembre 1991,
Francovich e a. (C-6/90 e C-9/90) per ottenere
eventualmente il risarcimento del danno subito.
3) L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88
deve essere interpretato nel senso che non osta ad una
disposizione nazionale che prevede, a seconda della
causa dell’assenza del lavoratore in congedo di
malattia, una durata delle ferie annuali retribuite
superiore o uguale al periodo minimo di quattro
settimane garantito da tale direttiva. |