Diritto e processo.com
1. Non è sufficiente,
perché sia configurabile l'art. 494 c.p., che il
conducente del veicolo che circoli in zona vietata in
contrasto con la norma del C.d.S., esponga “il
contrassegno di autorizzazione rilasciato a persona
disabile che non si trovi sul veicolo”: l'esposizione
dell'autorizzazione è un comportamento neutro ed è poco
significativo che l'invalido non si trovi sull'auto
perché, ad es., potrebbe essere già stato accompagnato a
casa o l'autista si sta ivi recando per prelevarlo.
2. La condotta del reato
non è configurabile nell'ipotesi in cui l'agente si
limiti alla semplice esibizione, sul parabrezza di
un'autovettura, del contrassegno invalidi, proprio
perché la suddetta condotta “non implica una
"dichiarazione" di attestazione della presenza del
titolare del permesso a bordo dell'autovettura medesima,
come presupposto dell'auto-attribuzione della qualità di
"accompagnatore" da parte del conducente”
3. Non integra il delitto
di sostituzione di persona la condotta di colui che si
limiti ad esporre sul parabrezza dell'auto un
contrassegno per invalidi, rilasciato ad altra persona
che non si trova a bordo del veicolo, al fine di
accedere all'interno di una zona a traffico limitato e
percorrere le corsie preferenziali di un centro urbano,
in assenza di comportamenti idonei a trarre in errore,
sul suo stato di falso invalido, il personale preposto
all'accertamento e controllo.
Cassazione, sez. II, 2
febbraio 2012, n. 4490
(Pres. Cammino – Rel. Rago)
Fatto
1. Con sentenza
pronunciata in data 19/01/2011, il g.u.p. del Tribunale
di Firenze dichiarava il non luogo a procedersi nei
confronti di C.M. imputata:
a) del reato di cui
all'art. 81 cpv e 494 c.p. per avere, con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso, indebitamente
utilizzato in più occasioni (non meno di 50) il permesso
per invalidi n (…) rilasciato dal Comune di Firenze in
favore di C.A.R. e telepass abbinato n (omissis) ,
esponendoli sul veicolo nella sua disponibilità targato
(OMISSIS), salvo se altri, in assenza dell'invalida:
permesso grazie al quale, accedeva tramite corsie
preferenziali e porte telematiche alla ZTL ove
parcheggiava senza pagare alcunché e ciò anche per
recarsi al CEPU di via (…), nei giorni di martedì,
mercoledì e venerdì.
b) del reato di cui
all'art. 81 cpv. e 640 I e II comma c.p., perché, con la
condotta indicata sub a) poneva in essere artifici e
raggiri tali da indurre in errore personale preposto del
Comune di Firenze ai controlli al traffico circa la
regolarità del parcheggio e della non debenza del
pagamento di ogni tipo di tariffa e ciò al fine di
procurarsi tale ingiusti profitti nonché quello di non
essere sanzionato per violazione al Cds e con pari danno
per l'Amministrazione Comunale. Fatti commessi ed
accertati in Firenze dal 17.11 2009 sino all’11.5.10 e
comunque, necessariamente il 11.5.2010 (data del
sequestro del permesso).
2. Avverso la suddetta
sentenza, il P.M. presso il tribunale di Firenze ha
proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti
motivi:
1. VIOLAZIONE dell'art.
494 C.P. per avere il g.u.p disatteso la giurisprudenza
di questa Corte di legittimità la quale ha ravvisato la
sostituzione di persona nell'ipotesi in cui un soggetto
si attribuisca una falsa qualità alla quale
l'ordinamento attribuisce effetti giuridici;
2. violazione dell'art.
640 C.P. atteso che sarebbe limitativa ogni
interpretazione riduttiva di patrimonio e di "atto di
disposizione negativo" in quanto “oggi gli introiti
delle violazioni al CDS sono addirittura poste attive
dei bilanci, sia preventivi che consuntivi, delle
amministrazioni comunali e quindi il loro mancato
introito costituisce sia di fatto che di diritto un vero
e proprio atto di disposizione negativo”;
3. VIOLAZIONE dell'art. 48
C.P. perché in ogni caso, la condotta dell'imputata
sarebbe penalmente rilevante con riferimento alle
ipotesi di cui agli artt. 323 o 477 c.p. per avere
indotto in errore i funzionari comunali avendo loro
fatto falsamente avvalorare ed attestare come regolari i
passaggi registrati dalle porte telematiche, invece
irregolari, conseguentemente inducendoli in errore e
facendo loro omettere di elevare le dovute violazioni al
CDS.
Diritto
p. 1. violazione dell'art.
494 C.P.: il fatto materiale, contestato al capo
d'imputazione sub a), è stato dal g.u.p. ricostruito nei
seguenti termini: “[...] in nessuna occasione la C. è
stata fermata dai Vigili Urbani e ha sostenuto di essere
entrata nella ZTL per soddisfare esigenze della
invalida: nella prima occasione l'autovettura era stata
sanzionata perché era stata parcheggiata davanti ad un
passo carrabile (la C. non era presente); in tutte le
altre occasioni, poi, l'ingresso nella ZTL è stata
registrata dal sistema delle "porte telematiche" in
forma "oggettiva" (in sostanza sono stati registrati i
passaggi dell'apparecchio "telepass" installato sul
mezzo), senza che alcuno venisse ingannato su chi stava
conducendo l'autovettura e sui motivi dell'ingresso
nella zona”.
p. 1.1. Il g.u.p. ha
ritenuto che il reato fosse insussistente sotto il
profilo oggettivo perché:
- “Il solo fatto di
esporre il contrassegno ed utilizzare il telepass quando
l'auto non venga realmente utilizzata per trasportare la
persona titolare non equivale in alcun modo ad una
dichiarazione di avere generalità diverse da quelle
reali o ad attribuire al conducente una qualifica o una
qualità soggettiva né di essere il titolare del
contrassegno e la condotta non può dunque neppure
astrattamente essere ricondotta a quella sanzionata
dall'art. 494 c.p.. Le uniche qualifiche soggettive
desumibili dal contrassegno sono quelle relative al
soggetto che ne è titolare, ovvero al suo stato di
invalidità. La semplice esposizione sul parabrezza del
contrassegno è, invece, un comportamento che vale ad
attestare che sul veicolo viaggia una persona invalida
ma non attribuisce, neppure implicitamente od
indirettamente, qualifiche soggettive al proprietario o
al conducente. E' il veicolo, infatti, che, in quanto al
servizio della persona invalida, gode di specifiche
autorizzazioni amministrative (transito in ZTL,
parcheggio senza vincoli di tempo, in zone vietate agli
altri utenti ecc), autorizzazioni tra l'altro fruibili
nei modi più disparati, perché l'invalido può guidare da
solo in quanto abile alla guida, può necessitare di un
autista, può necessitare di persone che lo accompagnano
per scendere dall'autovettura, può essere il
proprietario o meno dell'autovettura, circostanze tutte
assolutamente non desumibili dalla semplice esposizione
del permesso sul parabrezza. Importante ed ulteriore
conseguenza è che la condotta di colui che espone il
contrassegno sull'autovettura non può essere ritenuta
implicitamente e univocamente indicativa dello "stato o
della qualità di accompagnatore”;
- manca il soggetto che
sarebbe stato "indotto in errore", in quanto in nessuna
occasione la C. fu fermata dai Vigili Urbani.
p. 1.2. In punto di fatto,
va innanzitutto rilevato che il ricorrente nulla ha
obiettato in ordine alla motivazione addotta dal g.u.p.
circa l'assenza del soggetto che sarebbe stato indotto
in errore, tale, ovviamente, non potendosi considerare
il telepass: tanto basterebbe già per ritenere
l'inammissibilità del ricorso in quanto il reato in
questione è configurabile solo quando siano dimostrati -
da parte della pubblica accusa - i due elementi
materiali previsti dalla norma, ossia:
1) l'attribuzione di una
qualità (nella specie, invalida) a cui la legge
attribuisce effetti giuridici; 2) l'induzione in errore
di un terzo.
p. 1.3. Il fatto, però,
anche in via di stretto diritto, nelle modalità con cui
risulta essere stato accertato, è privo di rilevanza
penale, per le ragioni di seguito indicate.
Dal combinato disposto
degli artt. 188 Cds e 381 Reg. Cds, si desume che:
- le persone invalide
hanno diritto ad usufruire delle strutture che il comune
deve predisporre al fine di consentirne ed agevolare la
mobilità;
- in particolare, ex art.
381 reg. cit., “per la circolazione e la sosta dei
veicoli a servizio delle persone invalide con capacità
di deambulazione sensibilmente ridotta, il sindaco
rilascia apposita autorizzazione in deroga, previo
specifico accertamento sanitario. L'autorizzazione è
resa nota mediante l'apposito “contrassegno invalidi” di
cui alla figura V.4. Il contrassegno è strettamente
personale, non è vincolato ad uno specifico veicolo ed
ha valore su tutto il territorio nazionale”;
- l'art. 188/3 cit.,
dispone che “i veicoli al servizio di persone invalide
autorizzate a norma del comma 2 non sono tenuti
all'obbligo del rispetto dei limiti di tempo se lasciati
in sosta nelle aree di parcheggio a tempo determinato”;
- l'art. 183/4 sanziona, infine, amministrativamente,
“Chiunque usufruisce delle strutture di cui al comma 1,
senza avere l'autorizzazione prescritta dal comma 2 o ne
faccia uso improprio”. Dalla suddetta normativa si
evince, quindi, che:
a) l'autorizzazione è
strettamente personale essendo rilasciata a favore di
una determinata persona invalida;
b) la persona invalida
munita della suddetta autorizzazione può usufruire delle
apposite strutture indipendentemente dall'auto che usa.
Richiamata la normativa in materia, resta ora da
chiarire se la semplice esposizione sul parabrezza di
un'auto della suddetta autorizzazione da parte di un
soggetto che non sia invalido” costituisca o meno
sostituzione di persona.
In relazione all'art. 494
c.p.” - reato a forma vincolata commissiva - va
precisato che la condotta materiale ivi prevista
consiste in un comportamento positivo suscettivo di
trarre in inganno un terzo, condotta che la norma
prevede in quattro forme: 1) sostituzione materiale
della propria all'altrui persona; 2) attribuzione a sé o
ad altri di un falso nome; 3) attribuzione di un falso
stato; 4) attribuzione di qualità cui la legge
attribuisce effetti giuridici. La norma, pertanto, è ben
chiara nel prevedere una duplice condotta da parte
dell'agente: 1) la prima che sta a monte e che si
concretizza in una delle quattro forme appena dette; 2)
un ulteriore comportamento che sta a valle e che
consiste nell'induzione in errore di un terzo al fine di
procurare a sé o ad altri un vantaggio o recare ad altri
un danno.
Nel caso di specie,
secondo la stessa prospettazione del ricorrente, escluse
le prime tre ipotesi, l'imputata si sarebbe resa
responsabile dell'attribuzione di qualità cui la legge
attribuisce effetti giuridici, ossia si sarebbe
falsamente attribuita la qualità di invalida al fine di
usufruire delle agevolazioni riservate agli invalidi dal
Cds. Sennonché, proprio sotto il profilo fattuale, non è
dato comprendere come l'esposizione su un parabrezza di
un'auto di una semplice autorizzazione possa, da una
parte, attribuire automaticamente la qualità di invalido
al conducente dell'auto e, dall'altro, indurre in errore
chi è preposto alla sorveglianza ed al controllo.
Infatti, la semplice esposizione dell'autorizzazione, di
per sé, è un fatto a valenza neutra in quanto indica
semplicemente che quella determinata auto, essendo posta
al servizio di una persona invalida ossia del titolare
dell'autorizzazione esposta ha diritto ad una serie di
agevolazioni. Ma quella autorizzazione non indica che al
conducente debba essere attribuita la qualità di
invalido perché, ad es., ben potrebbe essere un semplice
autista che accompagna, ha accompagnato o si reca a
prelevare l'invalido titolare dell'autorizzazione.
Di conseguenza, poiché
l'art. 494 c.p. prevede un comportamento attivo del
soggetto agente, perché sia configurabile il reato
occorre che il suddetto soggetto, a fronte di un
controllo da parte degli organi deputati ad eseguirlo,
mostri l'autorizzazione spacciandosi per il titolare
della medesima.
Solo in tal caso, il reato
potrebbe ipotizzarsi nella forma tentata o consumata, a
seconda delle concrete circostanze di fatto: infatti,
dal combinato disposto degli artt. 188/2 c.d.s., 381/2
reg. c.d.s. e 494 c.p. si desume agevolmente che, poiché
unico soggetto legittimato ad ottenere l'autorizzazione
(e le conseguenti agevolazioni) è l'invalido, solo ove
un terzo si attribuisse la suddetta qualità sarebbe
perseguibile penalmente, mentre, ad es., non lo sarebbe
se si qualificasse (falsamente) come un semplice
accompagnatore. Infatti, in tale ultima ipotesi, nessuna
norma attribuisce l’effetto giuridico alla suddetta
qualità atteso che l'accompagnatore usufruisce dei
vantaggi dell'autorizzazione non per sé ma in quanto,
appunto, accompagnatore dell'invalido. Pertanto, ove
venga fermato senza l'invalido a bordo dell'auto e si
accerti che utilizzava abusivamente l'autorizzazione,
l'unica sanzione che può essergli comminata è quella
amministrativa ex art. 188/4 Cds, salvo la revoca
dell'autorizzazione. Nella fattispecie in esame, invece,
come risulta incontestatamente dalla sentenza impugnata,
“in nessuna occasione la C. è stata fermata dai Vigili
Urbani”, sicché non si comprende sulla base di quale
elemento fattuale il P.M. ricorrente possa sostenere che
l'imputata si era attribuita la qualifica di invalida e
chi avrebbe indotto in errore.
Il problema
dell'interferenza fra l'art. 188 CDS che prevede la
semplice sanzione amministrativa e l'art. 494 c.p., e
della conseguente applicazione dell'art. 9 L. 689/1981
(a norma del quale quando "uno stesso fatto" è
sanzionato sia da una norma penale, che da una norma che
prevede una sanzione amministrativa o da più
disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si
applica la disposizione speciale) non si pone in quanto
il fatto non è lo stesso: una cosa, infatti, è circolare
in zona vietata senza autorizzazione, altro è il
comportamento di chi, facendolo, simula la propria
qualità di disabile.
p. 1.4. Sennonché, il
ricorrente invoca, a favore della sua tesi, una serie di
sentenze di questa Corte di legittimità (Cass.
19567/2010 riv 247499; Cass. 12753/1998 riv 213419),
che, però, attengono a fattispecie del tutto diverse che
nulla hanno a che vedere con quella in esame:
- Cass. 19567/2010 tratta
una fattispecie di falsità materiale;
- Cass. 12753/1998
riguarda il caso di un soggetto che, avendo esibito una
paletta della Polizia di Stato allo scopo di evitare la
contestazione di sosta del proprio veicolo in zona
vietata, fu ritenuto responsabile del reato di cui
all'art. 494 cod. pen..
In realtà, le sentenze che
si sono occupate della presente fattispecie sono le
seguenti:
- Cass. 18080/2010 Rv.
247139 secondo la quale “non integra il reato di
sostituzione di persona (art. 494 cod. pen.) la condotta
di colui che esponga sul cruscotto dell'auto un
contrassegno per invalidi rilasciato ad un parente, in
quanto la mera esposizione del contrassegno invalidi
sull'auto, in assenza di altri qualificanti
comportamenti, non integra la condotta positiva
suscettiva di trarre in inganno necessaria per ravvisare
gli estremi del delitto di cui all'art. 494 cod. pen.”;
- Cass. 35004/2010 Rv.
248249 che ha ribadito che “non integra né il delitto di
sostituzione di persona, né quello di truffa ai danni
dell'ente territoriale che esercita la vigilanza della
viabilità la condotta di colui che esponga sul
parabrezza dell'auto un contrassegno per invalidi,
rilasciato ad altra persona che non si trova a bordo del
veicolo, al fine di accedere all'interno di una zona a
traffico limitato e percorrere le corsie preferenziali
dì un centro urbano”;
- Cass. 10203/2011 Rv.
249950, la quale ha ritenuto, invece, che “integra il
delitto di cui all'art. 494 cod. pen. il conducente del
veicolo che circoli, in contrasto con il codice della
strada, in zona vietata qualora esponga il contrassegno
di autorizzazione rilasciato a persona disabile che non
si trovi sul veicolo, in quanto, in tal caso, egli
simula la qualità di titolare o di guidatore autorizzato
anche al trasporto occasionale del titolare; tale fatto
è diverso da quello sanzionato in via amministrativa
dall'art. 188 comma quarto c.d.s, che concerne la
condotta di chi non sia munito del detto contrassegno o
dello stesso disabile che non rispetti le condizioni ed
i limiti prescritti”;
- Cass. 45328/2011 che,
andando espressamente in contrario avviso alla sentenza
da ultimo citata, ha ribadito la tesi maggioritaria,
osservando che “soprattutto il confronto tra eccesso
d'uso e l'uso improprio dell'autorizzazione, è
illuminante della volontà del legislatore di 'coprire'
con la norma speciale anche i casi di chi utilizzi
indebitamente un permesso invalidi altrui, consentendo
anche in questo caso l'operatività del principio di
specialità di cui all'art. 9 L. 24 novembre 1981 n. 689,
applicabile quando il medesimo fatto sia punito da una
disposizione penale e da una disposizione che prevede
una sanzione amministrativa (cfr, ad es., in tema di
inottemperanza del conducente di un veicolo all'invito a
fermarsi da parte di un ufficiale di polizia municipale
Corte di Cassazione 17/09/2008 Beninati, che ha ritenuto
ravvisatole, in questo caso, l'illecito amministrativo
previsto dall'art. 192, comma primo, cod. strad., e non
il reato di inosservanza dei provvedimenti dell'autorità
previsto dall'art. 650 cod. pen.)”.
Questa Corte condivide la
giurisprudenza maggioritaria i cui principi vanno,
quindi, ribaditi.
Infatti, non è
sufficiente, perché sia configurabile l'art. 494 c.p.,
che il conducente del veicolo che circoli in zona
vietata in contrasto con la norma del C.d.S., esponga
“il contrassegno di autorizzazione rilasciato a persona
disabile che non si trovi sul veicolo”: l'esposizione
dell'autorizzazione è un comportamento neutro ed è poco
significativo che l'invalido non si trovi sull'auto
perché, ad es., potrebbe essere già stato accompagnato a
casa o l'autista si sta ivi recando per prelevarlo.
Di conseguenza, la
condotta del reato non è configurabile nell'ipotesi in
cui l'agente si limiti alla semplice esibizione, sul
parabrezza di un'autovettura, del contrassegno invalidi,
proprio perché la suddetta condotta “non implica una
"dichiarazione" di attestazione della presenza del
titolare del permesso a bordo dell'autovettura medesima,
come presupposto dell'auto-attribuzione della qualità di
"accompagnatore" da parte del conducente” (Cass.
35004/2010 cit). Il principio di diritto che, pertanto,
si deve ribadire è il seguente “non integra il delitto
di sostituzione di persona la condotta di colui che si
limiti ad esporre sul parabrezza dell'auto un
contrassegno per invalidi, rilasciato ad altra persona
che non si trova a bordo del veicolo, al fine di
accedere all'interno di una zona a traffico limitato e
percorrere le corsie preferenziali di un centro urbano,
in assenza di comportamenti idonei a trarre in errore,
sul suo stato di falso invalido, il personale preposto
all'accertamento e controllo”.
p. 2. violazione dell'art.
640 C.P.: il g.u.p. ha dichiarato la non procedibilità
in ordine al suddetto reato con la seguente motivazione:
“Il reato di tentata truffa aggravata ai danni di ente
pubblico non può essere riconosciuto sussistente: nel
reato di truffa l'agente, con artifizi o raggiri,
inducendo la vittima in errore, mira a ottenere un atto
di libera disposizione negoziale con incidenza sul
patrimonio della vittima che quell'atto non avrebbe
compiuto in mancanza dell'attività fraudolenta del
soggetto attivo.
Il reato in argomento mira
a tutelare i beni patrimoniali del soggetto passivo e la
sua libertà di determinazione negoziale in modo che gli
atti di disposizione siano compiuti in assenza di
qualsiasi elemento perturbatore, quale la frode altrui,
e quindi, in definitiva, a salvaguardare la volontà
degli atti giuridici aventi riflesso sulla sfera
patrimoniale in modo che essa stessa volontà sia libera
di determinarsi. L'errore derivante dalla frode, dunque,
deve avere la conseguenza di indurre il soggetto passivo
a compiere un atto di disposizione patrimoniale, di
natura privatistica, che viene a configurarsi, secondo
una consolidata dottrina, quale requisito implicito
indispensabile per la consumazione del reato. Al di
fuori di questo schema non può esservi truffa. E si è
completamente al di fuori di tale schema quando la frode
sia destinata a incidere sull'autorità amministrativa
tenuta ad accertare una violazione amministrativa
nell'ambito di un procedimento destinato alla verifica
della sussistenza delle condizioni per l'emanazione
dell'ordinanza-ingiunzione di cui all'art. 18 della 1.24
novembre 1981, n. 689, quale che sia il tipo
procedimentale adottato dal legislatore in relazione
alla molteplicità delle violazioni costituenti illeciti
amministrativi previste dall'ordinamento, ivi compreso,
ovviamente, quello delineato negli artt. 203 e 204
c.d.s., tipologia la quale prevede che, prima della
emanazione della ordinanza- ingiunzione, il trasgressore
(o gli altri soggetti indicati nell'alt. 196 del c.d.s.)
possano proporre ricorso al prefetto, avverso il verbale
di contestazione, entro sessanta giorni dalla
contestazione o dalla notificazione. Non può, dunque,
sussistere il reato contestato nella specie, neppure
sotto la forma del tentativo. Nel procedimento volto
all'accertamento della infrazione amministrativa
l'autorità che irroga la sanzione, quando consegua la
emanazione della ordinanza- ingiunzione, in nessun modo
compie un atto che possa essere riguardato come un atto
di libera disposizione negoziale incidente sul
patrimonio della pubblica amministrazione rappresentata
né, tanto meno, sul patrimonio del trasgressore, ma pone
in essere un atto autoritativo, di tipo ablatorio, che,
anche se noti avente carattere giurisdizionale,
costituisce manifestazione tipica dei pubblici poteri
sanzionatori. Ugualmente il prefetto non compie alcun
atto negoziale nel caso in cui emetta ordinanza motivata
di archiviazione ai sensi dell'art. 204, primo comma,
ultimo periodo c.d.s., ipotesi nella quale, pure, compie
attività tipicamente inerente all'esercizio di una
pubblica funzione. Il P.M., tuttavia, si riferisce ad
una induzione in errore in ordine alla "non debenza del
pagamento di ogni tipo di parcheggio". L'imputazione non
è chiara, ma sembra riferirsi alla possibilità che
l'autovettura entrata nella ZTL attraverso la porta
telematica abbia potuto fermarsi in qualche parcheggio a
pagamento senza alcun pagamento di ticket da parte del
conducente. In realtà il mero ingresso (legittimo o
meno) nella zona a traffico limitato di un'autovettura
non costituisce affatto prova - e nemmeno indizio - che
l'autovettura, successivamente all'ingresso, si sia
fermata in un parcheggio pubblico a pagamento e che il
suo conducente abbia approfittato del contrassegno per
invalidi esposto (come si è detto: anche questa
circostanza niente affatto provata) per non pagare il
canone del parcheggio: l'autovettura avrebbe potuto, ad
esempio, non fermarsi (usando il centro storico solo per
attraversamento per giungere alla parte opposta della
città) o fermarsi in parcheggio non a pagamento”.
p. 2.1. Il P.m. ricorrente
ha obiettato che “vero è che l'art. 640 c.p. è nel capo
II "dei delitti contro il patrimonio con frode", ma pare
ormai limitativa ogni interpretazione riduttiva di
"patrimonio" e di "atto di disposizione negativo" se
vero - e lo è certamente per le Amministrazioni Comunali
- che oggi gli introiti delle violazioni al CDS sono
addirittura poste attive dei bilanci - sia preventivi
che consuntivi - delle amministrazioni comunali e quindi
il loro mancato introito costituisce sia di fatto che di
diritto un vero e proprio atto di disposizione
negativo”.
p. 2.2. La tesi è
fuorviante perché il P.M. non considera che si verte in
una fattispecie penale e che i presupposti giuridici
sono quelli tradizionali correttamente evidenziati dal
g.u.p. D'altra parte, per confutare la preoccupazione
del P.M. diretta alla tutela della casse pubbliche, è
sufficiente osservare che quei comportamenti non
rimangono senza sanzione perché è prevista ugualmente la
sanzione amministrativa che è del tutto indipendente da
quella penale.
p. 3. violazione DELL'art.
48 C.P.: la censura è infondata in quanto, come si è
detto, in punto di fatto, il g.i.p. ha accertato che
“manca il soggetto che sarebbe stato "indotto in
errore"“, in quanto in nessuna occasione la C. fu
fermata dai Vigili Urbani.
p. 4. In conclusione, il
ricorso, essendo infondato, va rigettato.
P.Q.M.
RIGETTA il ricorso.
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