Chi circola con una bomboletta
urticante al peperoncino commette un reato perché porta
con sé uno strumento atto ad offendere e rischia la
condanna al pagamento di una ammenda di 120 euro. Un
comportamento vietato ma non assimilabile per gravità a
quello di chi gira con armi da guerra. Una affermazione
apparentemente scontata, quest’ultima, ma che è arrivata
solo grazie all’intervento della Cassazione, sentenza
3116/2012. La Suprema corte, infatti, è stata chiamata
in causa dal procuratore generale della Corte di Appello
di Verona che all’opposto riteneva la bomboletta dovesse
essere rubricata fra le armi tout court.
Secondo gli ermellini, però, lo
spray, vendibile liberamente all’epoca dei fatti, non
conteneva alcun gas, aggressivo chimico, biologico o
radioattivo tale da determinare una spiccata
potenzialità offensiva. Ma al contrario conteneva
unicamente una composizione vegetale, l’oleoresin
capsicum, che è un estratto di piante, di pepe o
peperoncino, il cui unico agente attivo è la capsicina,
responsabile delle proprietà irritanti e del sapore
piccante.
Quindi, se è vero che in taluni
casi la giurisprudenza della Suprema corte ha ritenuto
che anche le bombolette spray potessero rientrare fra le
“armi comuni da sparo”, ciò è accaduto unicamente quando
esse contenevano sostanze “idonee in concreto a
compromettere, anche in via temporanea, l’integrità
dell’organismo umano”.
Sugli spray a scopo difensivo, e in
generale sui nebulizzatori al peperoncino, di recente è
stato approvato un decreto dell’Interno (12 maggio 2011)
che definisce quali caratteristiche tecniche debbano
avere le bombolette prive di attitudine a recare offesa
alla persona (come previsto dall'articolo 3, comma 32,
della legge n. 94/2009). Fra l’altro, il regolamento è
entrato in vigore ai primi di gennaio di quest’anno e
dunque da ora in poi è ad esso che dovrà farsi
riferimento per valutare quali prodotti possano essere
liberamente venduti e portati. Mentre tutti gli altri
dispositivi saranno soggetti alla normativa sulle armi.
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