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AUTOVEICOLO: DIFETTO DI CONFORMITA’ E RIDUZIONE DEL PREZZO” – Trib. Monza 12.12.2011 – Emilio GRAZIUSO

 

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L'Autore, avvocato, giurista e volto noto per la partecipazione, in qualità di esperto, a trasmissioni televisive di servizio per i consumatori, analizza con lucida sintesi la fattispecie posta all'attenzione dei lettori di P&D: il copione è ricorrente.


 

Vede protagonisti un'autovettura che non va e dimostra molti più chilometri di quelli che campeggiano sul cruscotto (secondo il Tribunale brianzolo circa il doppio sulla scorta della testimonianza di persona qualificata) ed un compratore malcapitato che sborsa la rilevante cifra di € 16.000,00 per un veicolo usato, le cui caratteristiche erano pure pubblicizzate sul sito della ditta venditrice.


 

Il Tribunale di Monza con la decisione del 12 dicembre 2011 ha accolto la domanda qualificandola, contrariamente a quanto indicato in citazione, non come tesa al risarcimento del danno, bensì alla riduzione adeguata del prezzo di compravendita, contemplata dal legislatore; anche la quantificazione, ascendente, ovviamente quale sommatoria di componenti varie, a circa la metà dell'importo pagato, è stata di piena soddisfazione per l'acquirente; nel dettaglio il Tribunale brianzolo ha liquidato all'acquirente le spese vive per le riparazioni (tra cui il motore nuovo), il traino con il carroattrezzi e quant'altro (Paolo M. STORANI).


 

La sentenza emessa dal Tribunale di Monza offre lo spunto per soffermarsi, seppur brevemente, sulla problematica concernente i difetti di conformità nella vendita di beni di consumo, la garanzia legale di conformità ed i rimedi previsti dall’ordinamento.


 

Prima di esaminare il rimedio (riduzione del prezzo) applicato dal Tribunale di Monza alla fattispecie dallo stesso esaminata, appare opportuno soffermarsi sull’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della normativa relativa alla “garanzia legale di conformità e garanzie commerciali per i beni di consumo” prevista e disciplinata dal Titolo III, Capo I, del d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206, codice del consumo (nel prosieguo indicato cod. cons.).


 

La disciplina in esame si applica, infatti, ai contratti stipulati tra un venditore ed un consumatore aventi ad oggetto beni di consumo, vale a dire, ai sensi dell’art. 128 cod. cons., qualsiasi bene mobile, anche da assemblare, ad esclusione:


 

a) dei beni oggetto di vendita forzata o comunque venduti secondo altre modalità dalle autorità giudiziarie, anche mediante delega ai notai;


 

b) dell’acqua e del gas, quando non confezionati per la vendita in un volume delimitato o in quantità determinata;


 

c) dell’energia elettrica.


 

Per consumatore si intende, ai sensi dell’art. 3, lett. a), cod. cons., la persona fisica che agisce, con riferimento al singolo contratto, per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale svolta.


 

Il venditore, invece, è definito dall’art. 128, 2° comma, lett. b), cod. cons. “qualsiasi persona fisica o giuridica pubblica o privata che, nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, utilizza i contratti di cui al comma 1”, e cioè vendita, permuta, somministrazione, appalto, appalto di opera “e tutti gli altri contratti comunque finalizzati alla fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre” (art. 128, 1° comma, cod. cons.).


 

Lo status giuridico di venditore rientra nell’ambito della più ampia categoria del professionista, definito, dall’art. 3, 1° comma, lett. c), cod. cons., come “la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale, o professionale, ovvero un suo intermediario”.


 

Delimitato l’ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione della disciplina concernente la garanzia nella vendita di beni di consumo, è possibile esaminare il fulcro della stessa costituito dal difetto di conformità.


 

Al riguardo, è opportuno precisare che il legislatore non prevede una definizione di bene conforme, bensì contempla, nell’art. 129 cod. cons., i c.d. “parametri di conformità”, distinti in due tipologie: quelli previsti nelle lettere a) e c) riguardano le caratteristiche oggettive del bene e rapportano l’aspetto qualitativo e funzionale del medesimo a livelli standard; quelli previsti nelle lettere b) e d) si riferiscono, invece, direttamente alle modalità della singola contrattazione e, dunque, al contenuto delle dichiarazioni delle parti e alle peculiari circostanze che hanno caratterizzato la conclusione dell’accordo.


 

Ai sensi dell’art. 130, 2° comma, cod. cons., nell’ipotesi di difetto di conformità del bene di consumo, il consumatore “ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi 7, 8 e 9”.


 

Tutti e quattro i rimedi previsti dalla norma in esame presentano un fondamento esclusivamente oggettivo, essendo esperibili dal consumatore in base alla semplice presenza del difetto di conformità.


 

Si prescinde, quindi, dalla presenza di dolo e/o della colpa del venditore.


 

Si prescinde, inoltre, dalla circostanza che dal vizio sia derivato un danno nel patrimonio del consumatore.


 

La facoltà di scelta circa il rimedio esperibile spetta al consumatore, il quale però, non gode di una discrezionalità piena ed illimitata al riguardo.


 

Ed infatti, la possibilità di chiedere la riparazione o la sostituzione del bene è preclusa, qualora l’esperimento dell’uno o dell’altro rimedio risulti “oggettivamente impossibile” o “eccessivamente oneroso” rispetto all’altro, ai sensi dell’art. 130, 10° comma, cod. cons. (l’onere della prova circa l’impossibilità o l’eccessiva onerosità del rimedio della riparazione e/o della sostituzione grava sul venditore).


 

Sempre in virtù di detta norma, invece, la risoluzione del contratto non può essere ottenuta qualora il difetto di conformità sia di lieve entità.


 

Inoltre, tra le due coppie di rimedi, riparazione e sostituzione da un lato e risoluzione del contratto e riduzione del prezzo dall’altro, sussiste una sorta di graduazione gerarchica, in virtù della quale la riparazione e la sostituzione si configurano come rimedi primari, che il consumatore può e deve attivare in via principale, mentre la riduzione del prezzo e/o la risoluzione del contratto si atteggiano alla stregua di rimedi secondari, poiché subordinati al ricorrere delle seguenti condizioni:


 

a) la riparazione e la sostituzione siano impossibili o eccessivamente onerose;


 

b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o sostituzione del bene entro un termine congruo;


 

c) la riparazione o la sostituzione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.


 

Nel caso di specie, il Tribunale di Monza ha, correttamente, applicato il rimedio della “riduzione adeguata del prezzo” prevista dal legislatore.

Trib. Monza 12.12.2011


 

Svolgimento del processo


 

Con atto di citazione ritualmente notificato Me.Ja., premettendo che nel corso del mese di luglio dell'anno 2008, a seguito di una ricerca effettuata su internet, aveva deciso di acquistare da Pe.Au. s.r.l. l'autovettura omissis al prezzo di Euro 16.000,00 che, secondo quanto risultante dal contachilometri e dalla pubblicità effettuata sul sito, avrebbe dovuto avere solo 48.000,00 Km; che, effettuati i controlli ed i tagliandi periodici, in data 12.7.2009, mentre si trovava ad omissis a bordo della predetta autovettura in compagnia della sua ex fidanzata e del fratello, si era improvvisamente rotta la pompa dell'olio con relativa fusione del motore; che, pertanto, era stato costretto a rivolgersi ad un carro attrezzi per il ricovero dell'autovettura presso un'officina ed a prendere un taxi per fare ritorno a casa; che, sulla base di quanto accertato dal meccanico riparatore, il danno subito era di notevole entità e, comunque, certamente incompatibile con i chilometri dichiarati; tutto ciò premesso, dando atto che il venditore gli aveva rimborsato solo il 50% della sonda lambda sostituita nel corso della riparazione, chiedeva condannarsi quest'ultimo al risarcimento del danno subito, pari a complessivi Euro 8.564,00, ivi già compreso il danno da fermo tecnico, oltre interessi e rivalutazione monetaria e vittoria di spese e compensi difensivi.

Quantunque regolarmente citata, Pe.Au. s.r.l. non si costituiva in giudizio e ne veniva, pertanto, dichiarata la contumacia.

Acquisita la documentazione prodotta, ammessa ed espletata la prova per testi richiesta da parte attrice, all'udienza del 5.12.2011, previa precisazione delle conclusioni come in epigrafe e rinuncia alla concessione dei termini di legge per il deposito degli scritti difensivi conclusionali, la causa veniva trattenuta in decisione.


 

Motivi della decisione

La domanda attore, apparentemente di risarcimento del danno, ma il realtà di riduzione del prezzo di compravendita proposta ex art. 130 d.lgs. n. 206/2005 così come evincibile dall'ultimo capoverso della parte motiva dell'atto introduttivo ("il venditore dovrà restituire il prezzo necessario per rendere il bene oggetto della vendita idoneo all'uso e adeguato al prezzo richiesto e corrisposto ai sensi degli artt. 128, 129, 130 e 135 del Codice del Consumo"), è fondata e per quanto di seguito si dirà merita di essere accolta.

Dalla documentazione prodotta dall'attore nel corso di giudizio è emerso, infatti, che in data 19.7.2008 (cfr. doc. 2) quest'ultimo aveva stipulato con Pe.Au. s.r.l. un contratto avente ad oggetto l'acquisto dell'automobile omissis di colore argento, targata (...), per il prezzo di Euro 15.600,00, prezzo integralmente corrisposto, in parte, mediante assegno e, per altra parte, attraverso l'accensione di un finanziamento.

Inoltre, secondo quanto emergente sia dalla pagina web prodotta dall'attore (cfr. doc. 1), sia dalla successiva proposta d'acquisto, i chilometri percorsi effettivamente dichiarati erano pari, nel primo documento, a 48.000 e, nel secondo, a 49.000.

Inoltre, l'istruttoria orale espletata ha consentito di appurare che, in effetti, così come asserito nel libello introduttivo, in data 12.7.2009, allorquando l'attore si trovava unitamente al fratello ed alla ex fidanzata nei pressi di omissis, l'autovettura in oggetto si fermò improvvisamente senza ripartire cosicché fu necessario chiamare un carro attrezzi per il ricovero della stessa presso l'officina Sp.Ca. di An.Sp. all'interno della quale è stata effettuata la successiva riparazione.

In particolare, secondo il teste Sp., il quale, come detto, si è occupato di effettuare le riparazioni del caso, la pompa dell'olio si era completamente bloccata a causa dei numerosi depositi di scorie di olio vecchio e di impurità varie, circostanza, questa, del tutto incompatibile con i chilometri percorsi che erano stati dichiarati dal venditore.

Per l'esattezza, il teste ha riscontrato che l'olio era troppo duro in quanto ragionevolmente non sostituito da parecchio tempo, che le guarnizioni smontate dal motore erano praticamente inutilizzabili e che, in generale, le condizioni oggettive dell'autovettura evidenziavano una percorrenza certamente incompatibile con quella dichiarata e ragionevolmente individuabile in 80/90.000 Km circa.

Il teste ha, inoltre, precisato che, quand'anche l'olio non fosse stato sostituito per tutto il periodo di tempo necessario a percorrere i 50.000 Km indicati dal contachilometri, il motore non avrebbe dovuto trovarsi nelle condizioni sopra riportate.

Tali dichiarazioni, non smentite da alcunché, ed in sé certamente logiche e coerenti oltre che promananti da un teste particolarmente qualificato in quanto esperto in materia, inducono senz'altro a ritenere che il motore dell'autovettura avesse, in realtà, molti più chilometri di quelli effettivamente dichiarati dal venditore, circostanza, questa, idonea ad integrare e certificare ex art. 129 del d.lgs. n. 206/2005 (c.d. codice del consumo) la non conformità del bene venduto a quanto espressamente dichiarato nel contratto di vendita ove, come detto, si faceva espressamente riferimento ad un chilometraggio pari a 49.000 Km (cfr. doc. 2 dell'attore) e, come accennato, pienamente legittimante la richiesta di riduzione del prezzo di vendita avanzata in questa sede ex art. 130 comma 7 lett. b) stante la mancata riparazione del veicolo entro un termine congruo e ragionevole rispetto alla richiesta di risoluzione del problema avanzata dall'attore in data 13.10.2009 (cfr. doc. 7 attore).

Tale riduzione, a parere dell'organo giudicante, deve certamente tenere conto delle spese vive sostenute dall'attore per la riparazione del mezzo, pari ad Euro 5.990,00, così come emergente dal preventivo di cui al documento n. 5 pienamente confermato dal teste An.Sp., dell'acquisto del nuovo motore par ulteriori Euro 2.200,00, come da dichiarazione effettuata da tale Fl.Bi. di cui al documento n. 6, del costo del carro attrezzi, pari ad Euro 70,00, come da documento n. 3, e, infine, del costo del taxi necessario a riportare a casa l'attore, per ulteriori Euro 94,00, come da documento n. 4.

Il tutto, quindi, per complessivi Euro 8.354,00.

Non essendo, di contro, stato specificamente provato il tempo necessario per l'effettuazione delle operazioni di ripristino, nulla può essere liquidato a titolo di fermo tecnico anche perché la somma eventualmente liquidabile in via equitativa andrebbe ragionevolmente a compensarsi con quella, comunque, dovuta al venditore per l'uso del bene effettuato sino alla data del guasto. Sulla somma come sopra indicata andranno, inoltre, corrisposti gli interessi nella misura legale a decorrere dalla data di messa in mora (13.10.2009) sino a quella dell'effettivo soddisfo.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.


 

Il Tribunale di Monza, Sezione I Civile, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e difesa respinte, così decide:

- in accoglimento della domanda attorea, dichiara il diritto di Me.Ja. ad ottenere la riduzione del prezzo di vendita dell'automobile omissis acquistata da Pe.Au. s.r.l. al prezzo di Euro 16.000,00 e, per l'effetto, condanna quest'ultima, in persona del legale rapp.te p.t., a restituire all'attore la complessiva somma di Euro 8.354,00, oltre interessi di mora al tasso legale a decorrere dal 13.10.2009 sino alla data dell'effettivo soddisfo;

- condanna la società convenuta al pagamento in favore dell'attore delle spese di lite sostenute nell'ambito del presente giudizio che si liquidano in complessivi Euro 3.289,70, di cui 189,70 per spese esenti, 100,00 per spese imponibili, 1.200,00 per competenze e 1.800,00, per onorari, oltre IVA (se ed in quanto dovuta), C.P.A. e rimborso forfettario come per legge.


 

 

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