PeD.it
L'Autore, avvocato,
giurista e volto noto per la partecipazione, in qualità
di esperto, a trasmissioni televisive di servizio per i
consumatori, analizza con lucida sintesi la fattispecie
posta all'attenzione dei lettori di P&D: il copione è
ricorrente.
Vede protagonisti
un'autovettura che non va e dimostra molti più
chilometri di quelli che campeggiano sul cruscotto
(secondo il Tribunale brianzolo circa il doppio sulla
scorta della testimonianza di persona qualificata) ed un
compratore malcapitato che sborsa la rilevante cifra di
€ 16.000,00 per un veicolo usato, le cui caratteristiche
erano pure pubblicizzate sul sito della ditta
venditrice.
Il Tribunale di Monza con
la decisione del 12 dicembre 2011 ha accolto la domanda
qualificandola, contrariamente a quanto indicato in
citazione, non come tesa al risarcimento del danno,
bensì alla riduzione adeguata del prezzo di
compravendita, contemplata dal legislatore; anche la
quantificazione, ascendente, ovviamente quale sommatoria
di componenti varie, a circa la metà dell'importo
pagato, è stata di piena soddisfazione per l'acquirente;
nel dettaglio il Tribunale brianzolo ha liquidato
all'acquirente le spese vive per le riparazioni (tra cui
il motore nuovo), il traino con il carroattrezzi e
quant'altro (Paolo M. STORANI).
La sentenza emessa dal
Tribunale di Monza offre lo spunto per soffermarsi,
seppur brevemente, sulla problematica concernente i
difetti di conformità nella vendita di beni di consumo,
la garanzia legale di conformità ed i rimedi previsti
dall’ordinamento.
Prima di esaminare il
rimedio (riduzione del prezzo) applicato dal Tribunale
di Monza alla fattispecie dallo stesso esaminata, appare
opportuno soffermarsi sull’ambito oggettivo e soggettivo
di applicazione della normativa relativa alla “garanzia
legale di conformità e garanzie commerciali per i beni
di consumo” prevista e disciplinata dal Titolo III, Capo
I, del d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206, codice del
consumo (nel prosieguo indicato cod. cons.).
La disciplina in esame si
applica, infatti, ai contratti stipulati tra un
venditore ed un consumatore aventi ad oggetto beni di
consumo, vale a dire, ai sensi dell’art. 128 cod. cons.,
qualsiasi bene mobile, anche da assemblare, ad
esclusione:
a) dei beni oggetto di
vendita forzata o comunque venduti secondo altre
modalità dalle autorità giudiziarie, anche mediante
delega ai notai;
b) dell’acqua e del gas,
quando non confezionati per la vendita in un volume
delimitato o in quantità determinata;
c) dell’energia elettrica.
Per consumatore si
intende, ai sensi dell’art. 3, lett. a), cod. cons., la
persona fisica che agisce, con riferimento al singolo
contratto, per scopi estranei all’attività
imprenditoriale, commerciale, artigianale o
professionale svolta.
Il venditore, invece, è
definito dall’art. 128, 2° comma, lett. b), cod. cons.
“qualsiasi persona fisica o giuridica pubblica o privata
che, nell’esercizio della propria attività
imprenditoriale o professionale, utilizza i contratti di
cui al comma 1”, e cioè vendita, permuta,
somministrazione, appalto, appalto di opera “e tutti gli
altri contratti comunque finalizzati alla fornitura di
beni di consumo da fabbricare o produrre” (art. 128, 1°
comma, cod. cons.).
Lo status giuridico di
venditore rientra nell’ambito della più ampia categoria
del professionista, definito, dall’art. 3, 1° comma,
lett. c), cod. cons., come “la persona fisica o
giuridica che agisce nell’esercizio della propria
attività imprenditoriale, commerciale, artigianale, o
professionale, ovvero un suo intermediario”.
Delimitato l’ambito
soggettivo ed oggettivo di applicazione della disciplina
concernente la garanzia nella vendita di beni di
consumo, è possibile esaminare il fulcro della stessa
costituito dal difetto di conformità.
Al riguardo, è opportuno
precisare che il legislatore non prevede una definizione
di bene conforme, bensì contempla, nell’art. 129 cod.
cons., i c.d. “parametri di conformità”, distinti in due
tipologie: quelli previsti nelle lettere a) e c)
riguardano le caratteristiche oggettive del bene e
rapportano l’aspetto qualitativo e funzionale del
medesimo a livelli standard; quelli previsti nelle
lettere b) e d) si riferiscono, invece, direttamente
alle modalità della singola contrattazione e, dunque, al
contenuto delle dichiarazioni delle parti e alle
peculiari circostanze che hanno caratterizzato la
conclusione dell’accordo.
Ai sensi dell’art. 130, 2°
comma, cod. cons., nell’ipotesi di difetto di conformità
del bene di consumo, il consumatore “ha diritto al
ripristino, senza spese, della conformità del bene
mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi
3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo
o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi
7, 8 e 9”.
Tutti e quattro i rimedi
previsti dalla norma in esame presentano un fondamento
esclusivamente oggettivo, essendo esperibili dal
consumatore in base alla semplice presenza del difetto
di conformità.
Si prescinde, quindi,
dalla presenza di dolo e/o della colpa del venditore.
Si prescinde, inoltre,
dalla circostanza che dal vizio sia derivato un danno
nel patrimonio del consumatore.
La facoltà di scelta circa
il rimedio esperibile spetta al consumatore, il quale
però, non gode di una discrezionalità piena ed
illimitata al riguardo.
Ed infatti, la possibilità
di chiedere la riparazione o la sostituzione del bene è
preclusa, qualora l’esperimento dell’uno o dell’altro
rimedio risulti “oggettivamente impossibile” o
“eccessivamente oneroso” rispetto all’altro, ai sensi
dell’art. 130, 10° comma, cod. cons. (l’onere della
prova circa l’impossibilità o l’eccessiva onerosità del
rimedio della riparazione e/o della sostituzione grava
sul venditore).
Sempre in virtù di detta
norma, invece, la risoluzione del contratto non può
essere ottenuta qualora il difetto di conformità sia di
lieve entità.
Inoltre, tra le due coppie
di rimedi, riparazione e sostituzione da un lato e
risoluzione del contratto e riduzione del prezzo
dall’altro, sussiste una sorta di graduazione
gerarchica, in virtù della quale la riparazione e la
sostituzione si configurano come rimedi primari, che il
consumatore può e deve attivare in via principale,
mentre la riduzione del prezzo e/o la risoluzione del
contratto si atteggiano alla stregua di rimedi
secondari, poiché subordinati al ricorrere delle
seguenti condizioni:
a) la riparazione e la
sostituzione siano impossibili o eccessivamente onerose;
b) il venditore non ha
provveduto alla riparazione o sostituzione del bene
entro un termine congruo;
c) la riparazione o la
sostituzione precedentemente effettuata ha arrecato
notevoli inconvenienti al consumatore.
Nel caso di specie, il
Tribunale di Monza ha, correttamente, applicato il
rimedio della “riduzione adeguata del prezzo” prevista
dal legislatore.
Trib. Monza 12.12.2011
Svolgimento del processo
Con atto di citazione
ritualmente notificato Me.Ja., premettendo che nel corso
del mese di luglio dell'anno 2008, a seguito di una
ricerca effettuata su internet, aveva deciso di
acquistare da Pe.Au. s.r.l. l'autovettura omissis al
prezzo di Euro 16.000,00 che, secondo quanto risultante
dal contachilometri e dalla pubblicità effettuata sul
sito, avrebbe dovuto avere solo 48.000,00 Km; che,
effettuati i controlli ed i tagliandi periodici, in data
12.7.2009, mentre si trovava ad omissis a bordo della
predetta autovettura in compagnia della sua ex fidanzata
e del fratello, si era improvvisamente rotta la pompa
dell'olio con relativa fusione del motore; che,
pertanto, era stato costretto a rivolgersi ad un carro
attrezzi per il ricovero dell'autovettura presso
un'officina ed a prendere un taxi per fare ritorno a
casa; che, sulla base di quanto accertato dal meccanico
riparatore, il danno subito era di notevole entità e,
comunque, certamente incompatibile con i chilometri
dichiarati; tutto ciò premesso, dando atto che il
venditore gli aveva rimborsato solo il 50% della sonda
lambda sostituita nel corso della riparazione, chiedeva
condannarsi quest'ultimo al risarcimento del danno
subito, pari a complessivi Euro 8.564,00, ivi già
compreso il danno da fermo tecnico, oltre interessi e
rivalutazione monetaria e vittoria di spese e compensi
difensivi.
Quantunque regolarmente
citata, Pe.Au. s.r.l. non si costituiva in giudizio e ne
veniva, pertanto, dichiarata la contumacia.
Acquisita la
documentazione prodotta, ammessa ed espletata la prova
per testi richiesta da parte attrice, all'udienza del
5.12.2011, previa precisazione delle conclusioni come in
epigrafe e rinuncia alla concessione dei termini di
legge per il deposito degli scritti difensivi
conclusionali, la causa veniva trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
La domanda attore,
apparentemente di risarcimento del danno, ma il realtà
di riduzione del prezzo di compravendita proposta ex
art. 130 d.lgs. n. 206/2005 così come evincibile
dall'ultimo capoverso della parte motiva dell'atto
introduttivo ("il venditore dovrà restituire il prezzo
necessario per rendere il bene oggetto della vendita
idoneo all'uso e adeguato al prezzo richiesto e
corrisposto ai sensi degli artt. 128, 129, 130 e 135 del
Codice del Consumo"), è fondata e per quanto di seguito
si dirà merita di essere accolta.
Dalla documentazione
prodotta dall'attore nel corso di giudizio è emerso,
infatti, che in data 19.7.2008 (cfr. doc. 2)
quest'ultimo aveva stipulato con Pe.Au. s.r.l. un
contratto avente ad oggetto l'acquisto dell'automobile
omissis di colore argento, targata (...), per il prezzo
di Euro 15.600,00, prezzo integralmente corrisposto, in
parte, mediante assegno e, per altra parte, attraverso
l'accensione di un finanziamento.
Inoltre, secondo quanto
emergente sia dalla pagina web prodotta dall'attore
(cfr. doc. 1), sia dalla successiva proposta d'acquisto,
i chilometri percorsi effettivamente dichiarati erano
pari, nel primo documento, a 48.000 e, nel secondo, a
49.000.
Inoltre, l'istruttoria
orale espletata ha consentito di appurare che, in
effetti, così come asserito nel libello introduttivo, in
data 12.7.2009, allorquando l'attore si trovava
unitamente al fratello ed alla ex fidanzata nei pressi
di omissis, l'autovettura in oggetto si fermò
improvvisamente senza ripartire cosicché fu necessario
chiamare un carro attrezzi per il ricovero della stessa
presso l'officina Sp.Ca. di An.Sp. all'interno della
quale è stata effettuata la successiva riparazione.
In particolare, secondo il
teste Sp., il quale, come detto, si è occupato di
effettuare le riparazioni del caso, la pompa dell'olio
si era completamente bloccata a causa dei numerosi
depositi di scorie di olio vecchio e di impurità varie,
circostanza, questa, del tutto incompatibile con i
chilometri percorsi che erano stati dichiarati dal
venditore.
Per l'esattezza, il teste
ha riscontrato che l'olio era troppo duro in quanto
ragionevolmente non sostituito da parecchio tempo, che
le guarnizioni smontate dal motore erano praticamente
inutilizzabili e che, in generale, le condizioni
oggettive dell'autovettura evidenziavano una percorrenza
certamente incompatibile con quella dichiarata e
ragionevolmente individuabile in 80/90.000 Km circa.
Il teste ha, inoltre,
precisato che, quand'anche l'olio non fosse stato
sostituito per tutto il periodo di tempo necessario a
percorrere i 50.000 Km indicati dal contachilometri, il
motore non avrebbe dovuto trovarsi nelle condizioni
sopra riportate.
Tali dichiarazioni, non
smentite da alcunché, ed in sé certamente logiche e
coerenti oltre che promananti da un teste
particolarmente qualificato in quanto esperto in
materia, inducono senz'altro a ritenere che il motore
dell'autovettura avesse, in realtà, molti più chilometri
di quelli effettivamente dichiarati dal venditore,
circostanza, questa, idonea ad integrare e certificare
ex art. 129 del d.lgs. n. 206/2005 (c.d. codice del
consumo) la non conformità del bene venduto a quanto
espressamente dichiarato nel contratto di vendita ove,
come detto, si faceva espressamente riferimento ad un
chilometraggio pari a 49.000 Km (cfr. doc. 2
dell'attore) e, come accennato, pienamente legittimante
la richiesta di riduzione del prezzo di vendita avanzata
in questa sede ex art. 130 comma 7 lett. b) stante la
mancata riparazione del veicolo entro un termine congruo
e ragionevole rispetto alla richiesta di risoluzione del
problema avanzata dall'attore in data 13.10.2009 (cfr.
doc. 7 attore).
Tale riduzione, a parere
dell'organo giudicante, deve certamente tenere conto
delle spese vive sostenute dall'attore per la
riparazione del mezzo, pari ad Euro 5.990,00, così come
emergente dal preventivo di cui al documento n. 5
pienamente confermato dal teste An.Sp., dell'acquisto
del nuovo motore par ulteriori Euro 2.200,00, come da
dichiarazione effettuata da tale Fl.Bi. di cui al
documento n. 6, del costo del carro attrezzi, pari ad
Euro 70,00, come da documento n. 3, e, infine, del costo
del taxi necessario a riportare a casa l'attore, per
ulteriori Euro 94,00, come da documento n. 4.
Il tutto, quindi, per
complessivi Euro 8.354,00.
Non essendo, di contro,
stato specificamente provato il tempo necessario per
l'effettuazione delle operazioni di ripristino, nulla
può essere liquidato a titolo di fermo tecnico anche
perché la somma eventualmente liquidabile in via
equitativa andrebbe ragionevolmente a compensarsi con
quella, comunque, dovuta al venditore per l'uso del bene
effettuato sino alla data del guasto. Sulla somma come
sopra indicata andranno, inoltre, corrisposti gli
interessi nella misura legale a decorrere dalla data di
messa in mora (13.10.2009) sino a quella dell'effettivo
soddisfo.
Le spese di lite seguono
la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Monza,
Sezione I Civile, definitivamente pronunciando, ogni
contraria istanza, eccezione e difesa respinte, così
decide:
- in accoglimento della
domanda attorea, dichiara il diritto di Me.Ja. ad
ottenere la riduzione del prezzo di vendita
dell'automobile omissis acquistata da Pe.Au. s.r.l. al
prezzo di Euro 16.000,00 e, per l'effetto, condanna
quest'ultima, in persona del legale rapp.te p.t., a
restituire all'attore la complessiva somma di Euro
8.354,00, oltre interessi di mora al tasso legale a
decorrere dal 13.10.2009 sino alla data dell'effettivo
soddisfo;
- condanna la società
convenuta al pagamento in favore dell'attore delle spese
di lite sostenute nell'ambito del presente giudizio che
si liquidano in complessivi Euro 3.289,70, di cui 189,70
per spese esenti, 100,00 per spese imponibili, 1.200,00
per competenze e 1.800,00, per onorari, oltre IVA (se ed
in quanto dovuta), C.P.A. e rimborso forfettario come
per legge.
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