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L'obbligo del genitore
separato di concorrere al mantenimento del figlio non
cessa automaticamente con il raggiungimento della
maggiore età da parte di quest'ultimo, ma perdura finché
il genitore interessato non dia prova che il figlio
abbia raggiunto l'indipendenza economica. L'età sola
dunque non esclude in modo automatico il diritto al
mantenimento.
Corte di Cassazione, sez.
I Civile, sentenza 10 ottobre 2011 – 8 febbraio 2012, n.
1773
Presidente Felicetti –
Relatore Dogliotti
Svolgimento del processo
In un procedimento di
modifica delle condizioni di separazione tra P.M.L. e
V.G. , la Corte d'Appello di Venezia, con provvedimento
in data 18-22/9/2006, confermava il provvedimento del
Tribunale di Venezia del 26-31/5/2006, in punto
assegnazione della casa coniugale ed assegno per la
moglie.
Ricorre per cassazione la
P. , sulla base di due motivi.
Resiste, con
controricorso, il V. , che pure propone ricorso
incidentale.
Motivi della decisione
Vanno riuniti i ricorsi ex
art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo, la
ricorrente principale lamenta violazione degli artt.
147, 155 c.c., nonché 710 c.p.c.. Censura, in
particolare, l'affermazione del Giudice a quo per cui la
figlia delle parti di anni 35 non avrebbe più alcun
diritto al mantenimento (e da ciò pure conseguirebbe la
revoca dell'assegnazione della casa coniugale alla
ricorrente stessa, convivente con la figlia).
Il motivo è fondato.
Secondo la consolidata
giurisprudenza di questa Corte, l'obbligo del genitore
separato di concorrere al mantenimento del figlio non
cessa automaticamente con il raggiungimento della
maggiore età da parte di quest'ultimo, ma perdura finché
il genitore interessato non dia prova che il figlio
abbia raggiunto l'indipendenza economica, ovvero sia
stato posto nella concreta condizione di poter essere
economicamente autosufficiente, senza averne però tratto
utile profitto per sua colpa o per sua scelta (tra le
altre, Cass. 26 gennaio 2011, n. 1830; 11 gennaio 2007,
n. 407).
L'età sola dunque non
esclude in modo automatico il diritto al mantenimento,
come ha ritenuto la sentenza impugnata.
Quanto al secondo motivo,
esso è inammissibile ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c.,
per la presenza di un quesito di diritto, peraltro del
tutto generico, e non di una sintesi, in relazione ai
vizi motivazionali addotti, secondo i principi stabiliti
in proposito da questa Corte (per tutte Cass. S.U. n.
11652 del 2008).
Quanto al ricorso
incidentale, con il primo motivo, si lamenta violazione
dell'art. 155 quinquies c.c. nonché dell'art. 81 c.p.c.
Sostiene il ricorrente incidentale che la formulazione
della norma, introdotta dalla l. n. 54 del 2006, che
prevede la facoltà del figlio maggiorenne, non
autosufficiente economicamente, di chiedere il
versamento diretto dell'assegno di mantenimento,
escluderebbe la legittimazione del genitore con lui
convivente. Questa Corte ha già avuto modo di precisare
(Cass. n. 11828/09) che la novella del 2006 non ha
inciso sulla legittimazione del genitore convivente, che
potrà sempre richiedere l'assegno, ove beninteso il
figlio non presenti richiesta di corresponsione diretta.
Il motivo è pertanto infondato.
Quanto al secondo motivo -
nel quale si individuano vizi di violazione di legge e
motivazionali - esso va dichiarato inammissibile ai
sensi dell'art. 366 c.p.c..
Infatti, pur essendo
ammissibile il motivo di ricorso con il quale in un
unico motivo si indicano censure di violazione di legge
e vizi motivazionali, il motivo dovrebbe concludersi,
distintamente, con congrui quesiti attinenti alla
dedotta violazione di legge, nonché con la sintesi
prescritta in relazione ai vizi motivazionali, secondo i
principi più volte espressi da questa Corte (Cass. SS.UU.
31 marzo 2009, n. 7770; 30 ottobre 2008, n. 26020; 1
ottobre 2007, n. 20603; Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; 7
aprile 2008, n.8897). Nel caso di specie, al motivo in
esame, con il quale si prospettano vizi di violazione di
legge e motivazionali, non corrisponde alcun quesito
relativo alla violazione di legge dedotta (art. 156 cod.
civ.) con specifico riferimento al vizio della decisione
impugnata, mentre sono formulati quesiti del tutto
astratti, come tali inidonei, anche quale valida
deduzione di vizi motivazionali.
Conclusivamente, va
accolto il primo motivo del ricorso principale,
dichiarato inammissibile il secondo, rigettato il primo
motivo di quello incidentale, e dichiarato inammissibile
il secondo. Va cassato il provvedimento impugnato, in
relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte
d'Appello di Venezia, in diversa composizione, che dovrà
pronunciarsi nuovamente sull'assegnazione della casa
coniugale, nonché sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte riunisce i
ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso
principale; dichiara inammissibile il secondo; rigetta
il primo motivo del ricorso incidentale e dichiara
inammissibile l'altro; cassa il decreto impugnato, in
relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le
spese, alla Corte d'Appello di Venezia, in diversa
composizione. |