L'assegno di divorzio non
aumenta solo perché è aumentato il canone di locazione
della casa familiare. È quanto stabilito dalla prima
sezione civile della Corte di cassazione che, con
sentenza n. 1337 depositata il 31 gennaio scorso, ha
rigettato il ricorso di una donna che si era vista
ridurre l'assegno divorzile nonostante il notevole
aumento del canone di locazione della casa familiare a
lei assegnata in sede di separazione. Secondo i giudici
di legittimità, non vi è correlazione fra il canone di
locazione e l'obbligo dell'ex marito di mantenere la
moglie e i figli. Tale impostazione era stata già
confermata dalla Corte di Appello di Roma che aveva
rigettato l'appello della donna che si era rivolta poi
ai Supremi giudici. Secondo la ricostruzione della
vicenda, la Corte d'Appello di Roma, con sentenza, in
parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma,
riduceva l'assegno divorzile a favore della ex moglie
all'importo 1.000,00 euro mensili. Ricorrendo in
Cassazione la donna faceva notare che la sentenza
impugnata avrebbe "escluso", a causa dell' assegno
liquidatole, il suo diritto di vivere nella casa
coniugale di Roma. Dichiarando il ricorso infondato, la
Suprema Corte ha ritenuto adeguatamente motivata la
decisione dei giudici di merito che nalla fattispecie
hanno esaminato le condizioni economiche delle parti, e
specificamente i mezzi di cui ciascun coniuge dispone.
"Secondo il Giudice a quo - si legge nella sentenza -
l'assegno divorzile non deve essere correlato al
pagamento del canone di locazione, notevolmente
accresciuto, della casa coniugale in Roma, dove ha
finora vissuto (la donna), considerato anche, ai fini
della determinazione dell'assegno, la disponibilità, per
essa stessa, di un'abitazione in Fabrica di Viterbo, in
comproprietà con il coniuge, dove — ove lo ritenesse —
essa potrebbe abitare".
- Autore: Luisa Foti) -
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