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LEGITTIMA DIFESA O (IL)LEGITTIMO TENTATO OMICIDIO? - Cass. pen., sez. I, 18 gennaio 2012, n. 1900 commento-Annalisa GASPARRE

 

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Un’altra vittima (o forse due) di un’equivoca (o volutamente scorretta) interpretazione di principio di civiltà giuridica.

 

E’ un argomento che suscita sempre grandi discussioni quello della legittima difesa, anche nella sua versione (populista e da stato di guerra permanente) basata su quelle presunzioni di proporzionalità tra offesa e difesa introdotte nel 2006, nei casi in cui ci si trovi nell’ambito del domicilio o di quei luoghi ad esso equiparabili.

 

Il ricorrente era stato condannato a cinque anni e quattro mesi di reclusione per aver “sparato almeno due colpi con un revolver cal. 38 dal balcone sito al primo piano, all’indirizzo di alcuni soggetti intenti a rubare gasolio dai mezzi parcheggiati in un attiguo cantiere”, così “provocando una lacerazione della arteria femorale” del ladro.

 

Gli elementi raccolti riguardo alla potenzialità dell’arma utilizzata, alla zona vitale interessata, alle modalità della condotta (reiterazione dei colpi) e all’illuminazione del luogo, portavano i giudici di merito a concludere per un tentato omicidio sorretto da dolo alternativo.

 

Totalmente disattesa la tesi della legittima difesa, anche putativa.

 

La vittima non stava rubando nella proprietà del pistolero, ma in un cantiere attiguo; non offendeva o aggrediva chi gli ha sparato con coscienza, volontà e lucidità. Il pistolero non aveva sparato per difendersi, ma per “fare giustizia”: dopo aver sparato dal balcone della sua proprietà era sceso anche al piano terra e aveva ricaricato l’arma.

 

I Giudici di Piazza Cavour confermano la decisione impugnata sottolineando l’oggettiva circostanza delle modalità di esplosione dei colpi da parte dell’imputato che stava sul balcone e aveva sparato dall’alto verso il basso e direttamente in direzione del ladro che “intendeva fermare con l’indefettibile intenzionalità alternativa (omissis) di ucciderlo o procurargli lesioni”.

 

Esclusa la ricorrenza dell’ipotesi delineata dal c. 2 dell’art. 52 c.p. (la presunzione di proporzionalità tra offesa e difesa nei casi di violazione del domicilio o luogo equiparato) perché il ladro si trovava su proprietà di altri rispetto a quella del “giustiziere”. Esclusa la sussistenza del requisito dell’attualità del pericolo: il ladro era stato colpito alla schiena, quindi mentre fuggiva. Esclusa la proporzionalità e l’indispensabilità della condotta (asseritamente) difensiva.

 

Riflessioni e provocazioni sul tema e sulle ripercussioni sociali, tra gli altri, su A. Gasparre, Dal vittimismo al protagonismo, Scriptaweb 2011, pp. 97 ss., 291 ss

 

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