L’Europa salva la discrezionalità
del pubblico ministero italiano nel decidere se
accordare o meno alle vittime particolarmente
vulnerabili di reati (come i minori) la possibilità di
rendere la propria deposizione fuori dal tribunale, in
un contesto di maggiore serenità. Lo ha stabilito la
Corte di giustizia europea, con la sentenza 21 dicembre
2011 nella causa C-507/10, chiarendo che non vi è alcuna
incompatibilità fra le disposizioni del codice di
procedura penale italiano - articoli 392, comma 1 bis,
398, comma 5 bis, e 394, che non prevedono l’obbligo per
il Pm di rivolgersi al giudice per autorizzare la
vittima deporre secondo le modalità dell’incidente
probatorio e non la autorizzano neppure a proporre
ricorso contro la il rigetto della domanda - e la
decisione quadro 2001/220/GAI, relativa alla posizione
della vittima nel procedimento penale.
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
IT
21
dicembre 2011 *
*
Lingua processuale: l’italiano.
«Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale
– Decisione quadro 2001/220/GAI – Posizione della
vittima nel procedimento penale – Tutela delle persone
vulnerabili – Audizione di minori in qualità di
testimoni – Incidente probatorio diretto all’assunzione
anticipata della prova – Rifiuto del pubblico ministero
di chiedere al Giudice per le indagini preliminari di
procedere a un’audizione»
Nel
procedimento C-507/10,
avente
ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal
giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale
di Firenze, con decisione 8 ottobre 2010, pervenuta in
cancelleria il 25 ottobre 2010, nel procedimento penale
a carico di
X
con
l’intervento di:
Y,
LA
CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues (relatore),
presidente di sezione, dai sigg. U. Lõhmus, A. Rosas, A.
Ó Caoimh e A. Arabadjiev, giudici,
avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón
cancelliere: sig. A. Calot Escobar
vista
la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per
X, dall’avv. F. Bagattini;
SENTENZA 21. 12. 2011 – CAUSA C-507/10
I - 2
– per
Y, dagli avv.ti G. Vitiello e G. Paloscia;
– per
il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in
qualità di agente, assistita dal sig. F. Arena, avvocato
dello Stato;
– per
il governo tedesco, dal sig. T. Henze, in qualità di
agente;
– per
l’Irlanda, dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente;
– per
il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. Wissels e M.
de Ree, in qualità di agenti;
– per
la Commissione europea, dalla sig.ra D. Recchia e dal
sig. R. Troosters, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 20 ottobre 2011,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia
pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 2,
3 e 8 della decisione quadro del Consiglio 15 marzo
2001, 2001/220/GAI, relativa alla posizione della
vittima nel procedimento penale (GU L 82, pag. 1; in
prosieguo: la «decisione quadro»).
2 Tale
domanda è stata presentata nell’ambito di un
procedimento penale avviato contro il sig. X, sospettato
di aver commesso atti sessuali nei confronti della
figlia minorenne, Y.
Contesto normativo
La
decisione quadro
3 Ai sensi dell’art. 1,
lett. a), della decisione quadro, si intende, ai fini
della medesima, per «vittima» «la persona fisica che ha
subito un pregiudizio, anche fisico o mentale,
sofferenze psichiche, danni materiali causati
direttamente da atti o omissioni che costituiscono una
violazione del diritto penale di uno Stato membro».
4 Ai
sensi dell’art. 2 della decisione quadro, intitolato
«Rispetto e riconoscimento»:
«1.
Ciascuno Stato membro prevede nel proprio sistema
giudiziario penale un ruolo effettivo e appropriato
delle vittime. Ciascuno Stato membro si adopererà
X
I - 3
affinché alla vittima sia
garantito un trattamento debitamente rispettoso della
sua dignità personale durante il procedimento e ne
riconosce i diritti e gli interessi giuridicamente
protetti con particolare riferimento al procedimento
penale.
2.
Ciascuno Stato membro assicura che le vittime
particolarmente vulnerabili beneficino di un trattamento
specifico che risponda in modo ottimale alla loro
situazione».
5
L’art. 3 della decisione quadro, dal titolo «Audizione e
produzione di prove», dispone quanto segue:
«Ciascuno Stato membro garantisce la possibilità per la
vittima di essere sentita durante il procedimento e di
fornire elementi di prova.
Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie
affinché le autorità competenti interroghino la vittima
soltanto per quanto è necessario al procedimento
penale».
6
L’art. 8 della decisione quadro rubricato «Diritto alla
protezione», così dispone:
«1.
Ciascuno Stato membro garantisce un livello adeguato di
protezione alle vittime di reati ed eventualmente ai
loro familiari o alle persone assimilabili, in
particolare per quanto riguarda la sicurezza e la tutela
dell’intimità della vita privata, qualora le autorità
competenti ritengano che esista una seria minaccia di
atti di ritorsione o prova certa di un serio intento di
intromissione nella sfera della vita privata.
2. A
tal fine e fatto salvo il paragrafo 4, ciascuno Stato
membro garantisce, se necessario nell’ambito di una
procedura giudiziaria, la possibilità di protezione
appropriata della sfera privata e dell’immagine
fotografica della vittima, dei suoi familiari o delle
persone assimilabili.
3.
Ciascuno Stato membro garantisce altresì che si evitino
i contatti tra vittima e autori del reato negli edifici
degli organi giurisdizionali a meno che lo imponga il
procedimento penale. A tal fine, se del caso, ciascuno
Stato membro provvede a munire progressivamente tali
edifici di luoghi di attesa riservati alle vittime.
4. Ove
sia necessario proteggere le vittime, in particolare le
più vulnerabili, dalle conseguenze della loro
deposizione in udienza pubblica, ciascuno Stato membro
garantisce alla vittima la facoltà, in base ad una
decisione del giudice, di rendere testimonianza in
condizioni che consentano di conseguire tale obiettivo e
che siano compatibili con i principi fondamentali del
proprio ordinamento».
La
normativa nazionale
7
L’art. 392, comma 1 bis, del codice di procedura penale
(in prosieguo: il «CPP»), che figura nel libro V,
intitolato «Indagini preliminari e udienza preliminare»,
così dispone:
SENTENZA 21. 12. 2011 – CAUSA C-507/10
I - 4
«Nei procedimenti per i
delitti di cui agli articoli (…) 609 quater (…) del
codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta
della persona offesa, o la persona sottoposta alle
indagini possono chiedere che si proceda con incidente
probatorio all’assunzione della testimonianza di persona
minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche
al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1».
8
L’art. 394 del CPP stabilisce quanto segue:
«1. La
persona offesa può chiedere al pubblico ministero di
promuovere un incidente probatorio.
2. Se
non accoglie la richiesta, il pubblico ministero
pronuncia decreto motivato e lo fa notificare alla
persona offesa».
9 Ai
sensi dell’art. 398, comma 5 bis, del CPP:
«Nel
caso di indagini che riguardino ipotesi di reato
previste dagli articoli (…) 609 quater (….) del codice
penale, il giudice, ove fra le persone interessate
all’assunzione della prova vi siano minorenni, con
l’ordinanza di cui al comma 2, stabilisce il luogo, il
tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere
all’incidente probatorio, quando le esigenze di tutela
delle persone lo rendono necessario od opportuno. A tal
fine l’udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal
tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di
strutture specializzate di assistenza o, in mancanza,
presso l’abitazione della persona interessata
all’assunzione della prova. Le dichiarazioni
testimoniali debbono essere documentate integralmente
con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva.
Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di
riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le
forme della perizia, ovvero della consulenza tecnica.
Dell’interrogatorio è anche redatto verbale in forma
riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è
disposta solo se richiesta dalle parti».
Causa principale e questioni pregiudiziali
10 Dalla decisione di
rinvio risulta che la sig.ra Z ha sporto denuncia contro
il sig. X accusandolo di aver commesso reiteratamente,
nel corso del 2007, atti sessuali quali sanzionati
dall’art. 609 quater del codice penale (in prosieguo: il
«CP»), in combinato con gli artt. 81 e segg. di detto
codice, nei confronti della loro figlia Y, che all’epoca
aveva l’età di cinque anni.
11 Tale denuncia ha
determinato l’avvio di indagini preliminari, nel corso
delle quali Y è stata sentita più volte da diversi
esperti in psicologia e pediatria. A seguito di tali
misure il pubblico ministero, in data 8 maggio 2008, ha
chiesto l’archiviazione della causa.
12
Poiché Y si è opposta a tale richiesta, il giudice per
le indagini preliminari, conformemente alle norme
processuali applicabili, ha fissato un’udienza in
X
I - 5
camera di consiglio per
consentire alle parti di esprimersi sul fondamento di
tale richiesta e sollecitare eventualmente ulteriori
indagini o il rinvio a giudizio. Nel corso di tale
udienza Y ha chiesto al pubblico ministero, ai sensi
dell’art. 394 del CPP, che si procedesse alla sua
audizione come testimone nell’ambito di un procedimento
incidentale di assunzione anticipata della prova,
altresì denominato «incidente probatorio».
13 Il giudice del rinvio,
dopo aver raccolto il consenso del pubblico ministero
sulla domanda di procedere all’incidente probatorio, ha
ordinato l’audizione della minorenne secondo modalità
particolari ai sensi dell’art. 398, comma 5 bis, del
CPP. In occasione dell’audizione Y ha confermato di
essere stata oggetto di atti a connotazione sessuale
compiuti da suo padre.
14 Il 27 maggio 2010 la
Corte suprema di cassazione ha annullato la decisione
del giudice di rinvio di ricorrere all’incidente
probatorio.
15 Il 14 luglio 2010 il
pubblico ministero ha di nuovo chiesto l’archiviazione
del procedimento, domanda alla quale la vittima si è
opposta.
16 Il giudice del rinvio
ha fissato una nuova udienza in camera di consiglio,
nella quale Y ha chiesto al pubblico ministero di
reiterare la domanda della sua audizione nell’ambito
della procedura di incidente probatorio. Il pubblico
ministero non s’è pronunciato al riguardo e ha chiesto
di nuovo l’archiviazione del procedimento.
17 Il
giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale
di Firenze, interrogandosi sulla compatibilità del
regime processuale applicabile alle vittime minorenni in
forza delle disposizioni degli artt. 392, comma 1 bis,
394 e 398 del CPP con gli artt. 2, 3 e 8 della decisione
quadro, in quanto, da un lato, tale regime non obbliga
il pubblico ministero a dar seguito alla domanda della
vittima di procedere all’incidente probatorio e,
dall’altra, non consente alla vittima di ricorrere
dinanzi a un giudice in caso di rifiuto del pubblico
ministero di accogliere detta domanda, ha deciso di
sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di
pronunciarsi sulla portata di detti articoli della
decisione quadro.
Sulla competenza della Corte
18 Conformemente all’art.
9 del protocollo n. 36 sulle disposizioni transitorie,
allegato al Trattato FUE, gli effetti giuridici della
decisione quadro, che è stata adottata in forza del
titolo VI del Trattato UE prima dell’entrata in vigore
del trattato di Lisbona, sono mantenuti finché la
decisione quadro non sarà stata abrogata, annullata o
modificata in applicazione dei Trattati.
19
Peraltro, l’art. 10, n. 1, del medesimo protocollo
dispone che le attribuzioni della Corte in ordine agli
atti dell’Unione nel settore della cooperazione di
polizia e della cooperazione giudiziaria in materia
penale adottati prima dell’entrata in
SENTENZA 21. 12. 2011 – CAUSA C-507/10
I - 6
vigore del Trattato di
Lisbona, ai sensi del titolo VI del Trattato UE, restano
invariate, anche nel caso in cui siano state accettate
in forza dell’articolo 35, n. 2, UE. Ai sensi dell’art.
10, n. 3, di tale protocollo, la misura transitoria di
cui al n. 1 cessa di avere effetto cinque anni dopo il
1° dicembre 2009, data di entrata in vigore del trattato
di Lisbona.
20 Dall’informazione
relativa alla data di entrata in vigore del Trattato di
Amsterdam, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle
Comunità europee del 1° maggio 1999 (GU L 114, pag.
56), risulta che la Repubblica italiana ha reso una
dichiarazione ai sensi dell’art. 35, n. 2, UE, con la
quale ha accettato la competenza della Corte a
pronunciarsi sulla validità e l’interpretazione degli
atti di cui all’art. 35 UE secondo le modalità previste
al n. 3, lett. b), di tale articolo.
21 È inoltre pacifico che
la decisione quadro, fondata sugli artt. 31 UE e 34 UE,
fa parte degli atti previsti all’art. 35, n. 1, UE, a
proposito dei quali la Corte può statuire in via
pregiudiziale ed è indiscusso che il giudice per le
indagini preliminari, che agisca nell’ambito di un
procedimento come quello di cui alla causa principale,
dev’essere considerato come una giurisdizione di uno
Stato membro ai sensi dell’art. 35 UE (v., in
particolare, sentenza 28 giugno 2007, causa C-467/05,
Dell’Orto, pag. I-5557, punto 35).
22
Alla luce di tali considerazioni, occorre rispondere
alle questioni sollevate.
Sulle questioni pregiudiziali
23 Con le questioni
sollevate, il giudice del rinvio chiede in sostanza se
gli artt. 2, 3 e 8, n. 4, della decisione quadro vadano
interpretati nel senso che ostano a disposizioni
nazionali come quelle di cui agli artt. 392, comma 1
bis, 398, comma 5 bis, e 394 del CPP, che, da un lato,
non prevedono l’obbligo per il pubblico ministero di
rivolgersi al giudice affinché quest’ultimo consenta ad
una vittima particolarmente vulnerabile di essere
sentita e di deporre secondo le modalità dell’incidente
probatorio nell’ambito della fase istruttoria del
procedimento penale e, dall’altro, non autorizzano detta
vittima a proporre ricorso dinanzi ad un giudice avverso
la decisione del pubblico ministero recante rigetto
della sua domanda di essere sentita e di deporre secondo
tali modalità.
24 Conformemente all’art.
3 della decisione quadro, ciascuno Stato membro
garantisce la possibilità per tutte le vittime di essere
sentite durante il procedimento e di fornire elementi di
prova, e adotta le misure necessarie affinché le
autorità competenti interroghino le vittime soltanto per
quanto è necessario al procedimento penale.
25 Gli
artt. 2 e 8, n. 4, della decisione quadro obbligano
ciascuno Stato membro ad adoperarsi per garantire a
tutte le vittime, in particolare, un trattamento
debitamente rispettoso della loro dignità personale
durante il procedimento, ad assicurare che le vittime
particolarmente vulnerabili beneficino di un trattamento
X
I - 7
specifico che risponda in
modo ottimale alla loro situazione e a garantire alle
vittime, ove sia necessario proteggerle, in particolare
le più vulnerabili, dalle conseguenze della loro
deposizione in udienza pubblica, la facoltà, in base a
una decisione del giudice, di rendere testimonianza in
condizioni che consentano di conseguire tale obiettivo
con mezzi adeguati e che siano compatibili con i
principi fondamentali del proprio ordinamento.
26 Sebbene la decisione
quadro non definisca la nozione di vulnerabilità della
vittima ai sensi dei suoi artt. 2, n. 2, e 8, n. 4, non
può essere contestato che qualora, come nella causa
principale, un bambino in tenera età sostenga di essere
stato vittima, ripetutamente, di atti di natura sessuale
commessi dal padre, questo bambino possa,
manifestamente, essere così qualificato tenuto conto, in
particolare, della sua età, nonché della natura, della
gravità e delle conseguenze delle infrazioni di cui
ritiene di essere stato vittima, al fine di beneficiare
della tutela specifica richiesta dalle citate
disposizioni della decisione quadro (v., in tal senso,
sentenza 16 giugno 2005, causa C-105/03, Pupino, Racc.
pag. I-5285, punto 53).
27 Nessuna delle tre
disposizioni della decisione quadro menzionate dal
giudice del rinvio prevede modalità concrete di
attuazione degli obiettivi da esse enunciati, che
consistono, in particolare, nel garantire a tutte le
vittime un trattamento «debitamente rispettoso della
loro dignità personale», la possibilità di «essere
sentit[e]» nel corso del procedimento e di «fornire
elementi di prova», e che siano interrogate «soltanto
per quanto è necessario al procedimento penale», nonché
nel garantire alle «vittime particolarmente vulnerabili»
un «trattamento specifico che risponda in modo ottimale
alla loro situazione» e, se del caso, una tutela «dalle
conseguenze della loro deposizione in udienza pubblica»
beneficiando, «in base a una decisione del giudice»,
della facoltà «di rendere testimonianza in condizioni
che consentano di conseguire tale obiettivo e che siano
compatibili con i principi fondamentali del proprio
ordinamento» (v., in tal senso, sentenza Pupino, cit.,
punto 54).
28 In assenza di più
ampie precisazioni nelle stesse disposizioni della
decisione quadro e tenuto conto dell’art. 34 UE, che
conferisce agli organi nazionali la competenza in merito
alla forma e ai mezzi necessari per conseguire il
risultato voluto dalle decisioni quadro, si deve
ammettere che la decisione quadro lascia alle autorità
nazionali un ampio potere discrezionale quanto alle
concrete modalità di conseguimento degli obiettivi con
essa perseguiti (v., in tal senso, sentenze 9 ottobre
2008, causa C-404/07, Katz, Racc. pag. I-7607, punto 46;
21 ottobre 2010, causa C-205/09, Eredics e Sápi, non
ancora pubblicata nella Raccolta, punti 37 e 38, nonché
15 settembre 2011, cause riunite C-483/09 e C-1/10,
Gueye e Salmerón Sánchez, non ancora pubblicata nella
Raccolta, punti 57, 72 e 74).
29
Secondo la normativa controversa nella causa principale,
la deposizione resa durante le indagini preliminari deve
essere, in linea di principio, ripetuta all’udienza
pubblica per acquisire valore di prova. È tuttavia
permesso in taluni casi rendere tale deposizione una
sola volta, nel corso delle indagini preliminari,
SENTENZA 21. 12. 2011 – CAUSA C-507/10
I - 8
con lo stesso valore
probatorio, ma secondo modalità diverse da quelle
imposte all’udienza pubblica (sentenza Pupino, cit.,
punto 55).
30 Per quanto riguarda
tale normativa, la Corte ha dichiarato che la
realizzazione degli obiettivi perseguiti dalle citate
disposizioni della decisione quadro impone che un
giudice nazionale abbia la possibilità, per le vittime
particolarmente vulnerabili, di utilizzare una procedura
speciale, come l’incidente probatorio diretto
all’assunzione anticipata della prova, prevista
nell’ordinamento giuridico italiano, nonché le modalità
particolari di deposizione pure previste, se tale
procedura risponde in modo ottimale alla situazione di
tali vittime e si impone al fine di impedire la perdita
degli elementi di prova, di ridurre al minimo la
ripetizione degli interrogatori e di impedire le
conseguenze pregiudizievoli, per le dette vittime, della
loro deposizione in pubblica udienza (sentenza Pupino,
cit., punto 56).
31 A differenza di quanto
avveniva nella causa che ha dato luogo alla citata
sentenza Pupino, il reato oggetto nella causa principale
rientra tra quelli per i quali il ricorso a detta
procedura è, in linea di principio, possibile.
32 Il giudice del rinvio
considera tuttavia che l’assenza di un obbligo per il
pubblico ministero di accogliere la domanda, formulata
da una vittima particolarmente vulnerabile nel corso
della fase istruttoria, volta ad ottenere che
quest’ultimo richieda al giudice investito della causa
il ricorso a detta procedura e all’audizione, secondo
modalità particolari altresì previste, viola le citate
disposizioni della decisione quadro. Il giudice per le
indagini preliminari, in caso di rifiuto del pubblico
ministero e in assenza di una domanda in tal senso da
parte della persona indagata, non potrebbe avviare detta
procedura, anche se, d’altro lato, questo stesso giudice
potrebbe costringere il pubblico ministero a formulare i
capi d’accusa in vista dell’eventuale rinvio a giudizio
della persona indagata.
33 Come osservato ai
punti 27 e 28 della presente sentenza, nessuna delle tre
disposizioni della decisione quadro menzionate dal
giudice del rinvio prevede modalità concrete di
attuazione degli obiettivi da esse enunciati. Alla luce
del dettato di tali disposizioni e tenuto conto
dell’art. 34 UE, va riconosciuto agli organi nazionali
un ampio potere discrezionale relativamente a tali
modalità.
34 Benché, come già
osservato, gli Stati membri siano tenuti ad adottare
provvedimenti specifici a favore delle vittime
particolarmente vulnerabili, da ciò non deriva
necessariamente un diritto per tali vittime di
beneficiare in qualunque ipotesi di un regime come
quello dell’incidente probatorio nel corso della fase
istruttoria al fine di conseguire gli obiettivi della
decisione quadro.
35
L’art. 8, n. 4, della decisione quadro impone
segnatamente agli Stati membri di garantire alle
vittime, ove sia necessario proteggerle, in particolare
le più vulnerabili, «dalle conseguenze della loro
deposizione in udienza pubblica», la facoltà, «in base
ad una decisione del giudice, di rendere testimonianza
in
X
I - 9
condizioni che consentano
di conseguire tale obiettivo [con mezzi adeguati]» e che
«siano compatibili con i principi fondamentali del
proprio ordinamento».
36 Tuttavia, come ha
osservato l’avvocato generale ai paragrafi 53-58 delle
sue conclusioni, una legislazione nazionale che, in un
sistema giuridico come quello di cui trattasi nella
causa principale, prevede un regime processuale in forza
del quale il pubblico ministero decide in merito
all’accoglimento della domanda della vittima di
ricorrere a una procedura come quella dell’incidente
probatorio, non eccede il margine di discrezionalità di
cui dispongono gli Stati membri nell’attuazione di tale
obiettivo.
37 Oltre al fatto che,
come enunciato al nono ‘considerando’ della decisione
quadro, quest’ultima non impone agli Stati membri
l’obbligo di garantire alle vittime un trattamento
equivalente a quello delle parti del procedimento (v.,
in particolare, sentenza Gueye e Salmerón Sánchez, cit.,
punto 53), la circostanza che nel sistema giuridico
penale italiano spetti al pubblico ministero decidere di
sottoporre al giudice investito della causa la domanda
della vittima di ricorrere, nel corso della fase
istruttoria, al procedimento dell’incidente probatorio,
che deroga al principio secondo il quale le prove sono
raccolte nell’ambito del dibattimento, può essere
considerata come rientrante nella logica di un sistema
in cui il pubblico ministero costituisce un organo
giudiziario incaricato dell’esercizio dell’azione
penale.
38 Risulta da quanto
precede, da un lato, che le disposizioni nazionali
controverse nella causa principale discendono dai
principi fondamentali del sistema giuridico penale dello
Stato membro interessato, i quali, ai sensi dell’art. 8,
n. 4, della decisione quadro, devono essere rispettati.
Dall’altro, la valutazione della domanda di una vittima
di fare ricorso al procedimento dell’incidente
probatorio deve tenere conto della necessità di
interpretare la decisione quadro in modo che siano
rispettati i diritti fondamentali. Alla luce di tale
necessità, le autorità nazionali devono garantire, in
ogni caso, che l’applicazione di una siffatta procedura
non sia tale da rendere il procedimento penale,
considerato nel suo insieme, iniquo ai sensi delle
disposizioni citate.
39 Benché nel sistema
giuridico italiano il giudice per le indagini
preliminari possa obbligare il pubblico ministero a
formulare i capi d’accusa, nonostante la volontà di
quest’ultimo di archiviare il procedimento, sembra
accertato che, in tal caso, il pubblico ministero possa
sempre sottoporre, eventualmente, anche al giudice che
deve decidere sulla prosecuzione del procedimento, la
domanda di ricorso ad una procedura come quella
dell’incidente probatorio.
40
Peraltro, come ha spiegato il governo italiano,
nell’ambito della fase del dibattimento dinanzi al
giudice competente, in caso di rinvio a giudizio della
persona indagata, la tutela della vittima è garantita da
diverse disposizioni del CPP, che prevedono in
particolare la possibilità di procedere a porte chiuse
nonché di ricorrere alle modalità di cui all’art. 398,
comma 5 bis, del CPP, vale a
SENTENZA 21. 12. 2011 – CAUSA C-507/10
I - 10
dire proprio a quelle
modalità che il giudice del rinvio vorrebbe fossero
utilizzate nel corso della fase istruttoria.
41 Né la conclusione
formulata al punto 36 della presente sentenza viene
rimessa in discussione dalla circostanza che la
decisione di rifiuto del pubblico ministero, che
dev’essere motivata, non può formare oggetto di
controllo da parte di un giudice, in quanto tale
circostanza si inserisce in un sistema in cui la
formulazione dell’accusa è in linea di principio
riservata al pubblico ministero.
42 Certo, come dichiarato
dalla Corte (v., in particolare, sentenza Gueye e
Salmerón Sánchez, cit., punti 58 e 59), gli artt. 3,
primo comma, e 2, n. 1, della decisione quadro
comportano in particolare che la vittima possa rendere
una deposizione nell’ambito del procedimento penale e
che tale deposizione possa essere considerata quale
elemento di prova. Al fine di garantire che la vittima
possa effettivamente prendere parte al procedimento
penale in modo adeguato, il suo diritto ad essere
sentita, oltre a darle la possibilità di descrivere
oggettivamente lo svolgimento dei fatti, deve
consentirle di poter esprimere il proprio punto di
vista.
43 Tuttavia, né le
disposizioni della decisione quadro, né l’art. 47 della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v.,
relativamente all’art. 6 della Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, in
particolare, Corte europea dei diritti dell’uomo,
sentenza 29 marzo 2001, Asociación de Víctimas del
Terrorismo c. Spagna) garantiscono alla vittima di un
reato il diritto di provocare l’esercizio di azioni
penali contro un terzo al fine di ottenerne la condanna.
44
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, le
questioni sollevate vanno risolte dichiarando che gli
artt. 2, 3 e 8, n. 4, della decisione quadro devono
essere interpretati nel senso che non ostano a
disposizioni nazionali come quelle di cui agli artt.
392, comma 1 bis, 398, comma 5 bis, e 394 del CPP, che,
da un lato, non prevedono l’obbligo per il pubblico
ministero di rivolgersi al giudice affinché quest’ultimo
consenta ad una vittima particolarmente vulnerabile di
essere sentita e di deporre secondo le modalità
dell’incidente probatorio nell’ambito della fase
istruttoria del procedimento penale e, dall’altro, non
autorizzano detta vittima a proporre ricorso dinanzi ad
un giudice avverso la decisione del pubblico ministero
recante rigetto della sua domanda di essere sentita e di
deporre secondo tali modalità.
Sulle spese
45 Nei
confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi
al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle
spese. Le spese sostenute da altri soggetti per
presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo
a rifusione.
X
I - 11
Per questi motivi, la
Corte (Seconda Sezione) dichiara:
Gli
artt. 2, 3 e 8, n. 4, della decisione quadro del
Consiglio 15 marzo 2001, 2001/220/GAI, relativa alla
posizione della vittima nel procedimento penale, devono
essere interpretati nel senso che non ostano a
disposizioni nazionali, come quelle di cui agli artt.
392, comma 1 bis, 398, comma 5 bis, e 394 del codice di
procedura penale, che, da un lato, non prevedono
l’obbligo per il pubblico ministero di rivolgersi al
giudice affinché quest’ultimo consenta ad una vittima
particolarmente vulnerabile di essere sentita e di
deporre secondo le modalità dell’incidente probatorio
nell’ambito della fase istruttoria del procedimento
penale e, dall’altro, non autorizzano detta vittima a
proporre ricorso dinanzi ad un giudice avverso la
decisione del pubblico ministero recante rigetto della
sua domanda di essere sentita e di deporre secondo tali
modalità.
Firme
Il quadro normativo
Nel nostro ordinamento, infatti,
gli articoli 392 e seguenti del codice di procedura
penale, prevedono che, in casi di reati sessuali contro
i minori, il Pm, anche su richiesta della persona
offesa, possa richiedere che si proceda all'assunzione
della testimonianza del minore, in forma anticipata,
rispetto all'audizione nel pubblico dibattimento.
Peraltro, la persona offesa minore
non può chiedere direttamente al Giudice che proceda al
suo esame nelle forme dell'incidente probatorio ma deve
rivolgere la richiesta al Pm che ha facoltà di
scegliere. E, come visto, la persona offesa non può
neppure ricorrere al Giudice contro la decisione del Pm.
Il caso
I caso di partenza era proprio
quello di un procedimento per violenza sessuale su
minore, nel corso del quale il giudice del rinvio ha
chiesto alla Corte di giustizia se la decisione quadro
2001/220/GAI sia compatibile con le disposizioni
nazionali.
Secondo i giudici, premesso che
ciascuno Stato membro deve adoperarsi per garantire a
tutte le vittime un trattamento rispettoso della loro
dignità personale ed assicurare che i soggetti
particolarmente vulnerabili beneficino di un trattamento
specifico che risponda in modo ottimale alla loro
situazione, le autorità nazionali godono di un ampio
potere discrezionale quanto alle concrete modalità di
conseguimento degli obiettivi.
Per cui non vi è un diritto per le
vittime di beneficiare in qualunque ipotesi di un regime
come quello dell’incidente probatorio. E la circostanza
che nel sistema giuridico penale italiano spetti al
pubblico ministero decidere di sottoporre al giudice
investito della causa la domanda della vittima, può
essere considerata come rientrante nella logica di un
sistema in cui il Pm costituisce un organo giudiziario
incaricato dell’esercizio dell’azione penale.
Ed è per questo che la decisione di
rifiuto del pubblico ministero, che dev’essere motivata,
non può formare oggetto di controllo da parte di un
giudice, in quanto tale circostanza si inserisce in un
sistema in cui la formulazione dell’accusa è in linea di
principio riservata al pubblico ministero.
IL DISPOSITIVO
Gli artt. 2, 3 e 8, n. 4, della
decisione quadro del Consiglio 15 marzo 2001,
2001/220/GAI, relativa alla posizione della vittima nel
procedimento penale, devono essere interpretati nel
senso che non ostano a disposizioni nazionali, come
quelle di cui agli artt. 392, comma 1 bis, 398, comma 5
bis, e 394 del codice di procedura penale, che, da un
lato, non prevedono l’obbligo per il pubblico ministero
di rivolgersi al giudice affinché quest’ultimo consenta
ad una vittima particolarmente vulnerabile di essere
sentita e di deporre secondo le modalità dell’incidente
probatorio nell’ambito della fase istruttoria del
procedimento penale e, dall’altro, non autorizzano detta
vittima a proporre ricorso dinanzi ad un giudice avverso
la decisione del pubblico ministero recante rigetto
della sua domanda di essere sentita e di deporre secondo
tali modalità.
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