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Ragioni della decisione
1. Gli avvocati G..C. e F..N. e la
signora M..B. sono stati condannati dai due Giudici del
merito per concorso nel reato di cui all'art. 377 c.p.
consumato in (omissis) . Secondo quanto ricostruito dai
primi Giudici, in tal giorno i due legali, difensori
della B. in un processo penale per circonvenzione di
incapace in danno di Bo.Li., poi deceduta lasciando
quale unica erede la stessa B. , e appropriazione
indebita, si erano presentati in ospedale al Dott.
R..T., cardiologo della B. , per fargli sottoscrivere
dichiarazione già predisposta attestante che la paziente
era pienamente in grado di intendere e volere. Analoga
dichiarazione era stata tempo prima chiesta, senza
esito, dalla stessa B.. Dopo il rifiuto argomentato del
Dott. T., i due gli avevano chiesto informazioni sul
Dott. V.A., medico curante della donna e suo amico, il
quale svolgeva la propria attività in un ambulatorio dei
cui locali era proprietaria la Bo.. Nel corso del
colloquio, in particolare, i due avevano lasciato
chiaramente intendere - secondo il narrato del T. - che
se V. avesse alleggerito il contenuto di precedenti
dichiarazioni (già rese in istruttoria e sfavorevoli
alla B.: al momento della visita era fissato il
dibattimento e il pubblico ministero aveva già indicato
il Dott. V. nella propria lista) ci avrebbe guadagnato
l'ambulatorio.
2. Avverso la sentenza della Corte
d'appello di Firenze in data 25.9.2009 ricorrono i tre
imputati, mediante i rispettivi difensori.
3. La B. (avv. Ventura e Polcri)
propone due motivi:
- contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione sul punto dell'affermazione
di responsabilità della donna con il ruolo di mandante.
- erronea applicazione dell'art.
377.1 c.p., perché l'attivazione del Dott. T. verso il
Dott. V. sarebbe stata frutto di determinazione autonoma
e non sollecitata dagli imputati, e “non sarebbe
corretto argomentare” che T. non si sarebbe reso conto
delle implicazioni processuali specifiche del contesto.
3.1 Il ricorso è inammissibile,
perché i motivi sono del tutto generici, limitandosi ad
accennare ad alcune tematiche probatorie, con
affermazioni solo assertive, senza alcun confronto
argomentativo con le specifiche ed analitiche
affermazioni della sentenza d'appello, in particolare a
p. 10 e 11 (confronto doveroso per l'ammissibilità
dell'impugnazione, ex art. 581 c.p.p., perché la sua
funzione tipica è proprio e solo quella della critica
argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso:
Sez. 6, sent, 20377 dell'11.3-14.5.2009 e Sez. 6, sent.
22445 dell'8 - 28.5.2009).
Consegue la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma, equa al caso, di Euro 1000 in favore della Cassa
delle ammende.
4. Gli imputati C. e N. , con unico
atto del comune difensore, deducono i seguenti motivi:
- contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione in riferimento alla
ricostruzione del fatto, perché in definitiva la Corte
distrettuale avrebbe innanzitutto fondato la decisione
su un apprezzamento personale del T. che esulerebbe
dall'ambito dell'art. 194.3 c.p.p., perché il teste ha
dichiarato anche di non ricordare le parole
effettivamente pronunciate dai ricorrenti, e, poi, si
sarebbe contraddetta attribuendo al T. il ruolo di longa
manus inconsapevole della pendenza penale pur avendo
questi dichiarato che i due si erano a lui presentati
proprio come difensori della B. , comunque argomentando
ulteriormente tale inconsapevolezza solo in termini
tautologici e con travisamento della prova sul punto
della prevedibilità del successivo contatto tra T. e V.
, dopo la visita dei legali al primo;
- erronea applicazione dell'art.
377.1 c.p. in riferimento alla ed offerta indiretta e,
in subordine, inutilizzabilità delle dichiarazioni del
T. ex art. 63 c.p.p., perché l'accusa presupporrebbe
necessariamente il ruolo concorsuale del T. , ma nei
rapporti tra i legali e T. sarebbe configurabile, per le
stesse affermazioni del secondo, solo un'istigazione non
accolta, essendo il successivo contatto con V. solo
esito di autonoma determinazione del medesimo T. . In
ogni caso mancherebbe prova del dolo di istigazione,
anche per il ricorso della Corte distrettuale al termine
di prevedibilità del successivo contatto, e, comunque,
in caso di istigazione dolosa accolta le dichiarazioni
di T. sarebbero inutilizzabili ex art. 63 c.p.p., posto
che questi era stato esaminato due settimane dopo essere
stato già indicato da V. come la persona che era stata
incaricata di riferirgli la proposta corruttiva;
- violazione dell'art. 37 c.p. in
ordine alla durata della pena accessoria inflitta e
omessa motivazione della Corte distrettuale sul punto
pur tempestivamente eccepito nell'atto di appello.
4.1 Il primo motivo è
manifestamente infondato. La Corte distrettuale ha ben
spiegato perché il mancato ricordo di T. in ordine alle
parole specifiche pronunciate dai due avvocati imputati
è irrilevante ad escludere l'affidabilità del ricordo
puntuale del senso univoco del discorso da loro fatto,
che metteva con certezza inequivoca in collegamento il
contenuto di precedenti dichiarazioni con la possibilità
di ottenere la piena disponibilità dell'ambulatorio dove
svolgeva attività professionale (p. 6 motivazione, 7, 8
e dichiarazioni teste S. p. 10). Le deduzioni della
difesa sul punto sono pertanto volte ad una
rivalutazione del fatto preclusa in questa sede.
In particolare, poi, quanto alla
inconsapevolezza del Dott. T. la Corte fiorentina ha
affermato cosa diversa da quanto attribuitole dai
ricorrenti (che in realtà evidenziano una potenziale
contraddizione interna alle sommarie informazioni rese
dal teste, che producono a sostegno del loro assunto),
spiegando che solo dopo aver parlato con il Dott. V. ed
avere appreso compiutamente del suo ruolo nel processo,
nonché dell'effettivo contenuto delle sue precedenti
dichiarazioni in relazione anche ai precedenti suoi
contatti e rapporti con la B. ed alle profferte di
quest'ultima, aveva compreso a pieno il senso corruttivo
della prospettazione ricevuta dai due avvocati. Ed anche
questo è apprezzamento di merito non incongruo ai dati
riferiti e sorretto da motivazione non apparente ed
immune dai vizi di manifesta illogicità e
contraddittorietà che soli rilevano ai sensi dell'art.
606.1 lett. E c.p.p..
Le deduzioni della difesa sul punto
finiscono pertanto per sollecitare la rivalutazione del
fatto attraverso la rilettura del materiale probatorio,
preclusa in questa sede.
E sempre al fatto attengono le
censure alle argomentazioni della Corte distrettuale
relative all'assenza di contatti successivi tra i due
legali e il dottor T. o il dottor V. ed alle modalità
con cui si svolse il controesame di quest'ultimo da
parte dell'avv. C. : l'apprezzamento della Corte
fiorentina nuovamente non è incongruo ai dati riferiti
ed è immune dai due soli rilevanti vizi logici. Il che
rileva ad attestare l'infondatezza anche dell'ultima
deduzione del motivo, avendo in realtà la Corte
distrettuale spiegato e ritenuto il concorso tra i due
legali e la B. con specifiche argomentazioni, che
richiamano il precedente consapevole e conosciuto
rapporto diretto tra le due donne ed i due medici, nel
quale va inserito il contatto dei due avvocati con il
Dott. T. anche in ordine alla proposta destinata
obiettivamente al Dott. V. , che riprendeva quanto la B.
allo stesso Dott. V. aveva già maliziosamente
prospettato.
Il secondo motivo è in parte
diverso da quelli consentiti ed in parte manifestamente
infondato. In definitiva il Giudice d'appello ha
spiegato, con puntuale riferimento agli atti - per ogni
affermazione - e con apprezzamento complesso ed unitario
del materiale probatorio, che il parlare con T. , una
volta ricevuto il suo diniego alla sottoscrizione della
dichiarazione già predisposta (con condotta comunque in
sé contraria alle regole sulle indagini difensive), di
V. e del contesto dell'ambulatorio era sul piano logico
inequivoco riscontro della veridicità dell'assunto del
teste, e che proprio la reazione dell'avv. C. in sede di
controesame dibattimentale del V. costituiva riscontro
logico delle aspettative specifiche ben diverse del
legale su quanto V. avrebbe dovuto dire, il che
confermava l'effettiva ed efficace intenzione dei due
imputati di giungere a V. tramite T. . Quindi: un
approccio dei primi due al secondo nella consapevolezza
- insieme con la B. - dei rapporti di conoscenza ed
esperienza professionale ed anche amicale tra il secondo
ed il terzo, pure in specifico riferimento alla defunta
B. ; la prospettazione di un collegamento tra il
contenuto delle dichiarazioni che V. avrebbe potuto fare
e la successiva piena disponibilità dell'ambulatorio; la
acquisizione, da parte di T. , della consapevolezza del
carattere corruttivo di tale prospettazione solo dopo
aver parlato con V. e dopo quindi che questi lo aveva
reso pienamente a conoscenza di quanto già avvenuto
(anche in ordine alle precedenti profferte della B.
proprio relative all'ambulatorio). Si tratta di un
complessivo apprezzamento di merito articolato, che i
ricorrenti vorrebbero fosse vanificato da una rilettura
del materiale probatorio invece preclusa, rilettura
necessaria per fondare anche l'eccezione in rito (che
infatti è stata coerentemente disattesa dalla Corte del
merito che ha espressamente giudicato insussistente ogni
possibile dolo concorruttivo del T. , il che rende
irrilevanti le questioni in rito proposte sul ruolo di
questi).
4.2 il terzo motivo è fondato.
L'ultimo comma dell'art. 377 c.p. dispone che la
condanna per questo reato importa l'interdizione dai
pubblici uffici, senza indicare preventivamente l'entità
specifica della durata né un minimo ed un massimo della
stessa diversi da quelli indicati in via generale
dall'art. 28 penultimo comma c.p.. Nella fattispecie
doveva perciò trovare applicazione l'art. 37, con la
conseguente determinazione della durata di tale pena
accessoria nella misura di un anno.
Trattandosi di conclusione imposta
dalla norma e priva di alcuna discrezionalità, ad essa
può provvedere direttamente questa Corte suprema, ai
sensi dell'art. 620.L c.p.p..
Consegue pertanto, quanto a questi
due ricorrenti, l'annullamento senza rinvio della
sentenza impugnata limitatamente alla durata della pena
accessoria con la sua rideterminazione come da
dispositivo, con il rigetto dei ricorsi nel resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza
impugnata, nei confronti di G..C. e F..N. limitatamente
alla durata della pena accessoria, che ridetermina in un
anno. Rigetta nel resto i ricorsi dei predetti.
Dichiara inammissibile il ricorso
di M..B. , che condanna al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1000 in favore della
Cassa delle ammende. |