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Chiunque abbia ha un minimo di
dimestichezza ed abitudine con l’argomento si sarà reso
conto di un certo “appiattimento” che si è avuto nel
corso degli ultimi tempi della maggior parte dei decreti
di nomina di amministratore di sostegno, quasi in
ossequioso rispetto di certe verità dogmatiche ormai
acquisite e consolidatesi nella coscienza collettiva (n.d.r.:
dei giudici tutelari).
Capita dunque sempre più raramente
di leggere un decreto che si distingua ed elevi dalla
moltitudine silenziosa e presenti invece elementi di
novità ed interesse nel pur variegato panorama
dell’amministrazione di sostegno.
Quello in commento è uno di questi
casi. 1. La vicenda.
Siamo in territorio virgiliano, al
confine con la provincia di Brescia: come forse direbbe
qualcuno, “Modena (ed i suoi giudici) non è lontana”, ma
(aggiungo io) “nemmeno così vicina…”.
Il Tribunale è quello stesso in cui
neanche tre anni fa (24.7.2008, G.T. Bonetto) veniva
negata la nomina di un “amministratore di sostegno
provvisorio in previsione di una futura incapacità del
beneficiario, al fine di conferire al primo il potere di
far rispettare le "direttive anticipate" in materia di
salute (concernenti, in particolare, il rifiuto di
consentire trasfusioni di sangue) quando l'istante è
ancora capace di autodeterminarsi”.
Il soggetto per il quale oggi si
richiede la nomina di un AdS è lucido mentalmente ma con
gravissimi problemi fisici (essendo affetto da
tetraplagia da grave politrauma, con deficit del campo
visivo e del visus, stato di male epilettico e flessione
del tono timico).
Al ricorso, presentato dal
Dirigente Area Servizi alla persona del Comune di
residenza del beneficiando, viene allegato anche un
documento (lett. “R”) che si apre con queste poche, ma
già significative, parole: “Premessa – Il valore della
vita e la dignità della Persona”.
Solo dall’intitolazione è possibile
prevedere il contenuto ed il tenore del documento.
Si tratta di un breve scritto del
beneficiando, in cui lo stesso, dopo aver esposto le sue
personalissime riflessioni sui concetti di vita e
dignità della persona, con riferimento al verificarsi di
malattie irreversibili, evidenzia, in tali casi, il suo
netto rifiuto a qualsiasi forma di rianimazione o di
continuazione dell’esistenza dipendente da macchine.
Il G.T. provvede quindi alla nomina
di due amministratori di sostegno, nel caso di specie
un’infermiera ed una ragioniera, affidando agli stessi,
“anche in via disgiuntiva fra loro”, la rappresentanza
esclusiva del beneficiario per una serie di attività, ma
prevedendo invece, per quanto riguarda i trattamenti di
cui si è detto, che “l’eventuale consenso alle attività
di sospensione del trattamento medico-chirurgico nelle
ipotesi esemplificativamente elencate nel documento sub
R della produzione del ricorrente dovrà essere fornito
congiuntamente da entrambi gli amministratori nel
rispetto della volontà del beneficiario e previa
autorizzazione del giudice tutelare”.
2. Due coamministratori di
sostegno.
Come già si accennava, diversi sono
i punti di interessi del decreto in commento.
Innanzitutto, la nomina di due
amministratori di sostegno.
Come evidenziato da alcune
pronunce, la possibilità di nomina di due figure
co-gestionali non è pacifica, ed anzi sarebbe da
ritenersi esclusa in quanto il legislatore ha sempre
focalizzato il baricentro dell’amministrazione attorno
all’esclusiva figura dell’amministratore (Trib. Varese,
13 luglio 2010, g.t. Buffone).
Il provvedimento in esame, sul
punto, si pone invece in un’ottica interpretativa, che
potremmo definire più “evolutiva” dell’istituto, già
consacrata in diversi precedenti (Tribunale di Modena,
decreto 24 ottobre 2005; tribunale di Genova, decreto 10
ottobre 2006 e tribunale di Trieste, decreto 14 gennaio
2008), ammettendo la possibilità di una compresenza di
due amministratori di sostegno che, in quanto dotati di
specifiche e differenti competenze (essendo nel caso in
esame, rispettivamente, un’infermiera ed una
ragioniera), stante la particolare complessità
dell’amministrazione, si ritiene siano adeguati a
provvedere ai due distinti ambiti di vita del
beneficiario, il primo economico-patrimoniale e il
secondo squisitamente personale.
Nessun limite, dunque, alla
possibilità di una co-amministrazione di sostegno,
qualora questa si presenti, nel caso specifico, come
l’unica (o comunque la migliore) soluzione atta al
soddisfacimento dei bisogni e alla cura del
beneficiario.
3. Le direttive anticipate.
Senza alcun dubbio, il punto di
maggior apertura del provvedimento in esame è
rappresentato, seppur con le specificazioni di cui a
breve diremo, dal recepimento e dalla valutazione come
ammissibili da parte del giudice tutelare di quelle
indicazioni (anticipate) fornite dal beneficiario in
merito all’eventuale interruzione di terapie, nel caso
in cui lo stesso si venisse in futuro a trovare
nell’impossibilità o, meglio, in uno stato di
incapacità, anche temporanea, di manifestare la propria
volontà in tal senso.
Dunque, direttive anticipate,
caratterizzate dal rispetto del normale percorso
biologico sotto il profilo di non interferenza con il
suo corso ovvero di suo ripristino se forzatamente
rallentato. Nulla a che vedere con l'eutanasia, la cui
essenza consiste invece nell'indotta accelerazione del
processo di morte.
Sebbene la novità sia di quelle
senza alcun dubbio rilevanti, specialmente in un
territorio in cui l’orientamento del Tribunale era (ma,
per certi versi, rimane) quello di negare l’ads in caso
in assenza di malattia psichica, non si può non rilevare
la prudenza del g.t. nel decidere sul punto: per la
sospensione del trattamento medico-chirurgico è
necessario il consenso congiunto di entrambi gli
amministratori (facoltizzati, invece, ad operare
disgiuntamente in tutti gli altri casi) e comunque
sempre previa autorizzazione del giudice tutelare.
Dunque, una sorta di doppio vaglio
di ammissibilità: l’operare congiunto degli ads e
l’autorizzazione del giudice.
La nomina dell’AdS (anche) per il
rispetto delle direttive anticipate trova il suo spunto
letterale nell’art. 408 c.c., laddove si puntualizza che
“la scelta dell’amministratore di sostegno avviene con
esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della
persona del beneficiario”; e nell’espressione “cura
della persona” si possono far rientrare anche la cura e
la tutela della salute, comprensive delle scelte proprie
del cd. Testamento biologico. E al 2° comma, come si è
detto, è previsto che “L’amministratore di sostegno può
essere designato dallo stesso interessato, in previsione
della propria futura incapacità”.
Da osservare che l’attribuire
dignità e rilevanza alle direttive anticipate si
riverbera inevitabilmente anche sul contenuto di
un’eventuale atto di designazione in previsione della
propria futura incapacità che, dunque, oltre al
contenuto minimo, può venire arricchito anche con un
contenuto ulteriore, che potremmo chiamare facoltativo
od eventuale.
Se ci rifacciamo al concetto di
(decreto di nomina come) statuto dell’amministrazione di
sostegno, si viene ad ipotizzare una sorta di facoltà
per l’interessato di dare, o meglio di suggerire, norme
per questo statuto.
Sebbene ora tale possibilità abbia
trovato positiva conferma nella giurisprudenza, essa era
da ritenersi comunque ammissibile anche dall’analisi
dello spirito della legge. Infatti, tutto l’impianto
normativo dell’amministrazione di sostegno, mentre dal
punto di vista degli effetti ha come riferimento la
figura del beneficiario, dal punto di vista operativo è
incentrato sulla figura del giudice tutelare, per il
quale tali indicazioni non sono in alcun modo
vincolanti, ma siano comunque in certa misura da tenere
in considerazione, poiché, in quanto provenienti dal
soggetto amministrando, costituiscono quella che
potremmo definire, forse con un’espressione tautologica,
un’interpretazione autentica delle sue volontà.
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