Diritto.it
In particolare, parte appellante
scinde il petitum in due autonome pretese di tutela
risarcitoria :
l’una, collegata alla dedotta
privazione dello jus aedificandi:
l’altra, al comportamento inoperoso
tenuto dall’Amministrazione, nel non aver in particolare
dato tempestiva esecuzione al decisum emesso dai giudici
amministrativi di primo e secondo grado in suo favore.
A voler seguire l’impostazione
concettuale pur pregevolmente esposta ed illustrata
dalla difesa di parte appellante, non è possibile
accogliere la domanda di accesso alla tutela
risarcitoria per il titolo di cui alla rubricata lettera
a) per le ragioni qui appresso indicate.
ai fini dell’ammissibilità di una
domanda risarcitoria conseguente all’annullamento di un
provvedimento amministrativo non è sufficiente la sola
rimozione dell’atto, ma deve valutarsi la sussistenza
dell’elemento psicologico quanto meno della colpa,
dovendosi, invero la responsabilità
patrimoniale della pubblica amministrazione conseguente
alla rimozione delle determinazioni amministrative dalla
stessa assunte inserirsi nel sistema delineato
dall’art.2043 codice civile
Ora con riferimento all’elemento
soggettivo della fattispecie di responsabilità
rivendicata, è la stessa parte ( come rilevasi dalla
disamina del ricorso di prime cure ) ad individuarla nel
comportamento negligente tenuto dall’Amministrazione nel
non dare positivo riscontro alla decisione
giurisprudenziale, ma se così è, ci si troverebbe in
presenza di un elemento per
così dire “dinamico” di
responsabilità che caratterizza l’ipotesi di
risarcimento ad altro titolo, quello, appunto da
ritardo.
per la sussistenza del requisito
dell’elemento soggettivo la circostanza dell’inoperosità
che si imputa all’Amministrazione, quale espressione di
colpa grave attiene all’ulteriore domanda, quella
avanzata per il titolo rubricato sub b), senza che possa
configurarsi in relazione all’avvenuto annullamento
giurisdizionale una distinta figura di responsabilità
aquiliana tout court, suscettibile in via autonoma di
ristoro patrimoniale
In altri termini, tenuto conto
della stessa causa petendi, l’avvenuto annullamento
degli atti oggetto della impugnativa definita con la
sentenza Tar n.435/93 non esaurisce né completa la
fattispecie risarcitoria, ma è solo un presupposto per
“costruire” una domanda di risarcimento danni in
relazione al ( supposto ) comportamento di inerzia posto
in essere dalla stessa P.A., non risultando, perciò
ammissibile una fattispecie risarcitoria del genere di
quella avanzata.
E’ l’art 2043 cc a fare da
padrone per l’indagine sulla risarcibilità del danno
ingiusto in capo alla pa (Cons. di Stato N. 06345/2011)
N. 06345/2011
REG.PROV.COLL.
N. 06592/2009
REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 6592 del 2009, proposto da***
contro***
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO -
VENEZIA: SEZIONE I n. 01237/2009, resa tra le parti,
concernente RISARCIMENTO DANNI RELATIVO A PRIVAZIONE
DELLA CAPACITÀ EDIFICATORIA DI AREE DI PROPRIETA’
Visti il ricorso in appello e i
relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in
giudizio di Regione Veneto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 31 maggio 2011 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi
per le parti gli avvocati Gabriele Pafundi (nella fase
preliminare), Alfredo Bianchini e Luca Mazzeo, su delega
dell'avv. Luigi Manzi (al momento della chiamata della
causa);
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO
La Società Ricorrente è
proprietaria di alcune aree site nel Comune di Rosolina,
interessate per circa 35 ettari, da un Piano di
Lottizzazione per insediamenti turistico- residenziali
di cui ad apposita convenzione stipulata nel marzo del
1985.
Successivamente, con deliberazione
della Giunta regionale n.4883 del 5/9/1989 la Regione
Veneto approvava una variante generale al PRG con
modiche d’ufficio tali da comportare lo stralcio del
Piano di lottizzazione in questione e tanto sul rilievo
della ritenuta incompatibilità delle scelte progettuali
con le previsioni dell’adottato Piano territoriale
regionale di coordinamento.
Ricorrente impugnava tale
deliberazione innanzi al TAR per il Veneto che con
sentenza n.435/93 , successivamente confermata da questo
Consiglio di Stato accoglieva il relativo ricorso, sul
rilievo che la L.R. n.61/85 non consentiva alla Regione
di conformare gli strumenti urbanistici comunali ad un
piano territoriale che, in quanto solo adottato, non era
ancora vigente.
Nelle more venivano approvati sia
il Piano territoriale regionale di coordinamento (
deliberazione del Consiglio regionale del 13/12/1991)
sia il Piano di Area Delta del Po ( deliberazione del
Consiglio regionale del 5/19/1994).
Intanto la Società interessata
chiedeva al TAR per il Veneto l’esecuzione del giudicato
formatosi sulla suindicata sentenza e il Tribunale
Amministrativo nel definire il ricorso ex art.37 legge
n.1034/71 presentato,con sentenza n.500/99 dava atto
della prevalenza della normativa recata dal Piano del
Delta del Po ( che aveva imposto un vincolo di
inedificabilità dei terreni della Ricorrente , vietando
la “realizzazione di manufatti di qualsiasi tipo”)
rispetto al PRG e, conseguentemente dichiarava il
ricorso stesso inammissibile, fatta salva la possibilità
per la ricorrente Società di chiedere alla Regione una
deroga alle previsioni del Piano di Area.
Ricorrente presentava alla Regione
Veneto istanza di deroga e in relazione a tale richiesta
promoveva innanzi al Tar locale un altro giudizio di
ottemperanza con cui si chiedeva che in difetto della
modifica del Piano d’Area fosse riconosciuto il
risarcimento per i danni conseguenti all’avvenuto
esproprio della capacità edificatoria dei fondi di che
trattasi.
Con sentenza n.1080/2000 l’adito
Tribunale precisava che la Regione, pur non essendo
obbligata ad apportare la chiesta modifica, era tuttavia
tenuta a pronunciarsi sulla stessa secondo il
procedimento di cui all’art.32 della l.R. n.65/81, in
considerazione della posizione particolarmente
qualificata della ricorrente.
Relativamente poi alla domanda di
risarcimento danni il Tribunale Amministrativo rilevava
la inammissibilità della stessa per difetto di
giurisdizione in quanto correlata ad un giudizio
definito prima del 30/6/1998.
Intanto, dopo che si era riunita la
Commissione Tecnica Regionale ( assemblea generale del
26/7/2000) in cui veniva presa in esame la questione per
cui è causa, la Giunta Regionale del Veneto con un prima
delibera , la n.3222 del 6/10/2002, esprimeva l’
opportunità di svolgere verifiche tecnico-disciplinari
preordinate all’avviamento di una eventuale procedura di
variante al Piano d’ Area ; quindi con la delibera
giuntale n.4109 del 30/12/2002 veniva conferito
l’incarico per la predisposizione di una relazione
finalizzata alla valutazione di fattibilità del progetto
dell’odierna appellante Ricorrente .
Gli esiti della relazione erano
sfavorevoli alla Società e tale documento veniva fatto
proprio dalla CTR nella seduta del 22/10/2003, lì dove
il predetto Organismo concludeva che “…non è possibile
modificare il vigente Piano d’Area del Delta del Po”.
Il parere della CTR veniva quando
integralmente recepito dalla Giunta Regionale del Veneto
con deliberazione n.209 del 30/1/2004 con cui definiva
in senso sfavorevole il procedimento di verifica della
possibilità di introdurre nel Piano d’Area le
modificazioni previste dal progetto di piano di
lottizzazione di Ricorrente.
La Società a questo punto proponeva
innanzi al Tar del Veneto ricorso volto ad ottenere il
risarcimento del danno derivante dall’illegittimo
stralcio del piano di lottizzazione dell’area di sua
proprietà disposto con delibera della G.R. n.4883/89,
annullata dal Tar con sentenza n.435/93 ( confermata in
appello dal Consiglio di Stato con sentenza 842/96),
sussistendo a suo dire gli elementi sia oggettivo che
oggettivo qualificanti la responsabilità causativa di
danno risarcibile.
L’adito Tar con sentenza n.1237/09,
dopo aver affermato la giurisdizione del giudice
amministrativo in ordine alla pretesa risarcitoria fatta
valere, respingeva il relativo ricorso, ritenendolo
infondato.
Ricorrente s.a.s. è insorta avverso
tale decisum, affidando all’appello all’esame i seguenti
motivi d’impugnazione:
carenza di motivazione della
sentenza impugnata e omessa pronuncia del giudice di
primo grado in ordine ad un profilo fondamentale della
domanda risarcitoria;
Erroneo e/o illegittimo rigetto
della domanda risarcitoria relativa alla lesione dello
jus aedificandi.
Si è costituita in giudizio la
Regione Veneto che ha contestato la fondatezza del
proposto gravame, chiedendone al reiezione.
Le parti hanno altresì prodotto
memorie difensive ad ulteriore illustrazione delle tesi
dalle stesse prospettate.
All’udienza del 31 maggio 2011 la
causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
La Società Ricorrente ha avanzato
una richiesta di risarcimento patrimoniale articolata su
due voci di danno a loro volta collegate ad altrettante
circostanze: costituite rispettivamente dal disposto
stralcio ad opera della Regione Veneto del Piano di
lottizzazione riguardante suoli edificatori di sua
proprietà e dal ritardo dell’ Amministrazione a dare
esecuzione al giudicato formatosi sulle statuizioni
recate dalla sentenza Tar n.435/93 ( confermata in
appello dal Consiglio di Stato con la decisione
n.842/96) che quello stralcio hanno accertato essere
illegittimamente intervenuto.
In particolare, parte appellante
scinde il petitum in due autonome pretese di tutela
risarcitoria :
l’una, collegata alla dedotta
privazione dello jus aedificandi:
l’altra, al comportamento inoperoso
tenuto dall’Amministrazione, nel non aver in particolare
dato tempestiva esecuzione al decisum emesso dai giudici
amministrativi di primo e secondo grado in suo favore.
A voler seguire l’impostazione
concettuale pur pregevolmente esposta ed illustrata
dalla difesa di parte appellante, non è possibile
accogliere la domanda di accesso alla tutela
risarcitoria per il titolo di cui alla rubricata lettera
a) per le ragioni qui appresso indicate.
In primo luogo va rilevato che la
richiesta di riparazione di dedotte conseguenze dannose
è riferibile ( come correttamente già fatto presente dal
giudice territoriale con la sentenza n.1080/2000,
emanata in sede di definizione del ricorso per
l’ottemperanza della citata sentenza n.435/93) ad un
giudizio conclusosi prima del 30 giugno 1998, per cui la
cognitio sulla proposta domanda giudiziale ( come
autonomamente configurata ) spetterebbe , secondo la
norma transitoria recata dall’art.45 comma 18 della
legge n.80 del 1998, ad altra giurisdizione.
Al di là comunque dei profili
processuali sopra illustrati ( aventi di per sè valenza
preclusiva ), vale osservare come ai fini
dell’ammissibilità di una domanda risarcitoria
conseguente all’annullamento di un provvedimento
amministrativo non sia sufficiente la sola rimozione
dell’atto, ma deve valutarsi la sussistenza
dell’elemento psicologico quanto meno della colpa,
dovendosi, invero la responsabilità patrimoniale della
pubblica amministrazione conseguente alla rimozione
delle determinazioni amministrative dalla stessa assunte
inserirsi nel sistema delineato dall’art.2043 codice
civile ( Cons . Stato Sez. IV 29 settembre 2005 n.5204;
idem 11 ottobre 2006 n.6059) e sul punto va dunque
espletata un’apposita verifica.
Ora con riferimento all’elemento
soggettivo della fattispecie di responsabilità
rivendicata, è la stessa parte ( come rilevasi dalla
disamina del ricorso di prime cure ) ad individuarla nel
comportamento negligente tenuto dall’Amministrazione nel
non dare positivo riscontro alla decisione
giurisprudenziale, ma se così è, ci si troverebbe in
presenza di un elemento per così dire “dinamico” di
responsabilità che caratterizza l’ipotesi di
risarcimento ad altro titolo, quello, appunto da
ritardo.
Invero, per la sussistenza del
requisito dell’elemento soggettivo la circostanza
dell’inoperosità che si imputa all’Amministrazione,
quale espressione di colpa grave attiene all’ulteriore
domanda, quella avanzata per il titolo rubricato sub b),
senza che possa configurarsi in relazione all’avvenuto
annullamento giurisdizionale una distinta figura di
responsabilità aquiliana tout court, suscettibile in via
autonoma di ristoro patrimoniale .
In altri termini, tenuto conto
della stessa causa petendi, l’avvenuto annullamento
degli atti oggetto della impugnativa definita con la
sentenza Tar n.435/93 non esaurisce né completa la
fattispecie risarcitoria, ma è solo un presupposto per
“costruire” una domanda di risarcimento danni in
relazione al ( supposto ) comportamento di inerzia posto
in essere dalla stessa P.A., non risultando, perciò
ammissibile una fattispecie risarcitoria del genere di
quella avanzata.
Passando, quindi alla verifica
della fondatezza o meno della domanda di risarcimento da
ritardo, al riguardo appaiono pienamente condivisibili
le osservazioni e conclusioni rese dal primo giudice,
salvo una opportuna integrazione motivazionale.
La giurisprudenza di questo
Consiglio di Stato ha avuto modo di stabilire ( Ad.
Plen. 15 settembre 2005 n.7; idem Sez. V 24 marzo 2011
n.1796 ) che il giudice amministrativo può riconoscere
il risarcimento del danno causato al privato dal
comportamento ( inoperoso ) dell’amministrazione solo
quando sia stata accertata la spettanza del c.d. bene
della vita, atteggiandosi, così il riconoscimento del
diritto del ricorrente al bene della vita come
presupposto indispensabile per configurare un condanna
della P.A. al risarcimento del relativo danno ( Cos.
Stato Sez. IV 29 gennaio 2008 n.248), e tale “conditio
sine qua non” nella specie non ricorre.
Invero, la destinazione
edificatoria delle aree oggetto di lottizzazione è stata
messa in non cale dalle prescrizioni del sovrastante
strumento urbanistico costituito dal Piano di Area del
Delta del Po le cui ostative prescrizioni non risulta
siano state oggetto di specifica impugnativa da parte
dall’odierna appellante, per doversi altresì rilevare
come siano pure stati opposti all’interessata Società
gli esiti negativi del parere della CTR, come recepiti
dall’organo procedente della Regione di cui si è fatto
cenno in punto di fatto.
Si invera allora nella specie la
circostanza ostativa all’ammissibilità e fondatezza
della domanda risarcitoria de qua, quella esattamente
identificata dalla giurisprudenza ( sentenza Ad. Pl.
n.7/05 ; idem 31/1/2006 n.321) nell’avvenuta adozione
sia pure in ritardo di determinazioni che risultino di
carattere negativo per il soggetto che ha presentato
istanza volta ad essere autorizzato all’ edificazione (
nella specie a mezzo dell’attuazione della previsione
lottizzatoria) con statuizioni divenute intangibili.
Ne’ ai fini della costruzione della
fattispecie risarcitoria di che trattasi si può invocare
l’assetto dei rapporti giuridici conseguente all’
annullamento degli atti disposto con la sentenza TAR
n.435/93 in accoglimento della relativa impugnativa,
giacchè in quella evenienza si versa in un sistema di
tutela di interessi pretensivi ( propri della materia
urbanistico-edilizia ) che consente il passaggio alla
riparazione per equivalente dell’interesse legittimo
sotteso all’azione impugnatoria solo allorchè tale
interesse pretensivo assume la connotazione di interesse
sostanziale, a mezzo di un provvedimento vantaggioso per
il privato, nel senso di concreta produzione del bene
della vita ( cfr sul punto Ad. Pl. n.7/05 citata),
situazione, questa, nella fattispecie non verificatasi.
In altri termini, Ricorrente al
momento dell’intervenuto decisum di annullamento poteva
vantare solo una aspettativa al bene della vita , con
l’obbligo per la P.A. al riesercizio del potere, ma la
mancata soddisfazione dell’interesse finale con la
riedizione dell’attività amministrativa di definizione
del rapporto de quo impedisce la configurazione di un
comportamento “non in iure” sotto la figura
dell’inadempienza cui correlare un danno ristorabile.
Né può configurarsi nella specie
una ipotesi di responsabilità da contatto amministrativo
qualificato, atteso che l’attività dilatoria o omissiva
deve rientrare comunque nello schema paradigmatico di
cui alla norma codicistica dell’art.2043 del codice
civile, come consegnatoci dalla sentenza n.500/99 della
Cassazione e trasfuso nella legge n.205/2000, secondo
cui ai fini della sussistenza della condotta illecita
sub specie del ritardo occorre verificare la colpa
istituzionale dell’Amministrazione ( Cons. Stato Sez. IV
2/3/2011 n.1335) , nella specie assolutamente non
rinvenibile.
Neppure è dato intravvedere una
cosiddetta colpa da apparato, la quale (al di là del
fatto che non risulta appositamente denunciata ) non
può, per le connotazioni dei fatti costitutivi della
vicenda , essere introdotta nella struttura
dell’illecito giacchè non viene in rilievo una
disorganizzazione amministrativa ( Cons. Stato Sez. IV 6
luglio 2004 n.5012) .
Infine, non si può accordare una
tutela risarcitoria legata al mero fatto del ritardo
amministrativo in quanto tale, atteso che il caso,
ratione temporis, non rientra nella disposizione
legislativa di cui all’art.2 bis della legge n.241/90
come innovato dall’art.7 comma 1 lettera c) della legge
n.69 del 18 giugno 2009( non accompagnata da un
previsione retroattiva ) e ricadendo perciò la
fattispecie nel quadro previgente per il quale valgono
ai fini della determinazione dell’an della riparazione
patrimoniale i parametri giurisprudenziali sopra
evidenziati.
In forza delle suestese
considerazioni, l’appello con riferimento ad entrambi i
due motivi di gravame ivi dedotti si appalesa infondato
e va perciò respinto.
Sussistono peraltro giusti motivi,
in relazione alla peculiarità della vicenda all’esame,
per compensare tra le parti le spese e competenze del
presente grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando
sull'appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.
Compensa tra le parti le spese e le
competenze del presente grado del giudizio
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 31 maggio 2011 con l'intervento dei
magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Sergio De Felice, Consigliere
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere,
Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/12/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.) |