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La sanatoria di edifici non
ultimati per effetto di provvedimenti di sospensione
postula la mancanza dei lavori strettamente necessari
alla funzionalità di quanto già costruito e non consente
l'integrazione delle opere con interventi edilizi che
diano luogo a nuove strutture: di conseguenza, la
realizzazione della sola struttura portante in travi e
pilastri non risulta sufficiente, mancando il
completamento delle strutture edilizie necessarie a
definire la volumetria edilizia.
N. 02277/2011
REG.PROV.COLL.
N. 01181/2008
REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso con il numero di
registro generale 1181 del 2008, proposto da AMATO
Ignazio, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonella
Barraco, con domicilio eletto in Palermo, via Turrisi
n.13, presso lo studio dell’ Avv. Antonio Geraci;
contro
- il Comune di Marsala, in persona
del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
quanto al ricorso introduttivo:
- della determinazione n. 4 del 18
marzo 2008, notificata il 19 marzo 2008, di diniego
parziale del condono edilizio per la porzione di
fabbricato di piano terra, costituita da 14 pilastri,
sito in Marsala, c.da Rakalia;
- di ogni altro provvedimento
connesso e conseguenziale e/o presupposto;
quanto ai motivi aggiunti:
previa sospensione dell’efficacia,
- dell’ordinanza n. 21 del 5 maggio
2010, notificata il 12 maggio 2010, di demolizione delle
opere abusivamente realizzate consistenti in 14
pilastri, aventi un altezza di mt 3,10 circa, posti al
piano terra, in Marsala, c.da Rakalia;
- della determinazione n. 4 del 18
marzo 2008, notificata il 19 marzo 2008, di diniego
parziale del condono edilizio per la porzione di
fabbricato di piano terra, costituita da 14 pilastri,
sito in Marsala, c.da Rakalia;
-di ogni altro provvedimento
connesso e conseguenziale e/o presupposto;
Visti il ricorso e i motivi
aggiunti, con i relativi allegati;
Vista l’ordinanza n. 791/2010
dell’8 settembre 2010, di accoglimento della domanda di
sospensione dell’efficacia limitatamente all’ordinanza
n. 21 del 5 maggio 2010, impugnata con i motivi
aggiunti;
Relatore il Referendario Anna
Pignataro;
Nessun difensore presente
all’udienza pubblica del 4 novembre 2011;
Vista la documentazione tutta in
atti;
Considerato in fatto e ritenuto in
diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 19 maggio
2008 e depositato il giorno 22 seguente, il sig. Ignazio
Amato ha impugnato l’ordinanza dirigenziale n. 4 del 18
marzo 2008, notificatagli il 19 marzo 2008, di diniego
parziale del condono edilizio per la porzione di
fabbricato di piano terra, costituita da 14 pilastri,
sito in Marsala, c.da Rakalia, chiesto con istanza n.
2433 del 28 febbraio 1995 ai sensi della legge n. 724
del 1994.
Denunzia il ricorrente la
violazione degli artt. 31 e 43 della legge n. 47/1985 e,
pertanto, chiede l’annullamento dell’atto impugnato.
Il Comune di Marsala, ritualmente
intimato, non si è costituito in giudizio.
Avverso il conseguenziale ordine di
demolizione delle opere oggetto del predetto diniego di
condono edilizio (ordinanza n. 21 del 5 maggio 2010,
comunicata il 12 maggio seguente), il sig. Ignazio Amato
ha proposto motivi aggiunti, con ricorso notificato l’8
luglio 2010 e depositato il giorno 29 seguente: rinnova
con esso la censura di violazione di legge sopra
indicata.
La causa è stata trattenuta per la
decisione all'udienza pubblica del 4 novembre 2011, alla
quale nessuna parte era presente.
DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Giova una breve ricostruzione
dei fatti di causa attraverso gli atti depositati dal
ricorrente.
Già in data 4 agosto 1993 il sig.
Ignazio Amato aveva chiesto la concessione in sanatoria
per il fabbricato con struttura in c.a. a due
elevazioni, edificato abusivamente (piano seminterrato
composto da un unico vano con copertura di tipo
prefabbricato e scala in c.a. conducente al piano
superiore costituito da 14 pilastri privi di copertura),
in Marsala, c.da Rakalia, i cui lavori erano stati
dapprima sospesi dal Comune intimato, con provvedimento
del 15 luglio 1987, e, poi, oggetto della conseguente
ingiunzione di demolizione dell’11 maggio 1994 per
entrambi i piani (sulla scorta del parere negativo reso
dall’Ufficio comunale competente a causa del rilevato
contrasto con il regolamento edilizio vigente).
A seguito dell’entrata in vigore
della legge n. 724 del 1994, l’odierno ricorrente ha
presentato una nuova istanza di condono per l’intero
fabbricato abusivamente edificato, specificandone la
destinazione finale, ossia lo sfruttamento per
l’attività commerciale, con annesso deposito; in seno
alla detta domanda il ricorrente ha inoltre precisato
che alla data del 31 dicembre 1993 il manufatto non era
agibile e non era utilizzato per gli scopi cui era
destinato.
Istruita tale istanza, il Comune di
Marsala, con atto prot. n. 15398 del 2 marzo 2008, ha
determinato l’importo dell’oblazione e degli oneri
concessori e ne ha intimato al ricorrente il pagamento,
ma con riguardo al solo “deposito seminterrato”.
Il condono è poi stato negato
parzialmente (atto impugnato con il ricorso
introduttivo) con riguardo ai quattordici pilastri del
piano superiore, e a ciò è seguito l’ordine di
demolizione (atto impugnato con i motivi aggiunti): la
motivazione che sorregge sia il diniego parziale di
condono, sia l’ordine di demolizione, è la mancata
ultimazione dell’opera entro il 31 dicembre 1993.
Con il gravame proposto il
ricorrente deduce che l’intera opera sarebbe sanabile ai
sensi dell’art. 43 ultimo comma della legge n. 47 del
1985 che consentirebbe la sanatoria per le opere sospese
per effetto di un provvedimento amministrativo o
giurisdizionale intervenuto prima del 31 dicembre 1993,
così come sarebbe accaduto nel caso di specie ove
l’ordine di sospensione dei lavori è datato 15 luglio
1987.
1.2. La questione giuridica agitata
in giudizio concerne l'applicabilità, al manufatto per
il quale è stato richiesto il condono edilizio, del
comma 5 dell'articolo 43 della legge 47/1985, secondo il
quale "possono ottenere la sanatoria le opere non
ultimate per effetto di provvedimenti amministrativi o
giurisdizionali limitatamente alle strutture realizzate
e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro
funzionalità".
L'interpretazione giurisprudenziale
della norma, condivisa dal Collegio, (cfr. Cons. Stato,
IV, 30 giugno 2005, n. 3542; V, 20 dicembre 2001, n.
6327; T.A.R. Toscana Firenze, III, 6 aprile 2010, n.
927; T.A.R. Campania, Salerno, II, 26 gennaio 2009, n.
177) ha chiarito che la sanatoria di edifici non
ultimati per effetto di provvedimenti di sospensione
postula la mancanza dei lavori strettamente necessari
alla funzionalità di quanto già costruito e non consente
l'integrazione delle opere con interventi edilizi che
diano luogo a nuove strutture: di conseguenza, la
realizzazione della sola struttura portante in travi e
pilastri non risulta sufficiente, mancando il
completamento delle strutture edilizie necessarie a
definire la volumetria edilizia.
È stato anche affermato (cfr. Cons.
Stato, II, 14 marzo 1990, n. 669) che la richiamata
disposizione normativa può essere applicata agli edifici
che, anche se non ultimati, abbiano acquistato una
fisionomia che ne renda riconoscibile il disegno
progettuale e la destinazione e debba essere solo
completato ai fini della sua funzionalità; pertanto, la
sanatoria anzidetta non può essere concessa nel caso in
cui i lavori di costruzione si siano arrestati alla
prima fase e non siano riconoscibili oggettivamente né
la funzione, né la configurazione generale del
costruendo edificio.
Rileva il Collegio che il requisito
della "non ultimazione" previsto dall'art. 43 deve
essere logicamente letto in relazione a quello ordinario
della "ultimazione" previsto dall'art. 31 della legge n.
47/1985, secondo cui "si intendono ultimati gli edifici
nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la
copertura ovvero, quanto alle opere interne e a quelle
non destinate alla residenza, quando esse siano
completate funzionalmente", con la conseguenza che
possono conseguire la sanatoria edilizia anche manufatti
la cui realizzazione sia arrestata ad uno stadio
anteriore a quello di configurabilità dei predetti
requisiti.
Tuttavia, avendo la disposizione di
cui all'art. 43 carattere eccezionale rispetto alla
regola generale sancita dall'articolo 31, essa è di
stretta interpretazione ed applicabile in termini
restrittivi (vertendosi, tra l'altro, in materia di
condono di lavori abusivi), richiedendosi
necessariamente che il manufatto, pur non ultimato, sia
suscettibile di una sicura identificazione edilizia, sia
da un punto di vista strutturale che della destinazione.
Tale situazione non appare
configurabile nel caso in esame.
Invero, l’odierno ricorrente ha
chiesto il condono edilizio per la realizzazione di un
locale commerciale con strutture portanti in cemento
armato. Nella stessa istanza di condono viene precisato
che il piano interrato si estende per una superficie di
mq. 168,92 e un volume pari a mc. 599, 58 e il piano
terra da completare, si estenderebbe per mq 168,92 con
un volume (definito tecnico) calcolato in mc. 557,435.
La documentazione, anche fotografica, in atti, rivela la
presenza di una struttura seminterrata coperta ma priva
di muri perimetrali e sovrastata da quattordici
pilastri. Le richiamate opere, a giudizio del Collegio,
non prefigurano in maniera certa né quale sarà la
volumetria effettiva del piano superiore, nonostante il
ricorrente ne abbia effettuato il calcolo, che è da
ritenersi meramente progettuale, né la realizzazione di
un locale con destinazione commerciale.
Da quanto sopra, emerge che la
parte dell'opera per la quale il condono è stato negato,
quanto al piano superiore che è costituito dai soli
pilastri portanti, non è allo stato esistente, atteso
che la sua identità edilizia potrebbe essere conseguita
non con meri lavori di completamento, ma attraverso
un'operazione più complessa che richiede necessariamente
nuove opere edilizie assai diverse dalle sole
rifiniture.
Non sussistono, dunque, i
presupposti per l'applicazione nella specie
dell’invocata norma di cui all'art. 43 della legge n.
47/1985.
Sulla base delle considerazioni
svolte, pertanto, il ricorso introduttivo e i motivi
aggiunti sono infondati e vanno respinti.
2. Nulla si dispone in ordine alla
spese processuali attesa la mancata costituzione in
giudizio del Comune intimato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Sicilia (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo rigetta.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera
di consiglio del giorno 4 novembre 2011 con l'intervento
dei magistrati:
Nicolo' Monteleone, Presidente
Maria Cappellano, Referendario
Anna Pignataro, Referendario,
Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/12/2011 |