Una coppia che chiede l’idoneità
all’adozione internazionale non può porre barriere
etnico-razziali e religiose. Requisito indefettibile
resta l’accettazione senza riserve dell’adottando.
brangelina
Bimbi rom? Meglio di no, carattere
troppo difficile.
Di religione diversa da quella
cattolica? Dio mio, no.
Figli di pazienti psichiatrici? Ma
siamo matti?!
Bambini dalla pelle nera? Non è che
puzzano, è che hanno un odore diverso….
Troppe preclusioni, troppi
pregiudizi, per poter essere coppia di genitori idonea
per l’adozione di un minore straniero.
Erano infatti richieste chiare e
ben precise quelle manifestate da una coppia di
aspiranti genitori durante l’audizione davanti al
Tribunale dei minorenni. E altrettanto chiaro e preciso
è stato il verdetto dei giudici: totale mancanza dei
requisiti necessari per l’adozione internazionale, che
impone un atteggiamento di accettazione totale in quanto
«presupposto necessario per un buon incontro adottivo».
Una valutazione di merito, quella
del Tribunale per i minorenni di Bologna e della Corte
d’appello, confermata dalla seste sezione civile della
Corte di Cassazione con l’ordinanza 29424/2011.
Per la Suprema Corte i due
aspiranti genitori mostravano troppi preconcetti che
lasciavano trapelare un atteggiamento «spaventato e
difensivo» di fronte, ad esempio, all’ipotesi, che il
bambino sia di religione diversa da quella cattolica,
ipotesi altamente probabile nel settore delle adozioni
internazionali. O ancora, troppo esplicite le riserve
mostrate dalla coppia emiliana nei confronti dei rom
«per le difficoltà di carattere che renderebbero
difficile imporsi e assumere posizioni diverse». Quando
invece l’idoneità all’adozione di un minore straniero
prevede come requisito indefettibile l’accettazione
senza riserve.
La statuizione del Tribunale dei
minori sull’adeguatezza degli aspiranti genitori a farsi
carico dei minori, non può infatti prescindere
dall’idoneità a educare e istruire, oltre che mantenere,
l’adottando.
Pertanto, secondo la Cassazione,
risulta del tutto generico il ricorso del Procuratore
Generale: è ampiamente esauriente infatti la motivazione
sull’inidoneità del nucleo familiare degli adottanti per
le preclusioni manifestate su determinate
caratteristiche dell’eventuale adottando.
Un principio, quello affermato
dagli Ermellini, che potrebbe sembrare scontato, ma
evidentemente non lo è, o non per tutti. Due coniugi che
chiedono l’idoneità all’adozione internazionale non
possono mettere paletti, vincoli e barriere
etnico-razziali e religiose. Dovrebbero invece essere
pronti e disponibili ad accettare il piccolo straniero
che viene loro assegnato, indipendentemente dai loro
desideri più intimi.
Un atteggiamento che i giudici non
hanno rinvenuto nella coppia in questione, che invece
aveva espresso chiaramente le proprie aspettative
riguardo alle caratteristiche del bambino.
Ciononostante nei provvedimenti dei
magistrati, sia di merito che di legittimità, non si
parla mai di “razzismo“.
A testimonianza del fatto che
alcune persone, prima di aprir bocca, riflettono.
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