La moglie che ama condurre una vita
libertina e che, per questo, da uno scarso contributo
alla gestione della vita familiare rischia di vedersi
ridurre l'assegno divorzile. Parola di Cassazione.
L'avvertimento arriva dalla prima sezione civile della
Suprema Corte che spiega come ci si deve regolare quando
si deve determinare la misura dell'assegno da
corrispondere alla propria ex. In tema di scioglimento
del matrimonio - spiegano gli Ermellini - (e nella
disciplina dettata dall'art. 5 della legge 1 dicembre
1970, n. 898, come modificato dall'art. 10 della legge 6
marzo 1987, n. 74), una volta stabilito in astratto che
alla ex spetta l'assegno divorzile per consentirgli di
mantenere il tenore di vita matrimoniale, il giudice
deve poi procedere alla determinazione in concreto
dell'assegno compiendo una valutazione ponderata e
bilaterale dei criteri indicati nello stesso art. 5
(ragioni della decisione, contributo personale ed
economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e
alla formazione del patrimonio di ciascuno o a quello
comune, reddito di entrambi, durata del matrimonio), che
quindi agiscono come fattori di moderazione e
diminuzione della somma considerabile in astratto. Nel
caso di specie la Corte (sentenza n. 28892, depositata
il 27 dicembre 2011) ha confermato la decisione dei
giudici di merito che avevano liquidato alla ricorrente
un assegno di 200,00 euro mensili, prendendo in
considerazione per un verso la durata del matrimonio e
per l'altro lo scarso contributo dato dalla donna alla
gestione complessiva della vita familiare, visto il
comportamento e la condotta di vita "libertina" tenuti
durante gli anni della convivenza.
- Autore: Luisa Foti)
|