Bancarotta fraudolenta a carico
dell’avvocato e del commercialista che, consulenti di
un’azienda fallita, costituiscono e controllano una
società in cui far confluire beni e attività destinati a
soddisfare i creditori. La Corte di cassazione con la
sentenza 121 censura il doppio gioco di due
professionisti, formalmente consulenti di un’azienda in
difficoltà, mentre in realtà ciascuno di essi era il
“dominus” di Spa create ad hoc per spogliare della
liquidità e dei beni immobili la società in fallimento.
Questa l’operazione messa in atto da un commercialista e
da un avvocato che, dopo aver dato vita a società
destinate a ricevere a prezzi nettamente inferiori i
vecchi rami d’azienda, si erano preoccupati anche di
distrarre la liquidità. Scopo che avevano raggiunto
inviando delle lettere ai debitori della fallita
invitandoli a pagare alla nuova titolare. A coronamento
della doppia azione, che aveva consentito di spogliare
l’azienda fallita, i “consiglieri” avevano anche
alterato i libri contabili tenendoli, inoltre, fuori
dalla portata dei curatori. Accuse ritenute provate
anche dalla corte d’Appello, ma fermamente respinte dai
ricorrenti. I due professionisti si erano detti
innocenti sia per la svendita dei beni, il cui valore
era semmai stato gonfiato dal consulente tecnico
d’ufficio, sia per le missive inviate ai debitori, il
cui contenuto non poteva certo costituire un addebito
per il reato contestato. Per finire, il commercialista
ha giocato la carta dell’inesperienza e dalla giovane
età che dovrebbe costituire, a suo avviso, una prova di
buona fede e di assenza di dolo. Di parere diverso i
giudici della Cassazione, i quali sottolineano, in
effetti, il valore neutro di una lettera in cui si
indirizzano i debitori verso un nuovo soggetto, ma danno
all’invito un diverso significato in virtù dell’attività
svolta dai due consulenti che, interpretano un po’ il
ruolo del gatto e della volpe, trovandosi “a monte e a
valle di un’operazione di spoliazione” dalla chiara
finalità truffaldina. |