Gli interventi e i contributi
regionali a sostegno delle persone con gravi disabilità
devo essere compatibili con le disponibilità economiche
e i finanziamenti predisposti per la copertura di questa
tipologia di servizi. Pertanto la richiesta di ottenere
un cifra mensile di euro 4.548,00 destinata a coprire
per intero tutti i costi preventivati nel progetto di
vita indipendente di una persona con handicap non può
essere accolta. Così si è espresso il Consiglio di Stato
con la decisione n. 6999 del 30 dicembre 2011. Il
Collegio richiama la sentenza della Corte costituzionale
4 luglio 2008 n. 251 con cui è stato riconosciuto che la
tutela delle persone disabili trova base costituzionale
nella garanzia della dignità della persona e del
fondamentale diritto alla salute degli interessati e si
ispira alle disposizioni comunitarie e internazionali,
ma osserva anche che “Il sistema è tuttavia connotato
dalla concreta valutazione di altri interessi, tra i
quali non possono escludersi quelli relativi agli oneri
economici eventualmente derivanti, allo stato, dalla
tutela prescelta.”. La stessa Convenzione delle Nazioni
Unite recepisce un sistema di tutela delle persone
disabili che sia, però, in concreto compatibile con
altri interessi che non possono essere pretermessi e che
devono essere , invece, bilanciati con quello,
superiore, alla tutela ottimale delle medesime persone”.
E’chiaro quindi che tra gli
interessi da bilanciare è giusto ricomprendere, oltre
alla parità di trattamento di tutti i richiedenti, anche
quello posto dai limiti di bilancio
dell’amministrazione, peraltro correlato al primo, il
quale non può che costituire un limite, ammissibile e
ragionevole, al riconoscimento della misura piena della
somma avanzata in relazione al progetto proposto.
N. 06999/2011REG.PROV.COLL.
N. 03558/2005 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3558 del 2005,
proposto da:
S.I.A., rappresentata e difesa dagli avv. G.V. e P.M.,
con domicilio eletto presso
P.M. in Roma, piazza dell'O. 7;
contro
Comune di C., in persona del Sindaco p.t., rappresentato
e difeso dagli avv. A. M.,
M.A.M. e M.C., con domicilio eletto presso A.M. in Roma,
via F. C., 5;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE I
n.
00784/2004, resa tra le parti, concernente REGOLE
PROCEDIMENTALI PER
TUTELARE DISABILI GRAVI
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
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Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre
2011 il Cons. Francesca
Quadri e uditi per le parti gli avvocati V. e M.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente, persona con disabilità permanente e
progressiva, ha adito il T.a.r.
Lombardia per ottenere la condanna del Comune di C. a
finanziare il proprio
progetto di “vita indipendente”, un piano personalizzato
volto a garantire una vita
indipendente con un finanziamento indicato, per l’anno
2003, in euro 4.548,00
mensili, invocando l’applicazione della legge 21 maggio
1998, n. 162, della legge
regionale 6.12.1999, n. 23 e della delibera del
Consiglio comunale n. 25 del
26.4.1999, istitutiva del Servizio di aiuto per la vita
indipendente.
Il T.a.r. , ritenendo la normativa richiamata inidonea a
dare fondamento giuridico
alla pretesa azionata, non facendo sorgere un diritto
pieno , ma prevedendo regole
procedimentali da attuare nel rispetto della
disponibilità di bilancio, così come
fatto dal Comune di C. mediante l’ammissione della
ricorrente a godere di
sostegno nell’ambito del servizio di aiuto per la vita
indipendente, nei limiti delle
disponibilità finanziarie a tal scopo destinate, ha
respinto il ricorso.
Ha proposto appello l’interessata, in primis per difetto
di giurisdizione del giudice
amministrativo , sul rilievo che la sua pretesa si
fonderebbe su di un diritto
soggettivo primario e fondamentale, costituzionalmente
garantito, rispetto al quale
non ricorre un potere autorizzativo dell’amministrazione
comunale e che la
controversia non ricade tra quelle, in materia di
servizi pubblici, devolute alla
cognizione del giudice amministrativo, alla luce di
quanto stabilito dalla Corte
Costituzionale nella pronuncia n. 204 del 2004.
Nel merito, lamenta - in fatto - che l’amministrazione
comunale aveva provveduto
a
concedere contributi economici in misura sufficiente per
la permanenza presso
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una casa-famiglia, ma non per la conduzione di una vita
indipendente (cui erano
finalizzate anche opere di adeguamento del proprio
appartamento per una migliore
fruibilità), secondo la richiesta presentata
reiteratamente, senza risposta,
all’assessorato competente del Comune, da ultimo
pronunciatosi , con nota del
Sindaco del 19 agosto 2002, nel senso dell’adeguatezza
del contributo corrisposto.
In diritto, ripropone i motivi esposti in primo grado di
violazione della
Costituzione e delle convenzioni internazionali volte a
dare degna protezione ed
adeguato sostegno alle persone disabili, della legge n.
104/1992 ed in particolare
dell’art. 39 lett. l-ter , introdotto dalla legge n.
162/1998, che riconosce il diritto ad
una vita indipendente alle persone con disabilità, della
legge regionale n. 23/1999 ,
contenente modalità di finanziamento per la
realizzazione del progetto di vita
indipendente, nonché eccesso di potere , arbitrarietà e
carenza di motivazione,
censurando la sentenza per avere erroneamente disatteso
tali doglianze.
Si è costituito il Comune di C. resistendo all’appello e
chiedendo la conferma della
sentenza di primo grado.
All’udienza del 25 ottobre 2011 il ricorso è stato
trattenuto in decisione.
DIRITTO
L’appellante, persona con disabilità permanente e
progressiva, ha presentato al
Comune di C. un progetto personalizzato di vita
indipendente, per un importo
stimato per l’anno 2003 in euro 4.548,00 mensili, di cui
chiede il riconoscimento in
via giudiziale ai sensi della legge n. 104 del 1992,
della legge n. 162/1998, della
legge della regione Lombardia n. 23/1999 e della
delibera del Consiglio Comunale
di C. n. 25 del 26.4.1999, istitutiva del Servizio di
aiuto per la vita indipendente.
Va, in primo luogo, affermata la giurisdizione del
giudice amministrativo a
conoscere della presente controversia, alla luce di
quanto stabilito dalla Suprema
Corte di Cassazione (SS.UU, 23.11.2000, n. 1201;
22.7.2002, n. 10689) , secondo
cui il riparto tra giudice ordinario e giudice
amministrativo deve essere attuato
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distinguendo le ipotesi in cui il contributo o la
sovvenzione è riconosciuta
direttamente dalla legge e alla pubblica amministrazione
è demendato
esclusivamente il controllo in ordine alla effettiva
sussistenza dei presupposti
indicati dalla legge, in cui sussiste la giurisdizione
del giudice ordinario, da quelle in
cui la legge attribuisce alla pubblica amministrazione
il potere di riconoscere
l’ausilio pecuniario, apprezzando l’an, il quid ed il
quomodo dell’erogazione, in cui
la giurisdizione è del giudice amministrativo.
Nel caso di specie, regolato - come meglio si vedrà -
dalla deliberazione comunale
n. 25 del 1999, adottata in attuazione della legge
regionale n. 23 del 1999,
all’autorità amministrativa è rimessa la facoltà di
erogare , per il soddisfacimento di
un pubblico interesse, la prestazione pecuniaria in
favore del soggetto disabile ed il
provvedimento assume natura concessoria, con consistenza
della situazione
soggettiva di vantaggio del beneficiario di interesse
legittimo al corretto esercizio
del potere , la cui tutela è stata correttamente
azionata dinanzi al giudice
amministrativo.
Venendo al merito del ricorso, occorre brevemente
richiamare il contenuto della
disciplina invocata.
L’art. 39, comma 2 della legge 5 febbraio 1992 n. 104
(Legge-quadro per
l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle
persone handicappate), nel testo
integrato dall’art. 1 della legge 21 maggio 1998, n.
162, prevede che
“Le regioni
possono provvedere, sentite le rappresentanze degli enti
locali e le principali organizzazioni del
privato sociale presenti sul territorio, nei limiti
delle proprie disponibilità di bilancio:………l –
ter) a disciplinare, allo scopo di garantire il diritto
ad una vita indipendente alle persone con
disabilità permanente e grave limitazione dell’autonomia
personale nello svolgimento di una o più
funzioni essenziali della vita, non superabili mediante
ausili tecnici, le modalità di realizzazione
di programmi di aiuto alla persona, gestiti in forma
indiretta, anche mediante piani
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personalizzati per i soggetti che ne facciano richiesta,
con verifica delle prestazioni erogate e della
loro efficacia”.
La legge regionale della Regione Lombardia 6.12.1993, n.
23, all’art. 4, prevede una
serie di misure di sostegno per interventi socio –
sanitari tra cui quelli per
l’integrazione ed il reinserimento sociale e
professionale di portatori di handicap
mediante l’erogazione di contributi per l’acquisto di
strumenti tecnologicamente
avanzati, senza alcun limite di età e
“compatibilmente con le risorse disponibili”.
La deliberazione del Consiglio comunale di C. n. 25 del
26 aprile 1999 reca
approvazione del progetto Servizio di aiuto per la vita
indipendente e del relativo
regolamento. Quest’ultimo stabilisce le finalità del
servizio (garantire il diritto ad
una vita indipendente alle persone con disabilità
permanente e grave, attraverso al
realizzazione di programmi di aiuto alla persona), i
destinatari del servizio , la
tipologia di interventi (finalizzati alla cura della
persona, all’aiuto domestico, alla
mobilità, all’autosufficienza), le modalità di accesso,
per le quali l’Assessorato
servizi sociali, ricevuti dagli interessati i piani
personalizzati , entro il mese di
novembre inoltra al Ministero ed alla Regione Lombardia
il numero degli aventi
diritto e l’entità dei trasferimenti richiesti. Viene
precisato che
“Qualora la copertura
finanziaria non fosse sufficiente a soddisfare
pienamente le richieste, il Comune, fatta salva
l’eventualità di integrare con fondi propri il
finanziamento, predisporrà una graduatoria sulla
base della data di accesso al servizio di assistenza
domiciliare o di ricovero in istituto o comunità,
in secondo luogo sulla base della presentazione della
domanda……”
Il pagamento avviene
attraverso la corresponsione di un contributo mensile
pari ad 1/12 della somma
annuale assegnata.
Alla luce del quadro così delineato delle previsioni di
interventi regionali a
sostegno delle persone con gravi disabilità, preordinati
alla realizzazione di una vita
indipendente mediante l’integrazione ed il reinserimento
sociale, non può
considerarsi fondata la pretesa di ottenere il
contributo nella misura destinata a
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coprire, per intero, tutti i costi preventivati nel
progetto di vita indipendente
proposto dall’interessato.
Sia la disciplina regionale, sia la deliberazione
comunale prevedono , infatti, la
compatibilità degli interventi, nel loro complesso, con
le disponibilità di bilancio,
ossia con i finanziamenti appostati per la copertura di
tale tipologia di servizi,
stabilendo un procedimento di concessione del contributo
dipendente dal
finanziamento regionale e non necessariamente
corrispondente all’entità del
complesso delle richieste pervenute e giudicate
ammissibili dall’assessorato servizi
sociali del comune.
La dipendenza del finanziamento integrale del progetto ,
oltre che dalla positiva
valutazione dei presupposti per l’ammissione, anche
dalla erogazione di sufficienti
finanziamenti regionali non contrasta, peraltro, con
l’impianto e le finalità della
legge-quadro n. 104/1992.
Sul punto, vale richiamare la sentenza della Corte
costituzionale 4 luglio 2008, n.
251 con cui è stato riconosciuto che il sistema di
tutela delle persone disabili trova
base costituzionale nella garanzia della dignità della
persona e del fondamentale
diritto alla salute degli interessati e si ispira alle
disposizioni comunitarie e
internazionali contenute, in particolare, all’art. 13,
par 1 del Trattato, nella
Convenzione sui diritti delle persone con disabilità
adottata il 13 dicembre 2006
dall’Assemblea Generale delle nazioni Unite e nella
Risoluzione del Consiglio
dell’Unione Europea e dei rappresentanti dei governi
degli Stati membri del 17
marzo 2008, sulla situazione delle persone con
disabilità dell’Unione Europea.
Osserva la Corte che
“Il sistema è tuttavia connotato dalla concreta
valutazione anche di altri
interessi, tra i quali non possono escludersi quelli
relativi agli oneri economici eventualmente
derivanti, allo stato, dalla tutela prescelta.”
e
che la stessa Convenzione delle Nazioni
Unite
“recepisce un sistema di tutela delle persone disabili
che sia, però, in concreto compatibile
con altri interessi che non possono essere pretermessi e
che devono essere , invece, bilanciati con
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quello, superiore, alla tutela ottimale delle medesime
persone”.
Ritiene , pertanto che
legislatore, nell’adozione
“delle misure necessarie a rendere effettiva la tutela
delle persone
disabili, alla stregua degli articoli 2, 3 e 32 della
costituzione, ben possa graduare l’adozione delle
stesse in vista dell’attuazione del principio di parità
di trattamento, tenuto conto di tutti i valori
costituzionali in gioco, fermo comunque il rispetto di
un nucleo indefettibile di garanzie per gli
interessati.”
E’ chiaro quindi che tra gli interessi da bilanciare ben
possa ricomprendersi, oltre a
quello alla parità di trattamento di tutti i
richiedenti, anche quello posto dai limiti di
bilancio dell’amministrazione, peraltro correlato al
primo, il quale non può che
costituire un limite , ammissibile e ragionevole, al
riconoscimento della misura
piena del contributo richiesto in relazione al progetto
proposto.
Ciò considerato, non è in contrasto con la normativa
surrichiamata, né risulta
affetto da eccesso di potere o da arbitrarietà il
provvedimento ammissivo al
contributo nei limiti degli stanziamenti disponibili e
del complessivo numero di
domande pervenute all’ente e giudicate comunque
ammissibili ad un sussidio
pecuniario.
Con la nota del Sindaco in data 19 agosto 2002, è stata
fornita spiegazione
esauriente dei motivi per i quali il Comune non può far
fronte all’erogazione del
contributo nella misura richiesta, essendo i fondi
assegnati per disabili gravi
residenti nei 163 comuni della provincia di C.
insufficienti a coprire l’intero costo
del progetto proposto. La valutazione ivi contenuta
dell’entità del contributo
erogato come adeguato , anche in considerazione della
percezione della pensione
di invalidità e dell’indennità di accompagnamento, lungi
dal costituire una indebita
intrusione nella “ricostruzione del reddito”
dell’interessata, ha la sola finalità di
evidenziare il rispetto dei principi di adeguatezza e di
proporzionalità del
contributo ed il criterio seguito nello sforzo da parte
del comune di contemperare
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gli interessi di tutti i richiedenti con il rispetto del
limite della disponibilità di
bilancio, che risulta immanente alla disciplina
invocata.
In conclusione, l’appello è da respingere.
La novità della controversia induce, tuttavia, a
disporre la compensazione tra le
parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in
epigrafe proposto, respinge l
'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza di primo
grado.
Spese compensate .
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno
25 ottobre 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Roberto Chieppa, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere, Estensore
Doris Durante, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/12/2011
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IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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