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Integra il reato di cui all'art. 2,
comma primo, del D.lgs. n. 74 del 2000, e non già la
diversa fattispecie di cui all'art. 3, l'utilizzo, ai
fini dell'indicazione di elementi passivi fittizi, di
fatture false non solo sotto il profilo ideologico, in
riferimento alle operazioni inesistenti ivi indicate, ma
anche sotto il profilo materiale, perché apparentemente
emesse da ditta in realtà inesistente
Nella struttura del reato cosi
delineata non trova alcuna ragione di essere la
distinzione tra falsità materiale e falsità ideologica
derivante dagli art. 476 e ss. del codice penale, che è
finalizzata ad inquadrare le possibili ipotesi di
falsificazione di atti da parte del pubblico ufficiale o
del privato in apposite fattispecie criminose.
A ben vedere le fatture o altri
documenti per operazioni totalmente inesistenti di cui
all'art. 1 del d.lgs. n. 74/2000, sia sotto il profilo
oggettivo che soggettivo, nella maggior parte dei casi
dovrebbero essere ricondotti alla nozione di falso
materiale e non a quella di falso ideologico secondo la
distinzione che emerge dai citati articoli del codice
penale (la emissione di fatture per operazioni
inesistenti non si distingue sul piano logico e fattuale
dalla formazione da parte del pubblico ufficiale di un
atto falso (art. 476 c.p.) o di una scrittura privata
falsa da parte del privato (art. 485 c.p.).
Cassazione, sez. III, 19 dicembre
2011, n. 46785
(Pres. Petti – Rel. Lombardi)
Considerato in fatto e diritto
Con la impugnata ordinanza il
Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame,
ha annullato il decreto di sequestro preventivo per
equivalente emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale in
data 8.3.2011 nei confronti di A.A. in relazione a reati
tributali.
L'ordinanza, riportando la
motivazione di un precedente provvedimento del medesimo
organo giudicante, ha osservato in punto di fatto che le
condotte di frode fiscale oggetto di indagine risultano
commesse mediante la falsa dichiarazione di avere
sostenuto spese mediche, per le quali spetta la
detrazione IRPEF del 19%, con allegazione di fatture o
documenti equipollenti materialmente falsi
(apparentemente emessi da cliniche private).
In punto di diritto, in estrema
sintesi, l'ordinanza ha affermato che la fattispecie di
cui all'art. 2 del d.lgs. n. 74/2000 è configurabile
solo nell'ipotesi di utilizzazione di fatture
ideologicamente false, mentre l'ipotesi della
utilizzazione di documentazione materialmente falsa deve
essere sussunta nella fattispecie di cui all'art. 3 del
medesimo decreto legislativo, che punisce la
dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici,
ovvero in quella della dichiarazione infedele di cui
all'art. 4. Con riferimento alle fattispecie di
violazioni tributarie citate si è, quindi, rilevato che
nei casi oggetto di indagine non risulta superata la
soglia di imposta evasa necessaria perché la condotta
acquisti rilevanza penale.
Avverso l'ordinanza ha proposto
ricorso il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale, che la denuncia per violazione di legge e
vizi di motivazione.
In sintesi, la pubblica accusa,
denunciando violazione ed errata applicazione dell'art.
2 del d.lgs. n. 74/2000 e 322 ter c.p., sostiene
l'opposta tesi della configurabilità della dichiarazione
fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti
per operazioni inesistenti sia nell'ipotesi della
utilizzazione di documenti ideologicamente falsi che di
documenti materialmente falsi. Ciò che rileva, nella
sostanza, è l'inesistenza della operazione economica
riportata nella dichiarazione dei redditi o ai fini IVA,
mentre l'operazione inesistente può essere attestata sia
creando ex novo un documento falso, sia utilizzando un
documento ideologicamente falso emesso da altri a favore
dell'utilizzatole. Il ricorso è fondato.
È stato di recente affermato da
questa Suprema Corte, con specifico riferimento alla
questione di diritto controversa, che "Integra il reato
di cui all'art. 2, comma primo, del D.lgs. n. 74 del
2000, e non già la diversa fattispecie di cui all'art.
3, l'utilizzo, ai fini dell'indicazione di elementi
passivi fittizi, di fatture false non solo sotto il
profilo ideologico, in riferimento alle operazioni
inesistenti ivi indicate, ma anche sotto il profilo
materiale, perché apparentemente emesse da ditta in
realtà inesistente” (sez. 3^, 9.2.2011 n. 9673, Chen, RV
249613).
Questa Corte condivide il citato
indirizzo interpretativo, che trova conforto in un altro
precedente, anche se relativo a fattispecie in parte
diversa (sez. 3^, 7.2.2007 n. 12284, Argento, RV
236812). L’art. 2 del d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74
"Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o
altri documenti per operazioni inesistenti", punisce
"con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni
chiunque, alfine di evadere le imposte sui redditi o sul
valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri
documenti per operazioni inesistenti, indica in una
delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte
elementi passivi fittizi”.
La definizione di fatture o altri
documenti è contenuta nell'art. 1, comma 1, lett. a),
del medesimo decreto legislativo, il quale recita: "per
fatture o altri documenti per operazioni inesistenti si
intendono le fatture o gli altri documenti aventi
rilievo probatorio analogo in base alle norme
tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente
effettuate in tutto o in parte o che indicano i
corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura
superiore a quella reale, ovvero che riferiscono
l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”;
Orbene, appare evidente che gli
elementi qualificanti tale definizione sono da un lato
l'inesistenza della operazione economica, sia essa
oggettiva o soggettiva, totale o parziale, dall'altro la
natura del documento che la certifica, che deve essere
costituito da una fattura o altro documento avente
"rilievo probatorio analogo in base alle norme
tributarie".
Sicché è l'efficacia probatoria, in
base alle norme tributarie, del documento utilizzato per
la dichiarazione fraudolenta l'elemento essenziale che
qualifica tale fattispecie criminosa e la distingue da
quella di cui all'art. 3 del medesimo decreto
legislativo della dichiarazione fraudolenta mediante
altri artifici.
Nella struttura del reato cosi
delineata non trova alcuna ragione di essere la
distinzione tra falsità materiale e falsità ideologica
derivante dagli art. 476 e ss. del codice penale, che è
finalizzata ad inquadrare le possibili ipotesi di
falsificazione di atti da parte del pubblico ufficiale o
del privato in apposite fattispecie criminose.
A ben vedere le fatture o altri
documenti per operazioni totalmente inesistenti di cui
all'art. 1 del d.lgs. n. 74/2000, sia sotto il profilo
oggettivo che soggettivo, nella maggior parte dei casi
dovrebbero essere ricondotti alla nozione di falso
materiale e non a quella di falso ideologico secondo la
distinzione che emerge dai citati articoli del codice
penale (la emissione di fatture per operazioni
inesistenti non si distingue sul piano logico e fattuale
dalla formazione da parte del pubblico ufficiale di un
atto falso (art. 476 c.p.) o di una scrittura privata
falsa da parte del privato (art. 485 c.p.).
Per altro verso il falso materiale,
con riferimento alla fattura o altra documentazione
contabile, sostanzialmente non fa altro che integrare la
doppia ipotesi della falsità cosiddetta ideologica,
prevista dalla definizione di cui all'art. 1 del d.lgs.
n. 74/2000, della inesistenza dell'operazione cui si
riferisce la fattura e della inesistenza o diversità del
soggetto al quale l'operazione viene riferita.
In conclusione, la distinzione tra
falsità ideologica e falsità materiale introduce in
materia tributaria una distinzione destinata ad operare
nel campo dei reati contro la fede pubblica, che non ha
rilevanza ai fini della repressione delle violazioni
fiscali, per le quali rileva invece il mezzo adoperato
per commettere la frode ed il suo carattere più o meno
subdolo, che incide sulla possibilità di un rapido e
agevole accertamento.
La ratio della fattispecie prevista
dall'art. 2 del d.lgs. n. 74/2000, pertanto, deve
ravvisarsi nel valore probatorio attribuito, in materia
tributaria, alle fatture o agli altri documenti ad esse
equiparati, in considerazione della apparente
affidabilità della documentazione contabile
corrispondente allo schema normativo, cui la legge
collega determinate conseguenze in materia fiscale.
È la natura dello strumento usato
per commettere la frode fiscale, in quanto idoneo a
trarre più facilmente in inganno l'amministrazione
finanziaria, oltre a quanto si preciserà in seguito, a
determinare la distinzione tra detta ipotesi di reato e
la frode fiscale commessa mediante altri artifici.
Pertanto, ai fini della
configurabilità della dichiarazione fraudolenta di cui
all'art. 2 del d.lgs. n. 74/2000, occorre che il
documento utilizzato per la dichiarazione di elementi
passivi fittizi corrisponda, sia pure apparentemente, ai
requisiti precisati dall'art. 21, comma secondo, del DPR
n. 633/1972 a proposito del contenuto della fattura,
ovvero, se si tratta di altro documento contabile, sia
equipollente, in relazione al suo contenuto, alla
iattura secondo le norme tributarie, a nulla rilevando
che detta fattura o documento siano frutto di falsità
cosiddetta ideologica o materiale.
Si deve, quindi, affermare che è la
rispondenza allo schema legale, che caratterizza la
fattura o altra documentazione ad essa equiparata dalla
legge tributaria, che venga utilizzata a supporto della
dichiarazione fraudolenta di elementi passivi fittizi, a
qualificare la fattispecie di cui all'art. 2 del d.lgs.
n. 74/2000.
Fattispecie di dichiarazione
fraudolenta che è considerata dal legislatore di più
elevata pericolosità, proprio a causa del particolare
valore probatorio, sul piano tributario, dello strumento
documentale utilizzato per porla in essere, tanto che
non si è ritenuto di fissare alcuna soglia di evasione
per la sua configurabilità.
Deve essere, inoltre, osservato che
la "Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici",
di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 74/2000 ha quali
elementi costitutivi "una falsa rappresentazione nelle
scritture contabili obbligatorie" ed il fatto di
avvalersi "di mezzi fraudolenti idonei a ostacolarne
l'accertamento", sicché è evidente che trattasi di
fattispecie, che prescinde dall'uso di false
fatturazioni o documentazione equipollente, "fuori dei
casi previsti dall'art. 2", ed è configurabile
esclusivamente nei confronti dei soggetti obbligati a
tenere le scritture contabili.
Al contrario, il reato di cui
all'art. 2 può essere commesso da qualsiasi soggetto
obbligato alle dichiarazioni dei redditi o IVA.
Ai sensi del secondo comma
dell'art. 2, infatti, il reato "si considera commesso
avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti quando tali fatture o documenti..., sono
detenuti a fine di prova nei confronti
dell'amministrazione finanziaria".
Pertanto, la fattispecie della
dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici di cui
all'art. 3 del decreto legislativo è residuale rispetto
a quella dell'uso di una falsa fatturazione o
documentazione rilevante ai fini tributari ed è
configurabile solo nei confronti di determinate
categorie di contribuenti, oltre ad essere subordinata
ad una soglia dell'imposta evasa e degli elementi attivi
sottratti all'imposizione che ne determinano la
configurabilità.
Ancor più residuale, "Fuori dai
casi previsti dagli art. 2 e 3", è, infine, la
fattispecie della "Dichiarazione infedele" di cui
all'art. 4 del decreto legislativo, i cui elementi
costitutivi sono l'omessa dichiarazione di elementi
attivi o la "mera" indicazione di elementi passivi
fittizi, sicché si palesa evidente la minore offensività
per l'amministrazione tributaria di detta ipotesi
delittuosa, di indubbio più agevole accertamento
rispetto a quelle delle dichiarazioni fraudolenti, e la
sua configurabilità è, perciò, sottoposta al superamento
di una soglia tra imposta evasa e redditi sottratti
all'imposizione maggiore di quella prevista dall'art. 3.
In nessun caso, pertanto, la
dichiarazione fraudolenta mediante l'uso di fatture
materialmente false o altra documentazione contabile di
analoga efficacia probatoria materialmente falsa può
farsi rientrare nella diversa ipotesi della
dichiarazione infedele, pena la manifesta illogicità del
sistema sanzionatorio penale in materia tributaria.
L'ordinanza impugnata deve essere,
pertanto, annullata con rinvio per un nuovo esame che
tenga conto degli enunciati principi di diritto.
P.Q.M.
La Corte annulla l'ordinanza
impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli. |