Chi aspira a un’adozione
internazionale non può avere riserve sull’etnia del
bambino o esprimere timori sulle tare genetiche. La
Corte di cassazione con la sentenza 29424, respinge il
ricorso del procuratore generale della Corte d’Appello
di Bologna contro la scelta di bocciare una domanda di
adozione a causa delle riserve espresse dalla coppia.
I timori espressi - Gli aspiranti
genitori avevano, infatti, dichiarato la loro
indisponibilità ad accogliere un bambino di religione
diversa dalla cattolica, di origine rom o figlio di
pazienti psichiatrici. Qualche perplessità, anche se non
una totale chiusura, era stata espressa rispetto
all’ipotesi di un bimbo di colore. I coniugi avevano
spiegato, in particolare, il loro no al bambino rom,
che nasceva dal timore di dover affrontare “difficoltà
di carattere” che avrebbero reso difficile imporre
posizioni e volontà diverse.
La necessità di un’accettazione
senza riserve - Tanto era bastato ai giudici per
respingere l’istanza della timorosa coppia, giudicata
non idonea a farsi carico della responsabilità che un
minore comporta. Le preclusioni dimostrate denotavano –
secondo il collegio – un atteggiamento spaventato e
difensivo “di fronte a incognite che nella adozione sono
possibili se non altamente probabili e che invece non
possono sussistere, affinché possa esservi quella
accettazione totale e senza riserve che è il presupposto
necessario per un buon incontro adottivo”. Una
decisione presa in linea con la legge 184/1983, che
lascia al giudice il compito di valutare la capacità di
entrambi i componenti della coppia di educare, istruire
e mantenere i minori che intendono adottare. |