Non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma
categoria di “danno esistenziale”, inteso quale
pregiudizio alle attività non remunerative della persona
stante che, ove nella stessa si ricomprendano i
pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della
persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da
fatti-reato, questi sono già risarcibili ai sensi
dell’art. 2059 cod. civ., interpretato in modo conforme
a Costituzione, con la conseguenza che la liquidazione
di una ulteriore posta di danno comporterebbe una
duplicazione risarcitoria. Ove nel “danno esistenziale”
si intendesse includere pregiudizi non lesivi di diritti
inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del
tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono
irrisarcibili, in virtù del divieto di cui all’art. 2059
cod. civ.
Così la Cassazione con la
Sentenza n. 16424/2011.
Il caso. Un
ciclomotorista viene investito da un’autovettura. A
seguito del sinistro il ciclomotorista subiva gravi
lesioni fisiche e il ciclomotore rimaneva gravemente
danneggiato. II Tribunale di Roma accoglieva la domanda
della parte lesa e dichiarava la responsabilità
esclusiva del conducente dell’autovettura nella
causazione dell’evento dannoso condannando il conducente
dell’autovettura e la compagnia assicuratrice, in
solido, al risarcimento del danno. Su appello
incidentale del ciclomotorista, il giudice di appello
riconosceva il diritto dell’appellante al risarcimento
del danno esistenziale, non liquidato dal giudice di
prime cure. Avverso la Sentenza di appello, la compagnia
assicuratrice ha promosso ricorso per Cassazione,
lamentando che il danno non patrimoniale non è
suscettibile di suddivisione in sottocategorie, che non
esiste una sottocategoria denominata “danno
esistenziale” dotata di autonomia concettuale e che
conseguentemente il giudice di appello aveva errato nel
riconoscere al danneggiato tale voce di danno,
essendogli stato integralmente liquidato il danno
patrimoniale e morale. L’art. 2059 cod. civ. “Danni non
patrimoniali” dispone che il danno non patrimoniale deve
essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge.
Su tale norma ha puntato la Cassazione per ribadire che
il danno non patrimoniale è una categoria unica di danno
e non è suscettibile di divisione in sottocategorie
dotate di autonomia concettuale. Nel caso di specie, la
Corte di Appello ha già risarcito il danno biologico e
il danno morale e non v’è luogo per l’ulteriore
risarcimento del danno esistenziale.
Anna Teresa Paciotti
Corte di Cassazione Sez. Terza Civ. - Sent. del
27.07.2011, n. 16424
Svolgimento del processo
G..A. e I..L.A. convenivano in giudizio dinanzi al
Tribunale di Roma Ma. Am., V.M. e la A. Assicurazioni
(ora M. Assicurazioni) per sentirli condannare in solido
al risarcimento dei danni subiti a seguito di un
sinistro stradale.
Gli attori assumevano che G. A., mentre era alla guida
del ciclomotore Piaggio Due, di proprietà della moglie
L.A.I., veniva investito dall’autovettura di proprietà
di M.V., nell’occasione condotta da Ma.Am., assicurata
presso l’A. Assicurazioni spa.
A seguito del sinistro l’A. subiva gravi lesioni fisiche
ed il ciclomotore rimaneva gravemente danneggiato.
Si costituiva in giudizio la A. Assicurazioni (ora M.
Assicurazioni spa), contestando la fondatezza della
domanda attrice, sia sull’an che sul quantum.
La Compagnia di Assicurazioni assumeva che la
responsabilità dell’evento dannoso era da ascriversi al
conducente del ciclomotore.
Am. e V. rimanevano contumaci.
Con sentenza n. 20797/2002, II Tribunale di Roma
accoglieva la domanda attrice e dichiarava la
responsabilità esclusiva di Am.Ma. nella causazione
dell’evento dannoso condannando i convenuti, in solido,
al risarcimento del danno.
La M. Assicurazioni già A. Assicurazioni spa proponeva
appello avverso la citata sentenza.
G..A. e I..L.A. si costituivano in giudizio resistendo
alla domanda; il primo proponeva appello incidentale al
fine di ottenere il risarcimento del danno esistenziale,
non liquidato dal giudice di prime cure.
Am. e V. rimanevano contumaci.
La Corte d’Appello dichiarava la sentenza di primo grado
passata in giudicato nei confronti di Am. e V., rimasti
contumaci; accoglieva l’appello principale proposto
dalla M. Assicurazioni, limitatamente al capo della
sentenza avente ad oggetto l’errato cumulo degli
interessi e della rivalutazione monetaria; rigettava gli
altri motivi posti a base dell’appello principale;
accoglieva l’appello incidentale promosso da G.A. e per
l’effetto condannava la M. Assicurazioni e gli appellati
contumaci, in solido, al pagamento in favore dello
stesso A.G. della ulteriore somma complessiva di Euro
50.000,00 a titolo di danno esistenziale, oltre
interessi e spese di lite del grado.
Proponeva ricorso per cassazione la M. Assicurazioni con
due motivi (R.G.N. 3338/09).
Resistevano con separati controricorsi A.G., V.A. e V. e
Ma.Do..Am. Questi ultimi presentavano ricorso
incidentale.
Proponevano altro ricorso per cassazione V.A. e V. e
Ma.Do.Am. con quattro motivi (R.G.N. 1078/2010).
Resistevano con separati controricorsi G..A. e M.
Assicurazioni s.p.a..
Le parti presentavano memorie.
Motivi della decisione
I ricorsi devono essere previamente riuniti ai sensi
dell’art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo del ricorso principale (R.G.N.
3338/09) la M. Assicurazioni denuncia: “Violazione e
falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di
risarcimento del danno, in particolare in relazione agli
artt. 2043 cod.civ. e segg. e all’art. 2059 cod. civ. in
relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.; nonché
difetto e contraddittorietà della motivazione su punto
decisivo della controversia”.
Con il secondo motivo si denuncia “Violazione e falsa
applicazione delle norme e dei principi in tema di onere
della prova e risarcimento del danno, in particolare in
relazione agli artt. 2697 cod. civ. e all’art. 2059 cod.
civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.
nonché difetto e contraddittorietà della motivazione su
un punto decisivo della controversia”.
I due motivi devono essere congiuntamente esaminati.
Sostiene il ricorrente che il danno non patrimoniale non
è suscettibile di suddivisione in sottocategorie, che
non esiste una sottocategoria denominata “danno
esistenziale” dotata di autonomia concettuale e che
conseguentemente la Corte territoriale ha errato nel
riconoscere al danneggiato tale voce di danno,
essendogli stato integralmente liquidato il danno
patrimoniale e morale.
Lamenta inoltre parte ricorrente che la sentenza è
viziata nella parte in cui ha inteso riconoscere la
sussistenza del cosiddetto danno esistenziale, pur in
difetto di una adeguata prova.
I motivi devono essere accolti.
Non è infatti ammissibile nel nostro ordinamento
l’autonoma categoria di “danno esistenziale”, inteso
quale pregiudizio alle attività non remunerative della
persona atteso che, ove in essa si ricomprendano i
pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della
persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da
fatti-reato, essi sono già risarcibili ai sensi
dell’art. 2059 cod. civ., interpretato in modo conforme
a Costituzione, con la conseguenza che la liquidazione
di una ulteriore posta di danno comporterebbe una
duplicazione risarcitoria. Ove nel “danno esistenziale”
si intendesse includere pregiudizi non lesivi di diritti
inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del
tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono
irrisarcibili, in virtù del divieto di cui all’art. 2059
cod. civ. (Cass., 11 novembre 2008, n. 26972; Cass., 18
gennaio 2011, n. 1072).
Nel caso in esame la Corte d’Appello ha già risarcito il
danno biologico ed il danno morale e non v’è luogo
dunque per l’ulteriore risarcimento del danno
esistenziale.
Il controricorso con ricorso incidentale di V.A. e V. e
Ma.Do. Am. è inammissibile in quanto notificato oltre i
termini di legge.
Da tale inammissibilità deriva il divieto per questa
Corte di conoscerne il contenuto (Cass., 21 aprile 2006,
n. 9396).
Con i quattro motivi del ricorso principale (R.G.N.
1078/2010) V.A. e V. e Ma..Am. rispettivamente
denunciano: 1) “Violazione o falsa applicazione di norme
di diritto ex art. 360 c.p.c. n. 3: violazione e falsa
applicazione degli artt. 324 c.p.c., 336 c.p.c., 2909
c.c. in relazione all’art. 23 della l. 990/69 in materia
di circolazione stradale”; 2) “Violazione e/o falsa
applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c. n.
3: violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 ss.
c.c., e dell’art. 2059 c.c.”; 3) “Violazione e/o falsa
applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c. n.
3: violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.
in relazione all’art. 2059 c.c.”; 4) “Violazione e/o
falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360
c.p.c. n. 3: violazione e falsa applicazione degli artt.
324 c.p.c., 366 c.p.c., 2909 c.c.”.
I motivi sono inammissibili perché privi dei quesiti di
diritto.
Infatti, alla stregua del principio generale di cui
all’art. 11, comma primo, disp. prel. cod. civ., secondo
cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa
contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non
ha effetto retroattivo, nonché del correlato specifico
disposto del comma quinto dell’art. 58 della legge 18
giugno 2009, n. 69, in base al quale le norme previste
da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione
proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere
dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4
luglio 2009), l’abrogazione dell’art. 366 bis c.p.c.
(intervenuta ai sensi dell’art. 47 della citata legge n.
69 del 2009) è diventata efficace per i ricorsi avanzati
con riferimento ai provvedimenti pubblicati
successivamente alla suddetta data, con la conseguenza
che per quelli proposti antecedentemente (dopo l’entrata
in vigore del d. lgs. n. 40 del 2006) tale norma è da
ritenersi ancora applicabile (Cass., 24 marzo 2010, n.
7119).
Nel caso in esame l’impugnata sentenza della Corte
d’appello di Roma è stata depositata in cancelleria il
19 novembre 2008.
In conclusione, riuniti i ricorsi, deve essere accolto
il ricorso della M. Assicurazioni (R.G.N. 3338/09); deve
essere dichiarato inammissibile il ricorso incidentale
di V. e Am.; deve essere dichiarato inammissibile il
ricorso di V. e Am. (R.G.N. 1078/2010).
L’impugnata sentenza deve essere cassata con rinvio alla
Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, anche
per le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso della
M. Assicurazioni; dichiara inammissibile il ricorso
incidentale di V. e Am.; dichiara inammissibile il
ricorso di V. e Am.
Cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa
composizione, anche per le spese del giudizio di
cassazione.
Depositata in Cancelleria il 27.07.2011
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