Per il reato di
bancarotta fraudolenta la prescrizione decorre dalla
sentenza dichiarativa di fallimento e non dal concordato
preventivo. Infatti, anche se sovente si realizza una
continuità tra i due procedimenti, entrambi generati
dallo stato di insolvenza dell’impresa, le due procedure
rimangono sostanzialmente distinte sotto il profilo
genetico, sostanziale e processuale. Lo ha stabilito la
Corte di cassazione con la sentenza n. 31117/2011 che ha
respinto il ricorso proposto dal liquidatore di una
impresa di ceramiche fallita, condannato per bancarotta
fraudolenta impropria per aver ceduto sottoprezzo ad una
società controllante le scorte di magazzino, durante la
fase di liquidazione.
Per la Cassazione, però,
se <<non può negarsi un nesso funzionale>> tra
concordato e fallimento ciò <<non consente di omologare
a tutti gli effetti le due procedure>>. E questo perché
nel primo caso è necessario un decreto con omologa, nel
secondo una sentenza, ma soprattutto perché in fase
concordataria l’imprenditore <<non perde il possesso
dell’impresa>>. Sotto il profilo processuale, poi,
<<mentre per la bancarotta l’azione penale può essere
esercitata anche prima della sentenza dichiarativa di
fallimento,[…] questa possibilità non è data per il
concordato preventivo>>.
Dunque, in definitiva, per i giudici di Piazza Cavour se
in alcuni casi, come per la data che dà avvio al periodo
sospetto per l’azione revocatoria, è possibile risalire
a ritroso nel tempo per individuare la data saliente,
ciò non vale <<complessivamente per le masse passive>>.
Perciò, non scattando
<<l’assorbimento cronologico>> tra fallimento e
concordato, <<da qui la conclusione che la prescrizione
decorre dalla successiva sentenza dichiarativa di
fallimento>>.
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