Sarà un compito dell’amministrazione verificare di
accertare l’effettiva assenza di provvedimenti penali a
carico degli amministratori cessati
Trattandosi di dichiarazione che concerne stati, fatti e
qualità riguardanti terzi (e non il medesimo
dichiarante) questa non può che essere resa se non “per
quanto a conoscenza” del dichiarante medesimo, non
potendo questi procedere ad autocertificazione (con
assunzione delle conseguenti responsabilità, anche
penali, per dichiarazione mendace) su fatti, stati e
qualità della cui veridicità non è detto che egli sia a
conoscenza
Proprio perché il soggetto può rendere la dichiarazione
afferente al terzo solo relativamente a stati, qualità e
fatti “di cui abbia diretta conoscenza”, ne consegue
che, in presenza di una norma (art. 38) che comunque
richiede la predetta dichiarazione, quest’ultima non può
che essere resa se non nel senso che essa attesta solo
quanto è a conoscenza del dichiarante, ben potendo
l’amministrazione – a fronte di una compiuta
identificazione dei soggetti interessati – procedere
alle opportune verifiche, anche attraverso il casellario
giudiziale ed altri archivi pubblici (ai quali essa, a
differenza del dichiarante, ha accesso), in ordine alla
sussistenza (o meno) dei requisiti in capo a tali
soggetti.
La dichiarazione sostitutiva (cd. autocertificazione)
richiesta dall’art. 38 d. lgs. n. 163/2006 al legale
rappresentante del soggetto partecipante alle gare,
relativamente ai soggetti cessati dalle cariche sociali
- previste dal medesimo art. 38 - nel triennio
antecedente_ORA UN ANNO A SEGUITO DELL’ENTRATA IN VIGORE
DEL DECRETO SVILUPPO_ (e concernente l’assenza di atti o
fatti impeditivi espressamente indicati dalla medesima
disposizione), deve, innanzi tutto, riguardare tutti i
soggetti contemplati
Ed infatti, come questo Consiglio di Stato ha già avuto
modo di chiarire (sez. IV, 1 aprile 2011 n. 2068),
- “la dichiarazione prevista dall’art. 38, co. 2, a
maggior ragione se espressamente prevista dal bando a
pena di esclusione, (è) necessaria, in quanto solo
attraverso di essa l’amministrazione riceve contezza di
tutti i soggetti per i quali, ai sensi di legge, essa
deve essere resa e, conseguentemente, degli eventuali
reati che tali soggetti hanno commesso e per i quali
sono stati condannati.”;
qualora la dichiarazione venga omessa o sia incompleta,
“l’amministrazione (e per essa la commissione di gara)
non ha conosciuto dell’esistenza di soggetti rivestenti
talune particolari cariche nel triennio antecedente, e
non è stata posta in grado di effettuare eventuali
verifiche, anche attraverso la mera richiesta di
integrazione documentale”, con la conseguenza che, in
tali casi., appare del tutto legittima l’esclusione del
soggetto dalla partecipazione alla gara
Passaggio tratto dalla
decisione numero 3862 del 27 giugno 2011 pronunciata
dal Consiglio di Stato
(giurisprudenza segnalata inserita nel testo:
decisione numero 2068 dell’ 1 aprile 2011 pronunciata
dal Consiglio di Stato)
La dichiarazione sopra descritta non può essere, dunque,
omessa e, se ciò accade, la mancata allegazione o una
indicazione dei soggetti richiesti dalla norma (tale da
rendere impossibili le verifiche dell’amministrazione)
comporta, per le ragioni sopra esposte, l’esclusione
dalla gara.
Nel caso in esame, occorre precisare che non è questa
l’ipotesi che ricorre, come si evince dalle ragioni
poste dalla sentenza appellata per fondare
l’accoglimento del ricorso proposto in I grado.
Occorre, invece, giungere a diversa conclusione in
relazione al contenuto della dichiarazione o, più
precisamente, in ordine alla indicazione, in relazione
ai soggetti cessati dalle cariche contemplate nel
triennio precedente, degli elementi che l’art. 38
considera rilevanti ai fini della verifica dei requisiti
generali per la partecipazione alle gare.
Sul punto, questo Consiglio di Stato ritiene di poter
addivenire a conclusioni diverse, da quelle pur espresse
da precedente giurisprudenza (sez. V, 26 gennaio 2009 n.
375, citata anche dalla soc. Controinteressatan, pag. 7
memoria del 4 agosto 2010), che ha avuto modo di
affermare che “il dichiarante, benché abbia sostenuto di
essere consapevole delle sanzioni penali nel caso di
dichiarazioni mendaci e falsità di atti, nell'affermare
l'assenza di sentenze di condanna passate in giudicato
e/o pronunzie emesse ai sensi dell'art. 444 c.p.p. a
carico dei soggetti cessati dalle cariche sociali
nell'ultimo triennio, ha inserito ulteriormente la
seguente puntualizzazione: " per quanto a nostra
conoscenza".
Secondo la citata sentenza, “tale puntualizzazione, come
giustamente osservato dal giudice di prime cure, rende
del tutto priva di valore e tamquam non esset la
dichiarazione rilasciata, ponendosi in contrasto con le
norme in materia di dichiarazioni sostitutive di atto di
notorietà di cui al DPR 28.12.2000 n. 445 venendo a
mancare una vera e propria assunzione di responsabilità
insita invece in tale tipo di dichiarazione ed alla base
dell'affidamento che è chiamata a riporvi la
Amministrazione”, affermandosi, in conclusione che
“l'assenza e/o lacunosità delle dichiarazioni in parola
relative ai requisiti di moralità, richieste a pena di
esclusione dal bando e dal disciplinare non poteva che
comportare la esclusione dalla gara”.
Ritiene il Collegio che, nel caso in esame, trattandosi
di dichiarazione che concerne stati, fatti e qualità
riguardanti terzi (e non il medesimo dichiarante) questa
non può che essere resa se non “per quanto a conoscenza”
del dichiarante medesimo, non potendo questi procedere
ad autocertificazione (con assunzione delle conseguenti
responsabilità, anche penali, per dichiarazione mendace)
su fatti, stati e qualità della cui veridicità non è
detto che egli sia a conoscenza
D’altra parte, lo stesso art. 47 DPR n. 445/2000,
prevede che “la dichiarazione resa nell’interesse
proprio del dichiarante può riguardare anche stati,
qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di
cui egli abbia diretta conoscenza” (comma 2).
L’art. 38, d. lgs. n. 163/2006, relativamente alle
dichiarazioni sostitutive rese in ordine a stati,
qualità personali e fatti relativi a terzi (cioè i
precedenti amministratori cessati dalla carica nel
triennio antecedente e gli altri soggetti contemplati),
non può che essere interpretata se non in relazione ai
principi generali in tema di dichiarazioni rese alla
pubblica amministrazione (e connesse responsabilità per
dichiarazioni false) ed all’art. 47 DPR n. 445/2000
In definitiva, il partecipante alla gara (e per esso il
suo legale rappresentante):
- per un verso, non può allegare, di sua iniziativa,
certificazioni che, riguardanti un terzo, non gli
vengono rese dalle pubbliche amministrazioni
depositarie;
- per altro verso, non può dichiarare fatti, stati e
qualità se non “per quanto a propria conoscenza”, posto
che non può essere costretto ad autocertificare elementi
dei quali non abbia (del tutto legittimamente) completa
contezza, né potendo egli essere costretto ad assumere
responsabilità per dichiarazioni mendaci, laddove non a
conoscenza degli elementi oggetto della dichiarazione
medesima (ma tuttavia costretto a renderla);
- per altro verso ancora, non è tenuto (né l’eventuale
omissione può costituire causa di esclusione dalla gara)
ad indicare le ragioni per le quali non ha potuto
produrre le dichiarazioni dei precedenti amministratori
(o autocertificare egli le circostanze ad essi
relative), posto che il soggetto (persona fisica o
giuridica) partecipante alla gara non ha assunto
obbligazioni del fatto del terzo nei confronti della
stazione appaltante (art.1381 c.c.), né vi è norma che
imponga in via generale alla persona giuridica di
includere, nella fonte del rapporto intercorrente con i
propri amministratori e altri soggetti contemplati
dall’art. 38, l’obbligo di questi ultimi a rendere, fino
a tre anni successivi alla cessazione dalla carica, le
dichiarazioni necessarie alla persona giuridica per la
partecipazione alle gare; né, infine, l’eventuale
inadempimento di un obbligo posto a carico dei soggetti
cessati dalle cariche (ove previsto) potrebbe risolversi
in danno della (incolpevole) società.
Proprio in virtù di queste ultime considerazioni, la
dichiarazione in ordine alle ragioni che – come si
esprime la sentenza appellata - hanno reso impossibile o
eccessivamente gravosa la produzione della dichiarazione
“diretta” da parte dei soggetti interessati, appare del
tutto superflua (non essendovi modo, anche per difettosa
previsione legislativa, di obbligare tali ultimi
soggetti a renderla), né tanto meno la mancanza di tale
dichiarazione può comportare l’esclusione dalla gara.
Nella gara in esame, peraltro, l’amministrazione, come
esposto anche dagli appellanti “ha puntualmente avviato
le prescritte verifiche di quanto oggetto della
dichiarazione resa” con il risultato che “tutti gli
accertamenti svolti hanno consentito di accertare
l’effettiva assenza di provvedimenti penali a carico
degli amministratori cessati nel triennio”. In altre
parole, l’amministrazione, resa consapevole della
identità dei soggetti da considerare, ha proceduto a
verificare la sussistenza dei requisiti di cui all’artt.
38 d. lgs. n. 163/2006, con esito positivo (né vi sono
contestazioni sulla completezza dell’indicazione e
sull’esito delle verifiche).
Per le ragioni esposte, i motivi di appello proposti dal
Consorzio Ricorrente (sub a) e b) dell’esposizione in
fatto) e dal Ministero della giustizia (sub a)
dell’esposizione in fatto), relativi all’error iudicandi
in rapporto all’art. 38 d. lgs. n. 163/2006, sono
fondati e devono essere, pertanto, accolti.
GIURISPRUDENZA CORRELATA
Si legga anche la decisione numero 2068 dell’ 1 aprile
2011 pronunciata dal Consiglio di Stato
I soggetti dotati di poteri di rappresentanza sono
quelli che devono fare le dichiarazioni di cui
all’articolo 38 del codice dei contratti
L’art. 38 del codice dei contratti intende “assumere
come destinatari tutti i soggetti-persone fisiche che,
essendo titolari del potere di rappresentanza della
persona giuridica, sono comunque in grado di
trasmettere, con il proprio comportamento, la
riprovazione dell'ordinamento nei riguardi della loro
personale condotta, al soggetto rappresentato (salvo che
quest'ultimo non abbia a sua volta manifestato una
decisiva e chiara dissociazione dal comportamento del
proprio rappresentante)”.
Ciò comporta che “il primo criterio da seguire per
l'individuazione dei soggetti obbligati, con riferimento
alle persone giuridiche (e dunque alle società di
capitale ed ai consorzi dotati di personalità), è
costituito dalla riconoscibilità ed ufficialità del
potere della persona fisica di trasferire direttamente,
al soggetto rappresentato, gli effetti del proprio
operare.”
Come già affermato da Cons. Stato, sez. V, 20 settembre
2005 n. 4856, “il criterio interpretativo da seguire (al
fine di individuare la persona fisica, rispetto alla
quale, nell'ambito del rapporto societario, assume
rilievo la causa di esclusione, e, dunque, il soggetto
tenuto alla dichiarazione sostitutiva, richiesta, a pena
di decadenza, dal bando di gara) consiste nel ricercare,
nello statuto della persona giuridica, quali siano i
soggetti dotati di poteri di rappresentanza”.
Nel documento di “visura storica società di capitale”,
relativo alla Impresa Controinteressata 2 s.r.l. (doc.
n. 3 prod. appellante) si legge che il sig. Nereo
Controinteressata 2 è “procuratore nominato con atto del
14 dicembre 2005”, e che lo stesso è dotato di ampi
poteri, tra i quali quelli di: “compiere qualsiasi atto
relativamente ad appalti e gare cui la società “Impresa
Controinteressata 2 s.a.s. di Controinteressata 2
Guglielmo e c.” partecipi o sia intenzionata a
partecipare”; “stipulare atti di compravendita,
locazione, anche finanziaria di beni mobili e beni
mobili registrati”; “riscuotere qualunque somma e
credito dovute alla società per qualsiasi titolo,
rilasciandone quietanza”; “firmare la corrispondenza
della società, intrattenere rapporti con clienti e
fornitori . . . emettere fatture”; “stipulare contratti
e convenzioni per la fornitura di servizi e di beni
relativi al normale svolgimento dell’attività”.
In definitiva, nell’ambito della precedente compagine
sociale (ma comunque nel triennio considerato dall’art.
38 Codice dei contratti), il sig. Controinteressata 2
aveva il potere di “compiere qualsiasi atto
relativamente ad appalti e gare”; una rappresentanza
piena, dunque, della società proprio nel settore per il
quale dispone il citato art. 38.
Appare evidente, quindi, come l’obbligo di dichiarazione
previsto dall’art. 38, comma 1, lett. c) dovesse
riguardare anche il sig. Nereo Controinteressata 2,
ancorchè semplice “procuratore” della società, attesa la
“riconoscibilità ed ufficialità del potere della persona
fisica di trasferire direttamente, al soggetto
rappresentato, gli effetti del proprio operare” e,
quindi, “la riprovazione dell'ordinamento nei riguardi
della loro personale condotta, al soggetto
rappresentato”. E ciò a prescindere da una espressa e
specifica previsione del bando in tal senso.
D’altra parte, la stessa sentenza appellata (v. pagg.
34-35), pur rigettando per altre ragioni il relativo
motivo proposto con ricorso incidentale, riconosce la
sussistenza dell’obbligo di dichiarazione anche nei
confronti di chi “abbia ottenuto il conferimento di
poteri consistenti nella rappresentanza dell’impresa e
nel compimento di atti decisionali” e, quindi, nel caso
di specie, nei confronti del rappresentante Nereo
Controinteressata 2
Riportiamo qui di seguito il testo della decisione
numero 3862 del 27 giugno 2011 pronunciata dal Consiglio
di Stato
N. 03862/2011REG.PROV.COLL.
N. 07095/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7095 del 2010,
integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Consorzio Ricorrente, rappresentato e difeso dall'avv.
Leonardo Lascialfari, con domicilio eletto in Roma,
presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele
II, 18;
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per
legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Societa' Controinteressata Service a r.l., rappresentato
e difeso dagli avv. Antonio Erba, Daniele Vagnozzi, Enzo
Robaldo, con domicilio eletto in Roma, presso Daniele
Vagnozzi in Roma, viale Angelico, 103;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n.
32377/2010, ( e dapprima del dispositivo di sentenza del
T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 00193/2010), resa
tra le parti, concernente AGGIUDICAZIONE GARA SERVIZIO
DI PULIZIA DI ENTI, DISTACCAMENTI E REPARTI DELLA MARINA
MILITARE
Visti i ricorsi in appello, i motivi aggiunti e i
relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Societa'
Controinteressata Service A R.L, nonché l’appello
incidentale da quest’ultima proposto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 marzo 2011
il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli
avvocati Vittorio Chierroni in sostituzione di Leonardo
Lascialfari, Daniele Vagnozzi e Amedeo Elefante
(Avv.St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello in esame, il Consorzio Ricorrente ed il
Ministero della Difesa impugnano la sentenza 22
settembre 2010 n. 32377, con la quale il TAR Lazio, sez.
I-bis, in accoglimento del ricorso proposto dalla
società Dusmann s.r.l., ha annullato il provvedimento 17
febbraio 2009 n. 4, di aggiudicazione definitiva al
Consorzio Ricorrente della procedura ristretta
accelerata finalizzata alla stipula di un accordo di
quattro anni per il servizio di pulizia degli enti,
distaccamenti e reparti della Marina Militare, lotto 2
–centro e isole.
La sentenza ha affermato:
- ai fini dell’attestazione del possesso dei requisiti
di cui all’art. 38, commi 1 e 2, lett. c) d. lgs. n.
163/2006, da parte dei legali rappresentanti cessati
dalla carica nel triennio antecedente la data di
pubblicazione della gara, è ammissibile che il legale
rappresentante “produca una dichiarazione sostitutiva
dell’atto di notorietà “per quanto a propria conoscenza”
specificando le circostanze che rendono impossibile (ad
esempio, in caso di decesso) o eccessivamente gravosa
(ad esempio, in caso di irreperibilità o immotivato
rifiuto) la produzione della dichiarazione da parte dei
soggetti interessati”. Tuttavia, a fronte di una
dichiarazione proveniente dal legale rappresentante in
carica, “la stazione appaltante avrebbe dovuto, quanto
meno, chiedere chiarimenti in merito all’impossibilità o
all’eccessiva difficoltà di reperire le dichiarazioni
dei legali rappresentanti cessati dalla carica, prima di
considerare ammissibile l’offerta del Consorzio
Ricorrente”;
- appare incongrua l’offerta del Consorzio Ricorrente,
posto che, detratto dal valore economico complessivo
dell’offerta il costo della manodopera, residuano poco
più di 128.000 Euro (121.000, secondo l’amministrazione)
e “tale importo appare insufficiente per coprire i costi
legati alle macchine, alle attrezzature, alla formazione
del personale, ai dispositivi di protezione, alla
copertura delle spese generali ed ad assicurare un
utile”. Risultano, inoltre, incongruenze quanto al costo
dei programmi di formazione del personale, ai macchinari
e alle attrezzature, alle migliorie e all’organizzazione
dell’organigramma (poiché il numero degli addetti
impiegati è indicato prima in 385 unità, poi in 335
unità, infine in 264 unità);
- non vi è possibilità per il giudice di pronunciarsi
sull’inefficacia del contratto stipulato a seguito
del’aggiudicazione, poichè il d. lgs. n. 163/2006
“richiede la domanda di parte ai fini del subentro in
corso di rapporto, correttamente considerando il
subentro cosa diversa dall’instaurazione del rapporto
contrattuale ab initio”, e, nel caso di specie “il
ricorrente non ha manifestato un tale interesse al
subentro”;
- deve essere rigettata la domanda di risarcimento del
danno, poiché la ricorrente “non ha fornito elementi di
valutazione”, laddove l’art. 245-quinquies, comma 1,
prevede che, a tali fini, occorra “non solo la domanda
di parte, ma anche la prova piena del danno”.
Avverso tale sentenza (e, dapprima, avverso il
dispositivo della medesima, autonomamente ed
immediatamente impugnato), il Consorzio Ricorrente
propone i seguenti motivi di impugnazione (affidati in
parte al ricorso in appello avverso il dispositivo, in
parte al ricorso per motivi aggiunti e di seguito
riportati in sintesi):
a) travisamento di fatto; erroneità, difetto di
istruttoria; carenza di motivazione, poiché sia i motivi
relativi alla violazione delle norme sul possesso dei
requisiti generali di partecipazione alla gara, sia i
motivi riferiti al sospetto di anomalia dell’offerta,
“non determinano un’esclusione sic et simpliciter dalla
partecipazione alla gara, ma prevedono, semmai, una
successiva verifica”. Quanto alla sospetta anomalia,
l’amministrazione ha reputato inutile il procedimento di
verifica “visto che l’offerta rientrava nei parametri di
congruità previsti dalla legge”, mentre, con riferimento
alla dichiarazione ex art. 38 d. lg. n. 163/2006,
“l’amministrazione ha effettuato le verifiche necessarie
che hanno dato esito positivo”;
b) carenza dei presupposti; illogicità ed erroneità
manifesta; difetto di istruttoria; contraddittorietà e
perplessità della motivazione; falsa applicazione
dell’art. 38, co. 1 e 2 d. lgs. n. 163/2006; posto che,
per un verso, non è chiaro se la sentenza abbia accolto
il ricorso sul punto; per altro verso, essa è
contraddittoria, perché da un lato ritiene sufficiente
l’autodichiarazione con la dicitura “per quanto di
conoscenza” del legale rappresentante, dall’altro
richiede il rispetto di un parere dell’Autorità di
vigilanza successivo non solo al bando ed alla
presentazione dell’offerta, ma anche all’instaurazione
del giudizio. Al momento della gara, invece, “nessun
onere giustificativo era richiesto al legale
rappresentante che allegasse all’offerta
l’autodichiarazione con la dicitura “per quanto a
propria conoscenza” rispetto alle condanne penali
riportate dal suo predecessore”. Peraltro, il bando di
gara (lett. c), richiedeva una generica
autocertificazione e prevedeva “l’esclusione dalla gara
solo in caso di omessa presentazione
dell’autodichiarazione”, potendosi quindi al più
richiedere un’integrazione. E a tal fine, con lettera
del 4 febbraio 2009, in risposta a precedente richiesta
dell’amministrazione, è stata trasmessa
all’amministrazione “copia conforme all’originale dei
certificati del casellario giudiziale e carichi pendenti
dei legali rappresentanti del Consorzio e delle due
consorziate, adempiendo così . . . all’eventuale
integrazione documentale”;
c) violazione dei principi in materia di insindacabilità
dell’azione amministrativa; violazione dei principi
generali in materia di pubbliche gare; difetto di
istruttoria; illogicità manifesta; ingiustizia
manifesta; irragionevolezza; perplessità, poiché la
sentenza “ponendo in essere una gravissima violazione
del principio di insindacabilità dell’azione
amministrativa, ha illegittimamente valutato nel merito
l’offerta dell’esponente, per di più limitandosi a
recepire acriticamente le doglianze della soc.
Controinteressata, senza dare conto di quanto eccepito
sia dall’amministrazione che dalla controinteressata”.
Comunque, in ordine alla riscontrata incongruità
dell’offerta, va precisato preliminarmente che la somma
residua calcolata dall’appellante nel progetto è pari a
128.300,69 Euro (risultante dalla detrazione
dall’offerta economica complessiva del costo della
manodopera), mentre nella relazione ministeriale tale
somma è calcolata in “un residuo non inferiore a circa
121.000,00 euro/anno”, ; ciò è possibile in quanto, per
i costi manodopera, questi sono senza dubbio inferiori a
quelli, pur utilizzati, ricavabili dalle tabelle
ministeriali, dato che essi dipendono dai contributi
INPS, INAIL, dal minore assenteismo, etc.; ed inoltre, i
programmi di formazione del personale “si svolgono
attraverso lunghi periodi di affiancamento sul luogo di
lavoro proprio durante le ore di servizio”, con costo
praticamente nullo. Quanto al costo macchinari e
attrezzature, “i macchinari sono di proprietà del
Consorzio e quindi già ammortizzati in magazzino”. In
merito alle migliorie, non corrisponde al vero quanto
affermato dall’appellata, secondo la quale “solo alcune
di quelle offerte determinerebbero una spesa pari ad
euro 65.700,00 all’anno”, poichè il costo delle stesse
“non ricade sulla singola offerta ma viene inglobata
dalle singole società” che a ciò destinano i fondi
destinati a campagne pubblicitarie. Quanto al costo
della sicurezza, questo non è affatto sottostimato, ma
esso deve essere correttamente calcolato considerando i
lavoratori part-time. Quanto a presunte incongruenze sul
numero degli addetti all’espletamento del servizio, “ciò
che determina il prezzo è il monte-ore offerto”, di modo
che “una volta individuato il monte-ore e di conseguenza
il prezzo, è del tutto irrilevante per l’amministrazione
il numero dei lavoratori impiegati per svolgere un
determinato servizio”, e l’amministrazione “ha reputato
congruo e soddisfacente il prezzo offerto per il
monte-ore lavorato e dunque l’offerta nella sua
globalità”.
Anche il Ministero della difesa ha proposto appello,
proponendo i seguenti motivi:
a) error in iudicando in relazione all’art. 38 d. lgs.
n. 163/2006; eccepita preliminarmente la irricevibilità
per tardività del motivo di ricorso proposto in I grado,
con riferimento alla violazione della norma citata, va
osservato che “il giudice di I grado ha . . .- ritenuto
che la stazione appaltante avrebbe dovuto tener conto
anche di una successiva determinazione dell’Autorità del
12 gennaio 2010 . . . che imponeva di chiedere
chiarimenti in merito alla impossibilità o all’eccessiva
difficoltà di reperire la dichiarazione dei legali
rappresentanti cessati dalla carica, prima di
considerare ammissibile l’offerta”. Peraltro, la
stazione appaltante “ha puntualmente avviato le
prescritte verifiche di quanto oggetto della
dichiarazione resa” con il risultato che “tutti gli
accertamenti svolti hanno consentito di accertare
l’effettiva assenza di provvedimenti penali a carico
degli amministratori cessati nel triennio”
b) error in iudicando, in relazione alla presunta
anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria, posto che
tale offerta “non è stata sottoposta a verifica di
congruità perché non è risultata sospetta di anomalia”,
in quanto “l’offerta del Consorzio ha riportato
punteggi, sia sul piano qualitativo che economico, la
cui somma non supera le “soglie di anomalia” previste
dall’art. 86, co. 2, oltre le quali le offerte sono ex
lege sospette di anomalia e soggette a verifica
obbligatoria” e “si è proceduto all’aggiudicazione solo
dopo aver riscontrato l’adeguatezza dell’offerta
rispetto ai costi fondamentali dell’appalto”. Inoltre,
“la valutazione di congruità dell’offerta di competenza
della stazione appaltante è . . tipica espressione di
discrezionalità tecnica dell’amministrazione”, essendo
quindi inammissibile sia la pretesa della soc.
Controinteressata di sostituirsi all’amministrazione,
sia la possibilità per il giudice “di integrare
autonomamente l’eventuale carenza istruttoria
dell’amministrazione” ovvero, come nel caso di specie,
di “valutare direttamente la congruità dell’offerta
dell’aggiudicatario” (offerta che, peraltro, non
presenta incongruità, per le ragioni esposte a pagg.
16-20 motivi di appello).
Si è costituita in giudizio la Controinteressata Service
s.r.l., che ha proposto appello incidentale avverso il
capo della sentenza n. 32377/2010 del TAR Lazio, laddove
si “rigetta la domanda di risarcimento dei danni
formulata da Controinteressata Service e nega la
declaratoria di inefficacia del contratto”.
Con successive memorie (da ultimo, in data 22 febbraio
2011), la soc. Controinteressata ha concluso richiedendo
il rigetto degli appelli proposti dal Consorzio
Ricorrente e dal Ministero della Difesa, stante la loro
infondatezza.
Con ordinanza 31 agosto 2010 n. 3970, questo Consiglio
di Stato ha accolto la domanda di misure cautelari,
sospendendo l’esecutività del dispositivo impugnato,
relativo alla appellata sentenza del TAR Lazio.
All’odierna udienza, la causa è stata riservata in
decisione.
DIRITTO
2. Gli appelli proposti dal Consorzio Ricorrente e dal
Ministero della Difesa sono fondati e devono essere,
pertanto, accolti, con conseguente annullamento della
sentenza impugnata.
Ciò consente di prescindere dall’esame dell’eccezione,
riproposta in appello dal Ministero della Difesa, di
irricevibilità per tardività del motivo del ricorso
introduttivo del giudizio di I grado, concernente la
violazione dell’art. 38 d. lgs. n. 163/2001.
La sentenza appellata ha accolto il ricorso proposto
avverso l’aggiudicazione disposta dal Ministero della
Difesa in favore del Consorzio Ricorrente, per due
ordini di ragioni, corrispondenti ad altrettanti motivi
rappresentati con il ricorso in I grado dalla ricorrente
soc. Controinteressata:
a) ha ritenuto sussistente la violazione dell’art. 38,
commi 1 e 2, lett. c) d. lgs. n. 163/2006, posto che se
è ammissibile che il legale rappresentante “produca una
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà “per
quanto a propria conoscenza” specificando le circostanze
che rendono impossibile (ad esempio, in caso di decesso)
o eccessivamente gravosa (ad esempio, in caso di
irreperibilità o immotivato rifiuto) la produzione della
dichiarazione da parte dei soggetti interessati”,
tuttavia, a fronte di una dichiarazione proveniente dal
legale rappresentante in carica, “la stazione appaltante
avrebbe dovuto, quanto meno, chiedere chiarimenti in
merito all’impossibilità o all’eccessiva difficoltà di
reperire le dichiarazioni dei legali rappresentanti
cessati dalla carica, prima di considerare ammissibile
l’offerta del Consorzio Ricorrente”;
b) ha ritenuto altresì fondate le censure aventi ad
oggetto l’incongruità dell’offerta del Consorzio
Ricorrente, posto che l’importo di poco più di 128.000
Euro. che si ottiene detraendo dal valore economico
complessivo dell’offerta il costo della manodopera,
“appare insufficiente per coprire i costi legati alle
macchine, alle attrezzature, alla formazione del
personale, ai dispositivi di protezione, alla copertura
delle spese generali ed ad assicurare un utile”.
Risultano, inoltre, incongruenze quanto al costo dei
programmi di formazione del personale, ai macchinari e
alle attrezzature, alle migliorie e all’organizzazione
dell’organigramma (poiché il numero degli addetti
impiegati è indicato prima in 385 unità, poi in 335
unità, infine in 264 unità).
3. Quanto alla prima delle ragioni evidenziate
(violazione dell’art. 38 d. lgs. n. 163/2006), occorre
osservare che tale disposizione, prevede, per quel che
interessa nella presente sede, che
“1. Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di
affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori,
forniture e servizi, né possono essere affidatari di
subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti
i soggetti . . . .
c) nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di
condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale
di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di
applicazione della pena su richiesta, ai sensi
dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per
reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che
incidono sulla moralità professionale; è comunque causa
di esclusione la condanna, con sentenza passata in
giudicato, per uno o più reati di partecipazione a
un'organizzazione criminale, corruzione, frode,
riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati
all'articolo 45, paragrafo 1, direttiva Ce 2004/18;
l'esclusione e il divieto operano se la sentenza o il
decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o
del direttore tecnico se si tratta di impresa
individuale; del socio o del direttore tecnico, se si
tratta di società in nome collettivo; dei soci
accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di
società in accomandita semplice; degli amministratori
muniti di potere di rappresentanza o del direttore
tecnico se si tratta di altro tipo di società o
consorzio.
In ogni caso l'esclusione e il divieto operano anche nei
confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio
antecedente la data di pubblicazione del bando di gara,
qualora l'impresa non dimostri di aver adottato atti o
misure di completa dissociazione della condotta
penalmente sanzionata; resta salva in ogni caso
l'applicazione dell'articolo 178 del codice penale e
dell'articolo 445, comma 2, del codice di procedura
penale.”
Il successivo comma 2 del medesimo articolo precisa che
“ il candidato o il concorrente attesta il possesso dei
requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in
conformità alle disposizioni del decreto del Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica
anche le eventuali condanne per le quali abbia
beneficiato della non menzione ”.
Nel caso in esame, la dichiarazione resa dal legale
rappresentante di una delle società consorziate
(Italiana servizi s.r.l.), quanto ai soggetti cessati
dalle cariche - previste dall’art. 38 citato - nel
triennio antecedente, reca la dizione “di non essere a
conoscenza della sussistenza di cause di esclusione
dalla partecipazione alla gara a carico dei legali
rappresentati cessati dalla carica nel triennio
antecedente la data di pubblicazione della gara”.
In ordine a tale dichiarazione, il giudice di I grado
non ha ritenuto la stessa elusiva delle finalità di
attestazione richieste dall’art. 38 d. lgs. n. 16372006
e dal bando di gara (come afferma l’appellata soc.
Controinteressata: v. memoria 4 agosto 2010, pag. 6),
tuttavia:
- per un verso, ha ritenuto, in linea generale, che “è
preferibile una dichiarazione proveniente dal diretto
interessato, ma il legale rappresentante in carica può
produrre anche un’autodichiarazione qualora sia
impossibile o eccessivamente oneroso acquisire la
dichiarazione del rappresentante cessato dalla carica”
(pag. 16);
- per altro verso, ha rilevato che “lo stesso bando
prevedeva l’esclusione dalla gara solo in caso di omessa
presentazione dell’autodichiarazione” (pag. 17),
- per altro verso ancora, ha infine ritenuto che “la
stazione appaltante avrebbe dovuto, quanto meno,
chiedere chiarimenti in merito all’impossibilità o
all’eccessiva difficoltà di reperire le dichiarazioni
dei legali rappresentanti cessati dalla carica, prima di
considerare ammissibile l’offerta del Consorzio
Ricorrente”.
Come è dato comprendere, la violazione dell’art. 38 del
d. lgs. n. 163/2006 è stata ritenuta sussistente, da
parte della sentenza appellata, non già per difetto
della autodichiarazione o per un contenuto elusivo della
stessa., bensì perché, a fronte di questa, ed in
mancanza di motivazione sul punto da parte del legale
rappresentante in carica (dichiarante),
l’amministrazione non ha proceduto, non già ad accertare
effettivamente la sussistenza o meno di precedenti
impeditivi della partecipazione, bensì perché non ha
proceduto ad acquisire “chiarimenti in merito
all’impossibilità o all’eccessiva difficoltà di reperire
le dichiarazioni dei legali rappresentanti cessati”.
Tal essendo l’illegittimità riscontrata dal primo
giudice, appaiono fondati i motivi di appello proposti
da ambedue gli appellanti.
Occorre, infatti, osservare che la dichiarazione
sostitutiva (cd. autocertificazione) richiesta dall’art.
38 d. lgs. n. 163/2006 al legale rappresentante del
soggetto partecipante alle gare, relativamente ai
soggetti cessati dalle cariche sociali - previste dal
medesimo art. 38 - nel triennio antecedente (e
concernente l’assenza di atti o fatti impeditivi
espressamente indicati dalla medesima disposizione),
deve, innanzi tutto, riguardare tutti i soggetti
contemplati.
Ed infatti, come questo Consiglio di Stato ha già avuto
modo di chiarire (sez. IV, 1 aprile 2011 n. 2068),
- “la dichiarazione prevista dall’art. 38, co. 2, a
maggior ragione se espressamente prevista dal bando a
pena di esclusione, (è) necessaria, in quanto solo
attraverso di essa l’amministrazione riceve contezza di
tutti i soggetti per i quali, ai sensi di legge, essa
deve essere resa e, conseguentemente, degli eventuali
reati che tali soggetti hanno commesso e per i quali
sono stati condannati.”;
- ne consegue che, qualora la dichiarazione venga omessa
o sia incompleta, “l’amministrazione (e per essa la
commissione di gara) non ha conosciuto dell’esistenza di
soggetti rivestenti talune particolari cariche nel
triennio antecedente, e non è stata posta in grado di
effettuare eventuali verifiche, anche attraverso la mera
richiesta di integrazione documentale”, con la
conseguenza che, in tali casi., appare del tutto
legittima l’esclusione del soggetto dalla partecipazione
alla gara.
La dichiarazione sopra descritta non può essere, dunque,
omessa e, se ciò accade, la mancata allegazione o una
indicazione dei soggetti richiesti dalla norma (tale da
rendere impossibili le verifiche dell’amministrazione)
comporta, per le ragioni sopra esposte, l’esclusione
dalla gara.
Nel caso in esame, occorre precisare che non è questa
l’ipotesi che ricorre, come si evince dalle ragioni
poste dalla sentenza appellata per fondare
l’accoglimento del ricorso proposto in I grado.
Occorre, invece, giungere a diversa conclusione in
relazione al contenuto della dichiarazione o, più
precisamente, in ordine alla indicazione, in relazione
ai soggetti cessati dalle cariche contemplate nel
triennio precedente, degli elementi che l’art. 38
considera rilevanti ai fini della verifica dei requisiti
generali per la partecipazione alle gare.
Sul punto, questo Consiglio di Stato ritiene di poter
addivenire a conclusioni diverse, da quelle pur espresse
da precedente giurisprudenza (sez. V, 26 gennaio 2009 n.
375, citata anche dalla soc. Controinteressatan, pag. 7
memoria del 4 agosto 2010), che ha avuto modo di
affermare che “il dichiarante, benché abbia sostenuto di
essere consapevole delle sanzioni penali nel caso di
dichiarazioni mendaci e falsità di atti, nell'affermare
l'assenza di sentenze di condanna passate in giudicato
e/o pronunzie emesse ai sensi dell'art. 444 c.p.p. a
carico dei soggetti cessati dalle cariche sociali
nell'ultimo triennio, ha inserito ulteriormente la
seguente puntualizzazione: " per quanto a nostra
conoscenza".
Secondo la citata sentenza, “tale puntualizzazione, come
giustamente osservato dal giudice di prime cure, rende
del tutto priva di valore e tamquam non esset la
dichiarazione rilasciata, ponendosi in contrasto con le
norme in materia di dichiarazioni sostitutive di atto di
notorietà di cui al DPR 28.12.2000 n. 445 venendo a
mancare una vera e propria assunzione di responsabilità
insita invece in tale tipo di dichiarazione ed alla base
dell'affidamento che è chiamata a riporvi la
Amministrazione”, affermandosi, in conclusione che
“l'assenza e/o lacunosità delle dichiarazioni in parola
relative ai requisiti di moralità, richieste a pena di
esclusione dal bando e dal disciplinare non poteva che
comportare la esclusione dalla gara”.
Ritiene il Collegio che, nel caso in esame, trattandosi
di dichiarazione che concerne stati, fatti e qualità
riguardanti terzi (e non il medesimo dichiarante) questa
non può che essere resa se non “per quanto a conoscenza”
del dichiarante medesimo, non potendo questi procedere
ad autocertificazione (con assunzione delle conseguenti
responsabilità, anche penali, per dichiarazione mendace)
su fatti, stati e qualità della cui veridicità non è
detto che egli sia a conoscenza.
D’altra parte, lo stesso art. 47 DPR n. 445/2000,
prevede che “la dichiarazione resa nell’interesse
proprio del dichiarante può riguardare anche stati,
qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di
cui egli abbia diretta conoscenza” (comma 2).
L’art. 38, d. lgs. n. 163/2006, relativamente alle
dichiarazioni sostitutive rese in ordine a stati,
qualità personali e fatti relativi a terzi (cioè i
precedenti amministratori cessati dalla carica nel
triennio antecedente e gli altri soggetti contemplati),
non può che essere interpretata se non in relazione ai
principi generali in tema di dichiarazioni rese alla
pubblica amministrazione (e connesse responsabilità per
dichiarazioni false) ed all’art. 47 DPR n. 445/2000.
In tal senso, proprio perché il soggetto può rendere la
dichiarazione afferente al terzo solo relativamente a
stati, qualità e fatti “di cui abbia diretta
conoscenza”, ne consegue che, in presenza di una norma
(art. 38) che comunque richiede la predetta
dichiarazione, quest’ultima non può che essere resa se
non nel senso che essa attesta solo quanto è a
conoscenza del dichiarante, ben potendo
l’amministrazione – a fronte di una compiuta
identificazione dei soggetti interessati – procedere
alle opportune verifiche, anche attraverso il casellario
giudiziale ed altri archivi pubblici (ai quali essa, a
differenza del dichiarante, ha accesso), in ordine alla
sussistenza (o meno) dei requisiti in capo a tali
soggetti.
In definitiva, il partecipante alla gara (e per esso il
suo legale rappresentante):
- per un verso, non può allegare, di sua iniziativa,
certificazioni che, riguardanti un terzo, non gli
vengono rese dalle pubbliche amministrazioni
depositarie;
- per altro verso, non può dichiarare fatti, stati e
qualità se non “per quanto a propria conoscenza”, posto
che non può essere costretto ad autocertificare elementi
dei quali non abbia (del tutto legittimamente) completa
contezza, né potendo egli essere costretto ad assumere
responsabilità per dichiarazioni mendaci, laddove non a
conoscenza degli elementi oggetto della dichiarazione
medesima (ma tuttavia costretto a renderla);
- per altro verso ancora, non è tenuto (né l’eventuale
omissione può costituire causa di esclusione dalla gara)
ad indicare le ragioni per le quali non ha potuto
produrre le dichiarazioni dei precedenti amministratori
(o autocertificare egli le circostanze ad essi
relative), posto che il soggetto (persona fisica o
giuridica) partecipante alla gara non ha assunto
obbligazioni del fatto del terzo nei confronti della
stazione appaltante (art.1381 c.c.), né vi è norma che
imponga in via generale alla persona giuridica di
includere, nella fonte del rapporto intercorrente con i
propri amministratori e altri soggetti contemplati
dall’art. 38, l’obbligo di questi ultimi a rendere, fino
a tre anni successivi alla cessazione dalla carica, le
dichiarazioni necessarie alla persona giuridica per la
partecipazione alle gare; né, infine, l’eventuale
inadempimento di un obbligo posto a carico dei soggetti
cessati dalle cariche (ove previsto) potrebbe risolversi
in danno della (incolpevole) società.
Proprio in virtù di queste ultime considerazioni, la
dichiarazione in ordine alle ragioni che – come si
esprime la sentenza appellata - hanno reso impossibile o
eccessivamente gravosa la produzione della dichiarazione
“diretta” da parte dei soggetti interessati, appare del
tutto superflua (non essendovi modo, anche per difettosa
previsione legislativa, di obbligare tali ultimi
soggetti a renderla), né tanto meno la mancanza di tale
dichiarazione può comportare l’esclusione dalla gara.
Nella gara in esame, peraltro, l’amministrazione, come
esposto anche dagli appellanti “ha puntualmente avviato
le prescritte verifiche di quanto oggetto della
dichiarazione resa” con il risultato che “tutti gli
accertamenti svolti hanno consentito di accertare
l’effettiva assenza di provvedimenti penali a carico
degli amministratori cessati nel triennio”. In altre
parole, l’amministrazione, resa consapevole della
identità dei soggetti da considerare, ha proceduto a
verificare la sussistenza dei requisiti di cui all’artt.
38 d. lgs. n. 163/2006, con esito positivo (né vi sono
contestazioni sulla completezza dell’indicazione e
sull’esito delle verifiche).
Per le ragioni esposte, i motivi di appello proposti dal
Consorzio Ricorrente (sub a) e b) dell’esposizione in
fatto) e dal Ministero della giustizia (sub a)
dell’esposizione in fatto), relativi all’error iudicandi
in rapporto all’art. 38 d. lgs. n. 163/2006, sono
fondati e devono essere, pertanto, accolti.
4. Altrettanto fondati sono i motivi con i quali
entrambi gli appellanti evidenziano error in iudicando
della sentenza appellata, in relazione alla presunta
anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria,
Sia il Consorzio Ricorrente, sia il Ministero della
difesa lamentano, in sostanza, una violazione dei
principi in materia di insindacabilità dell’azione
amministrativa; poiché:
- secondo il Consorzio, la sentenza “ponendo in essere
una gravissima violazione del principio di
insindacabilità dell’azione amministrativa, ha
illegittimamente valutato nel merito l’offerta
dell’esponente, per di più limitandosi a recepire
acriticamente le doglianze della soc. Controinteressata,
senza dare conto di quanto eccepito sia
dall’amministrazione che dalla controinteressata”;
- secondo il Ministero, “la valutazione di congruità
dell’offerta di competenza della stazione appaltante è .
. tipica espressione di discrezionalità tecnica
dell’amministrazione”, essendo quindi inammissibile sia
la pretesa della soc. Controinteressata di sostituirsi
all’amministrazione, sia la possibilità per il giudice
“di integrare autonomamente l’eventuale carenza
istruttoria dell’amministrazione” ovvero, come nel caso
di specie, di “valutare direttamente la congruità
dell’offerta dell’aggiudicatario”.
Ambedue gli appellanti, inoltre, concludono per la
perfetta congruità dell’offerta, risultata tale alle
valutazioni dell’amministrazione; e ciò, in particolare
secondo il Ministero, poichè “l’offerta del Consorzio ha
riportato punteggi, sia sul piano qualitativo che
economico, la cui somma non supera le “soglie di
anomalia” previste dall’art. 86, co. 2, oltre le quali
le offerte sono ex lege sospette di anomalia e soggette
a verifica obbligatoria” e “si è proceduto
all’aggiudicazione solo dopo aver riscontrato
l’adeguatezza dell’offerta rispetto ai costi
fondamentali dell’appalto”.
Come è noto, l’art. 86 d. lgs. n. 163/2001, prevede, in
particolare, che:
(comma 1) “Nei contratti di cui al presente codice,
quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo
più basso, le stazioni appaltanti valutano la congruità
delle offerte che presentano un ribasso pari o superiore
alla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte
le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento,
arrotondato all'unità superiore, rispettivamente delle
offerte di maggior ribasso e di quelle di minor ribasso,
incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi
percentuali che superano la predetta media.”
(comma 2) “Nei contratti di cui al presente codice,
quando il criterio di aggiudicazione è quello
dell'offerta economicamente più vantaggiosa, le stazioni
appaltanti valutano la congruità delle offerte in
relazione alle quali sia i punti relativi al prezzo, sia
la somma dei punti relativi agli altri elementi di
valutazione, sono entrambi pari o superiori ai quattro
quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal
bando di gara.”
(comma 3) “In ogni caso le stazioni appaltanti possono
valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base
ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa.”
Inoltre, il successivo art. 87 prevede, in particolare,
che “quando un'offerta appaia anormalmente bassa, la
stazione appaltante richiede all'offerente le
giustificazioni relative alle voci di prezzo che
concorrono a formare l'importo complessivo posto a base
di gara, nonché, in caso di aggiudicazione con il
criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
relative agli altri elementi di valutazione
dell'offerta, procedendo ai sensi dell'articolo 88.
All'esclusione può provvedersi solo all'esito
dell'ulteriore verifica, in contraddittorio (comma 1).
Come la giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire
(Cons. Stato, sez. VI, 21 maggio 2009 n. 3143), il
Codice dei contratti prevede:
- per un verso, l'attivazione del procedimento di
verifica di anomalia, in conseguenza di un calcolo
matematico automatico, imponendo alle stazioni
appaltanti di sottoporre a verifica tutte le offerte che
eguagliano o superano la soglia di anomalia;
- per altro verso, il potere delle stazioni appaltanti
di sottoporre a verifica anche offerte che, pur
collocandosi al di sotto della soglia di anomalia,
appaiano ciò non di meno sospette. In tale seconda
ipotesi, per ragioni di economia dei mezzi giuridici e
per evitare arbitrii delle stazioni appaltanti, occorre,
per attivare la verifica di anomalia facoltativa, che vi
sia un fumus, un sospetto di anomalia, sulla base di
elementi specifici.
Con riferimento al procedimento di verifica
dell’anomalia (e con particolare riguardo alla seconda
delle ipotesi ora rappresentate), occorre ricordare
inoltre che il sindacato del giudice amministrativo non
può estendersi alla verifica della congruità
dell’offerta presentata e delle sue singole voci,
poiché, ove ciò fosse, il giudice invaderebbe una sfera
propria della pubblica amministrazione, in esercizio di
discrezionalità tecnica.
Al contrario, il giudice amministrativo ben può
sindacare le valutazioni compiute dalla pubblica
amministrazione sotto il profilo della loro logicità e
ragionevolezza (al fine di verificare la presenza delle
relative figure sintomatiche di eccesso di potere) e
della congruità dell’istruttoria all’esito della quale
l’amministrazione ha proceduto alle proprie valutazioni
(Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 2010 n. 1040).
In tali sensi e limiti, il giudice può anche considerare
i singoli elementi o voci dell’offerta, ma non già al
fine di valutarne l’eventuale anomalia, bensì solo come
elementi concreti suffraganti la verifica della suddetta
sussistenza dei profili di completezza dell’istruttoria,
nonché di ragionevolezza e logicità della valutazione
effettuata dalla pubblica amministrazione.
Nel caso di specie, l’amministrazione (e per essa la
commissione di gara), non ha sottoposto l’offerta del
Consorzio appellante a verifica, perché la stessa, per
effetto del calcolo effettuato, “ha riportato punteggi,
sia sul piano qualitativo che economico, la cui somma
non supera le “soglie di anomalia”, previste dall’art.
86 d. lgs. n. 163/2006”, soglie oltre le quali le
offerte sono automaticamente sospette di anomalia e
soggette a verifica obbligatoria.
Né la valutazione della stessa offerta, quanto
all’assenza di “elementi specifici” tali da comportare
una sua sottoposizione a verifica di congruità, appare
affetta dalle figure sintomatiche di eccesso di potere
sopra evidenziate. Ed infatti, le considerazioni offerte
dal Consorzio all’amministrazione in sede di gara
(ribadite nel giudizio di primo grado e nella presente
sede per il tramite dei relativi motivi di appello),
appaiono tali da non comportare un giudizio di
irragionevolezza che, su di esse, ha al contrario
effettuato l’amministrazione al fine di escludere la
necessità della verifica di anomalia.
Sul punto, la sentenza appellata ha ritenuto che
l’importo residuo (detratti i costi di manodopera al
valore dell’offerta complessiva) “appare insufficiente
per coprire i costi legati alle macchine, alle
attrezzature, alla formazione del personale, ai
dispositivi di protezione, alla copertura delle spese
generali ed ad assicurare un utile” (pagg. 19-20).
Orbene, tale decisione:
- per un verso, omette di considerare l’iter logico
seguito dall’amministrazione, onde escludere, oltre la
necessità di verifica ex lege, anche e soprattutto la
sussistenza di “specifici elementi”, volti ad indurre
l’amministrazione medesima a disporre verifica
facoltativa;
- per altro verso, valuta direttamente la coerenza di
taluni costi con il residuo importo, avanzante
dall’offerta economica dopo aver detratto i costi per il
personale, con ciò sovrapponendo la propria valutazione
a quella (propria e riservata) dell’amministrazione;
- per altro verso ancora, omette di considerare sia le
giustificazioni offerte (anche in corso di giudizio) dal
Consorzio attuale appellante, proprio con riferimento
agli aspetti evidenziati, sia dalla stessa
amministrazione, che ha sufficientemente e
plausibilmente esplicitato le ragioni che la hanno
indotta a ritenere congrua l’offerta del Consorzio, pur
consapevole delle “somme residue” sopra richiamate.
Per le ragioni esposte, risultano fondati anche i motivi
proposti dal Consorzio Ricorrente (sub c)
dell’esposizione in fatto) e dal Ministero della difesa
(sub b) dell’esposizione in fatto).
Di conseguenza, gli appelli devo essere accolti, con
conseguente annullamento della sentenza appellata e
reiezione del ricorso proposto in I grado da
Controinteressata Service s.r.l..
L’accoglimento degli appelli proposti rende, di
conseguenza, improcedibile per difetto di interesse
l’appello incidentale proposto da Controinteressata
Service s.r.l., con riferimento al capo della sentenza,
con il quale si rigetta la domanda di risarcimento dei
danni e si nega la declaratoria di inefficacia del
contratto.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come
in dispositivo.,
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quarta)
definitivamente pronunciando sugli appelli proposti da
Consorzio Ricorrente e dal Ministero della Difesa (n.
7095/2010 r.g.), li accoglie e, per l’effetto, annulla
la sentenza appellata.
Dichiara improcedibile l’appello incidentale proposto da
Controinteressata Service s.r.l..
Condanna l’appellata Controinteressata Service s.r.l. al
pagamento, in favore di ciascuno degli appellanti, delle
spese, diritti ed onorari di giudizio, che liquida, per
ciascuno di essi, in complessivi Euro 3.000,00
(tremila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno
15 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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