Anche un casco “per le sue
caratteristiche di massa e durezza” può diventare
“un’arma impropria se utilizzato per offendere, avendo
una potenziale idoneità lesiva non certo indifferente”.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza
n. 30572/2011. Per i giudici di Piazza Cavour che hanno
respinto il ricorso di due uomini condannati per lesioni
personali aggravate, ex articolo 585, comma due, n. 2,
dall’uso del casco, a nulla vale la giustificazione per
cui i due effettivamente si erano recati presso la casa
dell’aggredito con una motocicletta. Infatti, “il porto
del casco, così come di ogni altro oggetto non destinato
per sua natura ad offendere, cessa di essere
giustificato nel momento in cui viene meno il
collegamento immediato con la sua funzione e l’oggetto
viene utilizzato in guisa di arma in propria”. Per
questa stessa ragione, ricorda la Corte, sono state
ritenute armi improprie, anche ai fini delle aggravanti,
l’uso di un “blocca pedali” come strumento di minaccia,
ed anche l’utilizzo di una “catena”.
Non solo, ma i giudici di Piazza
Cavour ricordano anche che “il reato di lesioni
volontarie commesso con armi improprie deve ritenersi
aggravato, ai sensi dell’art. 585 comma 2 c.p., anche se
l’arma sia stata portata per giustificato motivo, in
quanto la legittimità del porto non influisce sulla
esistenza dell’aggravante in questione”.
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